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Discorso della Presidente von der Leyen sullo stato dell’Unione 2025


La versione originale del discorso è disponibile qui.

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“Fa fede solo il discorso pronunciato”

 

Presidente Metsola,

Onorevoli deputate, onorevoli deputati,

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L’Europa è impegnata in una lotta.

Una lotta per un continente integro che viva in pace,

per un’Europa libera e indipendente.

Una lotta per i nostri valori e le nostre democrazie,

per la libertà e la capacità di scrivere da soli il nostro destino.

Possiamo esserne certi: è una lotta per il nostro futuro.

Ho pensato a lungo se iniziare questo discorso sullo stato dell’Unione con parole così gravi.

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Dopotutto noi europei non siamo abituati a esprimerci in questi termini, e la cosa non ci risulta facile.

La nostra Unione è essenzialmente un progetto di pace,

ma la verità è che il mondo odierno non fa sconti.

Non possiamo edulcorare le difficoltà che gli europei vivono quotidianamente.

Si sentono mancare il terreno sotto i piedi,

sentono che le cose si fanno più difficili proprio quando stanno lavorando più duramente.

Avvertono l’impatto della crisi globale

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e dell’aumento del costo della vita.

Vedono la vita e il lavoro cambiare molto rapidamente

e guardano con preoccupazione al turbinio di eventi che vedono al telegiornale: dalle immagini sconvolgenti che arrivano da Gaza agli incessanti attacchi della Russia contro l’Ucraina.

Non basta aspettare che passi la tempesta.

Quest’estate abbiamo avuto la prova che non si può più vivere di nostalgia.

Si profila uno scontro per un nuovo ordine mondiale basato sul potere.

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Quindi, sì, l’Europa deve combattere

e conquistarsi un posto in un mondo in cui molte grandi potenze hanno nei suoi confronti un atteggiamento ambiguo o apertamente ostile.

 

Un mondo di ambizioni e guerre imperialistiche,

in cui le dipendenze sono strumentalizzate senza alcuno scrupolo.

È per questo che deve nascere una nuova Europa.

 

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Onorevoli deputate, onorevoli deputati,

È ora che l’Europa si renda indipendente.

Credo che sia questa la missione della nostra Unione:

riuscire a tutelare la difesa e la sicurezza,

avere il controllo delle tecnologie e delle energie che alimenteranno le nostre economie,

decidere in che tipo di società e democrazia vogliamo vivere,

aprirci al mondo e scegliere partenariati con alleati, vecchi e nuovi.

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L’obiettivo principale è avere la libertà e il potere di scrivere da soli il nostro destino

e sappiamo di poterlo fare.

Insieme abbiamo già mostrato quali risultati si possono raggiungere con ambizioni condivise, unità e senso di urgenza.

Ho perso il conto di quante volte mi è stato detto che l’Europa non poteva fare una determinata cosa.

L’ho sentito dire durante la pandemia, a proposito del piano di ripresa, della difesa, del sostegno all’Ucraina, della sicurezza energetica,

e così via.

Eppure ogni volta l’Europa è rimasta unita e ce l’ha fatta.

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Ora dobbiamo fare lo stesso.

Perciò, onorevoli deputate, onorevoli deputati, il nocciolo della questione è semplice:

l’Europa è in grado di affrontare questa lotta?

È abbastanza unita e consapevole dell’urgenza?

Possiede la volontà e la capacità politica di raggiungere compromessi?

Oppure vogliamo solo litigare gli uni con gli altri

e farci paralizzare dalle nostre divisioni?

Sono domande a cui tutti dobbiamo rispondere: ogni Stato membro, ogni parlamentare, ogni membro della Commissione.

 

Nessuno escluso.

Per me la scelta è chiara.

L’appello che lancio oggi è quindi un appello all’unità.

Unità tra gli Stati membri,

unità tra le istituzioni dell’UE,

unità tra le forze democratiche europeiste di questo Parlamento.

L’intero collegio ed io siamo qui, pronti per far trasformare questo appello in realtà insieme a voi.

Pronti a rafforzare la maggioranza democratica europeista,

l’unica che può fare la differenza per gli europei.

 

Onorevoli deputate, onorevoli deputati,

La libertà e l’indipendenza sono quello per cui stanno combattendo le persone in Ucraina.

Persone come Sasha e sua nonna.

Sasha aveva solo 11 anni all’epoca dell’attacco russo.

Lui e sua madre si erano rifugiati in un seminterrato a Mariupol.

Una mattina sono usciti per cercare qualcosa da mangiare

e in quel momento si è scatenato l’inferno:

una pioggia di bombe russe in un quartiere di civili.

È diventato tutto buio e Sasha ha sentito il viso bruciare:

aveva una scheggia appena sotto gli occhi.

Nel giro di pochi giorni i soldati russi hanno espugnato la città

e hanno portato Sasha e sua madre in quello che chiamano “campo di filtraggio”.

In seguito Sasha è stato portato via,

Gli hanno detto che non aveva bisogno di sua madre,

che sarebbe andato in Russia e avrebbe avuto una mamma russa,

un passaporto russo,

un nome russo.

Lo hanno spedito nella regione occupata del Donetsk.

Lui però non si è arreso:

 

in una tappa durante il viaggio si è fatto prestare il telefono da uno sconosciuto

e ha chiamato la nonna, Liudmyla, che viveva nell’Ucraina libera.

Baba, riportami a casa.”

Lei non ha esitato nemmeno un secondo.

I suoi amici le hanno detto che era una follia,

ma Liudmyla ha mosso mari e monti per arrivare da lui.

Con l’aiuto del governo ucraino ha viaggiato attraverso la Polonia, la Lituania, la Lettonia e la Russia fino ai territori ucraini occupati.

Ha ritrovato Sasha

e rifacendo il lungo viaggio in direzione opposta lo ha riportato al sicuro.

Entrambi però hanno ancora il cuore spezzato.

Ogni giorno continuano a lottare per trovare la madre di Sasha, bloccata chissà dove a causa della brutale guerra russa.

Voglio ringraziare Sasha e Liudmyla per avermi consentito di condividere la loro storia.

Per me è un onore averli qui oggi.

 

Onorevoli deputate, onorevoli deputati,

Vorrei rendere omaggio insieme a voi a Sasha, Liudmyla e all’instancabile lotta dell’Ucraina per la libertà.

 

Purtroppo la storia di Sasha non è affatto un caso isolato.

Ci sono decine di migliaia di bambini ucraini di cui non si sa nulla.

Sono stati catturati, minacciati e costretti a rinnegare la loro identità.

Dobbiamo fare tutto il possibile per aiutarli.

Per questo annuncio che, insieme all’Ucraina e ad altri partner, organizzerò un vertice della coalizione internazionale per il rimpatrio dei bambini ucraini.

Tutti i bambini rapiti devono tornare a casa.

 

Onorevoli deputate, onorevoli deputati,

questa guerra deve finire con una pace giusta e duratura per l’Ucraina.

La libertà dell’Ucraina è la libertà dell’Europa.

