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Commissione Consiliare Riforme Istituzionali: 9 settembre pomeriggio


Nel corso della seduta pomeridiana della Commissione Speciale, si conclude il giro di audizioni cominciato durante la mattinata. Spazio all’intervento dell’Avv. Luigi Lonfernini.

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Lonfernini evidenzia come il Consiglio Grande e Generale abbia perso centralità con la separazione dei poteri e come la sua composizione, in gran parte legata alla pubblica amministrazione, crei potenziali conflitti d’interesse. Insiste sulla necessità di un sostegno economico ai consiglieri non dipendenti pubblici e di una revisione del regolamento consiliare per riequilibrare il rapporto tra maggioranza e opposizione. Lonfernini richiama l’urgenza di rafforzare i controlli contro corruzione e conflitti di interesse, affidando maggiore ruolo tecnico alla Commissione Bilancio e a quella per il Controllo Amministrativo. Infine, difende l’istituto reggenziale come equilibrio tra i poteri dello Stato, invitando a rafforzarne il supporto tecnico senza snaturarne la funzione.

Di seguito una sintesi dei lavori

Comma 2 – Discussione generale sulle modalità di audizione

Emanuele Santi (Rete): Cercherei, come nota metodologica, di limitare gli interventi qui in aula, quando c’è l’audito, a mere considerazioni molto brevi. Perché se ci mettiamo a fare un dibattito di otto-dieci minuti fra di noi, togliamo spazio a chi è venuto a relazionare. Quindi io proporrei questo: cercare di limitare i nostri interventi alle domande, poi tutte le considerazioni le abbiamo nei verbali, abbiamo magari preso degli appunti, e le facciamo quando siamo solo fra di noi. Cerchiamo, insomma, di fare un dibattito magari su tre o quattro audizioni. Perché se a ogni audizione facciamo un dibattito oppure analizziamo quello che ci hanno detto, di fatto togliamo spazio e tempo a chi è venuto a fare l’audizione. Qui mi limiterei solo ed esclusivamente all’ascolto e alla domanda. Insomma, questo vorrei porre all’aula come riflessione.

Iro Belluzzi (Libera): Io proporrei, se fosse possibile anche come metodologia, di audire chi è stato convocato, cominciando a prendere degli appunti sulle suggestioni o comunque sulle indicazioni date dagli auditi. Forse al termine delle audizioni sarà il caso di rifare il punto sugli argomenti che dobbiamo cominciare a trattare, e metterei una nota legata a quello che può essere un elemento che già si evince, per agevolare e facilitare i lavori e la produttività consiliare. Non è male l’idea di cominciare a prendere in mano anche quella che può essere la modalità normativa, pensando alla decretazione, a quello che era stato detto e che coinvolgerebbe Segreterie, Consiglio di Stato e Consiglio. Comincerei anche ad appuntarmi quello che ci ha ricordato, ci ha portato, il dirigente avvocato Crescentini sul fatto che c’era comunque un gruppo di lavoro che stava lavorando sulla decretazione. Con l’idea di audire magari immediatamente dopo quelli che abbiamo definito, anche l’avvocato Canti, per poter cominciare a essere immediatamente produttivi. Perché passo dopo passo dobbiamo trovare quegli argomenti che sicuramente coinvolgono e rappresentano, forse sicuramente, un passo in avanti rispetto alle funzioni stesse del Consiglio Grande e Generale.

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Presidente della Commissione, Nicola Renzi (RF): Io raccoglierei sicuramente l’indicazione data dal consigliere Santi e quindi pregherei magari l’ufficio, nelle prossime audizioni, di inserirla nel canovaccio per i presidenti. La frase esplicita da ricordare a tutti i commissari è quella della possibilità di interazione con domande o commenti, commenti però che sviluppino un dialogo con la persona che è audita, riservando poi le proprie valutazioni personali a un momento successivo. In questo modo riusciamo a far tesoro dei tempi senza spenderci troppo in commenti che meritano un’altra sede.  Anche le indicazioni del consigliere Belluzzi cerchiamo di farle nostre il più possibile.  

Paolo Crescentini (PSD): Volevo chiedere soltanto una cosa. Mi domando se sia il caso di spalmare ulteriormente le audizioni.  Mi spiego: la prossima settimana, ad esempio, vedo che il 16 avremo due audizioni. Rischiamo di dover troncarle, perché magari entrambi, sicuramente vista la competenza, vista l’esperienza, vista la professionalità, avranno cose da dirci; ci saranno delle domande da sottoporre e rischiamo di arrivare oltre le 13, con il Consiglio che incombe, e con il dover magari far aspettare qualcuno dei due fuori. La stessa cosa, ad esempio, il 21 ottobre: tre audizioni. Io capisco che arriveranno probabilmente tutti e tre insieme, ma tre in una mattinata la vedo dura. Non lo so. Queste sono delle considerazioni che faccio a mente alta con voi, proprio anche per dare il giusto risalto e rispetto alle persone che saranno audite.

Presidente della Commissione, Nicola Renzi (RF): Allora, provo a dare una veloce risposta. Credo anch’io che sia giusto questo. Forse faremo un po’ fatica per le prossime, le più imminenti, per il semplice motivo che sono già stati convocati. Quindi vediamo che cosa riusciamo a fare, confrontandoci con l’ufficio.  Per quelli successivi, invece, io direi che ci potremmo tarare su un periodo maggiore, quindi due ore e mezzo, tre ore magari, a testa, ad audizione. Credo che sia giusto, anche per rispetto di chi è audito.

