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Federmeccanica: crescita inconsistente della metalmeccanica, aziende pessimiste e preoccupate


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Al momento, la contingenza economica per le aziende è caratterizzata più da luci che da ombre. «E se invece guardiamo al futuro, c’è tanta nebbia. Fitta». Stefano Franchi, direttore generale di Federmeccanica, non cerca di indorare la pillola presentando i dati congiunturali dell’associazione confindustriale per il secondo trimestre dell’anno. Il fatto che siano caratterizzati dal segno più non è ritenuto indice di una reale inversione di tendenza. La crescita della produzione industriale nel settore metalmeccanico, +0,5%, e il +0,1% per l’intera industria, sono relativamente in linea con le cifre appena fornite dall’Istat: +0,2% nel periodo maggio-luglio, che incamera lo 0,4% di luglio. Ma secondo Franchi, «sono luci che da un momento all’altro si possono spegnere, stiamo parlando di una crescita da zero virgola, mentre il confronto anno su anno mostra un significativo segno meno». Il riferimento è al forte calo tendenziale nel semestre per l’intera manifattura, -2,8%, ancor più marcato per il settore metalmeccanico, -4,3%. Il direttore del centro studi dell’associazione imprenditoriale, Ezio Civitareale, chief economist in Federmeccanica, aggiunge un ulteriore elemento, «Lo stesso istituto di statistica mette in guardia: ad agosto l’indice di fiducia delle imprese è rimasto stabile, e in particolare nella manifattura evidenzia un deterioramento. A preoccupare le imprese sono le attese di produzione in contrazione, l’aumento delle scorte di prodotti finiti, una lieve diminuzione attesa per l’occupazione».

L’indagine di Federmeccanica indaga in modo particolareggiato il sentiment degli imprenditori sui rischi per i prossimi mesi, e le prime tre voci sono gli alti costi di energia e materia prime, i cambiamenti nello scenario macroeconomico, e il mismatch di competenze. Sui costi di produzione, «la curva è salita di 20 punti percentuali in pochi anni, e poi si è appiattita su questo livello. Significa che un fattore in genere congiunturale sembra diventato strutturale. È come se fossimo in una nuova fase in cui dobbiamo dare per scontato il rincaro di 20 punti percentuali per produrre», sottolinea Franchi.

Si potrebbe pensare che anche l’incertezza sia diventata una sorta di variabile costante, visti gli eventi disruptive che si sono succeduti negli ultimi anni: pandemia, conflitti in o alle porte dell’Europa, rivoluzione digitale, guerra commerciale. «La giornata di oggi è emblematica – fa presente Alessia Miotto, vicepresidente Federmeccanica -. Forniamo i primi dati congiunturali dopo che sono entrati in vigore i dazi Usa, e c’è l’incursione di droni russi in Polonia». Sottolineiamo che i dati contenuti in questo report sul secondo trimestre non incamerano anche l’impatto dell’accordo sui dazi di inizio luglio. Infine, sulla difficoltà di reperire forza lavoro come vedremo ci sono sforzi in campo anche in vista del rinnovo del contratto dei metalmeccanici.

La produzione industriale nel segmento metalmeccanico mantiene il segno positivo nel semestre, ma il trend è di indebolimento

Da sinistra, Ezio Civitareale, Stefano Franchi e Alessia Miotto di Federmeccanica.

Iniziamo ad analizzare lo scenario congiunturale di Federmeccanica partendo dagli elementi positivi, che comunque ci sono. La produzione industriale nel settore metalmeccanico di fatto ha il segno più nell’intero semestre: +0,8% fra gennaio e marzo, +0,5% da aprile a giugno. Come spesso avviene traina l’intera industria, che segna rispettivamente un progresso dello 0,5 e dello 0,1%. Ma, come segnala Civitareale, il progresso è in fase calante. Questo si riflette anche sulle dinamiche settoriali. Con l’unica eccezione di macchine e apparecchi elettrici (-1,6%) tutti i valori sono positivi, ma comunque più deboli che nel primo quarter. Nella metallurgia, l’arretramento è particolarmente evidente, dal progresso del 4,5% del primo trimestre la crescita si è ridotta allo 0,3%.

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Quindi, la dinamica congiunturale pur con il segno più si sta indebolendo, mentre quella tendenziale resta ampiamente negativa: -4,3% per il settore metalmeccanico, -2,8% per l’intera industria.

Dal confronto europeo in realtà l’Italia esce abbastanza bene. La Germania fra aprile e giugno ha ampliato la contrazione portandola all’1%, la Spagna in realtà segna un progresso relativamente consistente, +1,9%, ma Civitareale sottolinea che si tratta di un andamento molto variabile. Il dato di gran lunga migliore è quello francese, in progresso del 2,4%, ma sul paese pesano una serie di incognite legate alla consistenza del debito, il cui costo ha superato quello italiano, alle difficoltà di contenere il deficit, e all’instabilità politica che ha portato alla formazione del terzo Governo nel giro di un anno.

