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Startup, una rivoluzione normativa. Criteri più restrittivi per i benefici


Per le startup cambia tutto: definizione, vincoli, durata, criteri. Attesa da mesi, la circolare Mimit segna la definitiva attuazione della riforma varata per migliorare il sostegno alle giovani aziende innovative, attraverso incentivi fiscali e strumenti di investimento. Molti erano i dubbi interpretativi dello scaleup (Legge 193/2024), che stavano comportando i rischi di impasse burocratica e di aggravio di uno scenario già complesso a causa della volatilità del mercato nazionale, nel quale oggettivamente si fa fatica a crescere. Uno dei nodi centrali della circolare del Mimit riguarda l’esclusione di alcune categorie professionali dal perimetro agevolato delle startup innovative. In particolare, vengono escluse le aziende che offrono servizi di consulenza o agenzia, considerate attività non coerenti con lo spirito di innovazione richiesto. Ma il punto non ancora risolto era finora quello di capire come poterle riconoscere. Nel caso delle attività consulenziali, il Mimit chiarisce che si tratta di prestazioni professionali basate sull’esperienza in un determinato ambito, orientate ad assistere terzi. Questa definizione comporta l’esclusione automatica di tutti i soggetti con codici Ateco riconducibili alla consulenza imprenditoriale o alle attività professionali non classificate altrove (come sicurezza, ambiente, agricoltura o enogastronomia). Restano fuori anche le agenzie, ossia imprese che hanno per scopo l’esercizio di funzioni intermediarie.

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“Va detto che il codice Ateco è spesso difficile da definire; attività miste o molto specifiche non trovano corrispondenza immediata nelle classificazioni standard. A titolo di esempio, il gruppo Ferretti è classificato come altri mezzi di trasporto. Per le agenzie, dato che non c’è un codice Ateco specifico, occorre verificare con attenzione la descrizione che l’azienda fa del proprio lavoro in fase di autocertificazione”, queste le parole del Presidente della Camera di Commercio della Romagna, Carlo Battistini.

Le nuove condizioni per un’azienda per essere identificata come startup segnano concettualmente un elemento di rottura forte. Se, da un lato, risulta condivisibile l’intento di evitare abusi, dall’altro si avrà un impatto su chi opera, in modo strutturato e innovativo, in ambiti di frontiera dove la consulenza è parte integrante del modello di business (si pensi ad esempio alle startup dei comparti ESG, sicurezza digitale ed energie rinnovabili). Il legislatore, comunque, ha un po’ attenuato la sua impostazione dogmatica prevedendo un regime transitorio. Le imprese già iscritte potranno dimostrare, in occasione della prossima dichiarazione annuale, di aver modificato l’attività prevalente per conservare lo status di startup innovativa.

Coincidente il commento espresso dal presidente Battistini e dal presidente di Cesenalab Franco Callegati: “Vengono sistematizzati i criteri che riconoscono alle startup uno status normativo speciale, il che si riverbera poi in una serie di vantaggi economici, tra incentivi, detrazioni e minore tassazione”.

L’impatto della nuova definizione appare quasi nullo per il nostro territorio. Nota al proposito Callegati: “A Cesenalab non sono incubate startup che offrono attività di tipo consulenziale o di agenzia”. E, a sua volta, Battistini puntualizza: “L’ultimo dato che abbiamo a disposizione è quello del 30 giugno. Nella provincia di Forlì-Cesena ci sono 51 startup innovative, nella provincia di Rimini 79; quelle di tipo consulenziale sono davvero residuali”.

Un altro punto chiave della nuova regolamentazione è l’introduzione dell’obbligo di conformità alla definizione europea di PMI. Dal secondo anno di attività, le imprese dovranno attestare una produzione annua non superiore a 5 milioni di euro e non potranno essere partecipate o collegate a grandi aziende, nemmeno in modo indiretto. Il rispetto di questi parametri è ora essenziale per conservare i benefici riservati alle startup.

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Più cauta è la valutazione sull’impatto della fine delle proroghe legate alla emergenza sanitaria. Secondo Battistini “la circolare interviene anche per fare pulizia nel registro delle imprese. A seguito della pandemia i tempi di durata massima dello status erano passati da cinque a sei anni. Ora si torna ai termini ordinari. Il Mimit ha così identificato in Italia, su un totale di 12.342, 584 start up che, superata la soglia temporale prevista, dovranno essere rimosse d’ufficio dalla sezione speciale delle Camere di Commercio. A Forlì-Cesena e Rimini non si conoscono ancora i numeri, ma è verosimile che l’impatto sia proporzionalmente analogo a quello nazionale”.

In compenso chi entra nel registro ci può restare per più tempo, ma il meccanismo è affatto automatico. Nell’albo speciale delle startup innovative la permanenza ex lege è di tre anni, ma può essere estesa a cinque qualora l’azienda soddisfi almeno uno dei criteri stabiliti: 25% della spesa in ricerca e sviluppo; collaborazione con enti pubblici; ottenimento di brevetto; aumento del 50% del personale o dei ricavi; ingresso di investitori istituzionali. È possibile un’estensione ulteriore fino ad un massimo di 9 anni per quelle realtà che dimostrano di essere entrate nella fase di scaleup. I requisiti sono però molto stringenti: raccolta di capitali superiore a un milione di euro da fondi professionali o una crescita annua dei ricavi superiore al 100%.

La permanenza più lunga per le imprese che dimostrano di crescere rapidamente rappresenta una opportunità secondo Callegati: “Avendo un campo periodico maggiore Cesenalab potrà investire in attività relata alla accelerazione”; “In Camera di Commercio, sulla scia della riforma che vuole dare impulso a chi cresce davvero, sono previste al più presto misure di sostegno alla crescita”. È un cambio di paradigma che responsabilizza imprese, incubatori, acceleratori e istituzioni/realtà di supporto coinvolti.

“Siamo all’inizio di una nuova era. Chi oggi vuole fondare o accompagnare una startup dovrà confrontarsi con criteri più rigorosi e procedure verificabili. Serviranno quindi un maggiore supporto e un lavoro più tecnico consulenziale in senso strategico, su più livelli, nazionali ed europei. Le valutazioni e le prime analisi convergono con queste nuove misure, e sono in linea con le azioni programmatiche sulle quali stavamo già ragionando per il nostro territorio, rispetto al numero di startup che a nostro parere potrebbe essere molto superiore”, conclude Battistini. Resta da verificare se la maggiore chiarezza, ma anche severità del quadro normativo riuscirà a stimolare l’ecosistema dell’innovazione. La vera sfida per l’esecutivo sarà dimostrare che un’accresciuta selettività possa tradursi in un impatto economico più solido e duraturo, e possa generare, quindi, risultati migliori.



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