Comma 4 – Confronto e valutazioni sul contenuto del riferimento della Commissione dinanzi al Consiglio Grande e Generale ai sensi dell’articolo 7, comma 1, lettera a) della Legge Qualificata 30 gennaio 2025 n.1

Presidente della Commissione, Nicola Renzi (RF): La prima relazione entro sei mesi sarebbe sostanzialmente a settembre. È ovvio che non ci sono più i tempi per la calendarizzazione in questo Consiglio. Sarà nostro compito far presente alla Reggenza che, per scadenza di legge, noi dobbiamo inserire il comma sul riferimento, in modo da far perdere il meno tempo possibile. È ovvio che il riferimento ha soprattutto senso — io almeno l’ho inteso così — nel momento in cui la Commissione arrivi a formulare delle proposte o a imbastire un ragionamento che sia concludente. Quindi noi ci limiteremmo, se ritenete opportuno, a mettere a disposizione del Consiglio Grande e Generale il documento che abbiamo prodotto, quello che è stato inviato già a tutte le persone che dovranno essere audite. Certamente uno schema riepilogativo, che gli uffici tra l’altro hanno già compilato — e li ringraziamo — su seduta per seduta di ciò che si è fatto. Ricapitolando il numero delle sedute, anche perché vedo che inizia a essere oggetto di attenzione particolare, è giusto che rendicontiamo: ad oggi abbiamo fatto sette sedute, otto con quella di oggi.  Se ci sono altri ragionamenti su come pensate debba essere fatto il riferimento — che avremmo dovuto fare in settembre, ma chiaramente non c’erano le tempistiche dopo la ripresa, quindi sarà in ottobre — esprimetevi pure anche voi, su cosa ritenete opportuno per essere il più proficui possibile e perdere meno tempo.

Fabio Righi (D-ML):  C’è un calendario delle audizioni. Riflettevo sul fatto che i temi che vengono portati all’attenzione non sono temi da poco, e meriterebbero una riflessione. Non ho guardato nel dettaglio il calendario, però potrebbe aver senso alternare le audizioni con dei momenti di approfondimento sulle stesse. Intermediare l’audizione con una serie di approfondimenti nostri e cominciare a mettere dei punti.  È quello che diceva l’avvocato Selva: il pericolo è il mare magnum nell’affrontare il tema delle riforme istituzionali, e in questo modo si rischia di perdere la bussola. Secondo me, prima di affrontare i vari strumenti, ci sono delle scelte politiche da prendere. Ad esempio, quello che dicevo questa mattina: si vuole spingere fino allo stravolgimento delle istituzioni stesse? Questa è una scelta politica da affrontare. Oggi tra le righe c’era l’elezione diretta della Reggenza, l’allungamento del tempo, perché si dice che sei mesi sono pochi, che non ci sono gli strumenti.  Allora, se si vuole ragionare su come dare maggiore consapevolezza a chi ricopre il ruolo regenziale mantenendo i sei mesi, si ragiona in un modo. Se invece si è pronti a dire che la Reggenza deve arrivare a un anno, è un altro ragionamento. Sono tutte scelte politiche che orientano. Quindi forse tra un’audizione e l’altra, man mano che veniamo sollecitati su alcune sfumature, varrebbe la pena fare un attimo il punto tra noi, per cominciare a dare un ordine ai pensieri. Non lo so.

Presidente della Commissione, Nicola Renzi (RF): Per quanto riguarda il calendario, la problematica è che l’ufficio ha già fatto molta fatica a stilare l’elenco. Può darsi che, dilatando i tempi, possa venir fuori qualche momento per iniziare una discussione sulla tematica. Però tutto è vincolato al lavoro di calendarizzazione che è già stato fatto, quindi cercheremo di tenere in considerazione, per quanto possibile, la proposta.  Quanto al riferimento, prepariamo una dicitura a mente della legge istitutiva: facciamo presente che ottobre sarebbe la data opportuna per fare il riferimento. Poi sarà nostra premura preparare un riferimento che contenga i contenuti di cui dicevamo prima: elenco delle sedute, veloce disamina di quello che si è fatto nelle sedute, documento da condividere con tutti i consiglieri, quello che abbiamo licenziato, regolamento della commissione — perché anche quello è stato licenziato — e lista delle persone già audite e di quelle che saranno audite. Non entrerei in altre specifiche.

