L’anno passato è stato tranquillo per le aziende che giocano nel settore delle piastrelle, grazie a performance che hanno consolidato i fatturati. Il rischio futuro però è quello di andare fuorigioco a causa di dazi e guerre.
Si chiude con un risultato di pareggio il confronto tra gli ultimi due anni di fatturati per il settore ceramico italiano. Lo raccontano innanzitutto i dati rilasciati da Confindustria Ceramica e che riguardano il giro d’affari per l’anno 2024 della produzione di piastrelle e lastre; numeri che vedono un sostanziale consolidamento del panorama industriale dell’anno precedente. Se l’anno scorso il turnover del settore ha contato quasi 6,1 miliardi di euro infatti, nel 2023 il valore era stato di quasi 6,2 miliardi: il delta è quindi negativo (-1,8%) ma in compenso non così deficitario. Soprattutto se confrontato con il percorso anno su anno precedente: dal 2023 al 2022 infatti il giro d’affari totale del settore era sceso di ben 14 punti percentuali da un totale di 8,7 miliardi. Risultato quest’ultimo che era stato dovuto al record della crescita del mondo della ceramica grazie al boom dei consumi post pandemia. Tornando invece al 2024, va sottolineato poi che, secondo i numeri di Confindustria Ceramica, anche l’export – che pesa per circa l’82% del giro d’affari totale – è sceso ma sempre in misura parallela al totale, segnando un -1,4% anno su anno. Secondo quanto esprimono i valori delle prime dieci aziende del comparto che compaiono nel ranking elaborato da Pambianco Design, la somma del loro giro d’affari è di 3,4 miliardi di euro e quindi pari a circa il 56% del totale: da ricordare che secondo il report di Confindustria Ceramica sono 122 le aziende che operano nel comparto delle piastrelle e lastre. Importante però è in questo caso notare come il valore totale di questo turnover delle imprese top sia in crescita – seppur leggera, del 3% – rispetto all’anno precedente. Pesano su questo delta positivo sia una sostanziale tenuta nei fatturati di quasi tutte le imprese, sia le prestazioni positive che hanno realizzato lo scorso anno in particolare Panariagroup, Emilceramica e Abk Group che sono cresciute nel giro d’affari rispettivamente del 13, 7 e 8%.
TOP TEN CON LUCI E OMBRE
“Operiamo oggi – ha spiegato l’amministratore delegato di Abk Group, Stefano Socci – in uno scenario globale complesso e in costante evoluzione. Un panorama complesso ma nel quale la nostra azienda è riuscita a riaffermare la bontà del proprio lavoro e del giro d’affari che è in crescita. Per il futuro poi puntiamo su investimenti mirati in ricerca e sviluppo e su linee di produzione ‘state of art’, realizzando soluzioni ceramiche all’avanguardia che sono in grado di anticipare le tendenze dell’abitare contemporaneo. Questa vocazione tecnologica, unita a prestigiose collaborazioni con grandi firme del design internazionale come Moooi, ci consente di affrontare con determinazione le sfide attuali e di guardare al futuro con fiducia, pronti a creare valore sostenibile per i nostri partner e clienti”.
Un anno in diminuzione di turnover è stato invece il 2024 di Florim che ha chiuso con un turnover di 416 milioni di euro mantenendo però in linea il valore dell’ebitda anno su anno. “Abbiamo attraversato un altro anno di grandi incertezze – ha spiegato Claudio Lucchese, presidente di Florim -, nel quale le guerre in corso e il crescente isolamento di molti stati hanno messo fine ad un periodo in cui la globalizzazione lasciava pensare a un mondo più coeso. Tuttora poi sono in corso ‘battaglie’ sia militari che altrettante commerciali che continuano ad alimentare un clima di incertezza con pesanti ricadute sulle economie e gli operatori di tutti i Paesi del mondo. Anche il gruppo Florim ne ha risentito come evidenziano i dati economici, ma, nonostante questo, abbiamo raggiunto gli obiettivi industriali e di sostenibilità che ci eravamo prefissati. Dopo un biennio di importanti investimenti, nel 2024 si è completato il progetto di innovazione impiantistica degli stabilimenti italiani con la ristrutturazione del Plant 1 di Fiorano e sono iniziati i lavori di rinnovo degli spazi della Florim Gallery. Proseguono infine anche le iniziative volte a consolidare la presenza del brand nelle principali capitali del design con l’inaugurazione del nuovo Flagship Store di Londra, la ristrutturazione della sede di Milano e l’allestimento di nuovi spazi a Los Angeles e a Roma”.
FUTURO DA MONITORARE
È stato leggermente positivo il percorso anno su anno di Italcer che ha chiuso il suo 2024 con un fatturato di 341 milioni e un valore di ebitda proforma in linea con quello del 2023. “Siamo soddisfatti ovviamente e pensiamo che nonostante le complesse situazioni socio-economiche attuali l’industria italiana possa rafforzarsi sui mercati globali unendo innovazione stilistico-tecnologica a nuove idee e alleanze orientate allo sviluppo”, ha fatto sapere Graziano Verdi, amministratore delegato di Italcer.
“In linea con le previsioni – ha quindi spiegato Alberto Selmi, presidente e AD di Laminam -, nel 2024 il fatturato del gruppo ha raggiunto i 230 milioni di euro (-3%), mentre l’ebitda è cresciuto di circa il 40% rispetto al 2023. Queste performance riflettono la capacità di Laminam di adattarsi ai diversi contesti economici continuando a progredire nella realizzazione della propria agenda strategica. Soddisfatti dei risultati ottenuti nel 2024, siamo confidenti che il 2025 sarà per l’azienda un anno ancora migliore. E lo siamo perché abbiamo lavorato sodo, preparando la strada per nuovi successi”.
Per il settore in realtà il quadro per questo 2025 resta incerto: a complicare ulteriormente lo scenario competitivo infatti, è arrivato l’accordo commerciale tra Usa e Ue (raggiunto a fine luglio 2025), con l’introduzione di dazi generalizzati del 15% sulle esportazioni europee verso gli Stati Uniti che hanno preso il via dallo scorso 7 agosto. Senza dimenticare infine un’altra sfida importante per il settore, ovvero quella legata l’aumento dei costi dell’energia, che continuano a rappresentare una voce significativa nei bilanci aziendali: oggi in media, l’energia incide per il 20% sui costi di produzione finale.
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