Con le conclusioni presentate il 4 settembre 2025 in merito alla causa C-121/24, l’avvocato generale presso la Corte di Giustizia UE ha esaminato i limiti della responsabilità solidale del terzo per i debiti IVA di un soggetto passivo non più esistente.
Nel caso considerato, una società bulgara, per le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate nei confronti di un’altra società bulgara, non ha versato all’Erario l’IVA addebitata in rivalsa e, a conclusione di una procedura di insolvenza è stata disposta la cancellazione della società dal Registro Imprese.
Negli anni successivi, le Autorità fiscali hanno preteso dalla società acquirente l’IVA non versata dalla società estinta in virtù della responsabilità solidale prevista dalla norma interna in capo al destinatario di una fornitura imponibile che sapeva o avrebbe dovuto sapere che l’imposta indicata nelle fatture emesse nei suoi confronti non sarebbe stata versata.
Le questioni sollevate dal giudice del rinvio sono dirette a stabilire fin dove si estenda la responsabilità solidale di cui all’art. 205, Direttiva n. 2006/112/CE, in particolare nel caso in cui il debitore IVA sia venuto meno come soggetto giuridico prima che il terzo sia stato chiamato a rispondere del mancato versamento quale debitore solidalmente responsabile.
I limiti della responsabilità per i debiti IVA di un terzo sono costituiti dall’art. 205, Direttiva n. 2006/112/CE, secondo cui gli Stati membri possono stabilire che una persona diversa dal debitore dell’imposta sia responsabile in solido per l’assolvimento dell’IVA. Nondimeno, nella misura in cui la responsabilità è utile per contrastare le frodi o gli abusi, assume rilevanza anche l’art. 273 della stessa Direttiva. In base a tale norma, gli Stati membri possono stabilire, nel rispetto della parità di trattamento delle operazioni interne e delle operazioni effettuate tra Stati membri da soggetti passivi, altri obblighi ritenuti necessari ad assicurare l’esatta riscossione dell’IVA e ad evitare le evasioni, a condizione che tali obblighi non diano luogo, negli scambi tra Stati membri, a formalità connesse con il passaggio di una frontiera.
Secondo l’orientamento iniziale della giurisprudenza, il divieto di detrazione dell’imposta presuppone che il soggetto interessato partecipi intenzionalmente a un’evasione fiscale (causa C-285/09 del 7 dicembre 2010) e tale limite, ad avviso dell’avvocato UE, deve valere anche per la responsabilità solidale.
La posizione della giurisprudenza in materia di lotta alle frodi è stata ampliata nel caso in cui il soggetto interessato avrebbe dovuto sapere che la controparte contrattuale o un ulteriore soggetto facente parte della catena di cessioni era coinvolto in una frode IVA (causa C-384/04 del’11 maggio 2006).
Anche a seguito di tale ampliamento, nessun soggetto terzo poteva sinora, in assenza di una frode in materia di IVA, essere dichiarato responsabile per il comportamento di un altro soggetto.
Successivamente, la Corte europea ha stabilito che, nella misura in cui il soggetto passivo ha adempiuto i propri obblighi dichiarativi in materia di IVA, il mancato versamento dell’imposta regolarmente dichiarata non può costituire, di per sé, una frode e questo vale indipendentemente dal fatto che tale omissione avvenga intenzionalmente o meno (causa C‑227/21 del 15 settembre 2022).
Ad avviso dell’avvocato UE, lo stesso principio trova applicazione anche nel caso di specie, laddove il fornitore ha regolarmente dichiarato l’IVA da versare per le forniture effettuate, omettendo però il versamento dell’imposta dovuta. In assenza di una frode, al cliente che sapeva o avrebbe dovuto sapere che la propria controparte non avrebbe versato l’imposta dichiarata non può essere imputata alcuna cooperazione alla frode, ma tutt’al più la cooperazione all’omesso pagamento.
Una soluzione diversa può valere soltanto nel caso in cui alla società acquirente possa essere imputato un comportamento abusivo realizzato mediante lo sfruttamento (consapevole) della mancanza di un patrimonio in capo alla società venditrice.
In sostanza, ai fini della responsabilità solidale, non è sufficiente che il terzo sapesse o avrebbe dovuto sapere che l’imposta non sarebbe stata pagata. È, invece, necessario che il terzo sapesse o dovesse sapere di partecipare a una frode commessa dal debitore principale dell’imposta o che il debitore chiamato come responsabile si comporti in maniera abusiva, ad esempio mediante il coinvolgimento mirato di un prestatore insolvente.
In quest’ultima ipotesi, il diritto dell’Unione Europea giustifica la responsabilità del terzo, per esempio sotto forma di esclusione di quest’ultimo dalla possibilità di detrarre l’imposta pagata a monte.
Dopo avere analizzato i presupposti della responsabilità solidale di cui all’art. 205, Direttiva n. 2006/112/CE, l’avvocato UE ha affermato che il debito di un terzo a titolo di responsabilità solidale presuppone una causa giustificativa della responsabilità e ha carattere accessorio rispetto al debito tributario del debitore d’imposta. Nel caso in cui si estingua il debito tributario per effetto del venire meno del debitore d’imposta privo di successori giuridici, questo vale anche per il debito a titolo di responsabilità solidale. Una responsabilità solidale a carattere accessorio presuppone, infatti, che il debitore d’imposta esista ancora al momento dell’accertamento del debito a titolo di responsabilità per debito altrui.
Tuttavia, resta salva la facoltà dell’Amministrazione finanziaria di chiamare in causa, quale ulteriore debitore dell’imposta, il beneficiario della prestazione nel caso di una sua autonoma intenzionale condotta fraudolenta in materia di IVA, qualora egli dovesse essere a conoscenza di una frode IVA commessa all’interno catena di cessioni o nel caso di un suo comportamento abusivo.
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