«La sostenibilità è certamente in prima battuta una responsabilità collettiva che coinvolge cittadini, imprese e istituzioni. È quindi fondamentale che la consapevolezza si traduca in comportamenti concreti, coerenti e misurabili». Andrea Toselli, Presidente e Amministratore Delegato di PwC Italia, va dritto al punto: la sostenibilità a un tema che ha ormai permeato il dibattito pubblico e le strategie industriali. Le imprese oggi non possono più affidarsi a modelli passati: devono affrontare un contesto instabile con una nuova postura culturale. La sostenibilità è parte integrante della strategia e non solo una voce di bilancio, e gli imprenditori stanno compiendo sforzi significativi per individuare metodologie capaci di integrarla nei propri business. Ma la sostenibilità come viene percepita e praticata realmente dagli italiani? E quali sfide pone per il mondo produttivo? Queste le domande centrali dello studio “L’evoluzione della sostenibilità tra cultura, percezione e pratiche. Un’indagine sulla popolazione italiana”, condotto da PwC Italia, Jti Italia e Arel su un campione di 1.018 cittadini italiani maggiorenni.
La survey – che sarà analizzata in questo articolo – mette in luce il divario tra consapevolezza e azione: l’82% degli italiani dichiara di conoscere il termine sostenibilità, ma solo il 36% ne sa dare una definizione corretta e meno della metà adotta comportamenti concreti. La dimensione ambientale domina (riduzione plastica monouso, consumi energetici, lotta agli sprechi), mentre quella sociale ed economica resta più debole. La ricerca evidenzia inoltre differenze generazionali: i giovani puntano su inclusione e premium price per prodotti sostenibili, i Millennials su filiere etiche e volontariato, la Generazione X sulla parsimonia domestica, i Baby Boomers sulla durabilità. Le responsabilità vengono attribuite soprattutto alle istituzioni (42%), ma le imprese hanno già adottato pratiche sostenibili in misura rilevante (oltre il 69% nel manifatturiero). La sfida? Trasformare i valori in pratiche accessibili, trasparenti e utili, capaci di generare fiducia e cambiamento reale.
«I risultati dello studio raccontano come solo attraverso azioni significative si può costruire un approccio collettivo che sia catalizzatore di inclusione sociale, crescita economica e rigenerazione ambientale – prosegue Toselli – PwC vuole contribuire a creare le condizioni necessarie affinché le buone idee si trasformino ogni giorno in iniziative condivise e ad alto impatto».
PwC Italia, Toselli: «Sostenibilità è strategia industriale, non narrazione»
Le imprese oggi non possono più affidarsi a modelli passati: devono affrontare un contesto instabile con una nuova postura culturale. La sostenibilità è parte integrante della strategia e non solo una voce di bilancio! Intervista a Giovanni Andrea Toselli, Presidente e Amministratore Delegato di PwC Italia, durante la presentazione dello studio “L’evoluzione della sostenibilità tra cultura, percezione e pratiche” realizzata da Fondazione PwC Italia in collaborazione JTI Italia e Arel
L’Impresa al centro della transizione: strategie, percezioni e sfide della sostenibilità. La ricerca di PwC con Jti Italia e Arel
Negli ultimi decenni la sostenibilità è passata da tema ambientale a paradigma globale, sancito dall’Agenda 2030 e dai suoi 17 SDGs come equilibrio tra economia, società e pianeta. La sua diffusione, però, l’ha resa spesso un termine vago e ridotto all’ecologia. L’indagine mostra che l’82% degli italiani dichiara di conoscerne il significato, ma solo il 36% lo definisce correttamente, mentre oltre la metà lo associa solo all’ambiente. Il 51% la considera molto importante nella vita quotidiana, ma i comportamenti effettivi restano limitati: 44% ambientali, 41% economici e appena 14% sociali. Il 40% degli intervistati dichiara di non avere tempo sufficiente per compiere scelte sostenibili, il 41% lamenta la mancanza di opzioni accessibili nel proprio territorio, mentre il 39% esprime sfiducia nell’effettiva sostenibilità dei prodotti dichiarata sulle etichette. Le differenze generazionali rivelano che i giovani colgono più spesso la definizione completa, ma sono anche i più inclini a dare risposte imprecise. In generale, l’associazione prevalente è con l’ambiente (48%), mentre i valori sociali emergono solo nel 12%. A livello europeo, le priorità variano: Gen Z e Millennials privilegiano salute e benessere, la Gen X l’ambiente, i Baby Boomers agricoltura e alimentazione.