Comma 3 – Audizioni

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Avv. Luigi Lonfernini: Onorevole Commissione per le Riforme Istituzionali, signori Presidenti, in considerazione del nostro sistema istituzionale mi riesce difficile individuare modifiche che effettivamente servono a delineare emendamenti agli istituti che nel loro complesso hanno dato prova di essere ancora attuali.  Vorrei precisare questo: che nel momento in cui è venuta negli anni la differenziazione fra i tre istituti, legislativo, esecutivo e giudiziario, il Consiglio ha perso un po’ della sua centralità. Questo è un dato di fatto.  In riferimento all’articolo 1 è bene premettere: il Consiglio Grande e Generale, dal momento in cui le organizzazioni politiche nate dal 28 luglio 1943, sostituite poi dai partiti politici caratterizzati in particolare da ideologie con un riferimento preciso — i partiti popolari o socialisti, riformisti o massimalisti — è stato composto quasi esclusivamente da soggetti dipendenti dalla pubblica amministrazione, pensionati o funzionari di partito e anche da dipendenti di organizzazioni sindacali, aziende private, istituti bancari.  Soprattutto con l’inizio del millennio si sono inserite figure, poche, provenienti da attività professionali private. È chiaro che il Consiglio Grande e Generale è governato da uomini che provengono dal mondo che gravita attorno alla pubblica amministrazione, in quanto non hanno alcuna difficoltà ad abbandonare anche per brevi periodi il posto di lavoro. È evidente che nasce un problema che porta, allorquando si trattano temi che coinvolgono il pubblico impiego ed in particolare la legge di bilancio, a considerare un conflitto di interesse, perché il Consiglio nella sua stragrande maggioranza coinvolge la pubblica amministrazione.  È bene comunque precisare che in una comunità organizzata come la nostra, con circa 4.000 dipendenti pubblici e 1.000 pensionati, l’inserimento nel Consiglio Grande e Generale di elementi provenienti da queste categorie si rende indispensabile. Un libero professionista, un artigiano in particolare, se non sono inseriti in un’associazione o in una società in nome collettivo, difficilmente potranno assumere una responsabilità politica che possa garantire una presenza continua e costante e quindi, tra virgolette, garantire un esercizio effettivo e paritario, con particolare attenzione anche al diritto di rappresentanza di ogni categoria lavorativa.  Tenendo presente la nostra situazione di piccola comunità è estremamente difficile potenziare il ruolo di indirizzo politico del Consiglio Grande e Generale, considerato che lo stesso è chiamato a trattare argomenti di natura svariata e complessi, che si possono risolvere con un apparato burocratico che possa essere di supporto a livello tecnico, apparato ovviamente già inserito nella pubblica amministrazione e nel mondo professionale.  Non si dimentichi che l’indirizzo politico è dato dalla maggioranza nel momento in cui presenta il progetto di governo per l’intera legislatura, e l’esercizio del potere legislativo, quasi da sempre, nella maggioranza dei casi viene esercitato dal Congresso di Stato a livello di progettazione. Gli stessi gruppi consiliari svolgono attività di coesione e informazione.  Esistono nella pubblica amministrazione funzionari altamente qualificati, ma il tutto non si può esaurire al loro interno e, di conseguenza, è necessario fare ricorso anche al mondo professionale interno a San Marino ed esterno. È necessario anche prevedere ai singoli consiglieri, ed in particolare per quelli non dipendenti della pubblica amministrazione, un sostentamento economico adeguato. Tra le criticità vengono messe in evidenza quelle relative alla posizione dei gruppi di maggioranza e di opposizione nei dibattiti all’interno del Consiglio. Si tratta ovviamente di rivedere il regolamento consiliare, facendo attenzione a quelli che sono gli interessi della maggioranza nel portare avanti il programma di governo e quelli dell’opposizione nell’intervenire in un dibattito non sempre sereno ed a volte portato a creare ostruzionismo.  Non è facile regolare i rapporti tra gruppi consiliari con visione su alcuni temi diametralmente opposti. Spetta alla Reggenza intervenire anche sospendendo la seduta allo scopo di evitare che il dibattito si risolva in una contestazione che cerca di impedire alla maggioranza di svolgere pienamente il suo ruolo in tempi ragionevolmente sufficienti a chiarire le varie posizioni, evitando contestazioni che ripetutamente vengono messe in atto al solo scopo di allungare i tempi del dibattito.  Certamente non è facile interpretare la condotta dei vari gruppi consiliari, anche per il fatto che i Capitani Reggenti non sempre sono nelle condizioni di intervenire e di interpretare il corso del dibattito. Resta il fatto che un intervento della Reggenza ritenuto eccessivo, addirittura lesivo dei diritti di ciascun consigliere, non potrà poi essere oggetto di indagine alla fine del loro mandato, tranne nel caso che il fatto costituisca una violazione palese dei diritti che sono propri di ciascun consigliere. Diritti che comunque comportano anche il dovere di mantenere un equilibrio.  È bene ricordare che i consiglieri e i Capitani Reggenti non sono perlopiù professionisti della politica. Il rafforzamento dei sistemi di controllo e resistenza alla corruzione e ai conflitti di interesse.  Sui conflitti di interesse è difficile intervenire con norme specifiche. Siamo una comunità nella quale agiscono soggetti legati da amicizia, parentela, interesse.  Mentre in fatto di corruzione, alla luce di quanto è accaduto, è necessario in primo luogo la prescrizione per i reati di corruzione previsti dal codice penale. Poi, annualmente, i membri del Congresso di Stato dovranno rendere note le loro attività extra-istituzionali e quelle dei parenti a loro vicini, sia in territorio che all’estero, con apertura dei rapporti bancari in generale.  Particolare importanza riveste la Commissione del Bilancio, che dovrà essere composta da politici e da tecnici quali uditori, nonché la Commissione per il Controllo Amministrativo, la quale dovrà essere composta di tecnici professionisti.  Esercitare un controllo diretto nell’esercizio del potere del Congresso di Stato non dovrebbe essere difficile. Si deve ricorrere in primo luogo al programma di governo, che deve essere articolato in maniera da non dare adito ad interpretazioni che vanno oltre ai contenuti. Il principale controllo deve essere effettuato attraverso le commissioni consiliari ed in particolare attraverso la Commissione di Bilancio.  È necessario che le delibere del Congresso di Stato facciano riferimento sia al programma di governo, al bilancio, alla legislazione vigente. Si tratta di trovare un equilibrio senza mortificare l’attività di governo e senza compromettere la centralità del Consiglio Grande e Generale, senza dare spazio a contestazioni che il più delle volte servono per apparire.  La formazione delle leggi, degli atti di forza di legge, dei regolamenti è un problema delicato, in quanto le fonti coinvolgono normative non sempre facilmente riscontrabili nel nostro ordinamento e quindi necessita che il procedimento formativo abbia la collaborazione interna alla pubblica amministrazione ed in certi casi anche esterna.  In conclusione, non è facile stabilire i comportamenti che devono essere presenti nelle funzioni del consigliere. Si tratta di soggetti che non sempre hanno una formazione specifica e che l’hanno acquisita con la presenza in più legislature. Ognuno porta il proprio bagaglio maturato nelle varie attività professionali che, se unite, servono a dare un contributo essenziale alla vita del Consiglio.  Cadute le ideologie, i consiglieri sono chiamati al rispetto dei valori tradizionali che hanno permeato nel tempo la vita della comunità. In definitiva, si tratta di mantenere al Consiglio la centralità nell’azione politica ed amministrativa, senza compromettere le competenze che sono proprie degli altri organi esecutivi, mettendo in atto gli atti che sono propri del Consiglio attraverso una modifica del regolamento consiliare, nella ricerca di un equilibrio senza mortificare l’attività di governo, costringendola ad un costante controllo non sempre determinato da situazioni di natura politica.  