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Dall’Eu green bond standard alla campagna anti-Esg Usa: le nuove traiettorie della finanza sostenibile


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Innovazione e competitività: due concetti fondamentali per le aziende e anche per i mercati finanziari. Non a caso, sono due parole chiave ricorrenti nei panel della Euronext Sustainability Week 2025. Come possono i mercati mettere in pratica questi princìpi attraverso strumenti solidi, flessibili e inclusivi, capaci di conquistare la fiducia di imprese e investitori? Con questa domanda Anna Marucci, Head of Debt & Funds Listing Italy di Borsa Italiana, ha dato via a uno dei workshop del pomeriggio di martedì 9 settembre, intitolato The Evolution of Esg Bond Markets: Embracing Standards and Innovation. L’appuntamento si è focalizzato sull’evoluzione dei mercati obbligazionari in ottica Esg. Un ambito in cui “l’Italia si conferma un hub centrale, non solo per i numeri ma anche per la qualità delle emissioni”, ha sottolineato Marucci. “La vera sfida – ha continuato – è quella di raggiungere la scalabilità, in termini di numero di emittenti e tipologia di investitori, attraverso strumenti che coinvolgano anche gli investitori retail e i grandi investitori pazienti di lungo periodo”.

Il contributo della Banca europea degli investimenti al mercato dei green bond

La Banca europea per gli investimenti dà un grande contributo alla crescita del mercato dei green, social e sustainability bond, in vari modi: entra come anchor investor nelle emissioni delle grandi società (16 quelle a cui ha partecipato), ha istituito un bond desk, supporta i soggetti che non sarebbero in grado di accedere da soli al mercato (è il caso dell’iniziativa hydrobond per il servizio idrico integrato veneto). In più, apre linee di finanziamento: ne hanno beneficiato, tra gli altri, Enel (per l’energy storage), Terna e Acea (per le reti intelligenti) ed Eni (per la trasformazione della raffineria di Livorno in bioraffineria). Per questo, l’appuntamento pomeridiano si è aperto con un keynote speech di Milena Messori, Head of EIB Group Office Italy.

Questi strumenti finanziari alimentano la transizione verde e digitale delle imprese italiane. “È il vantaggio competitivo di cui l’Europa gode rispetto ad altre aree del mondo”, ha precisato Messori, sottolineando quanto il settore privato italiano sia attento e innovativo: lo dimostrano A2A, che ha emesso il primo green bond allineato alla tassonomia, e Snam e Terna che la hanno prontamente seguita. Non mancano le criticità, legate alla forte concentrazione degli attivi finanziari presso il sistema bancario. È per questo, conclude, che si rende necessario accelerare sull’unione dei mercati dei capitali.

Potenzialità e limiti dello standard europeo per i green bond

La grande novità, che rappresenta un unicum nel mondo, è l’istituzione di uno standard europeo per i green bond (noto anche con la sigla EUGBS). In sostanza, tutte le imprese che intendono adottare questa etichetta devono rispettare una serie di parametri. Ma è un valore aggiunto o una formalità? Questa la domanda che ha posto Annalisa Feliciani, Partner di Dentons, per inaugurare la prima tavola rotonda sullo stato dell’arte. Secondo Giancarlo Pavia, Head of Sustainable Investment Banking Italy di Crédit Agricole CIB, il green bond standard offre garanzie in più restando complementare rispetto ad altri strumenti. Tra di essi ci sono ad esempio i sustainability-linked bond, più adatti ad aziende che sono all’inizio di un percorso di transizione e dunque si pongono indicatori (KPI) specifici. 