Le immagini arrivate dall’Alaska non sono state facili da digerire,

ma pochi giorni dopo i leader europei sono andati a Washington per sostenere il presidente Zelensky e ottenere degli impegni concreti.

Da allora sono stati fatti dei concreti passi avanti.

Solo la settimana scorsa 26 paesi della coalizione dei volenterosi si sono detti pronti a far parte di una forza di rassicurazione in Ucraina o a dare un contributo finanziario, nel contesto di un cessate il fuoco.

Continueremo a sostenere tutti gli sforzi diplomatici per mettere fine alla guerra,

ma tutti abbiamo visto cosa intende la Russia per “diplomazia”.

Putin rifiuta di incontrare il presidente Zelensky.

La settimana scorsa la Russia ha lanciato il più alto numero di droni e missili balistici mai registrato in un unico attacco.

Ieri c’è stato un attacco missilistico in un villaggio del Donetsk, contro un gruppo di persone che erano in fila per ritirare la pensione.

Ci sono stati più di 20 morti.

E oggi stesso abbiamo assistito a una violazione sconsiderata e senza precedenti dello spazio aereo polacco ed europeo da parte di più di dieci droni russi.

L’Europa è pienamente solidale con la Polonia.

Il messaggio di Putin è chiaro,

e chiara deve essere la nostra risposta.

Dobbiamo fare ancora più pressione sulla Russia perché si sieda al tavolo dei negoziati.

Servono altre sanzioni.

Al momento siamo al lavoro sul 19º pacchetto, in coordinamento con i nostri partner.

In particolare ci stiamo concentrando su come accelerare l’eliminazione graduale dei combustibili fossili russi, sulla flotta ombra e sul ruolo dei paesi terzi.

Allo stesso tempo serve un maggiore sostegno all’Ucraina.

Nessuno ha contribuito quanto l’Europa,

che finora ha concesso quasi 170 miliardi di € di aiuti militari e finanziari.

Ne serviranno ancora,

ma non dovrebbero essere solo i contribuenti europei a subirne le conseguenze.

La Russia ha scatenato questa guerra ed è la Russia a dover pagare.

Per questo dobbiamo trovare urgentemente una nuova soluzione per finanziare lo sforzo bellico dell’Ucraina usando i beni russi bloccati.

Grazie alle disponibilità liquide associate a tali beni, potremo fornire all’Ucraina un prestito di risarcimento (Reparations Loan).

I beni veri e propri non verranno toccati.

L’assunzione dei rischi dovrà essere collettiva.

L’Ucraina rimborserà il prestito solo una volta che la Russia avrà pagato i risarcimenti.

I fondi aiuteranno l’Ucraina nell’immediato,

ma saranno cruciali anche per la sua sicurezza a medio e lungo termine.

Ad esempio finanzieranno il rafforzamento delle forze armate come prima linea di garanzie di sicurezza.

Proporremo un nuovo programma,

denominato Vantaggio militare qualitativo (Qualitative Military Edge),

che sosterrà gli investimenti nelle capacità delle forze armate ucraine.

I droni sono un esempio perfetto.

Prima della guerra l’Ucraina non ne aveva.

Oggi invece oltre due terzi delle perdite russe di attrezzature derivano dall’uso dei droni da parte dell’Ucraina.

Non si tratta solo di un vantaggio sul campo di battaglia,

ma anche di una dimostrazione del potere dell’ingegno umano nelle società aperte.

Tuttavia la Russia sta recuperando rapidamente, anche grazie ai droni Shahed di progettazione iraniana,

e sta sfruttando la propria produzione industriale di massa.

Nella sola notte di sabato ha inviato in Ucraina 800 droni.

Insomma, l’ingegno umano ha aiutato la difesa dell’Ucraina,

ma la forza bruta dell’industria avversaria rischia di vanificare gli sforzi.

Possiamo quindi utilizzare la nostra forza industriale per aiutare l’Ucraina a rispondere a questi attacchi con i droni.

Possiamo contribuire a trasformare l’ingegnosità ucraina in un vantaggio sul campo di battaglia e in un processo di industrializzazione condiviso.  

È per questo che l’Europa anticiperà 6 miliardi di € dai prestiti per l’accelerazione delle entrate straordinarie e concluderà un’Alleanza per i droni (Drone alliance) con l’Ucraina.

L’Ucraina ha le capacità necessarie.

Ora ha bisogno di applicarle su vasta scala.

Possiamo farlo insieme, affinché l’Ucraina mantenga il suo vantaggio e l’Europa rafforzi il proprio.

 

Onorevoli deputate, onorevoli deputati,

l’economia di guerra di Putin continuerà anche se la guerra finisce.

L’Europa deve perciò essere pronta ad assumersi la responsabilità della propria sicurezza.

Naturalmente, la NATO resterà sempre fondamentale,

ma solo una posizione di difesa europea forte e credibile può garantire la nostra sicurezza.

In questi ultimi anni abbiamo compiuto progressi di portata storica nel costruire la nostra Unione europea della difesa.

All’inizio di quest’anno abbiamo avviato il piano “Prontezza 2030”, che potrebbe mobilitare fino a 800 miliardi di € di investimenti nel settore della difesa.

Ne fa parte anche il programma SAFE, pronto a fornire 150 miliardi di € per acquisti congiunti.

Diciannove Stati membri hanno già presentato domanda.

Il programma è già al completo.

È una buona notizia.

Ci adoperiamo inoltre per offrire un incentivo a chi sostiene l’Ucraina o acquista materiale ucraino.

È un aiuto finanziario di emergenza per far fronte a una necessità urgente.

La settimana scorsa, quando ho visitato gli Stati membri in prima linea, ho potuto constatarlo con i miei occhi:

nessuno conosce la minaccia russa meglio di loro.

Non c’è alcun dubbio: il versante orientale dell’Europa protegge tutto il continente,

dal Mar Baltico al Mar Nero.

Per questo motivo dobbiamo investire per sostenerli con una Sorveglianza del versante orientale (Eastern Flank Watch)

e dotare l’Europa di mezzi strategici indipendenti. 

Dobbiamo investire nella sorveglianza spaziale in tempo reale in modo che nessun movimento di forze passi inosservato.

Dobbiamo rispondere all’appello dei nostri amici baltici e costruire questo muro di droni.

Non è un’ambizione astratta.

È il fondamento di una difesa credibile.

Una capacità europea sviluppata, utilizzata e mantenuta congiuntamente, in grado di reagire in tempo reale e che non dia adito ad alcun dubbio sulle nostre intenzioni.

L’Europa difenderà ogni centimetro quadrato del suo territorio.

In tutti i paesi che ho visitato ho sentito lo stesso messaggio: non abbiamo tempo da perdere.

In occasione del prossimo Consiglio europeo presenteremo una tabella di marcia chiara,

per avviare nuovi progetti comuni in materia di difesa,

fissare obiettivi precisi per il 2030

e creare un semestre europeo della difesa.

Il 2030 è dietro l’angolo.

L’Europa deve prepararsi già oggi.

Onorevoli deputate, onorevoli deputati,

la parola indipendenza implica la facoltà di poter scegliere il nostro destino.