Il divario tra percezione e azione è evidente: il 78% intende ridurre la plastica monouso e il 75% i consumi superflui, ma solo il 44% parteciperebbe a iniziative di volontariato. Ciò dimostra che la propensione cresce quando le azioni sono semplici, concrete e dai benefici immediati, mentre cala per la sostenibilità sociale, ancora penalizzata da scarsa sensibilizzazione e strumenti deboli. Il nodo non è la volontà, ma la creazione di condizioni efficaci che trasformino l’adesione valoriale in comportamenti strutturati e sistemici. Non si tratta di aggiungere nuovi argomenti a favore di una causa già condivisa, ma di costruire le condizioni operative affinché quella causa possa essere vissuta, praticata e riconosciuta come utile.
Generazioni a confronto: codici culturali e pratiche sostenibili
L’analisi generazionale mostra come la sostenibilità assuma significati e pratiche diverse a seconda delle esperienze culturali e storiche di riferimento.
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Generazione Z (18-28 anni): influenzata da campagne recenti e movimenti come Fridays for Future, è molto attenta all’ambiente (raccolta differenziata, lotta alla plastica monouso) e ai temi dell’inclusione sociale. È la generazione più disposta a pagare un premium price per prodotti sostenibili (86%). Inoltre, si dichiara intenzionata a ridurre l’uso di plastica monouso (83%) e il consumo di beni non essenziali (79%), e si impegna nella raccolta differenziata e nella riduzione dello spreco alimentare
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Millennials (29-44 anni): cresciuti con l’educazione ambientale e il consumo critico, si mostrano propensi ad adottare pratiche come la riduzione dei consumi energetici (79%), l’acquisto da produttori locali (66%) e da filiere etiche (65%). Emerge anche l’intenzione di partecipare attivamente ad iniziative sociali quali attività di volontariato (39%) e programmi di formazione per persone vulnerabili (60%). Per loro, sostenibilità significa sobrietà ed equità
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Generazione X (45-60 anni): orientata a parsimonia e responsabilità domestica, privilegia comportamenti razionalicome: riduzione degli sprechi, acquisti stagionali e ricorso a prodotti riutilizzabili. Inoltre, 4 su 5 dichiarano di voler ridurre il consumo energetico, in linea con una cultura della responsabilità maturata negli anni ’80 e ’90.
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Baby Boomers (60+): meno consapevoli sul piano teorico (solo il 32% conosce la definizione corretta di sostenibilità, contro il 44% della Generazione Z), sono più coerenti nei comportamenti quotidiani, frutto dell’etica del non-spreco appresa in gioventù. Preferiscono sobrietà, riutilizzo e consumo locale, ma mostrano meno propensione a pagare di più per prodotti sostenibili (63%).
Ogni generazione integra la sostenibilità secondo codici culturali propri: attivismo e inclusione per i giovani, consumo critico e volontariato per i Millennials, parsimonia razionale per la Gen X, sobrietà radicata per i Baby Boomers.
Condizionamenti e ostacoli alla pratica sostenibile
Circa un quarto degli italiani (28%) ammette una resistenza a cambiare le proprie abitudini, ma più che indisponibilità si tratta di ostacoli concreti: il 40% lamenta mancanza di tempo, il 41% scarse opzioni sostenibili sul territorio, il 39% sfiducia nelle etichette. Non è quindi l’inerzia individuale la causa principale, ma la difficoltà a capire come tradurre i valori in pratiche quotidiane.
Da qui due lezioni operative: serve favorire il “piccolo gesto efficace”, semplice, accessibile e dai risultati tangibili, in grado di innescare fiducia e responsabilità; non basta la cultura della sostenibilità, occorrono infrastrutture abilitanti: standard chiari, incentivi economici, servizi locali, percorsi educativi e comunicazione trasparente che faccia percepire l’impatto dei comportamenti individuali. Il passaggio da sensibilità ad azione dipende quindi da un ecosistema favorevole, capace di trasformare buone intenzioni in pratiche diffuse.
Implicazioni per il Futuro dell’Industria
La ricerca sottolinea che la sostenibilità non necessita di nuovi slogan, ma di nuove infrastrutture della quotidianità. La sfida per le imprese non è più solo culturale, ma progettuale. È fondamentale tradurre i concetti più astratti e sistemici in termini di prossimità per il cittadino, collegandoli a benefici o rischi tangibili e immediati. Per le imprese, ciò significa adottare strategie di prossimità, trasparenza e coerenza narrativa con i valori dei consumatori, offrendo strumenti chiari, accessibili e adatti ai contesti di vita quotidiana. Il successo della transizione ecologica, sociale ed economica dipenderà dalla capacità di passare dai valori alle pratiche, dalla teoria all’operatività.
