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“La Repubblica Dominicana è una delle economie dal più alto tasso di crescita nel mondo” – Gazzetta diplomatica


“Antiche, articolate e crescenti”: con queste tre parole, l’Ambasciatore Stefano Queirolo Palmas descrive le relazioni tra Italia e Repubblica Dominicana. E con le medesime potremmo benissimo definire anche la sua carriera diplomatica: un percorso lungo oltre quarant’anni, segnato da incarichi prestigiosi, crisi internazionali, missioni scientifiche e momenti di intensa umanità.

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Nato a Genova, città di naviganti e di partenze, Queirolo Palmas ha attraversato cinque continenti, portando con sé il senso profondo del servizio e della rappresentanza. Dall’Angola in guerra, alla Sydney olimpica. Dalla Riad ferita dal terrorismo fino a Copenaghen. Ogni tappa, un frammento di storia vissuta in prima linea.

Oggi, alla guida dell’Ambasciata italiana a Santo Domingo e Porto Principe, si trova in una delle economie più dinamiche, che vede l’Italia vantare un interscambio commerciale di un miliardo di euro. “Il saldo è ampiamente positivo per noi” sottolinea l’Ambasciatore. E mentre il suo mandato volge ormai al termine, lo sguardo va inevitabilmente oltre i numeri. Dietro la figura istituzionale, emerge l’uomo. Quello che si commuove davanti a una bambina dominicana che canta l’Inno di Mameli con voce limpida e pronuncia accurata. Quello che non scorda il dolore per la morte di un connazionale ucciso da Al Qaeda. “Perdere uno dei tuoi all’estero è qualcosa che non si dimentica più”, ammette.

Stefano Queirolo Palmas è molto più di un Ambasciatore. È un testimone del nostro tempo, un costruttore di ponti, un interprete delle trasformazioni globali. Nel cuore dei Caraibi, il suo mandato non è solo l’ultimo di una lunga carriera. È il compimento di una rotta, tracciata con rigore, passione e una straordinaria capacità di ascolto. “Qui – dice – ho trovato un contesto dinamico, aperto, curioso. E persone accoglienti e calorose”. Esattamente come lui.

Ambasciatore, se le chiedessi di definire le relazioni diplomatiche fra Italia e Repubblica Dominicana con tre aggettivi, quali sceglierebbe? “Antiche, articolate e crescenti”.

La Repubblica Dominicana ha con l’Italia un interscambio di un miliardo annuo. Un numero niente male. “La Repubblica Dominicana è una delle economie a più alto tasso di crescita, non solamente a livello regionale (il PIL dominicano nel 2024 è cresciuto del 5%, il doppio della media dei Paesi latino-americani e caraibici). È un’economia dall’alto grado di apertura, anche grazie ad accordi di libero scambio con l’UE, con gli Stati Uniti, con Regno Unito e non solo. Il saldo commerciale è ampiamente positivo per l’Italia che, oltre ai tradizionali prodotti del Made in Italy (in particolare l’eno-alimentare, cruciale per la filiera ristorativa e turistica), sta vedendo una diversificazione del nostro export, con un maggior peso del lusso, del design, ma soprattutto dei macchinari industriali. Per quanto riguarda le importazioni dominicane in Italia, un ruolo preminente è rappresentato dalla frutta tropicale, che è valorizzata sempre più anche nelle fiere di settore come la MACFRUT di Rimini. Quest’ultima, nella sua più recente edizione, ha registrato un numero record di operatori dominicani e la presenza di un’importante delegazione del Ministero dell’Agricoltura di Santo Domingo”.

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In passato si è parlato molto della chiusura dell’Ambasciata a Santo Domingo. Oggi, fortunatamente, resta solo un lontano ricordo della vicenda. “Le conseguenze in termini di immagine del nostro Paese dovute ai quegli anni di chiusura sono ormai superate, anche grazie al forte lavoro di promozione svolto per “recuperare”. Oggi l’Ambasciata è pienamente operativa e oggetto di sollecitazioni sempre più diversificate, sia a livello di collettività che di autorità locali. Del resto continua a crescere la presenza di missioni diplomatiche straniere che si insediano in Repubblica Dominicana – compresi i maggiori Paesi emergenti – segno del riconoscimento internazionale di un salto di qualità epocale”.