Ed è per questo che l’Ucraina sta lottando.

Ed è questo ciò che meritano tutti gli europei.

Perché il concetto di Europa è radicato in un’idea ben precisa: l’idea di libertà e di rafforzamento reciproco.

La stessa idea che ha guidato la generazione all’indomani del 1989,

l’anno che ha segnato la riunificazione tra Est e Ovest.

Un’idea grandiosa, ora come allora.

Ed è per questo motivo che stiamo avvicinando i futuri Stati membri alla nostra Unione:

investendo, sostenendo riforme e promuovendo l’integrazione nel mercato unico.

Dobbiamo tenerci al passo con questo processo basato sul merito.

Perché solo un’Europa unita – e riunita – potrà essere indipendente.

 

Un’Unione più ampia e più forte costituisce una garanzia di sicurezza per tutti noi.

Perché il futuro dell’Ucraina, della Moldova e dei Balcani occidentali risiede nella nostra Unione.

È giunta l’ora di rendere la prossima riunificazione dell’Europa una realtà.

 

Onorevoli deputate, onorevoli deputati,

quello che sta accadendo a Gaza ha scosso le coscienze di tutto il mondo.

Persone uccise mentre implorano di ricevere cibo.

Madri che si stringono ai corpi senza vita dei propri bambini.

Queste immagini sono semplicemente devastanti.

Desidero quindi partire da un messaggio molto chiaro:

la carestia provocata dall’uomo non può e non potrà mai essere usata come arma da guerra.

Per il bene dei bambini come per il bene dell’umanità, si deve porre fine a queste atrocità.

 

Atrocità sintomo di un cambio di rotta divenuto più sistematico negli ultimi mesi, che ha portato a una situazione semplicemente inaccettabile.

Abbiamo assistito al “soffocamento finanziario” dell’Autorità palestinese.

Ai piani per un progetto di insediamento nel cosiddetto blocco E1, che in sostanza separerebbe la Cisgiordania occupata da Gerusalemme Est.

Alle azioni e alle dichiarazioni dei ministri più estremisti del governo israeliano che incitano alla violenza.

Tutto ciò denota il chiaro tentativo di compromettere la soluzione fondata sulla coesistenza dei due Stati,

come anche di minare la visione di uno Stato palestinese sostenibile. E noi non dobbiamo permettere che ciò accada.

 

Onorevoli deputate, onorevoli deputati,

mi affligge davvero pronunciare queste parole.

E so che l’incapacità dell’Europa di concordare una via comune è altrettanto dolorosa per molti cittadini.

Gli stessi cittadini che si chiedono a che punto si dovrà arrivare prima di ottenere una risposta univoca.

Lo comprendo.

Perché quello che sta accadendo a Gaza è inammissibile.

 

E perché l’Europa deve assumere un ruolo guida, come ha già fatto in passato.

Il nostro sostegno finanziario e gli aiuti umanitari superano di gran lunga quelli di qualsiasi altro partner.

Il nostro impegno a favore di un’Autorità palestinese sostenibile mantiene viva la fattibilità della soluzione dei due Stati.

E dobbiamo esortare gli altri partner a intervenire con urgenza, sia nella regione che al di fuori di essa.

 

Ma, naturalmente, l’Europa deve fare di più.

Molti Stati membri si sono mossi autonomamente.

Da parte nostra, abbiamo proposto di sospendere parzialmente i finanziamenti nell’ambito di Orizzonte Europa,

ma l’iniziativa è bloccata dall’assenza di una maggioranza.

Dobbiamo rimediare a questo problema.

Non possiamo permetterci di rimanere paralizzati.

Per questo motivo proporrò un pacchetto di misure che delineino la via da seguire.

 

In primo luogo, la Commissione farà da sola tutto ciò che è in suo potere.

Sospenderemo il nostro sostegno bilaterale a Israele.

Interromperemo tutti i pagamenti nei settori interessati, senza compromettere la collaborazione con la società civile israeliana o lo Yad Vashem.

In secondo luogo, presenteremo due nuove proposte al Consiglio.

Proporremo sanzioni da comminare ai ministri estremisti e ai coloni violenti.

Proporremo anche la sospensione parziale dell’accordo di associazione sulle questioni commerciali.

Raggiungere la maggioranza sarà difficile e ne sono cosciente.

E so che i provvedimenti proposti risulteranno eccessivi per alcuni,

insufficienti per altri.

Ma è giunto il momento di assumerci le nostre responsabilità e lo dobbiamo fare tutti: Parlamento, Consiglio e Commissione.

In terzo luogo, il mese prossimo istituiremo un gruppo di donatori per la Palestina (Palestine Donor Group), che prevede uno strumento dedicato alla ricostruzione di Gaza.

Si tratta di un’iniziativa su scala internazionale che vedrà la collaborazione con i partner regionali

e prenderà le mosse dal processo avviato dalla conferenza di New York organizzata da Francia e Arabia Saudita.

 

Onorevoli deputate, onorevoli deputati,

sono un’amica di lunga data del popolo israeliano.

So quanto gli atroci attacchi del 7 ottobre perpetrati dai terroristi di Hamas abbiano scosso nel profondo la nazione di Israele.

A più di 700 giorni da quella terribile giornata, gli ostaggi continuano a essere nelle mani del gruppo terroristico.

Sono 700 giorni di dolore e sofferenza.

Non ci sarà mai posto per Hamas, né ora né mai.

Perché sono terroristi e perché puntano a distruggere Israele.

E stanno seminando il terrore anche tra la propria popolazione,

tenendone in ostaggio il futuro.

 

L’obiettivo dell’Europa è sempre stato lo stesso:

garantire una sicurezza concreta per Israele e un presente e un futuro sicuri per tutti i palestinesi.

Questo presuppone il rilascio degli ostaggi,

l’accesso degli aiuti umanitari senza restrizioni

e la proclamazione immediata di un cessate il fuoco.

Nel lungo periodo, tuttavia, l’unico piano di pace realistico è quello della soluzione dei due Stati.

Quello che vede i due popoli vivere fianco a fianco in pace e sicurezza.

Con un Israele in sicurezza, un’Autorità palestinese sostenibile e la rimozione dell’orribile piaga che è Hamas.

Sono questi gli ideali che l’Europa ha sempre sostenuto

ed è giunto il momento di unire le forze per tradurli in realtà.

 

Onorevoli deputate, onorevoli deputati,

per essere indipendente l’Europa deve riuscire a competere nel periodo turbolento che stiamo attraversando.

Qui in Europa abbiamo tutto il necessario per prosperare: dal mercato unico all’economia sociale di mercato,

ma sentiamo il peso delle difficoltà economiche e geopolitiche cui siamo confrontati.

E abbiamo visto come le dipendenze possono essere usate contro di noi.

 

Per questo motivo investiremo massicciamente nelle tecnologie digitali e pulite.

A ciò aggiungeremo ulteriori investimenti nell’ambito del futuro Fondo per la competitività e nel quadro del programma di ricerca e innovazione Orizzonte Europa, la cui dotazione di bilancio sarà raddoppiata.