La produzione industriale nel settore metalmeccanico di fatto ha il segno più nell’intero semestre: +0,8% fra gennaio e marzo, +0,5% da aprile a giugno. Come spesso avviene traina l’intera industria, che segna rispettivamente un progresso dello 0,5 e dello 0,1%. Ma, come segnala Civitareale, il progresso è in fase calante. (Fonte: Federmeccanica).

Le spese di produzione sono i massimi da anni, la congiuntura negativa del caro energia del 2022 è diventata un fattore strutturale

Tornando alle imprese, ad essere particolarmente preoccupante è l’andamento delle spese di produzione. I costi sono saliti costantemente fra l’inizio del 2021 e l’aprile del 2022, con l’invasione russa dell’Ucraina fattore scatenante dell’impennata dei prezzi dell’energia e della crisi della supply chain, già stressata negli anni precedente dalla pandemia. Ma il punto, sottolineato a più riprese da Franchi, è che poi la curva è rimasta stabile su livelli alti. «Ne soffrono marginalità e profittabilità – segnala il direttore generale di Federmeccanica-. Oltre il 40% delle imprese ha ridotto margini e profitti. Ci sono situazioni paradossali in cui la produzione aumenta ma si riduce la marginalità. Il nostro riferimento è la ricchezza che si genera, ma purtroppo sono più numerose le imprese che hanno visto la marginalità ridursi rispetto a quelle che invece l’hanno aumentata».

«Come si fa a chiedere a un’impresa di investire se non c’è marginalità? – si chiede la vicepresidente Miotto -. Il Made in Italy è simbolo di innovazione ed eccellenza, ma servono punti fermi in base ai quali programmare investimenti di lungo periodo. Soprattutto se sono necessari per cavalcare i trend di questo periodo, ovvero digitalizzazione, tecnologia, intelligenza artificiale. Sono sfide che impongono tempi veloci».

Federmeccanica chiede al Governo una proroga ai primi mesi del 2026 per il Piano Trasformazione 5.0 e invoca un piano industriale europeo di medio periodo

Le imprese si rivolgono con chiarezza al decisore politico. «Abbiamo bisogno che le istituzioni facciano la loro parte. In questo momento l’Italia ha solida credibilità. E anche le istituzioni europee devono iniziare a ragionare su piani industriali di medio periodo che portino fiducia, capacità di investire e di innovare».

A preoccupare le imprese sono le attese di produzione in contrazione, l’aumento delle scorte di prodotti finiti, una lieve diminuzione attesa per l’occupazione. (Fonte: Federmeccanica).

Concretamente, Federmeccanica chiede innanzitutto una proroga di qualche mese, rispetto alla scadenza di fine 2025, per gli incentivi alla Trasformazione 5.0, i crediti d’imposta sull’acquisto di macchinari e software che abilitano risparmio energetico. Il Piano mette a disposizione 6,3 miliardi di euro, ancora inutilizzati per il 70%. Ma fra giugno e agosto c’è stata una piccola ripresa degli investimenti, che le aziende chiedono di valorizzare appunto prevedendo qualche mese in più che consenta di far partire nuovi ordini. L’andamento di questi ultimi è stato più positivo nel secondo trimestre rispetto al primo, restano però in negativo (-13%, dopo il -19% precedente).

Bilancia commerciale positiva nel primo semestre ma l’interscambio del settore metalmeccanico presenta numeri peggiori rispetto a quelli della manifattura, e bisogna aspettare i dati del terzo trimestre per incamerare l’impatto dell’accordo UE-Usa sui dazi

Il capitolo dazi, per quanto sia di strettissima attualità, dal punto di vista dell’impatto su economia ed esportazioni è rinviato al prossimo report congiunturale. L’accordo fra Europa e Usa sulle barriere doganali all’ingresso negli Usa al 15% è stato raggiunto all’inizio del mese di luglio. L’interscambio commerciale è ancora positivo, anche se il settore metalmeccanico va peggio rispetto alla generalità del sistema: export negativo per lo 0,5%, importazioni -0,5%, contro dati rispettivamente pari al 2,1 e al 4,6%. «Metalmeccanica e meccatronica pesano per il 45% sulle esportazioni dell’industria: se rallentano, ne risente l’intero sistema paese» segnala la vicepresidente Miotto.

L’accordo fra Europa e Usa sulle barriere doganali all’ingresso negli Usa al 15% è stato raggiunto all’inizio del mese di luglio. L’interscambio commerciale è ancora positivo, anche se il settore metalmeccanico va peggio rispetto alla generalità del sistema: export negativo per lo 0,5%, importazioni -0,5%, contro dati rispettivamente pari al 2,1 e al 4,6%. (Fonte :Federmeccanica).