Non conoscendo le criticità che vengono messe in evidenza, è difficile esprimere pareri che servano per aggiornare il ruolo politico-amministrativo del Consiglio, la sua centralità, senza comprimere il ruolo degli altri organi istituzionali.  Ripeto: è attraverso una modifica del regolamento consiliare che possono essere rimosse certe situazioni che si ritiene vadano a comprimere il ruolo dei singoli gruppi consiliari. Ci sono dei limiti entro i quali vanno individuati i rispettivi compiti e funzioni dei gruppi nel corso dei dibattiti e delle varie attività di natura politica, senza creare le condizioni di rendere l’aula consiliare un luogo dove la politica — che ha certamente un ruolo essenziale — non diventi la continuità di un’azione politica che si ritiene esaurita con i comizi elettorali e con l’approvazione del programma di governo. La disaffezione alla politica può portare a un disinteresse generale di tutta la comunità. La democrazia si rafforza nell’azione politica all’interno dell’aula consiliare, qualora si mantenga un atteggiamento costruttivo nella ricerca di un interesse comune che serva a far crescere la comunità.  Forse, anzi senza forse, sono andato oltre a quello che dovrebbe essere il contenuto per un contributo nella risoluzione di alcune criticità che sono state evidenziate, e quindi con la presunzione di aver svolto un compito che non è appropriato per le problematiche che nascono dal progetto di legge. Anche se, ripeto, le nostre istituzioni hanno contribuito a far crescere il Paese nella socialità e nella democrazia.  Con l’introduzione della normativa che prevede che i membri del Congresso di Stato devono rinunciare, anche se in via definitiva, a essere parte del Consiglio Grande e Generale, è venuto a mancare, a mio modo di vedere, da parte dello stesso Consiglio, un controllo più efficace sull’attività dei singoli deputati, ora Segretari di Stato.  Sull’attività politica ed amministrativa del Congresso ritengo sia necessario creare le condizioni affinché i due provvedimenti — decreto legislativo e decreto legge — siano meglio individuati dal punto di vista politico ed amministrativo. Si tratta, per il decreto legislativo, di incardinarlo in maniera poi da essere meglio individuato nei contenuti, la cosiddetta cornice, mentre il decreto legge deve avere un contenuto più amministrativo, da renderlo più aderente alla quotidianità. Non è certamente facile individuare i confini entro i quali i provvedimenti assumono un valore politico e quelli amministrativi. Il loro controllo da parte del Consiglio riveste comunque un atto politico che deve essere inquadrato in quel processo di formazione e sviluppo del programma di governo.  Si è voluto giustamente creare nel tempo le condizioni per un’effettiva divisione dei poteri, per cui è necessario stabilire un equilibrio nel delimitare i ruoli di competenza.  Fare riferimento alla giustizia non è semplice. Certamente in certe occasioni, negli ultimi anni, la giustizia non ha funzionato. Troppo tempo è trascorso tra un’indagine iniziale, la fase dibattimentale e le sentenze. Anni di malcostume esercitato da politici sono rimasti incredibilmente impuniti. Lo stesso Consiglio Grande e Generale è rimasto assente e certamente la politica nel suo insieme ha perso di credibilità.  La giustizia, tra l’altro, ha perso di credibilità nel momento in cui sono stati nominati magistrati cittadini sammarinesi o residenti. È difficile amministrare la giustizia in un Paese in cui parentele, amicizie, conoscenze in generale giocano un ruolo — non dico, e non voglio dirlo o pensarlo, determinante — ma certamente un ruolo che non lascia indifferenti. È necessario perlomeno che i giudici delle appellazioni rimangano estranei alla nostra comunità.  Ritengo comunque fare alcune riflessioni sul Collegio. Nel quadro generale dei lavori della Commissione Consiliare Speciale per le Riforme Istituzionali possono essere prese in particolare considerazione le diverse normative che negli anni hanno disciplinato la tutela dei valori costituzionali mediante un apposito giudizio.  Elemento centrale è la subordinazione del legislatore, Parlamento, alla giustizia costituzionale, nelle varie forme possibili. Perciò sembra opportuno inserire, fra le possibili modifiche dell’architettura istituzionale della Repubblica, anche la giustizia costituzionale, quale risulta dalla Dichiarazione e successive modifiche, allo scopo di chiarire, come si discute in dottrina, se e quanto la nostra giustizia costituzionale rappresenti, tra virgolette, un istituto antitetico rispetto al principio della sovranità dell’assemblea parlamentare e della preminenza del Parlamento, considerato giuridicamente insindacabile nell’esercizio dei suoi poteri sovrani.  Secondo il professor Severino Caprioli, “col nome di Collegio Garante è stata introdotta nell’ordinamento della Repubblica un’autentica Corte Costituzionale, pensata e organizzata secondo il modello italiano”.  Secondo il professor Augusto Barbera, “preoccupano possibili prevaricazioni dei giudici costituzionali rispetto all’assemblea rappresentativa del popolo, massimo organismo in qualsiasi Stato democratico, col rischio di una drastica riduzione della capacità rappresentativa dell’assemblea elettiva”.  Secondo il professor Giuseppe Rescigno, già membro e presidente del Collegio Garante, “nessuna Corte Costituzionale ha iniziativa rispetto alle proprie competenze: esse devono rispondere alle domande giuridicamente fondate che provengono da altri soggetti”.  Ebbene, risulta che il Collegio Garante — se si fa riferimento a quest’ultima osservazione fatta dal Rescigno — abbia rivendicato la facoltà di estendere il controllo di costituzionalità in via di svolgimento rispetto ad una norma ritualmente impugnata ad altra norma in qualche modo connessa. Questa estensione di competenza non ha alcun riscontro nelle leggi in vigore.  Sul numero dei membri del Collegio Garante e sulla retribuzione di ciascuno di loro, il numero sembra francamente eccessivo rispetto alle necessità annualmente prevedibili e ai provvedimenti effettivamente adottati. La retribuzione, in ragione del lavoro svolto, sembra riguardare soltanto i supplenti, ma con opportuno regolamento potrebbe essere estesa a tutti i membri del Collegio.  Un discorso a parte dovrebbe essere fatto in riferimento alle funzioni e competenze di un istituto che si è inserito nel nostro contesto socio-politico.  Il riferimento è alla Banca Centrale. È cresciuta a dismisura, mentre le banche tradizionali cercano di limitare la loro presenza sul territorio, dismettendo anche il personale dipendente. Molti servizi potevano essere attivati dalle banche con gare di appalto.  La Banca Centrale nasce per essere di supporto agli istituti bancari operanti in territorio e quindi per garantire trasparenza e legalità nello svolgimento delle attività che sono proprie delle banche. Con un organico di 100 persone la Banca Centrale si è inserita in una comunità di modeste dimensioni, diventando un istituto che assume all’interno un peso politico non indifferente. È un pachiderma che non ha possibilità di essere ridimensionato. Troppi politici o ex politici sono coinvolti al suo interno, direttamente o indirettamente.  Un’ultima riflessione sulla suprema magistratura. L’istituto reggenziale, dopo la conquista delle libertà fondamentali, ha mantenuto un equilibrio nell’esercizio delle sue funzioni all’interno del Consiglio Grande e Generale. È impensabile che i Capitani Reggenti siano espressione della maggioranza o della minoranza. Si creerebbero le condizioni, con l’istituzione del veto, di immobilizzare l’attività del Consiglio.  Gli stessi Capitani Reggenti, dal punto di vista della loro preparazione, rispecchiano essenzialmente contenuti e carattere dei singoli consiglieri, e non può essere diversamente. Si tratta eventualmente di mettere a disposizione dei Capitani un ufficio da meglio identificare all’interno della pubblica amministrazione, per essere di supporto nelle loro attività di natura istituzionale, sia di carattere politico sia amministrativo.  Non si pensi di modificare un istituto che rimane nella coscienza dei cittadini e che può ancora garantire equilibrio tra i vari poteri dello Stato.