Stiamo inoltre eliminando le principali strozzature individuate dalla relazione Draghi, che vanno dall’energia ai capitali, dagli investimenti alla semplificazione.

Abbiamo tenuto dialoghi strategici con i rappresentanti di settori chiave, quali quelli delle automobili, dei prodotti chimici, dell’acciaio, dei prodotti farmaceutici, della difesa e dell’agricoltura,

e sono tutti concordi su un principio:

per proteggere i posti di lavoro dobbiamo agevolare l’attività imprenditoriale in Europa.

In più, i pacchetti omnibus che abbiamo presentato finora faranno davvero la differenza:

meno burocrazia, meno sovrapposizioni, meno norme complesse.

Grazie alle nostre proposte, le imprese europee otterranno una riduzione dei costi burocratici per otto miliardi di € all’anno.

L’euro digitale, ad esempio, agevolerà tanto le imprese quanto i consumatori.

Stiamo mettendo a punto altri pacchetti omnibus, come quelli per la mobilità militare e per il digitale.

Per le imprese innovative stiamo elaborando il cosiddetto 28° regime e stiamo accelerando i lavori sull’Unione europea del risparmio e degli investimenti.

Questo perché molte delle nostre start-up presentano un alto potenziale in tecnologie chiave quali quella quantistica, l’IA o le biotecnologie.

Man mano che queste imprese crescono, tuttavia, la limitata disponibilità di capitale di rischio le costringe a rivolgersi a investitori stranieri.

L’Europa perde così ricchezza e posti di lavoro,

il che ne mina la sovranità tecnologica.

Per questo motivo la Commissione collaborerà con gli investitori privati nell’ambito di un fondo Scaleup Europe, caratterizzato da una dotazione di diversi miliardi di euro.

Il fondo contribuirà a realizzare ingenti investimenti in imprese giovani e in rapida crescita che operano in settori tecnologici critici.

Perché vogliamo che sia il meglio dell’Europa a scegliere l’Europa.

 

Onorevoli deputate, onorevoli deputati,

la nostra principale risorsa è il mercato unico, che però rimane incompiuto.

Secondo le stime dell’FMI, gli ostacoli interni al mercato unico equivalgono a tariffe del 45% sulle merci

e del 110% sui servizi.

Pensiamo a quante opportunità stiamo perdendo.

Inoltre, come evidenziato nella relazione Letta, il mercato unico rimane principalmente incompleto in tre settori: servizi finanziari, energia e telecomunicazioni.

Abbiamo bisogno di scadenze politiche puntuali.

Ecco perché presenteremo una tabella di marcia per il mercato unico da qui al 2028,

che riguarderà i capitali, i servizi, il settore energetico, le telecomunicazioni, il 28° regime e la “quinta libertà” per la circolazione della conoscenza e dell’innovazione.

Se una cosa è quantificabile, può essere realizzata.

 

Onorevoli deputate, onorevoli deputati,

queste iniziative sosterranno anche gli investimenti nelle tecnologie che alimentano la nostra economia,

come quelle pulite e digitali.

Penso all’intelligenza artificiale.

Per assicurare la nostra indipendenza futura è essenziale istituire un’IA europea,

che contribuirà a potenziare le nostre industrie e le nostre società,

dall’assistenza sanitaria alla difesa.

A tal fine porremo le prime pietre angolari, come l’atto legislativo sullo sviluppo del cloud e dell’IA e lo spazio di sperimentazione per la quantistica (Quantum Sandbox).

Stiamo investendo massicciamente nelle gigafabbriche di IA europee,

che sostengono le nostre start-up innovative nello sviluppo, nell’addestramento e nella diffusione dei loro modelli di IA di prossima generazione.

Alla nostra richiesta di unire le forze il settore privato ha risposto in modo entusiastico.

Proprio oggi incontrerò gli amministratori delegati di alcuni fra i maggiori campioni tecnologici europei (European tech champions),

che rilasceranno una dichiarazione sull’IA e le tecnologie europee,

segno del loro impegno a investire nella sovranità tecnologica dell’Europa.

 

Lo stesso approccio va adottato in relazione alle tecnologie pulite, dall’acciaio alle batterie.

Il settore europeo delle tecnologie pulite deve restare in Europa – e dobbiamo agire con urgenza.

 

Con il patto per l’industria pulita abbiano individuato i principali ostacoli che impastoiano questi settori.

Ora dobbiamo accelerare l’attuazione.

Perché gli investitori vogliono la certezza che, quando investono, potranno contare sulla domanda di prodotti puliti europei.

È per questo motivo che la nostra azione dev’essere incentrata sui mercati guida:

per innescare un circolo virtuoso

nel quale la domanda e l’offerta crescono e i prezzi diminuiscono.

Sul versante dell’offerta, vareremo un pacchetto di sostegno per le batterie (Battery Booster).

Il pacchetto metterà a disposizione 1,8 miliardi di € di equity per potenziare la produzione in Europa.

Le batterie sono essenziali per altre tecnologie pulite, in particolare i veicoli elettrici.

L’iniziativa rafforza quindi un caposaldo della nostra indipendenza.

Sul versante della domanda, dobbiamo stimolare con urgenza la domanda di leadership industriale europea nelle tecnologie pulite.

In quest’ottica introdurremo negli appalti pubblici un criterio relativo al “made in Europe”.

Quando investiamo nel Global Gateway, ad esempio, offriamo ai partner forti incentivi per comprare europeo.

Ne sono certa: la tecnologia pulita di domani continuerà a essere prodotta in Europa.

Ma, perché questo accada, dobbiamo assicurarci che la nostra industria possa procurarsi i materiali qui in Europa.

E l’unica soluzione è creare un’economia davvero circolare.

Dobbiamo quindi avanzare più spediti con l’atto legislativo sull’economia circolare

e procedere nei settori che sono pronti.

Infine dobbiamo mantenere lo slancio.

La Commissione proporrà pertanto un atto su un acceleratore industriale per i settori e le tecnologie chiave strategici.

Riassumendo, sul fronte delle tecnologie digitali e pulite, dobbiamo essere più rapidi, più intelligenti, più europei.

 

Onorevoli deputate, onorevoli deputati,

già oggi oltre il 70% della nostra energia elettrica proviene da fonti a basse emissioni di anidride carbonica.

Siamo leader mondiali per numero di brevetti di tecnologie pulite, davanti agli Stati Uniti e testa a testa con la Cina.

In termini di capitale di rischio stiamo recuperando terreno rispetto agli Stati Uniti e siamo in netto vantaggio sulla Cina.

Siamo decisamente sulla buona strada per centrare l’obiettivo di ridurre le emissioni di almeno il 55% entro il 2030.

Ecco che cosa è in grado di fare il Green Deal europeo.

Dobbiamo mantenere la rotta verso i nostri obiettivi climatici e ambientali.

 

La scienza non dà adito a dubbi.

Le argomentazioni economiche e di sicurezza sono altrettanto convincenti.

Questa trasformazione è a tutti gli effetti cruciale per renderci indipendenti.

Perché riduce le nostre dipendenze energetiche.

