La vita che batte tra le mura di un appartamento di El Krib, piccola cittadina del governatorato di Siliana, è un’esplosione di energia femminile che fa da antidoto al nulla circostante. Fuori, la brulla campagna della Tunisia nord-occidentale, piantonata dagli scheletri in cemento delle case incompiute e dai pali della luce su cui le cicogne adagiano i loro grandi nidi. Dentro, un gruppo di donne, accoccolate sui tappeti srotolati sul pavimento, che lavorano la semola intonando i canti della tradizionale locale. In una stanza accanto, Khalthoum Mimouni, 40 anni, ispeziona gli scaffali su cui sono esposte le boccettine degli olii essenziali di rosa, fico d’India, lentisco, geranio, timo e rosmarino per verificarne la disponibilità in base agli ordini. Si consuma così la quotidianità di El Nour, una cooperativa di trenta donne che rappresentano il volto fresco della Tunisia moderna.
Socia della cooperativa di El Krib – Alessandro Galassi
Oltre alla semola e agli olii estratti dalle piante raccolte a mano nel boschetto vicino, qui, producono e vendono “pluripremiati” prodotti di eccellenza come lo sciroppo di carrube, la confettura di pompelmo, l’essenza di arancia amara. Questa è una delle realtà che hanno beneficiato di Sumud, il progetto di resilienza, innovazione e sostenibilità delle piccole e medie imprese agricole, artigianali e turistiche tunisine finanziato dal Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale attraverso l’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo (con uno stanziamento di quasi 3,8milioni di euro) e realizzato sul territorio dalla Fondazione Avsi, Oxfam Italia, Shanti e Apad. El Nour ha utilizzato i finanziamenti per pagare la ristrutturazione e l’affitto dei locali in cui ha sede la cooperativa e per sviluppare un piano di formazione in tecniche di vendita, marketing e analisi dei costi per le socie. Dieci di loro sono laureate; la più giovane ha 18 anni, la più anziana 75. «Non abbiamo la possibilità di garantire sempre a tutte un salario fisso, ma distribuiamo tra noi i proventi delle vendite», spiega Khalthoum, aggiungendo: «Siamo felici così perché per molte di loro, me compresa, l’alternativa sarebbe stata, semplicemente, rimanere a casa».
Rihab Ayari, socia della cooperativa di El Krib – Alessandro Galassi
La parola chiave che rimbalza più spesso tra le vivaci imprenditrici di El Krib non è «denaro» ma «sogni». Quello della 42enne Rihab Ayari è avere un’azienda tutta sua: «Vorrei diventare un’allevatrice professionista, allargare la mia attuale proprietà di bestiame». Prima di prendere un bus per andare al lavoro, alla cooperativa, la donna (non sposata) si prende cura, così racconta, di cinque galline e due capre.
Anche Feten Mami, 43 anni, ammette di aver, «più volte», preso in considerazione l’idea di mettersi in proprio ma, precisa, «per il momento ho dovuto rinunciarci perché non ne ho la possibilità economica». «Per il momento», insiste, «magari in futuro…».
La donna vive a El Jem, la cittadina a tre ore di macchina da Tunisi su cui impera il grande anfiteatro romano dichiarato patrimonio Unesco nel 1979. Non è (ancora) imprenditrice ma impiegata della Società di animazione turistica e culturale, anche questa beneficiaria del progetto Sumud, gestita da Ridha Hfayedh, un ingegnere appassionato d’arte che, a due passi dal “Colosseo tunisino”, offre ai turisti un caffè e un’immersione nel mondo dei mosaici: spazi espositivi, lezioni istantanee di tecnica, in stile greco-romano, ed esecuzione guidata di piccole opere. «Faccio questo lavoro da 25 anni, l’ho imparato da sola», racconta la donna mentre, con precisione e pazienza, sminuzza le tessere con un tagliaunghie. « È diventato prezioso soprattutto da quando sono diventata vedova – confida – perché mi dà la possibilità di mantenere mio figlio senza chiedere aiuto a nessuno».