Paolo Crescentini (PSD): Innanzitutto grazie all’avvocato Lonfernini per la sua relazione. Siccome si parla, come primo compito della Commissione per le riforme istituzionali, di andare a migliorare quella che è l’attività e l’organizzazione del Consiglio Grande Generale, la domanda che le faccio è: lei da dove partirebbe e come?

Avv. Luigi Lonfernini: Dalle commissioni consiliare. Anche dalla riorganizzazione anche dei gruppi consiliari, ma in parte i gruppi sono già organizzati attraverso i partiti politici che rappresentano. Quindi io ritengo che sia più opportuno indirizzare le vostre attenzioni alle commissioni, che, a mio modo di vedere, dovrebbero essere composte ovviamente di consiglieri, ma anche di professionisti uditori, in certe situazioni, solo come uditori, ovviamente.

Mirko Dolcini (D-ML): Lei ha fatto riferimento nella sua relazione sul fatto che i consiglieri vengono più dalla pubblica amministrazione; come professionisti e imprenditori, è difficile garantire la presenza e quindi la rappresentanza. Lei quale suggerimento darebbe proprio per invertire, diciamo, la rotta o comunque garantire maggior presenza di professionisti, comunque di persone che vengono dal mondo del privato?

Avvocato Lonfernini: Caro collega, io non so dare nessuna indicazione. Io capisco che quando tu vieni in Consiglio chiudi lo studio, non so se rende l’idea. Se uno non ha un apparato interno al proprio studio per concedersi il tempo sufficiente per prepararsi ed essere presente al Consiglio Grande e Generale, è difficile prevederlo. Parliamoci chiaro: qui a San Marino un ingegnere, un avvocato, un dottore, un medico, se non sono dipendenti dello Stato, come fanno ad abbandonare per 5 anni la loro attività? Oggi poi il Consiglio Grande e Generale impegna molto di più i consiglieri di una volta. Una volta il Consiglio si teneva sì o no una volta o due al mese. Le sedute consiliari molto lunghe si svolgevano solo al momento del bilancio.

Giancarlo Venturini (PDCS): Intanto ringrazio l’avvocato Lonfernini per le sue considerazioni, frutto anche di un’esperienza maturata in tanti anni di attività nelle istituzioni e anche dal punto di vista giuridico. Al di là delle considerazioni fatte poc’anzi sul discorso della rappresentanza consiliare — dipendenti pubblici e privati, che è un problema che sicuramente dev’essere affrontato — lei ha citato anche, e si è soffermato in alcuni passaggi, sul discorso dei conflitti di interesse, corruzione e altro. E quindi, nonostante il nostro ordinamento e il nostro Parlamento, in attuazione delle indicazioni e delle verifiche periodiche dei vari organismi internazionali, abbiano dovuto recepire normative specifiche per combattere il fenomeno della corruzione e dei conflitti di interesse, forse queste non sono sufficienti. In passato non esistevano norme, e abbiamo visto fenomeni molto distorsivi anche in epoche non tanto lontane, comunque di qualche decennio fa. Su questo tema, quindi, quali suggerimenti potrebbe darci ulteriormente, oltre ad aver già cercato di adeguare il nostro Paese a quelle che sono le normative internazionali? Perché, ricordo, per recepire alcune direttive del GRECO, all’epoca in cui ero agli Interni-Giustizia, avevamo 18 prescrizioni e, tra secondo e terzo ciclo di valutazione, le abbiamo recepite. Però ovviamente hanno efficacia da quel momento in avanti. Ritiene che siano sufficienti o bisognerebbe andare oltre? Ha qualche suggerimento ulteriore?