Perché la produzione circolare ridimensiona quelle strategiche.

E perché crea industrie all’avanguardia che possono esportare soluzioni.

E proprio di soluzioni è alla ricerca il Sud del mondo, dall’Africa all’India fino all’Asia centrale.

Si tratta di mercati in rapida evoluzione; chi li dominerà è ancora tutto da vedere.

Noi possiamo rispondere a questa domanda crescente di soluzioni,

ma non è scontato.

È per questo che, dieci anni dopo l’accordo di Parigi, la Commissione ha proposto traguardi per il 2040.

So che molti sono preoccupati per l’entità della sfida che ci attende.

Per questa ragione la transizione deve sostenere le persone e irrobustire l’industria.

Ciò significa anche catalizzare un aumento massiccio degli investimenti pubblici e privati.

Aprire mercati guida per i prodotti puliti e circolari, in grado di creare posti di lavoro e promuovere gli investimenti in Europa.

Garantire una transizione giusta per tutti, ad esempio sfruttando il Fondo sociale per il clima.

Assicurare condizioni di parità a livello mondiale, in particolare puntando sulla fissazione del prezzo del carbonio.

L’Europa deve tutelare le sue industrie.

Stanno facendo la cosa giusta, ovvero decarbonizzare:

dovrebbero essere premiate e incentivate.

In caso contrario rischiamo di trovarci a dipendere dalle importazioni, siano esse di acciaio per i produttori di auto o di fertilizzanti per gli agricoltori.

Saremmo alla mercé dei prezzi, dei volumi e della qualità che altri sono disposti e in grado di offrirci.

Prendiamo ad esempio l’acciaio e altri metalli.

La sovraccapacità globale erode i margini e non incentiva a pagare un extra per prodotti puliti.

Di conseguenza per l’industria siderurgica europea diventa più difficile investire nella decarbonizzazione.

Per questa ragione la Commissione proporrà un nuovo strumento commerciale a lungo termine che si sostituirà alle misure di salvaguardia sull’acciaio, ormai prossime alla scadenza.

L’Europa continuerà a essere aperta.

Siamo favorevoli alla concorrenza,

ma proteggeremo sempre la nostra industria da quella sleale.

 

Onorevoli deputate, onorevoli deputati,

quando parliamo di competitività, parliamo di posti di lavoro.

Parliamo di persone e dei loro mezzi di sussistenza.

A conti fatti, se vogliamo un’economia competitiva, dobbiamo mettere i lavoratori nelle giuste condizioni.

Proporremo quindi un atto legislativo sui posti di lavoro di qualità,

per far sì che l’occupazione tenga il passo con l’economia di oggi.

Si tratta di un aspetto importante perché sappiamo che molte famiglie sono in difficoltà.

I costi lievitano,

le persone faticano ad arrivare a fine mese.

È una questione basilare di giustizia sociale.

Per questo motivo abbiamo urgente bisogno di un’ambiziosa strategia europea contro la povertà,

in cui definiremo il nostro piano per contribuire a eradicare la povertà entro il 2050.

Sarà accompagnata da una solida garanzia per l’infanzia, tesa a mettere al riparo bambini e bambine dalla povertà.

 

Presenteremo anche una serie di pacchetti sull’accessibilità economica e il costo della vita.

Permettetemi di fare quattro esempi:

il primo è l’energia.

Quando aumentano i costi dell’energia, non cambiano solo le cifre in bolletta,

ma ne risente ogni singolo aspetto della vita delle persone.

All’apice della crisi dell’energia degli ultimi anni, l’Europa è scesa in campo.

Grazie a questo sforzo collettivo, nel giro di poco tempo siamo riusciti a stabilizzare i prezzi e garantirci un approvvigionamento sicuro.

Ora ci stiamo avvicinando all’indipendenza energetica,

ma le bollette dell’energia sono ancora causa di apprensione per milioni di europei

e i costi per l’industria restano elevati a livello strutturale.

Sappiamo qual è stata la causa dell’aumento dei prezzi: la dipendenza dai combustibili fossili russi.

È giunto il momento di liberarcene.

Sappiamo anche che cosa fa scendere i prezzi: l’energia pulita prodotta localmente.

Dobbiamo produrre più energia da fonti rinnovabili interne, affidandoci al nucleare per il carico di base.

Ma dobbiamo anche investire con urgenza nelle infrastrutture e negli interconnettori e provvedere alla loro modernizzazione.

A tal fine proporremo un nuovo pacchetto sulle reti per rinforzare l’infrastruttura di rete e accelerare l’iter autorizzativo.

In aggiunta al pacchetto, oggi ho il piacere di annunciare una nuova iniziativa sulle autostrade energetiche.

Abbiamo individuato otto punti critici di congestione nelle nostre infrastrutture energetiche,

dallo stretto di Øresund al canale di Sicilia.

Ci adopereremo per sbloccarli uno a uno.

Riuniremo pubbliche amministrazioni e fornitori di servizi per affrontare tutte le questioni in sospeso.

Perché gli europei hanno bisogno di energia a prezzi accessibili nell’immediato.

 

Onorevoli deputate, onorevoli deputati,

una casa non è solo quattro pareti e un tetto.

È sicurezza, calore, un ritrovo per amici e familiari.

È senso di appartenenza.

Eppure, per troppi europei oggi la casa è fonte di preoccupazione:

può essere sinonimo di debiti o incertezza.

Le cifre raccontano una realtà difficile.

I prezzi delle case sono saliti di oltre il 20% dal 2015,

 

mentre le licenze edilizie hanno registrato una flessione del 20% in cinque anni.

Non è una semplice crisi degli alloggi,

è una crisi sociale.

Indebolisce il tessuto sociale europeo

e la nostra coesione,

oltre a mettere a rischio la nostra competitività.

Il personale sanitario, gli insegnanti e i vigili del fuoco non possono permettersi di vivere nelle città in cui lavorano.

Gli universitari abbandonano gli studi perché non riescono a pagare l’affitto.

I giovani rimandano i progetti di mettere su famiglia.

Per tutti questi motivi, facendo tesoro dei vostri contributi, presenteremo già quest’anno il primo piano europeo per alloggi a prezzi accessibili.

L’obiettivo sono alloggi più economici, più sostenibili e di migliore qualità.

Sarà uno sforzo europeo, ma radicato nelle realtà locali.

Occorre ripensare completamente il modo in cui affrontiamo il problema.

Dobbiamo rivedere le norme sugli aiuti di Stato per consentire misure di sostegno agli alloggi.

Costruire nuovi alloggi, anche studenteschi, deve diventare molto più semplice.

Presenteremo anche una proposta di legge sugli affitti a breve termine per superare le criticità che ancora permangono.

Serve la collaborazione di tutti i membri della società, i legislatori e le parti interessate.

In questo spirito convocheremo il primo vertice dell’UE sugli alloggi per garantire che l’argomento resti in cima all’ordine del giorno.

 

Onorevoli deputate, onorevoli deputati,

gli alloggi sono indissolubilmente legati alla dignità,

all’equità,

e al futuro dell’Europa.

