Da tempo, la fattura elettronica estera è una sfida per le aziende. L’eterogeneità di formati, modelli e canali genera complessità, che si traduce in procedure manuali e nella persistenza della fattura cartacea, ormai superata in buona parte dei sistemi interni. Le imprese puntano, innanzitutto, alla compliance – obiettivo non scontato in un contesto così complesso – ma anche a integrare il processo di fatturazione estera nel proprio ecosistema e a perseguire la massima efficienza.
Fatturazione elettronica estera: applicazioni pratiche e sfide
Quasi tutte le aziende intrattengono rapporti con clienti e fornitori esteri e, spesso, sono parte di supply chain globali. Ogni Paese ha affrontato – o sta affrontando – autonomamente il tema della fatturazione elettronica, e di conseguenza le imprese devono gestire un mosaico di normative fiscali in evoluzione, accompagnate da una pluralità di requisiti tecnici che variano da un Paese all’altro.
Ogni azienda è soggetta alla normativa del proprio Stato, ma per operare a livello internazionale è chiamata ad adeguarsi a decine di sistemi di fatturazione differenti. In Italia, per esempio, vige il modello centralizzato (SdI), mentre in Germania si punta sull’utilizzo della rete PEPPOL e in Francia è stato definito un approccio decentralizzato fondato su piattaforme private accreditate, le cosiddette PDP (Plateformes de Dématérialisation Partenaires).
Ai fini della compliance, il nodo critico è quindi l’interoperabilità, ovvero la capacità di far dialogare senza attriti i diversi sistemi di fatturazione, garantendo che una fattura emessa in un Paese possa essere ricevuta, letta e processata senza errori da un destinatario che opera sotto un’altra giurisdizione fiscale. Questa è la sfida principale.
Direttive europee sulla fatturazione elettronica estera e l’impatto di ViDA
Se a livello mondiale un certo grado di frammentazione è inevitabile, visto che ogni Stato agisce in modo indipendente dagli altri, il legislatore europeo può invece definire un quadro comune (fondato sul concetto di interoperabilità) sul quale ogni stato membro può innestare le sue specificità senza compromettere la coerenza del sistema.
Questo è, in sintesi, l’obiettivo che il legislatore comunitario si è dato da almeno un decennio, ottenendo risultati nell’ambito della fatturazione B2G; per quanto concerne quella tra soggetti privati (B2B), sarà necessario attendere l’applicazione del pacchetto ViDA (VAT in the Digital Age), il cui testo è entrato in vigore il 14 aprile 2025.
Ai nostri fini, le due novità principali sono: l’obbligo di digital reporting in tempo reale per le operazioni transfrontaliere intra-UE (2030), che diventerà effettivo previa implementazione di un sistema centralizzato, e l’immediata abolizione (2025) dell’obbligo di deroga per introdurre la e-invoice obbligatoria a livello nazionale.
ViDA obbliga quindi gli Stati UE a introdurre la fatturazione elettronica entro il 2030? “Sì, ma in modo indiretto – ci spiega Enrico Liverani, Key Account & Consulting Director di Digital Technologies – A Namirial Company – perché l’unico vero obbligo è quello di reporting in tempo reale. Tuttavia, per soddisfarlo, sarà inevitabile adottare una forma di fatturazione elettronica”. La spinta verso la digitalizzazione porterà anche i Paesi che finora non hanno ancora introdotto l’obbligo di e-invoicing a muoversi in quella direzione, scegliendo gli standard europei come i formati UBL e CII e l’infrastruttura PEPPOL. Al contrario, gli Stati che hanno già adottato un modello centralizzato, Italia compresa, saranno chiamati ad adeguare i propri sistemi per garantirne l’interoperabilità con l’ecosistema comunitario.
Compliance fiscale globale, il ruolo chiave del service provider
ViDA avrà un forte impatto sulle aziende. Banalmente, perché crescendo il numero di sistemi nazionali soggetti a fatturazione elettronica obbligatoria, le imprese saranno chiamate a gestire flussi sempre più numerosi e articolati.
La standardizzazione promossa dall’UE, inoltre, non sarà totale. “Il legislatore europeo – aggiunge Liverani – non entra nel dettaglio di come debba funzionare il sistema di fatturazione in ogni Stato, ma si limita a fornire linee guida, formati e un modello decentralizzato di riferimento. Saranno poi i singoli Paesi a stabilire eventuali requisiti aggiuntivi, come ad esempio i livelli di certificazione vincolanti per poter operare come provider”.
Dal punto di vista aziendale, la compliance fiscale globale, ovvero la capacità di gestire relazioni commerciali con fornitori e clienti in tutto il mondo nel rispetto delle normative locali, richiede oggi più che mai il supporto di un service provider che gestisca end-to-end il ciclo di vita della fattura estera. Questo è vero per almeno due motivi: perché le aziende operano anche con soggetti extra-UE e perché ViDA dà loro una responsabilità ancora maggiore.
Liverani ci spiega che “oggi, il service provider è visto come chi trasferisce i file da una posizione all’altra, con poca o nessuna manipolazione dei dati. Tuttavia, con i modelli decentralizzati, la situazione cambia, perché la tax authority non vuole ricevere tutta la fattura ma solo informazioni di sua pertinenza. Il provider dovrà aggregare i dati, fare calcoli e rielaborarli prima di inviarli, garantendo al proprio cliente la conformità con il dettato europeo”. Le aziende dovranno dunque scegliere il proprio provider con più attenzione rispetto ad oggi, considerandolo un intermediario strategico a tutti gli effetti.
Automazione del processo di fatturazione: verso il “roaming”
Il service provider non si limita a garantire la compliance, ma deve anche assicurare efficienza al processo di fatturazione estera dei propri clienti, che si ottiene con integrazione e automazione.
Vista la complessità del tema, l’azienda deve poter contare su una piattaforma di global e-invoicing gestita dal provider, costantemente aggiornata e integrata con i sistemi gestionali dei suoi clienti.
L’obiettivo è l’automazione. Nel ciclo attivo, l’azienda dovrebbe limitarsi a emettere la fattura verso un cliente estero, disinteressandosi della complessità sottostante: controlli, trasformazioni, inoltro dei dati alle autorità estere e ai clienti sono responsabilità della piattaforma, che funge da tramite tra i soggetti coinvolti. Per questo motivo, Liverani enfatizza l’investimento della sua azienda per essere sempre più presente nei vari network e associazioni dove vengono definite le regole e gli standard di interoperabilità, poiché ciò è fondamentale per garantire un’operatività fluida: “Ci piace pensare di andare nella direzione di una sorta di roaming, prendendo spunto da quanto fatto tempo addietro dalle telco”.
Infine, automazione significa anche integrare le tecnologie più avanzate nella piattaforma di global e-invoicing. A tal proposito, Digital Technologies si sta concentrando sulla gestione e l’identificazione degli errori tramite algoritmi di AI, nonché sull’AI generativa per la creazione delle fatture, utilizzando soluzioni conversazionali che potrebbero avere un impatto importante soprattutto nelle realtà di piccole e medie dimensioni.
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