Avv. Luigi Lonfernini: Non è facile dare una risposta. Ho detto e ripetuto che questo è un piccolo Paese, quindi parentele, amicizie, interessi personali, interessi vari coinvolgono un po’ tutti, parliamoci chiaro. Quello che è successo in questo Paese dopo il 2000 è stata una cosa imprevedibile, posso dire. Io sono stato in Consiglio tanti anni, e problemi di corruzione non sono mai venuti fuori. È venuto fuori nel 2000, perché la corruzione ha coinvolto l’intero Paese. Ricordate? Nelle banche facevano fatica a contare i soldi. E tutti lo sapevamo, tutti lo sapevamo. C’è stata una corruzione talmente diffusa che i pubblici dipendenti o avevano parenti o amici con società, oppure erano interessati direttamente perché i loro stipendi venivano continuamente adeguati, dato che la pubblica amministrazione non aveva problemi di cassa. Questo è un fatto. Poi abbiamo istituito la Banca Centrale. Signori, la Banca Centrale fu istituita credo per controllare quattro banche e dieci finanziarie. Poi sono venute fuori dodici banche e sessanta finanziarie, poi improvvisamente sono scomparse.

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Luca Lazzari (PSD): Anch’io ringrazio l’avvocato Lonfernini per questo contributo ricco, organico e anche coraggioso, perché tocca temi che spesso sono considerati tabù, come quello della giustizia. Noi adesso, come commissione, ci siamo dati un ordine di intervento e abbiamo messo al primo punto il Consiglio Grande e Generale. Però credo che ci si debba misurare con i contributi che vengono portati all’attenzione di questa commissione.  Ripeto, secondo me qui l’avvocato Lonfernini ha avuto il coraggio di dire qualcosa che nessuno dice, ma che in tanti pensano. Nei vari processi di riforma del nostro ordinamento giudiziario e del nostro tribunale, in ragione anche del principio di separazione dei poteri e delle direttive che abbiamo dovuto recepire dagli organismi internazionali, sono stati commessi errori.  Il principio della terzietà è riconosciuto da tutti i Paesi per quanto riguarda la giustizia. E quindi è un’anomalia enorme avere in un Paese piccolo come il nostro, con poco più di 30.000 abitanti, dei giudici che sono sammarinesi o che risiedono a San Marino. Questo non è un valore, non è un’affermazione di sovranità o di identità statuale, ma apre a un pericolo enorme.  Lo stesso discorso, secondo me, vale per le forze di polizia, dove invece dovrebbe esserci il principio della neutralità operativa. E quindi ci siamo messi su una strada molto pericolosa. La vicenda del commissario Buriani cos’è, se non un’altra vicenda di conflitti di interesse, in ragione dei legami che quel commissario aveva intessuto con alcuni ambienti del nostro Paese? Quel commissario è intervenuto sì su fatti di corruzione che riguardavano un sistema politico che andava certamente corretto, ma non lo ha fatto con animo sincero: lo ha fatto in ragione di interessi che gravavano su di lui. Questo ha portato, almeno secondo la mia lettura, all’affossamento di quei procedimenti penali, in ragione dell’incongruenza che si è venuta a creare. E si è creata perché Buriani aveva connessioni e legami fortissimi con il nostro territorio.  E noi continuiamo a insistere su questa strada, attribuendo a poteri per noi nuovi — come quello della giustizia e quello finanziario della Banca Centrale — funzioni e connotazioni che probabilmente non si addicono a un Paese di 30.000 abitanti.

Avv. Luigi Lonfernini: Io ho messo in luce alcune criticità — la Banca Centrale, la giustizia — che sono ormai talmente radicate che non si torna indietro. Bisogna prevedere eventualmente una pezza: lasciare che i giudici d’appello non siano residenti e non siano cittadini sammarinesi. Almeno si presume che svolgano la loro attività indipendentemente da amicizie, parentele e via discorrendo, che incidono, è indiscutibile, e non lasciano indifferenti, parliamoci chiaro.  Per quanto riguarda la Banca Centrale, io sarei dell’idea di darci un’occhiatina a livello istituzionale, su come si può mantenere. Posso entrare in un altro argomento? Il cosiddetto accordo con la Banca d’Italia. Noi senza la Banca d’Italia non andiamo da nessuna parte. Possiamo andare a Francoforte, possiamo andare a Bruxelles, tutto quello che volete, ma se la Banca d’Italia non mette un piedino a San Marino, non possiamo andare da nessuna parte. Le nostre banche operano al 99% in Italia.   Oggi, se a San Marino non c’è lo zampino della Banca d’Italia, possiamo andare a Bruxelles, a Francoforte, ma non andiamo oltre nei rapporti e nelle opportunità che ci possono venire nello svolgimento dei nostri lavori bancari con soggetti italiani. Questa è una mia opinione personale.