Otto anni fa il pilastro europeo dei diritti sociali ha sancito il diritto sociale all’alloggio in Europa.

È tempo di concretizzare questa promessa.

 

Il terzo esempio su cui mi vorrei soffermare sono le auto,

pilastro della nostra economia e della nostra industria,

motivo di vanto per l’Europa.

Dal settore automobilistico dipendono milioni di posti di lavoro.

Qualche mese fa abbiamo concesso più flessibilità per raggiungere gli obiettivi settoriali per il 2025:

sta funzionando.

Per quanto riguarda la neutralità tecnologica, stiamo preparando il riesame del 2035.

Milioni di europei vogliono comprare auto europee a prezzi ragionevoli.

Di conseguenza, dobbiamo investire anche in veicoli piccoli e poco costosi,

per andare incontro tanto al mercato europeo quanto all’impennata della domanda mondiale.

Proporremo quindi all’industria di collaborare a un’iniziativa su auto di piccole dimensioni a prezzi contenuti.

Sono del parere che l’Europa dovrebbe avere la sua “e-car”.

“E” come ecologica: pulita, efficiente, leggera.

“E” come economica: alla portata di tutti.

“E” come europea: costruita in Europa, facendo affidamento su catene di approvvigionamento europee.

Non possiamo lasciare il mercato in mano alla Cina e agli altri concorrenti.

Non ci sono dubbi: il futuro è elettrico

e l’Europa ne farà parte.

Il futuro delle auto e le auto del futuro devono essere made in Europe.

 

Onorevoli deputate, onorevoli deputati,

l’ultimo esempio che vi porto riguarda il cibo.

In Europa abbiamo accesso ad alimenti di alta qualità a prezzi abbordabili, prodotti da agricoltori e pescatori eccellenti:

uomini e donne che sono anche i custodi delle nostre terre e dei nostri mari, della nostra biodiversità,

la colonna portante della nostra sicurezza alimentare.

Ma vi sono circostanze che remano loro contro, dai costi elevati delle materie prime fino agli oneri burocratici e alla concorrenza sleale.

Ci stiamo muovendo su tutti questi fronti.

Abbiamo semplificato la PAC: meno burocrazia, più fiducia.

Abbiamo riservato fondi per il sostegno al reddito nel prossimo quadro finanziario pluriennale.

E abbiamo fatto in modo che i finanziamenti possano essere integrati da dotazioni nazionali e regionali.

Ma i nostri agricoltori hanno bisogno anche di concorrenza leale e condizioni di parità.

È una conditio sine qua non.

È per questo che l’accordo commerciale con il Mercosur prevede solide misure di salvaguardia, sostenute da risorse finanziarie qualora si renda necessaria una compensazione.

Dobbiamo anche consolidare la posizione degli agricoltori nella filiera alimentare.

Da troppo tempo il loro duro lavoro non è ricompensato come dovrebbe.

Gli agricoltori hanno diritto a percepire un prezzo equo per i loro prodotti, con un margine di profitto adeguato a sostenere le loro famiglie.

Esamineremo l’attuazione della normativa in materia di pratiche commerciali sleali.

E interverremo dove serve.

Oggi posso anche annunciare che incrementeremo il bilancio destinato alla promozione per varare una nuova campagna “Buy European food” a sostegno dei prodotti alimentari europei.

Perché siamo fieri di poter affermare che il cibo europeo è il migliore al mondo.

 

Onorevoli deputate, onorevoli deputati,

quando parliamo di competitività e indipendenza dobbiamo parlare dei nostri rapporti con gli Stati Uniti.

Ho sentito tanti commenti in merito all’accordo che abbiamo raggiunto in estate

e comprendo le reazioni iniziali.

Permettetemi quindi di essere il più chiara possibile.

Quelle con gli Stati Uniti sono le nostre relazioni commerciali più importanti.

Le merci che esportiamo ogni anno verso gli Stati Uniti superano il valore di 500 miliardi di €.

Da queste relazioni commerciali dipendono milioni di posti di lavoro.

In qualità di presidente della Commissione non metterò mai a repentaglio i posti di lavoro o i mezzi di sussistenza delle persone.

Per questo motivo abbiamo concluso un accordo che ci permette di mantenere l’accesso delle nostre industrie al mercato.

E abbiamo fatto in modo che l’accordo raggiunto dall’Europa fosse il migliore possibile.

Abbiamo conferito un relativo vantaggio alle nostre imprese,

perché alcuni dei nostri concorrenti diretti sono soggetti a dazi molto più elevati da parte degli Stati Uniti.

È vero, partono forse da un’aliquota base inferiore.

Ma se consideriamo le esenzioni che siamo riusciti a ottenere e le tariffe aggiuntive che sono state imposte ad altri, ci siamo assicurati l’accordo migliore. Senza ombra di dubbio.

E voglio essere assolutamente chiara su un punto:

che si tratti di regolamentazioni ambientali o digitali,

siamo noi a stabilire le nostre norme,

siamo noi a stabilire le nostre regole.

L’Europa deciderà sempre da sé.

 

Onorevoli deputate, onorevoli deputati,

io non credo nei dazi.

I dazi non sono altro che tasse.

Ma l’accordo garantisce una stabilità cruciale nelle nostre relazioni con gli Stati Uniti in un periodo di grave insicurezza globale.

Immaginate quali ripercussioni avrebbe una vera e propria guerra commerciale con gli Stati Uniti.

Immaginate il caos che ne deriverebbe.

E poi confrontate questa immagine con quella della Cina della settimana scorsa.

La Cina al fianco dei leader della Russia e della Corea del Nord.

Putin che si compiace delle relazioni instaurate tra la Russia e la Cina, strette come mai prima d’ora.

Sebbene non sorprendano più di tanto, questi sviluppi

rispecchiano una realtà in continua evoluzione.

In questo contesto due sono gli obiettivi prioritari per gli sforzi di indipendenza dell’Europa e per la sua posizione nel mondo.

Il primo è la necessità di incrementare la diversificazione e i partenariati.

L’80% dei nostri scambi commerciali avviene con paesi diversi dagli Stati Uniti.

Dobbiamo quindi sfruttare nuove opportunità.

In un momento in cui il sistema commerciale globale si sta sgretolando, noi garantiamo norme globali stipulando accordi bilaterali,

come quelli con il Messico o il Mercosur.

Oppure negoziamo un accordo storico con l’India, che sarà ultimato entro la fine di quest’anno.

 

Intendiamo inoltre creare una coalizione di paesi che condividono gli stessi principi per riformare il sistema commerciale globale, come l’accordo globale e progressivo di partenariato transpacifico.

Perché il commercio ci consente di rafforzare le catene di approvvigionamento,

rendere i mercati più aperti,

ridurre le dipendenze.

In definitiva si tratta di rafforzare la nostra sicurezza economica.

Il mondo vuole scegliere l’Europa.

E noi dobbiamo sviluppare rapporti commerciali con il mondo.

 

Il secondo obiettivo prioritario per l’Europa è intensificare gli sforzi lì dove altri hanno abbandonato.

Prendiamo la ricerca, per esempio.

