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Come investire 10.000 miliardi


Serve un Fondo Pan-Europeo di Garanzia delle obbligazioni che copra le perdite dei risparmiatori retail fino a 50.000-100.000 euro. Sarebbe un meccanismo di sicurezza comparabile a quello dei depositi e delle polizze vita, ma rivolto alle emissioni di imprese non finanziarie

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Raffaele Carnevale e Alfonso Scarano

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Nel dibattito sul Mercato Unico dei Capitali, spesso si parla dei 10.000 miliardi di euro detenuti nei conti correnti bancari come di risorse “parcheggiate” che l’Europa dovrebbe mobilitare.

In realtà non è così: quella massa di liquidità non è inattiva, ma costituisce il carburante quotidiano delle banche, che la trasformano in credito. È il mestiere del sistema bancario: raccogliere a breve termine e impiegare a medio-lungo.

Il punto cruciale non è quindi “sbloccare” un capitale che è già utilizzato, bensì creare attrattività e canali alternativi e complementari che si affianchino al credito bancario per un finanziamento diretto via mercato.

Se l’Europa vuole davvero ridurre la dipendenza delle imprese dal debito bancario e offrire ai risparmiatori opportunità migliori dei depositi, occorre una svolta positiva di fiducia e di reputazione dei mercati.

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La lezione di banche e assicurazioni ci mostra che senza garanzie la fiducia non si costruisce.

I sistemi di tutela dei depositi bancari fino a 100.000 euro hanno evitato corse agli sportelli.

L’Italia ha appena introdotto un fondo di garanzia per le polizze vita, dopo i crac Eurovita e FWU Lux, che hanno lasciato centinaia di migliaia di famiglie europee tradite e in attesa di recuperare solo una parte dei propri investimenti.

Questi casi dimostrano che, quando la protezione non è uniforme in Europa, la fiducia si incrina ancor più e il mercato resta frammentato.

Un Fondo Pan-Europeo per il mercato obbligazionario corporate è la proposta coerente e lineare: istituire un Fondo Pan-Europeo di Garanzia delle obbligazioni che copra le perdite dei risparmiatori retail fino a 50.000-100.000 euro.

Sarebbe un meccanismo di sicurezza comparabile a quello dei depositi e delle polizze vita, ma rivolto alle emissioni di imprese non finanziarie.

I numeri renderebbero l’operazione fattibile. Con emissioni corporate pari a circa 400 miliardi l’anno nell’Eurozona, un contributo minimo di 5 punti base (0,05 per emissione) per emissione genererebbe fino a 200 milioni di euro annui. In cinque anni, senza sinistri rilevanti, il fondo raggiungerebbe 1 miliardo di euro, sufficiente a garantire le prime perdite di una platea vasta di investitori.

La contribuzione, per equità, dovrebbe essere calibrata al rischio dell’emittente: aziende solide pagherebbero meno, quelle più rischiose di più. Un principio già acquisito nei fondi di garanzia dei depositi bancari e delle polizze vita, che ridurrebbe al minimo il rischio di azzardo morale.

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Non solo protezione: sarebbe un acceleratore di mercato, con un impatto sistemico rilevante.

Per i risparmiatori: la certezza di una protezione favorirebbe il passaggio da depositi a strumenti obbligazionari, aumentando i rendimenti attesi senza compromettere la sicurezza.

Per le PMI e le imprese innovative: il fondo abbasserebbe le barriere di accesso al mercato, consentendo di collocare obbligazioni anche senza rating elevati.

Per le banche e gli intermediari: significherebbe nuove opportunità di advisory e commissioni da emissione, senza sottrarre attività di credito tradizionale.

In altre parole, il fondo non sostituirebbe la funzione bancaria, ma creerebbe un ecosistema più competitivo e resiliente, dove credito e capitale convivono.

Vi sono precedenti concreti, non è un salto nel buio. Dal 2005, le banche di credito cooperativo italiane hanno un fondo che garantisce le loro obbligazioni fino a 100.000 euro.

La Regione Campania sostiene le emissioni di minibond delle PMI coprendo fino al 25 per cento delle perdite. Entrambi i casi dimostrano che il modello sta funzionando: la garanzia pubblica o mutualistica genera fiducia, e la fiducia genera mercato.

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Non ignoriamo che ci sono anche forti resistenze.

I grandi emittenti investment grade (con un alto livello di affidabilità creditizia) non hanno bisogno di garanzie e temono di finanziare la concorrenza. Alcuni Stati membri potrebbero paventare una mutualizzazione dei rischi, come già accaduto per il fondo unico europeo di garanzia dei depositi, fermo dal 2015.

Ma qui il nodo politico diventa opportunità oltre che necessità: un fondo pan-europeo non è solo uno strumento tecnico, è un segnale di fiducia reciproca tra Stati e imprese, decisivo per accelerare il Mercato Unico dei Capitali.

L’alternativa è lasciare che il mercato rimanga segmentato, accessibile solo a grandi player e precluso ai risparmiatori e alle imprese di dimensioni minori.

I 10.000 miliardi nei conti correnti continueranno a essere movimentati dalle banche: è la loro missione. Ma senza un canale parallelo di mercato, l’Europa resterà zoppa. Un Fondo Pan-Europeo di Garanzia per le Obbligazioni è la via pragmatica per trasformare la prudenza dei risparmiatori in capitale per la crescita, con un impatto reale sulla competitività delle imprese e sull’integrazione finanziaria dell’Unione.

Non è un costo, è un investimento nella fiducia e nella reputazione del sistema. Senza fiducia e adeguata reputazione, il mercato unico dei capitali resterà un obiettivo largamente incompiuto.

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Alfonso Scarano è un analista finanziario indipendente

Raffaele Carnevale è Board Ahead Executive Board and member di EFFAS Capital Markets Commission

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