Pur con un saldo ancora positivo, la dinamica è in corso di indebolimento: qui è probabilmente difficile prevede l’andamento futuro, perché i primi mesi dell’anno hanno visto il commercio internazionale fortemente impattato dalla minaccia dei dazi e dai continui cambi di linea della Casa Bianca. Da luglio la situazione dovrebbe essere per lo meno più stabile (condizionale d’obbligo, visti gli sviluppi in continua evoluzione).

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L’azienda Italia guadagna credibilità internazionale, ma la crescita 2025 è debole, in linea con l’intera Europa

Le preoccupazioni macroeconomiche sono, dopo il caro materie prime ed energia, in cima alle preoccupazioni delle imprese interpellate da quest’indagine congiunturale. A voler vedere il bicchiere mezzo pieno, si potrebbe far riferimento alla nuova solidità dell’azienda Italia. Nell’aprile scorso Standard & Poor’s ha alzato il rating a Bbb+, e i mercati si attendono ora analoghe mosse anche da parte di Fitch, il prossimo 19 settembre, e di Moody’s il 21 novembre. Il piano di rientro dalla procedura europea per deficit eccessivo è perfettamente regolare, e anzi non si esclude il raggiungimento dell’obiettivo, il rapporto con il pil sotto il 3%, prima del 2026.

Ma la crescita si sta indebolendo, in Italia come nel resto d’Europa. A livello internazionale, il Fondo Monetario Internazionale stima un +3%, attribuibile per lo più all’andamento di paesi che forse ormai con una definizione superata si definiscono emergenti, come l’India. Le economie avanzate contribuiscono con un incremento del prodotto interno lordo dell’1,3, l’Europa segna una ripresa ancora più timida, intorno all’1%, e l’Italia è allo 0,5%. Dato, quest’ultimo, appena misurato anche dall’Istat, dopo l’arretramento dello 0,1% del secondo trimestre. Ma anche qui il punto è che tutte le stime sono al ribasso rispetto alle previsioni precedenti. Il Mef, che darà i prossimi dati a fine settembre con la nota di aggiornamento dal documento di economia e finanza, prevede al momento una crescita 2025 allo 0,6%.

Fra i rischi evidenziati dalle imprese per i prossimi mesi, la difficoltà di trovare forza lavoro qualificata: sulla formazione novità nel rinnovo del contratto dei metalmeccanici

Per far fronte al problema delle competenze, Federmeccanica ha realizzato Metapprendo, una piattaforma finanziata dalle imprese, ideata per supportarle nella pianificazione, erogazione e registrazione della formazione.

Resta poi una criticità che le imprese sottolineano da diversi anni, ovvero la difficoltà di trovare forza lavoro qualificata. Viene ritenuto un rischio rilevante nel 56% dei casi. In un mercato sano, «dovremmo essere sotto il double digit» segnala Franchi. Ma su formazione, reskilling e upskilling, in un paese con una vocazione manifattura improntata alla qualità, non ci sono anche azioni che le stesse imprese, e magari anche le associazioni datoriali, potrebbero mettere in campo? «Certamente. Le associazioni imprenditoriali e le imprese possono avere un ruolo importante e hanno intrapreso da diversi anni una strada per ricoprirlo in maniera sempre più significativa – risponde Sabrina De Santis, direttrice Education & Training di Federmeccanica -. Il contratto di lavoro di categoria, sottoscritto con Assistal e i sindacati confederali Fim, Fiom e Uilm, ha introdotto nel 2016 il diritto soggettivo alla formazione prevedendo per ogni lavoratore almeno 24 ore di formazione ogni triennio. Proseguendo in questo intento, abbiamo poi promosso e sviluppato Metapprendo, una piattaforma finanziata dalle imprese, ideata per supportarle nella pianificazione, erogazione e registrazione della formazione, che rappresenta un unicum nel panorama italiano ed europeo. L’intento, anche in questa fase di rinnovo del Ccnl, è quello di proseguire in questa strada e renderlo strutturale e strutturato nel tempo, in considerazione del grande valore che ha per realizzare la formazione in ogni impresa e per incidere sull’occupabilità delle persone.

Ma non solo. Gli ambiti in cui Federmeccanica si impegna sulla formazione sono molteplici: la collaborazione con il mondo della scuola mettendo a disposizione modelli per strutturare progetti di formazione scuola-lavoro: con Fondimpresa per la formazione professionale, con le camere di commercio per diffondere modelli di certificazione, e valorizzazione, delle competenze. Ruolo e impegni parimenti svolto da Confindustria per gli ambiti di sua competenza».



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