Alla scienza non interessano passaporti, generi, etnie o colori politici.

La scienza è uno dei beni mondiali più preziosi.

Per questo motivo la Commissione ha annunciato il pacchetto “Scegliere l’Europa” di 500 milioni di € per attrarre e trattenere i migliori scienziati e ricercatori.

L’Europa deve assumere un ruolo guida anche nel campo della salute mondiale.

Siamo sull’orlo, se non perfino all’inizio, di un’altra crisi sanitaria globale.

In quanto medico per formazione sono inorridita dal propagarsi della disinformazione, che minaccia il progresso globale in qualsiasi campo, dalla lotta contro il morbillo a quella contro la poliomielite.

È per questo che oggi sono fiera di annunciare che l’UE guiderà una nuova iniziativa globale per la resilienza sanitaria (Global Health Resilience Initiative).

Perché il mondo guarda all’Europa e l’Europa è pronta ad assumere il ruolo di guida.

 

Onorevoli deputate, onorevoli deputati,

l’indipendenza dell’Europa risiede nella tutela delle nostre libertà.

La libertà di decidere, di esprimere la propria opinione, di spostarsi in un intero continente.

La libertà di votare, di amare, di pregare.

 

Di vivere in un’Unione dell’uguaglianza.

La nostra democrazia e lo Stato di diritto sono i garanti di tali libertà.

Per questo motivo ci siamo dedicati a potenziare i nostri strumenti e a rafforzare l’applicazione delle norme.

Abbiamo istituito un nuovo ciclo sullo Stato di diritto che permette di individuare tempestivamente i problemi e risolverli attraverso il dialogo.

Abbiamo bisogno di un ciclo annuale integrato sullo Stato di diritto: un ritmo comune, traguardi chiari e contributi da parte di tutte le istituzioni.

E la nostra priorità deve essere quella di colmare le lacune esistenti.

Abbiamo rafforzato il legame tra i fondi dell’Unione e il rispetto dello Stato di diritto.

E lo rafforzeremo ancora di più con il prossimo bilancio a lungo termine.

Il rispetto dello Stato di diritto è una condicio sine qua non per poter usufruire dei finanziamenti dell’UE. Ora e in futuro.

 

La nostra democrazia è sotto attacco.

La manipolazione delle informazioni e la disinformazione crescenti stanno dividendo le nostre società,

erodendo non solo la fiducia nella verità, ma anche nella democrazia stessa.

Per questo motivo abbiamo urgente bisogno dello scudo europeo per la democrazia.

Abbiamo bisogno di maggiori capacità per monitorare e individuare la manipolazione delle informazioni e la disinformazione.

Intendiamo istituire pertanto un nuovo centro europeo per la resilienza democratica (European Centre for Democratic Resilience),

che riunirà tutte le competenze e le capacità degli Stati membri e dei paesi vicini.

 

Onorevoli deputate, onorevoli deputati,

in diverse comunità di tutta Europa i media tradizionali sono in crisi.

In molte zone rurali, l’epoca in cui si andava a comprare il giornale locale è un lontano ricordo.

Questa situazione ha trasformato molti luoghi in deserti dell’informazione, in cui la disinformazione trova terreno fertile.

Si tratta di un fenomeno estremamente pericoloso per la nostra democrazia.

Perché i cittadini informati, che possono fidarsi di ciò che leggono e ascoltano, sono essenziali per far sì che chi è al potere sia chiamato a rendere conto del proprio operato.

E quando i media indipendenti sono smantellati o neutralizzati, la nostra capacità di monitorare la corruzione e preservare la democrazia è gravemente indebolita.

Per questo motivo il primo passo della strategia di un autocrate è sempre quello di neutralizzare i media indipendenti.

Perché il silenzio favorisce il regresso democratico e la corruzione.

Dobbiamo quindi impegnarci di più per proteggere i media e la stampa indipendente.

Intendiamo pertanto avviare un nuovo programma per la resilienza dei media (Media Resilience Programme), che sosterrà il giornalismo indipendente e l’alfabetizzazione mediatica.

Ma dobbiamo anche affiancare investimenti per rispondere ad alcune delle cause profonde di questa tendenza.

Per questo motivo abbiamo proposto di aumentare in modo significativo i finanziamenti destinati ai media nel prossimo bilancio.

Inoltre è necessario anche stimolare il capitale azionario privato.

Utilizzeremo pertanto i nostri strumenti in tal senso per sostenere i media indipendenti e locali.

Una stampa libera è il fondamento di qualsiasi democrazia.

E noi sosterremo la stampa europea affinché rimanga libera.

             

Onorevoli deputate, onorevoli deputati,

lo stesso vale per i social media,

che presentano numerosi vantaggi nel collegare le persone fra loro.

Ma vorrei sollevare una questione specifica,

ossia le conseguenze che si verificano quando diamo ai nostri figli un accesso senza restrizioni ai social media.

Come madre di sette figli e nonna di quattro nipoti, mi immedesimo nell’ansia che nutrono i genitori. Genitori che fanno del loro meglio per proteggere i figli

e temono che il telefono li esponga a tutta una serie di pericoli, anche solo quando fanno scrolling.

Bullismo online,

contenuti per adulti,

incoraggiamento all’autolesionismo.

Algoritmi che sfruttano le vulnerabilità dei minori con l’esplicito intento di creare dipendenza.

Tante madri e tanti padri si sentono troppo spesso impotenti e inermi,

travolti dallo tsunami dei colossi della tecnologia che inonda le loro case, le loro famiglie.

Sono fermamente convinta che a crescere i nostri figli debbano essere i genitori e non gli algoritmi.

La loro voce deve essere ascoltata.

Ecco perché oggi sono qui a dirvi che vi ascolto.

Così come ai miei tempi tutti noi, come società, abbiamo insegnato ai nostri figli che non dovevano fumare, bere e guardare contenuti per adulti prima di una certa età,

ritengo che sia il momento di considerare la possibilità di fare altrettanto per i social media.

I nostri amici in Australia hanno aperto la strada alle prime restrizioni dei social media.

Seguo con attenzione l’attuazione di questa politica per vedere quali potrebbero essere i prossimi passi da adottare qui in Europa.

Chiederò a un gruppo di esperti di fornirmi, entro la fine di quest’anno, un parere sul miglior approccio dal punto di vista europeo.

Affronteremo la questione con cautela e ascolteremo le voci di tutti.

In tutto il nostro operato saremo guidati dalla necessità di dotare i genitori degli strumenti giusti e di costruire un’Europa più sicura per i nostri figli.

Perché quando si tratta della sicurezza online dei nostri figli, l’Europa pensa ai genitori, non al profitto.

 

Onorevoli deputate, onorevoli deputati,

proteggere la democrazia è il nostro compito più importante.

Per riuscirci, però, dobbiamo anche dimostrare che la democrazia offre soluzioni alle legittime preoccupazioni delle persone.

Un caso esemplare è quello della migrazione.

Abbiamo quindi proposto di triplicare le risorse destinate alla gestione della migrazione e delle frontiere nel prossimo bilancio,

in modo da poter gestire efficacemente la migrazione e proteggere le nostre frontiere esterne.