Gli italiani residenti nella Repubblica Dominicana sono 14mila. Come si è integrata questa Comunità nel tessuto sociale? “Le relazioni tra Italia e Repubblica Dominicana hanno radici antiche e risalgono direttamente a Cristoforo Colombo, oltre a vari personaggi che hanno letteralmente fatto la storia del Paese (basti pensare che un genovese, Giovanni Battista Cambiaso, Regio Console di Sardegna, ha fondato la Marina dominicana a metà dell’800). A ciò si aggiunge il contributo dei migranti italiani tra fine XIX e inizio XX secolo, da cui discendono alcune delle famiglie imprenditoriali più importanti del Paese come i Vicini, i Ranieri Marranzini o i Bonetti, solo per fare i nomi più conosciuti. Oggi l’ampia e variegata diaspora italiana fornisce nuova linfa a questi antichi legami con il dinamismo che caratterizza gli italiani all’estero, tra attività commerciali nella ristorazione, nell’alberghiero, nella distribuzione dei nostri prodotti, ma anche nelle costruzioni (è italo-dominicano il maggiore cementificio dell’isola) e in altri settori. È di pochi giorni fa l’inaugurazione di un laminatoio per tondini, reso possibile dalla collaborazione con la Danieli di Udine, via SACE. Si tratta spesso di realtà molto specializzate e di alta qualità, che contribuiscono ad alimentare sentimenti di ammirazione e prossimità verso il nostro Paese”.

In generale com’è percepita l’Italia dai dominicani? “L’Italia è per l’appunto vista come un modello di riferimento soprattutto dal punto di vista culturale e sociale, ma anche per le nostre produzioni, la tradizione accademica e l’economia. Siamo spesso invitati come “Paese ospite d’onore” alle maggiori manifestazioni culturali del Paese, come nel caso della Biennale di Architettura e Urbanistica dell’anno passato, che non si teneva da ben 12 anni, e che ha assegnato all’Italia un ruolo di primo piano, coinvolgendo illustri architetti come Marco Casamonti, Alessandro Melis e Carlo Ratti. Era già successo con altre locali rassegne di prestigio, come la Settimana del Design e la Fiera del Contemporaneo. Non è casuale che l’Italia ospiti la terza comunità dominicana nel mondo dopo Stati Uniti e Spagna. Parliamo di oltre 40 mila persone, concentrate nelle regioni del nord, e che forniscono un importante contributo in settori come l’assistenza sanitaria agli anziani nelle RSA di Lombardia e Veneto, ma anche nella cantieristica navale, in particolare nei distretti di La Spezia e Viareggio”.

Lei come si trova a Santo Domingo? “È stato un mandato molto speciale, innanzitutto perché l’ultimo di una carriera ultra quarantennale. Inoltre non avevo mai avuto incarichi in America Latina, pur conoscendo lo spagnolo dalla precedente sede di Madrid. Ho trovato un contesto dinamico, aperto, curioso, privo di riserve ad abbracciare nuove iniziative, e persone accoglienti e calorose, a partire dalle autorità locali di naturale riferimento per un’ambasciata, quali la Presidenza della Repubblica e il Ministero degli Esteri”.

C’è un episodio o un incontro che ricorda con particolare emozione da quando è arrivato a Santo Domingo? “La piccola studentessa elementare, di una scuola pubblica dominicana di un quartiere ultra-periferico della capitale, che – inserita in un programma di formazione promosso dall’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM-Italia) e dall’associazione dominicana in Italia ProMueveRD –  intonava magistralmente in pubblico l’Inno di Mameli, pronunciando con cura passaggi difficili quali “dell’elmo di Scipio” e “stringiamoci a coorte”. Mi commossi sino alle lacrime”.

Qual è, in definitiva, il suo ricordo più bello legato alla carriera diplomatica, iniziata nel 1986? “Almeno uno per ognuna delle mie 7 sedi in 5 continenti: in Angola la protezione della collettività durante la guerra civile; in Spagna la visita di Stato del Presidente Scalfaro e la partecipazione della Ministra Agnelli all’apertura delle relazioni Euro-mediterranee; a Sydney una tra le Olimpiadi di maggior successo per i colori azzurri; a Riad gli accordi antiterrorismo e per la moderazione dei predicatori islamici nelle moschee europee; a Marsiglia la collaborazione con le nostre Capitanerie, per stroncare i fenomeni di inquinamento marittimo da idrocarburi; a Copenaghen l’inizio degli scali di Costa Crociere e la felice visita di nave Amerigo Vespucci; a Santo Domingo il quasi raddoppio dell’interscambio e le 10mila persone all’anno coinvolte nelle nostre feste popolari all’italiana, interamente sponsorizzate”.