Il dibattito è proseguito con le esperienze di tre aziende che hanno già emesso obbligazioni verdi conformi al nuovo standard europeo, ciascuna con un approccio diverso. Patricia Gentile, Group Head of Finance & Insurance di A2A, ha ribadito il valore della regolamentazione per consolidare le best practice già avviate dal mercato. Il gruppo, sperimentando vari strumenti, riscontra un maggior favore degli investitori verso i green bond rispetto ai sustainability-linked bond. Un’azienda come Terna, per il suo ruolo di abilitatrice della transizione energetica, ha già il 99% del capex allineato alla tassonomia europea ed emette solo green bond. A partire dall’estate 2018 ha già superato i 6,5 miliardi di euro di emissioni, come ha ricordato l’Head of Finance Riccardo Miconi. Molto differente il core business di Snam: “I green bond non possono essere gli unici strumenti per finanziare i nostri investimenti – ha chiarito la Executive Finance Director Nicole Della Vedova –. Non tutte le aziende nascono già green: dobbiamo dimostrare di essere credibili e seri, di avere un piano di transizione, di avere il commitment”.  

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Green bond e non solo: le nuove traiettorie della finanza sostenibile

Come ampliare il mercato, anche in considerazione del generale rallentamento della finanza sostenibile vissuto negli ultimi mesi? Di fronte a questa domanda di Alessandro Accrocca, Partner di Hogan Lovells, Carolina Marazzini – Head of IG Financing Solutions Italy di UniCredit – ha fatto notare come le emissioni Esg intrinsecamente richiedano un contesto stabile che si presti a una pianificazione nel medio-lungo termine. Condizioni che mancano in questo momento di forte instabilità legato alle tensioni geopolitiche, ai dazi e alla volatilità energetica. Uno strumento come lo standard europeo per i green bond, molto prescrittivo, resta dunque appannaggio di grandi emittenti strutturati. Tuttavia, la tassonomia e la coerenza richiesta agli investitori continueranno a garantire trasparenza e innovazione, mentre il “flexibility pocket” potrebbe aprire la strada anche a emittenti di dimensioni minori.

Proprio l’inclusività del mercato è il principio da perseguire con determinazione, a detta di Alberto Viarengo (Head of DCM & Debt Syndication, Intesa Sanpaolo IMI Corporate & Investment Banking). Sarebbe controproducente – ha affermato – creare uno spazio che accolga solo una nicchia di grandi emittenti e settori industriali che vantano già ottime performance ambientali, penalizzando tutti gli altri. Per allargare anche la platea di investitori perché non guardare anche al retail, finora escluso dal mercato obbligazionario salvo rare eccezioni? Secondo Marco Clerici, Co-Head of Investment Banking | Head of Global Financing di Equita, è una prospettiva che può giovare all’emittente soprattutto in termini di reputazione. Strumenti come i green bond possono rivelarsi appetibili agli occhi degli investitori retail, purché accompagnati da una leva fiscale che li renda concorrenziali rispetto ai Btp. 

Quali conseguenze avrà la campagna anti-Esg negli Stati Uniti 

Parlando di sostenibilità, non si può chiudere gli occhi di fronte al clima politico. Da una parte, gli Stati Uniti di Donald Trump che si fanno portavoce di una durissima campagna di discredito contro tutto ciò che è Esg. Dall’altra parte, l’Unione europea che negli scorsi anni è intervenuta in modo estremamente capillare in termini di regolamentazione, salvo poi alleggerire le sue stesse normative per tutelare la competitività delle imprese. Questo è lo spunto di riflessione che ha dato il via all’ultimo giro di tavolo, da cui traspare un atteggiamento costruttivo.

Se a detta di Marazzini l’Europa sta spostando il focus dalla mera compliance formale alla sostanza della strategia di sostenibilità delle imprese, Clerici si è detto convinto del fatto che anche l’Esg backlash negli Stati Uniti sia destinato a restare una breve parentesi. Nei suoi closing remarks, Swami Venkataraman (Associate Managing Director, Global Head of Assessments, Moody’s Ratings) ha ribadito come il calo delle emissioni di green, social e sustainability bond sia legato tanto al contesto politico, quanto al ciclo economico. Se negli Stati Uniti pesa l’opposizione politica alla sostenibilità, in Europa il dibattito si intreccia ad altre priorità come difesa e welfare. Da sottolineare l’interesse crescente a livello globale per strumenti finanziari “di transizione”, che non sempre rispettano i criteri stringenti degli EUGB ma che possono comunque supportare decarbonizzazione, resilienza e adattamento.



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