 

È però evidente che questo non basta.

Le cittadine e i cittadini europei hanno dimostrato di essere pronti ad aiutare chi fugge dalla guerra e dalle persecuzioni,

ma si sentono frustrati quando hanno l’impressione che le nostre regole non siano rispettate.

Dobbiamo pertanto intensificare i nostri sforzi.

Occorre un sistema che sia umano, ma non ingenuo.

Dobbiamo affrontare seriamente la questione del ritorno dei richiedenti asilo respinti ai loro paesi d’origine.

 

Non è accettabile che solo il 20% delle persone che non hanno il permesso di restare lasci davvero l’Europa.

Dobbiamo pertanto trovare rapidamente un accordo sul sistema comune di rimpatrio.

Non possiamo perdere altro tempo.

 

Dobbiamo inoltre garantire che il patto sulla migrazione e l’asilo sia attuato nella sua interezza non appena entrerà in vigore.

È rigoroso, ma equo.

E funzionerà solo se ogni Stato membro farà la sua parte:

da nord a sud, da est a ovest.

 

Naturalmente continueremo ad adempiere ai nostri obblighi internazionali.

Ma l’Europa è la nostra casa, siamo noi a decidere chi entra e a quali condizioni, non gli scafisti e i trafficanti,

che guadagnano milioni e milioni con le loro false promesse ciniche e mortali.

Dobbiamo distruggere il loro modello di attività.

Nel complesso le cifre indicano un calo, ma sono ancora troppe le persone che tentano di attraversare le frontiere illegalmente o che muoiono lungo il percorso.

Dobbiamo collaborare con i social media per porre fine alla pianificazione e alla promozione online delle operazioni di traffico di migranti.

Dobbiamo rafforzare la collaborazione con le compagnie aeree, in particolare lungo le rotte più problematiche, come quelle verso la Bielorussia.

Solo seguendo il denaro possiamo rintracciare le reti criminali e prosciugare le loro fonti di finanziamento.

Ci serve un nuovo regime sanzionatorio che prenda di mira gli scafisti e i trafficanti.

Per congelare i loro patrimoni.

Per limitare le loro possibilità di spostamento.

Per privarli dei loro profitti.

Il traffico di esseri umani è un’attività criminale e crudele: nessuno scafista o trafficante deve restare impunito in Europa.

 

Onorevoli deputate, onorevoli deputati,

il messaggio che voglio trasmettere è semplice.

Ciò che conta per le cittadine e i cittadini europei conta anche per l’Europa.

Dobbiamo sempre essere all’altezza delle loro aspettative.

Questa estate tutti noi abbiamo visto le immagini delle foreste e dei paesi dell’Europa avvolti dalle fiamme.

È bruciato più di un milione di ettari,

una superficie pari a circa un terzo del Belgio.

L’entità dei danni è enorme

e sappiamo che non si tratta di un caso isolato.

I cambiamenti climatici rendono le estati sempre più calde, difficili e pericolose.

Dobbiamo perciò impegnarci sempre più e sempre più risolutamente puntando alla resilienza e all’adattamento ai cambiamenti climatici e a soluzioni basate sulla natura.

Ma dobbiamo anche dotarci degli strumenti per rispondere.

Per questo proporremo di creare un nuovo hub europeo per la lotta agli incendi (European firefighting hub) con sede a Cipro, che potrà sostenere anche i paesi nostri vicini.

Sappiamo che il nostro meccanismo di protezione civile può fare la differenza.

Nel corso dell’estate 760 coraggiosi cittadini e cittadine europei sono stati inviati in tutta Europa.

Si sono letteralmente lanciati contro le fiamme.

Vorrei concludere il mio discorso rendendo omaggio a tutti loro: ai vigili del fuoco, ai piloti, alle squadre.

A tutte le persone che non si sono tirate indietro.

Vorrei raccontarvi la storia di un gruppo di venti guardie forestali greche,

specializzate nel domare gli incendi boschivi più minacciosi.

Quando sono scoppiati gli incendi nella regione delle Asturie, la Spagna ha chiesto aiuto all’Europa.

E la Grecia ha risposto all’appello.

Le fiamme erano talmente estese che si sarebbe potuto vedere il fumo dallo spazio.

Per cinque giorni le venti guardie forestali greche hanno combattuto al fianco dei loro colleghi spagnoli.

Le fiamme si avvicinavano sempre di più al paese di Genestoso, ma loro combattevano giorno e notte per arginare quell’inferno.

E alla fine, insieme, sono riusciti a domare l’incendio e a salvare il paese.

 

Onorevoli deputate, onorevoli deputati,

è un onore poter accogliere qui con noi oggi uno di questi eroi:

il capo della squadra greca, il tenente Nikolaos Paisios.

Signor Tenente, caro Nikolaos,

il Suo coraggio è fonte di ispirazione per tutti noi.

Per la Sua forza, il Suo impegno, e la Sua straordinaria leadership:

ευχαριστώ – a Lei e alla Sua squadra di eroi europei.

 

Onorevoli deputate, onorevoli deputati,

questa è l’Europa che forma una sola comunità.

Questa è l’Europa che amo.

Questa è l’Europa che dobbiamo proteggere a qualunque costo.

E dobbiamo farlo insieme.

Desidero collaborare con questo Parlamento e con tutte le forze democratiche europeiste per rispondere alle attese delle cittadine e dei cittadini europei.

Lavorerò su pacchetti legislativi che rafforzino questa maggioranza europeista.

Sono lieta, cara Roberta, che abbiamo potuto rinnovare l’accordo quadro tra la Commissione e il Parlamento,

che consoliderà la nostra cooperazione

e ci consentirà di lavorare sulle riforme concrete di cui abbiamo bisogno.

Io sostengo il diritto d’iniziativa del Parlamento europeo.

E ritengo che sia necessario passare alla maggioranza qualificata in alcuni ambiti, ad esempio in politica estera.

È arrivato il momento di liberarci delle catene dell’unanimità.

Dobbiamo fare in modo che la nostra Unione agisca più rapidamente e sia in grado di rispondere alle attese delle cittadine e dei cittadini europei.

Perché solo così possiamo vincere insieme questa battaglia

e garantire l’indipendenza dell’Europa.

Non dimentichiamoci che abbiamo sempre dovuto lottare per le nostre libertà.

Dalla generazione che ha combattuto unita in tutto il nostro continente

alla stampa clandestina che ha tenuto viva la fiamma della libertà nell’Europa centrale e orientale durante la guerra fredda.

O ancora ai Fratelli della Foresta nei paesi baltici che si sono opposti all’oppressione sovietica in ogni circostanza.

Questa lotta, questa battaglia, è profondamente radicata nel nostro essere europei.

80 anni fa il nostro continente era un inferno in terra.

40 anni fa il nostro continente era diviso da un muro.

Ma, ad ogni occasione, le cittadine e i cittadini europei hanno deciso di lottare per un futuro migliore,

per un continente integro – per renderlo sempre più forte.

Ed è ciò per cui lotto ogni singolo giorno.

Viva l’Europa.



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