La Sostenibilità nell’Era Digitale: Percezione e Polarizzazione
Un’ulteriore indagine, condotta dall’Università di Pavia con la supervisione della Prof.ssa Chiara Zanchi, ha esplorato la percezione della sostenibilità tra il 2012 e il 2025, combinando analisi quantitative (Google Trends) e qualitative (reazioni sui social media). È emerso che l’interesse per la sostenibilità è ciclico e localizzato, con picchi legati a eventi specifici (come le crisi idriche) o all’introduzione di nuove normative. L’analisi sui social ha rivelato che alcune notizie generano più interazioni e polarizzazione. Le tragedie legate al mondo del lavoro o agli aspetti sociali della sostenibilità tendono a suscitare unanime cordoglio, mentre questioni ideologiche o di governance (come le politiche di diversity & inclusion o l’uscita dagli accordi di Parigi) scatenano dibattiti più polarizzati, spesso degenerando in attacchi personali. La sfida per la comunicazione è dunque quella di “prossimizzare” la sostenibilità, rendendo i concetti complessi e i rischi/benefici tangibili per il pubblico, promuovendo un pensiero sistemico.
per i topic selezionati nel periodo
2015-2025. Fonte PwC, Jti e Arel.
La sostenibilità? Richiede una visione di lungo termine
La sostenibilità si configura oggi come una delle più grandi sfide strategiche e sistemiche del XXI secolo, capace di incidere simultaneamente sulle traiettorie economiche, ambientali e sociali che determinano la prosperità di nazioni e comunità. Per il mondo delle imprese, essa non è un ideale astratto, ma un nuovo paradigma di sviluppo che impone di superare la logica del breve periodo per bilanciare crescita economica, coesione sociale e tutela delle risorse naturali.
«La sostenibilità richiede una visione di lungo termine, in netto contrasto con la mentalità cortotermista oggi prevalente – commenta Enrico Letta, Presidente di Arel – Il messaggio chiave per istituzioni e organizzazioni è: “aiutami a farlo nel modo più semplice possibile”, trasformando i ragionamenti complessi in pratiche di vita quotidiana facili, ripetitive e soddisfacenti. La chiusura di Next Generation EU, unita alla difficoltà nel trovare intese tra Paesi su come superare il debito pubblico, pone serie sfide. Il flusso di fondi europei degli ultimi cinque anni ha contribuito a un viraggio positivo dell’opinione pubblica italiana sulla sostenibilità, ma questo supporto sta per terminare, rendendo la ricerca di nuove soluzioni finanziarie ancora più urgente per sostenere la trasformazione futura».
Enrico Letta: la transizione ecologica va ammorbidita, allungata nei tempi e finanziata dalla UE
Con la fine del Next Generation EU, senza investimenti comuni le imprese saranno lasciate sole. Il caso dell’auto elettrica lo dimostra: discutere di scadenze è sterile se manca un supporto alla riconversione industriale. Intervista all’ex premier e presidente di Arel durante la presentazione dello studio “L’evoluzione della sostenibilità tra cultura, percezione e pratiche” realizzata da Fondazione PwC Italia in collaborazione JTI Italia e Arel
L’evoluzione del ruolo d’impresa: dal profitto esclusivo al valore condiviso
La ricerca condotta da PwC, Jti e Arel mette in luce come il concetto di sostenibilità abbia trasformato profondamente il ruolo degli attori economici nella società.
• Dal “Filantropismo” alla Responsabilità Strategica: Le prime forme di responsabilità sociale d’impresa (CSR) nascevano spesso dalla visione di singoli imprenditori illuminati, che intuivano un’interdipendenza tra successo del business e benessere dei dipendenti e della comunità. Esempi storici come i villaggi operai di Crespi o l’approccio di Olivetti furono precursori degli obiettivi moderni di sostenibilità.
• Dallo Shareholder allo Stakeholder Capitalism: Negli ultimi anni, si è assistito a un passaggio da un modello centrato esclusivamente sugli interessi degli azionisti (shareholder capitalism) a uno più inclusivo, orientato al benessere di tutti i portatori di interesse (stakeholder capitalism). Le imprese sono ora chiamate a creare valore condiviso per dipendenti, clienti, fornitori, comunità e ambiente.