La giovane repubblica della Tunisia – l’indipendenza dalla Francia è arrivata solo nel 1956 – è oggi una nazione moderna che si contraddistingue nella regione per livelli di istruzione elevati e un sistema educativo tra i più efficienti. Permangono, certo, sacche di povertà, soprattutto nelle aree interne, legate in parte alla transizione democratica innescata dalla Rivoluzione del 2011. Pesano l’inflazione, la disoccupazione e la mancanza di prospettive economiche certe che limitano l’indipendenza dei tunisini alimentando quel senso di frustrazione, disillusione e sfiducia che rischia di accrescere il desiderio di lasciarsi tutto alle spalle e partire verso l’Europa.
Il “femminismo di Stato” promosso dal “despota illuminato” Habib Bourguiba agli inizi degli anni ’60 – quando fu varata l’abolizione della poligamia, l’innalzamento dell’età minima per il matrimonio, la cancellazione di ripudio, divorzio e divieto di velo a scuola e negli uffici pubblici – pare essere maturato: non è più di facciata ma autentico.
Tante sono le ragazze che partecipano all’open day della scuola di formazione dei mestieri per il turismo di Monastir: quasi tutte a capo scoperto e accompagnare da qualche familiare. Ci sono anche le mamme, ma solo per il piacere di decidere insieme se iscriversi o meno al prossimo corso. Di primo mattino, la pila delle domande presentate è già bella alta. L’educazione professionale è il pilastro di un altro progetto finanziato dalla Cooperazione Italiana in Tunisia, Destination Emploi, pensato per sostenere l’occupazione giovanile in ambito turistico. La scuola dell’Agenzia di formazione dei mestieri turistici di Monastir è una delle realtà che, per mezzo di Avsi e dei suoi partner, hanno beneficiato di una parte dello stanziamento (in totale circa 2 milioni euro).
«La Tunisia – spiega Alessandro Prunas, ambasciatore d’Italia in Tunisia – è uno dei Paesi da sempre più importanti per la Cooperazione italiana, che promuove e finanzia progetti sul territorio tunisino in stretto raccordo con le autorità locali e coinvolgendo le organizzazioni della società civile». Il diplomatico sottolinea che sono state finanziate negli anni «dieci linee di credito a sostegno delle imprese locali, che hanno contribuito alla creazione o al consolidamento di circa 16mila posti di lavoro e favorito l’export italiano verso il Paese». Quello dell’Italia, insiste, è un «impegno a trecentosessanta gradi che oggi, grazie al Piano Mattei, si arricchisce di numerose iniziative per uno sviluppo economico e sociale inclusivo, orientato alla creazione di opportunità per il popolo tunisino nel suo complesso».
«Il nostro obiettivo è promuovere e rafforzare la competitività dell’economia tunisina» aggiunge Isabella Lucaferri, direttrice della sede regionale di Aics Tunisi – per fare in modo che attragga nuovi investimenti, pubblici e privati, e sviluppi modelli di crescita sostenibile a lungo termine».
Le ragazze della scuola per i mestieri del turismo di Monastir – Alessandro Galassi
Fatma Ben Nour, referente di Leaders International, associazione partner di Avsi, Oxfam, Luiss, Aitr e Fth nell’attuazione di “Destinazione lavoro”, osserva con un pizzico di compiacimento i ragazzi e le ragazze arrivate a Monastir per la presentazione dei corsi per cuochi, camerieri, addetti alle pulizie e receptionist della scuola. «Molti verranno assunti – assicura – ancor prima di aver completato la formazione in aula». Il suo sguardo incrocia quello complice di due giovani donne che, in cucina, danno prova delle proprie abilità di impiattamento. Paiono addirittura divertite: «Andare via? No, grazie – rispondono – noi stiamo bene qui».
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