Fabio Righi (D-ML): Anch’io mi unisco ai ringraziamenti nei confronti dell’avvocato.  Mi permetto di dire che se riuscissimo, come politici, a parlare molto di più come ha parlato oggi lei, forse molti più giovani si riavvicinerebbero alla politica.  Vengo alle domande. Lei ha toccato più aspetti, alcuni tecnici, altri con sfumature più politiche, ma lo trovo assolutamente condivisibile. Nelle audizioni di questa mattina mi sono permesso di fare una considerazione generale: noi possiamo mettere mano a tutti gli strumenti che vogliamo, ma se non ci riappropriamo di una cultura politica e di una testa politica, possiamo avere tutti gli strumenti del mondo, ma faticheremo a utilizzarli correttamente.  La prima domanda è più politica: io condivido il fatto che ci sia una disaffezione da parte delle nuove generazioni nei confronti della politica. È vero che questa è una commissione più tecnica, ma è interessante capire, secondo lei, da cosa deriva.  La seconda domanda è: considerati i ragionamenti fatti, se oggi, al di là di trovare il giusto equilibrio, vede bene, seppure in parte, una professionalizzazione della politica, considerato che i tempi sono cambiati, gli argomenti sono maggiori, più complessi, e il mondo nel frattempo è cambiato.  L’ultima domanda riguarda la Banca Centrale, il sistema politico e amministrativo che si è caratterizzato per quelle caratteristiche in quel preciso momento storico, ma che ancora oggi ha difficoltà e compromissioni. Quando si parla della Banca Centrale, del peso politico di un organo che invece doveva essere di controllo, lei ha detto che siamo arrivati molto in avanti e che c’è una compromissione potenzialmente generale. Credo che, se non si trova il modo di risolvere, diventa difficile parlare di tutto il resto.  Ecco, quale potrebbe essere il percorso da intraprendere, magari anche con l’aiuto degli organismi internazionali, per risolvere questi aspetti? Perché la paura è che da soli forse si faccia fatica. Non parlo solo del settore bancario, ma anche del resto. Sarebbe interessante capire da dove partire, perché ci si interroga da tempo, ma è sempre complicato.

Avv. Luigi Lonfernini: Rispondo all’ultima domanda. È venuta a mancare la centralità del Consiglio Grande e Generale, questo è un dato di fatto.  Vi porto un esempio attuale: Banca di San Marino. Stanno discutendo tra la Banca di San Marino e la Banca Centrale se far intervenire a San Marino un soggetto che viene dalla Bulgaria. Va bene, ha tutti i requisiti, ma dovrebbe essere il Consiglio Grande e Generale a decidere se far venire o meno a San Marino soggetti di questo tipo. Possono dare tutte le garanzie oggi, ma possiamo perderle domani con le stesse garanzie. È già successo, se non sbaglio. Noi alle nuove generazioni abbiamo dato tanto, tutto quello che non ha avuto la mia generazione, non so se rendo l’idea, o la generazione che mi ha preceduto, anzi quella è andata peggio. Oggi i giovani hanno avuto tutto da questo Paese, se ci confrontiamo con i Paesi vicini, con le regioni, con l’Europa.   C’è però un fatto positivo: molti frequentano le attività sportive. Questo è vero ed è un buon risultato che è stato ottenuto. La disaffezione nasce dal fatto che non è solo un problema sammarinese, sia ben chiaro. Pensate cosa succede in Italia: va a votare sì e no il 50%. Quella non è più democrazia, è un rischio per la democrazia.  Sulla professionalizzazione della politica, sono d’accordo, d’accordissimo. Ai miei tempi noi non avevamo, anche se avevamo un titolo di studio, non avevamo nessuna preparazione. Venivamo fuori dal fascismo e quindi, ovviamente, di democrazia quelli che allora si impegnavano politicamente erano nati, cresciuti e vissuti sotto il fascismo. I partiti politici, fino a un certo periodo storico, hanno avuto una loro importanza nel preparare soggetti che poi sono entrati in quest’aula.  Oggi, a maggior ragione, c’è la possibilità di dare ai singoli consiglieri un maggiore contenuto alla loro attività politica. Questo è importante non solo nello svolgere l’attività politica all’interno del Consiglio, ma anche fuori. Non si può essere consiglieri solo due settimane al mese, non so se rendo l’idea.

Iro Belluzzi (Libera): Io, avvocato, la ringrazio per il contributo, per la schiettezza e la lucidità con cui ha rappresentato quelli che sono i limiti e i rischi in determinati ambiti delle istituzioni e della vita della Repubblica.  Due temi mi stanno particolarmente a cuore: quello della giustizia e quello del sistema bancario. Come lei, da una vita sostengo la necessità di un accordo con l’Italia, altrimenti non abbiamo niente di buono per il futuro.  Anche per possibili investitori, come quello che lei citava: all’interno della Repubblica, il Consiglio dovrebbe dibattere l’ingresso o meno di un investitore esterno. Per quanto riguarda la Banca di San Marino, sarebbe stato sufficiente probabilmente quello che diceva lei, ossia che Banca d’Italia, con un piedino all’interno della Repubblica, avesse avallato quel percorso. Speriamo che questo avvenga, in maniera positiva o negativa, comunque con un contributo e una supervisione di Banca d’Italia, perché altrimenti non abbiamo un futuro.  Quella volta su Banca Agricola pesò Banca d’Italia, ma probabilmente fu Tremonti che, prima dell’aggressione al Paese, fece ritirare tutte le partecipazioni bancarie all’interno della nostra realtà. Per cui questa è una consapevolezza che credo dobbiamo acquisire.  L’altra questione è estremamente importante. In una comunità piccola chiedo: come potrebbe essere svolto il percorso per ridare piena indipendenza alla magistratura, prescindendo quindi da eventuali legami familiari o amicali con il contesto della piccola comunità sammarinese? Perché il rischio delle riforme del 2003 è che abbiano portato, e continuino a portare, a non avere un’oggettività nell’espletare la funzione giurisdizionale da parte del Tribunale, volente o nolente. La paura è che comunque ci sia sempre questa influenza.