• La Triple Bottom Line: A livello istituzionale si è affermata la triple bottom line, l’idea che le imprese debbano impegnarsi a raggiungere risultati economici, sociali e ambientali, riconoscendo la loro interdipendenza.
Driver di cambiamento: normativa, mercato e innovazione
La sostenibilità è diventata un valore strategico per le imprese, integrato nelle decisioni di lungo periodo e nei modelli di business.
• La Spinta Legislativa: Dalla metà degli anni 2010, con l’adozione dell’Agenda 2030 dell’ONU e dell’Accordo di Parigi, la sostenibilità ha assunto una dimensione globale e sistemica. In particolare, a partire dalla fine del 2019, si è osservata una crescita notevole e quasi esponenziale dell’interesse per termini come “ESG” (Environmental, Social, Governance) e “economia circolare”. Questo interesse è strettamente correlato a decisioni legislative come l’European Green Deal, la tassonomia UE e la direttiva CSRD, che hanno imposto nuovi obblighi di rendicontazione per le imprese.
• Pressione di Investitori e Consumatori: L’opinione pubblica, gli investitori e i consumatori hanno esercitato una crescente pressione affinché le aziende considerassero fattori non puramente finanziari. Ciò ha portato alla nascita della finanza sostenibile e all’integrazione dei criteri Esg nella valutazione aziendale.
• Modelli di Business Rigenerativi: Le imprese stanno adottando modelli di business rigenerativi e circolari, riducendo sprechi e impatti ambientali e promuovendo inclusione sociale. Esempi come Patagonia dimostrano l’integrazione di cotone organico, trasparenza della filiera, promozione del riuso e attenzione al benessere dei lavoratori. Starbucks ha sviluppato le C.A.F.E. Practices per un approvvigionamento etico, garantendo i diritti e la sicurezza dei lavoratori nella sua catena di fornitura.
La Sostenibilità Aziendale in Italia: diffusione e sfide
L’indagine si sofferma anche sulla percezione della responsabilità nel promuovere comportamenti sostenibili, evidenziando come gli italiani la attribuiscano principalmente alle istituzioni pubbliche (42%), seguite da singoli individui (28%) e solo in misura minore alle imprese (22%).
In Italia, secondo l’Istat, nel 2022 oltre il 66% delle imprese manifatturiere e il 61% di quelle di servizi hanno adottato pratiche sostenibili, con livelli più alti tra le grandi aziende. I settori più attivi sono stati coke e prodotti petroliferi, trasporti, farmaceutica, chimica e Ict, con un’adozione più diffusa nel Centro Italia rispetto ad altre aree del Paese. Le imprese di servizi del Centro Italia risultano le più attive nella sostenibilità (69,1%), davanti a Nord-Ovest (59,4%), Nord-Est (55%) e Sud (54,7%). L’accento è posto principalmente sulla tutela ambientale, sulla sostenibilità economica e sulla governance.
• Trasparenza e Concretezza: La sostenibilità è un criterio sempre più determinante per l’affidabilità e la competitività di un’impresa. Trasparenza e concretezza sono essenziali per costruire percorsi credibili e duraturi. Le azioni sostenibili devono essere verificabili e strettamente connesse alle azioni realmente intraprese, evitando il rischio di “greenwashing”. Una comunicazione sobria, supportata da evidenze, è più efficace di narrazioni ambiziose ma prive di basi concrete.
• Collaborazioni Esterne: Aziende come JTI Italia adottano un approccio integrato, collaborando con enti e fondazioni del terzo settore (es. Save The Planet, Fondazione Progetto Arca, Banco dell’Energia, Confagricoltura) per progetti ambientali (es. campagne anti-littering, creazione di aree verdi, corsi sulla transizione ecologica per la PA) e sociali (es. inclusione agricola, supporto a persone vulnerabili, contrasto alla povertà energetica, reinserimento lavorativo). Queste sinergie amplificano l’impatto e vanno oltre l’assistenzialismo.
• Percezione Professionale vs. Popolare: L’analisi delle ricerche web e dei dibattiti social rivela una dicotomia tra una “percezione popolare” della sostenibilità, spesso guidata da eventi shock, emergenze immediate e impatti diretti (es. picchi di ricerca per “crisi idrica” in periodi di siccità), e una “percezione professionale o aziendale”, più strutturata, metodica e orientata al lungo termine. Le aziende e gli enti governativi hanno la responsabilità di affrontare la gestione delle risorse e le politiche di sostenibilità in un’ottica di lungo periodo, mantenendo un interesse costante anche in assenza di emergenze eclatanti.
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