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Conte: «Il campo largo? Serve un progetto serio o finirà come l’Unione. De Luca attacca Fico? Un problema del Pd»


di
Monica Guerzoni

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Il presidente M5S: «Il leader alle Politiche? Sceglieremo il più competitivo»

Nei comizi elettorali in Calabria, Campania e Marche il leader del M5S Giuseppe Conte ha attaccato con tutto il fiato possibile Giorgia Meloni e il suo governo, che su Gaza avrebbe messo gli italiani «dalla parte sbagliata della storia» e consentito che i volontari della Flotilla siano «trattati come terroristi» da Israele. Ma rispondendo al Corriere l’ex premier si concentra sulla sfida delle Regionali e spera in uno «scossone» alla premier, in vista delle Politiche.

A Cernobbio il governo ha incassato applausi dagli imprenditori. Alla luce del caos in Francia, ha ragione chi loda Meloni e Giorgetti per aver tenuto i conti in ordine?
«Stento a comprendere le ragioni di tale soddisfazione. Il governo Meloni ha portato al costante crollo della produzione industriale, allo zero virgola di crescita e ha distrutto misure come Ace e Transizione 4.0, utilissime per garantire competitività alle imprese. L’Europa e l’Italia non sono state capaci di contrastare l’arrembante politica commerciale di Trump».




















































Il «Giuseppi» premier non era amico di Trump?
«Si può essere alleati e conservare la propria dignità nazionale. Oggi Trump fa gli interessi del suo Paese con molta prepotenza e non so quanta efficacia. Il problema è di Meloni, che mostra un eccesso di sudditanza».

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Giorgetti ha detto che le spese per la difesa peseranno sui conti, ma una manovra correttiva non serve.
«Ammissione molto grave. Il ministro dell’Economia riconosce di non avere sotto controllo il quadro di finanza pubblica, a causa di tutti gli impegni sottoscritti da Meloni per le spese militari, in sede Ue e in sede Nato. Hanno sottoscritto un Patto di Stabilità con tagli al welfare per 13 miliardi l’anno e impegni Nato per 445 miliardi di spesa aggiuntiva nei prossimi dieci anni senza battere ciglio. Ora viene il dilemma».

Quale dilemma?
«O rispetteremo gli impegni e faremo saltare i conti dopo aver affamato famiglie e imprese, oppure, sempre grazie a Meloni, torneremo a essere la vecchia ”italietta” che non mantiene i patti».

Gli elettori del centrosinistra le chiedono di mandare a casa la destra. Schlein ha giurato che non farete più a Meloni il favore di dividervi.

Sottoscrive il patto?
«L’unità è la migliore condizione per vincere, però non può essere una semplice invocazione. È un percorso non facile, paziente, di confronto tra diversi sulle cose da fare e i valori da difendere. Stando semplicemente uniti si vince, ma non si governa».

Pensa che un governo Pd-M5S non possa durare? Meloni governerà dieci anni?
«No, dico che non basta arrivare a Chigi. Dobbiamo assicurare stabilità con un progetto serio, evitando un governo che si sfaldi poco dopo le elezioni come accadde con l’Unione di Prodi. Noi siamo al lavoro con umiltà per costruire un progetto autenticamente progressista, indicando le soluzioni migliori su sanità, ambiente, infrastrutture, classi disagiate, piccola e media impresa».

Molti riconoscono a Schlein il miracolo dell’unità, ma temono (o sperano) che presto lei proverà a sfilarle il campo largo proponendosi come federatore…
«Sono orgoglioso del contributo di idee e unità offerto con responsabilità dall’intero M5S in queste regionali. Io stesso ho lavorato intensamente quest’estate, all’interno della mia comunità e con le forze di coalizione, per individuare in tutte le regioni i candidati e i contenuti più competitivi per andare a vincere. Ho lavorato molto anche con Goffredo Bettini, che voglio ringraziare per il grande contributo offerto con generosità e autorevolezza».

Sul federatore non ha risposto. Correrà da premier chi prende un voto in più? O potrebbe non essere la soluzione giusta per battere una candidata come Meloni?
«Fatte le debite proporzioni, a livello nazionale sarà un po’ come per le regionali. Dovremo prima definire un programma autenticamente progressista, poi individueremo l’interprete che offre maggiori garanzie di competitività».

C’è un asse Meloni-Schlein sulla legge elettorale?
«Il centrodestra si muove perché teme di essere sfavorito. Dubito però che il Pd possa prestarsi a fare da spalla a una riforma del sistema elettorale pensata per dare a Meloni una chance in più di vittoria».

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Calenda accusa Schlein di essersi inchinata al M5S.
«Queste critiche non ci sono state mosse dagli esponenti territoriali di Azione, che hanno lavorato con noi anche dissociandosi dalle provocazioni di Calenda».

Se Meloni perde male le Regionali deve lasciare?
«Se vincessimo le daremmo uno scossone politico fortissimo, ma per me la via più chiara e trasparente per mandarla a casa è la competizione nazionale».

Enzo De Luca già «spara» su Fico. Avete in casa un bel problema, non crede?
«Il problema è in casa del Pd. Le scaramucce dialettiche non mi appassionano, adesso è tempo di confrontarsi sui programmi e aprire questo progetto a tutte le componenti politiche e della società civile della Campania».

È un patto di potere quello siglato da Schlein quando ha accettato l’imposizione del figlio, Piero De Luca, in cambio del via libera a Fico?
«Io non parlo di quel che accade in casa del Pd, ma posso garantire che con noi alla guida questo processo politico sarà nel segno del rinnovamento, della legalità, dell’etica pubblica, della giustizia sociale».

Il campo largo per vincere non ha bisogno del centro?
«Il centro è ormai un luogo metaforico, più che uno spazio politico che aggrega reale consenso. Vedremo se i tentativi in atto avranno successo. Ma non possiamo demandare ad altri il compito di parlare a un ceto medio impoverito e alle forze moderate del Paese. Questo obiettivo deve essere parte integrante di un processo progressista e il M5S se ne sta facendo carico».

Gli applausi a Rimini dicono che se ne sta facendo carico Giorgia Meloni. O no?
«No, il suo governo ha abbandonato il ceto medio. Bisogna tutelare la piccola e media impresa, rafforzare la sicurezza, regolamentare i flussi migratori e rafforzare le politiche dell’integrazione».

Decaro proverà a scalare il Nazareno spinto da Renzi e dai riformisti del Pd?
«Non entro nelle dinamiche interne al Pd. Decaro mi è sembrato da subito un ottimo candidato per la Puglia, è autonomo, forte e predisposto all’ascolto e per questo gli abbiamo dato fiducia».

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10 settembre 2025 ( modifica il 10 settembre 2025 | 07:58)

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