Matteo Zeppa (Rete): Credo si debba partire da una analisi di quella che è stata la politica negli ultimi anni, diciamo dal dopoguerra in poi. Io ricordo benissimo alcuni articoli di giornale, poi ripresi da varie commissioni di inchiesta, che raccontavano la facilità con cui a San Marino nascevano istituti bancari – siamo arrivati ad averne quattordici – e la facilità con cui presunti ciclisti amatoriali arrivavano con le borracce piene di soldi in contanti da portare negli istituti. Io credo che qualcuno, non i saggi di allora, abbia goduto di questa cosa, perché è inutile dirci che sia la politica sia la società hanno beneficiato del fatto di avere una facilità economica. Il problema è quando poi scoppia, mi passi il termine, il “bubbone”: tutto quello che abbiamo avuto come ricaduta della famosa “San Marino da bere”.  Io ricordo, ero piccolo, mio nonno era funzionario della Segreteria Istituzionale e a volte mi portava quando c’era il Consiglio Grande Generale. Ricordo che mio nonno mi diceva: “Guarda, il Consiglio è suddiviso in questa maniera: lì c’è un’ideologia e lì ce n’è un’altra”. Non ce n’erano tante, erano due.  Io temo – e l’ho già detto in altri interventi pubblici, non in Consiglio – che la privazione della centralità del Consiglio Grande Generale derivi anche dalla mancanza di ideologia e dalla volontà di trovare un accomodamento politico su tutto. Lei ha ragione quando dice che tutto ciò che riguarda il sistema bancario dovrebbe passare in Consiglio Grande Generale, ma ricordo nitidamente che questa maggioranza ha portato un emendamento che consente che il 51% non sia più sammarinese.  Se vogliamo parlare di professionalizzazione della politica, io non la intendo come pagare un gettone consiliare in più. Se uno sente l’ideologia – che sia di destra, di centro o di sinistra – nel momento in cui ha la volontà di porsi come consigliere della Repubblica, deve avere l’obiettivo di salvaguardare lo Stato, non altro.  Io credo che la cultura politica degli anni della “San Marino da bere” la stiamo ancora pagando. Perché? Perché sono state create sovrastrutture come la Banca Centrale, nel momento in cui abbiamo pensato di fare i furbi, senza trovare accordi con chi ci circonda territorialmente. Questo è un problema della politica, non solo di centralità o di ideologie.  Parlando con i giovani mi accorgo che il problema, e non è solo sanmarinese, è la facilità con cui ottengono le cose. Sentendo i tre saggi oggi, posso dire di aver rivalutato in qualche maniera gli scopi principali di questa commissione. A noi manca quella cultura politica fondata sulle ideologie e sulla salvaguardia dello Stato, perché tendiamo sempre, non solo noi, a cercare l’escamotage migliore per il nostro interesse.  Credo che interventi come i suoi, e di chi l’ha preceduta, possano aprire la mente dei consiglieri giovani e inesperti. Io stesso, pur essendo qui dal 2012, mi sento ancora inesperto. Non è possibile che, nel momento in cui arriva un atto normativo di qualsiasi governo – e dal 2012 ne ho visti tanti – la prima cosa che penso, leggendo un decreto o un progetto di legge, sia: “Dove sta la gabola? Chi ci guadagna?”. Questo è un male. È un male perché bisognerebbe salvaguardare gli interessi dello Stato, non leggere i testi con il sospetto che servano ad altro. Forse, con la fortuna di avere dei saggi che ci danno una visione diversa, potremo fare un passo culturale: tornare un po’ indietro e guardare con chiarezza a cosa deve servire la politica.

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Avv. Luigi Lonfernini: Oggi il Consiglio può recuperare la propria centralità anche grazie a una pubblica amministrazione molto preparata. Questo è un dato di fatto: dieci o quindici anni fa non era così, il numero era molto limitato. Adesso c’è un supporto che può essere utile al lavoro dei consiglieri.  Per quanto riguarda la disaffezione dei giovani, è un problema grosso. Noi siamo relativamente fortunati, ma subiamo le influenze di ciò che succede nei paesi vicini.  Mi auguro che ci sia uno sviluppo del lavoro delle commissioni consiliari – che sono fondamentali – e che il Consiglio Grande Generale recuperi la centralità. Sulla giustizia, invece, il discorso è diverso: è un sistema ormai radicato e non si torna indietro. Abbiamo ottimi professionisti, ma lavorano in un ambiente dove inevitabilmente contano legami di parentela, di amicizia, di conoscenza. L’errore, secondo me, è stato quello di aver promosso commissari a giudici d’appello. È un errore, anche se penso a una commissaria che ho seguito per anni e che è bravissima.

Presidente della Commissione Nicola Renzi: Io mi sento davvero di ringraziarla a nome di tutta la commissione. La ringrazio e ribadisco quello che ho detto all’inizio: per la lucidità e la chiarezza con la quale ha voluto esprimersi, prima nel suo discorso introduttivo e poi, ancora di più, stimolato dai commissari, nelle risposte molto intelligibili che ha voluto dare.  La ringraziamo per questa sua disponibilità e per questo suo contributo. Credo che alcune delle linee che ha tracciato saranno fondamentali da tenere presenti come commissione, perché ci interrogano su una cosa basilare per i nostri lavori. Una domanda che sembra banale, ma che io credo sia davvero centrale: vogliamo o non vogliamo lavorare per riportare la centralità, nel rispetto della divisione dei poteri?  Questa, forse, è la domanda più importante che ci dobbiamo porre, prima di perderci in mille rivoli su quanto minutaggio debba avere un consigliere o su come debbano essere discussi gli argomenti. Prima, forse, dovremmo chiarirci se la volontà di questa commissione sia quella, all’interno di tutti questi interlocutori, di ristabilire il primato nobile della politica e del Consiglio Grande Generale.

Askanews



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