E il più brutto? “La barbara e insensata uccisione, da parte di Al Qaeda, nel 2004, del cuoco italiano Antonio Amato, 35 anni, proveniente da Giuliano, in Campania. Era arrivato da poche settimane a Dammam, in Arabia Saudita, e fu l’unica nostra vittima del tentativo di Bin Laden di impadronirsi del potere a Riad, mediante il terrore contro gli espatriati occidentali. L’ambasciata aveva fatto tutto il possibile per elevare le misure di sicurezza e allertare i nostri concittadini residenti, diffondendo la consapevolezza dell’accresciuto pericolo, anche se, ovviamente, in certi contesti, i rischi sono ineliminabili. Ma perdere “uno dei tuoi” all’estero, e non per una rapina o un incidente stradale, ma in un contesto di sicurezza “politica”, è qualcosa che nel nostro mestiere non si dimentica più”.

Negli ultimi 40 anni, com’è cambiata a suo avviso la diplomazia italiana? “Si è dovuta costantemente adattare a un mondo in profondo e rapido mutamento. Dagli anni finali della guerra fredda, passando per la guerra al terrorismo globale, siamo arrivati oggi a un mondo sempre più multipolare, in cui vi sono conflitti di gravità senza precedenti. Il tutto accompagnato da una dinamica di cambiamenti sociali e culturali profondi: sono apparse sfide ormai senza frontiere come i cambiamenti climatici e la criminalità transnazionale, mentre la pervasività della tecnologia e la sua capacità di superare i confini statali è aumentata a dismisura. La diplomazia italiana ha quindi attraversato varie fasi di adattamento ed è oggi molto più ampia e completa nelle sue mansioni, a partire dalla componente di diplomazia economica e della promozione integrata, che negli ultimi anni ha fornito un contributo significativo al nostro export”.

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Grande esperto di diplomazia scientifica, nel 2020 lei è stato coordinatore per la politica estera relativa allo Spazio. Che tipo di esperienza è stata? “Inaspettata e singolare, ma straordinariamente interessante e la prova che il nostro mestiere riserva ancora prospettive affascinanti. Bisognava negoziare con la NASA la partecipazione europea al progetto Artemis, il programma di ritorno stabile sulla Luna e di volo umano verso Marte. Spettava all’Italia la presidenza del relativo comitato di ambito ESA, l’agenzia spaziale del nostro continente. Io ero V. Direttore per la diplomazia scientifica e culturale nella direzione generale competente presso la Farnesina. Toccò a me. In sei mesi, in piena pandemia Covid, con finale di maratona negoziale notturna, brillantemente assistito dai servizi giuridici di ESA, si chiuse il relativo Memorandum nella riunione di Darmstadt in Germania, con accesso allo spazio per astronauti italiani e ricadute da centinaia di milioni per l’industria nazionale di settore”.

Chiuderei questa intervista parlando delle prossime iniziative in programma dell’Ambasciata. “A settembre organizzeremo la quarta edizione di “Caribe en Residencia”, una mostra di opere d’arte contemporanea da parte di artisti dominicani, che viene esposta al ricevimento della Festa Nazionale del 2 giugno e poi spostata in Residenza. L’idea è quella di cogliere le convergenze artistiche tra Italia e Repubblica Dominicana, offrendo visibilità e vetrine disponibili solo in un ambito bilaterale. Ormai, tra gli artisti residenti, si annoverano anche italiani. E intanto la Residenza d’Italia è sempre fornita di opere all’avanguardia. In autunno ci saranno poi le classiche settimane tematiche della promozione del Sistema Italia all’estero, ovvero la Settimana della Lingua Italiana nel Mondo e la Settimana della Cucina Italiana nel Mondo. Quest’ultima sarà particolarmente importante per via della nostra Candidatura UNESCO della Cucina italiana come patrimonio immateriale, e vedrà il coinvolgimento della nutrita compagine di ristoratori e distributori di prodotti italiani, presenti in Repubblica Dominicana”.

Intervista di Marco Finelli



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