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Il regime transitorio opzionale per le prestazioni di trasporto, movimentazione merci e logistica


Tra le norme in materia di IVA introdotte dalla Legge n. 207/2024 (Legge di bilancio 2025), analizzate da Assonime con la circolare n. 17/2025, assumono rilevanza le misure di contrasto dell’evasione e delle frodi previste per le prestazioni di servizi rese nei confronti di imprese che svolgono attività di trasporto e movimentazioni merci e di logistica, contenute nell’art. 1, commi 57-63, Legge n. 207/2024.

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In funzione del contenimento delle frodi nel settore della logistica, è stato introdotto un sistema di reverse charge, soggetto ad autorizzazione unionale, nonché, in attesa del “via libera”, un regime opzionale basato sul meccanismo della scissione dei pagamenti. Tale ultima disciplina è stata modificata dall’art. 9, D.L. n. 84/2025, recante disposizioni urgenti in materia fiscale, entrato in vigore dal 18 giugno 2025, che ha, tra l’altro, semplificato il presupposto oggettivo di applicazione della normativa ed esteso la facoltà di applicare il regime opzionale anche ai subappaltanti.

Reverse charge nel settore del trasporto e movimentazione merci e dei servizi di logistica

L’art. 1, comma 57, Legge n. 207/2024, ha previsto l’applicazione dell’IVA con il sistema dell’inversione contabile per le prestazioni di servizi, diverse da quelle di cui alle lett. da a) ad a-quater), comma 6, art. 17, D.P.R. n. 633/1972, effettuate tramite contratti di appalto, subappalto, affidamento a soggetti consorziati o rapporti negoziali comunque denominati, rese nei confronti di imprese committenti che svolgono attività di trasporto e movimentazione merci e servizi di logistica.

Prima delle modifiche a questa disciplina introdotte dal D.L. n. 84/2025, la formulazione originaria del comma 57, subordinava l’applicazione della stessa alla condizione che le prestazioni di servizi in esame fossero caratterizzate da prevalente utilizzo di manodopera presso le sedi di attività del committente e con l’utilizzo di beni strumentali di proprietà di quest’ultimo o a esso riconducibili in qualunque forma.

Come detto, sulla materia è intervenuto l’art. 9, D.L. n. 84/2025, che ha ampliato il presupposto oggettivo di tale regime con la soppressione delle parole:

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«caratterizzati da prevalente utilizzo di manodopera presso le sedi di attività del committente e con l’utilizzo di beni strumentali di proprietà di quest’ultimo o ad esso riconducibili in qualunque forma».

Di conseguenza, la misura del reverse charge si applicherà con carattere di generalità a tutte le prestazioni di servizi, diverse da quelle di cui alle lett. da a) ad a-quater), comma 6, art. 17, D.P.R. n. 633/1972, effettuate attraverso i suddetti contratti nei confronti di imprese dei settori del trasporto e della movimentazione delle merci e della logistica.

A oggi, l’inversione contabile non ha trovato concreta applicazione in quanto, ai sensi dell’art. 1, comma 58, Legge n. 207/2024, l’efficacia della previsione normativa è subordinata al rilascio, da parte del Consiglio europeo, dell’autorizzazione prevista dall’art. 395, Direttiva 2006/112/CE.

 

Finalità della nuova misura

Come osservato da Assonime, la disciplina in esame mira a prevenire i comportamenti fraudolenti intercettati nei settori dell’attività di trasporto e movimentazione merci e dei servizi di logistica da parte dei prestatori di servizi i quali, dopo avere incassato l’IVA addebitata ai committenti, omettono di effettuare i dovuti versamenti all’Erario, di regola con cessazione dell’attività decorso un breve periodo dall’inizio della stessa, mentre i committenti, attesa l’effettività degli acquisti, esercitano regolarmente il diritto alla detrazione dell’imposta pagata in via di rivalsa.

Le frodi che la disciplina in esame intende contrastare sono anche favorite dalle difficoltà di qualificazione dei contratti e di individuazione della linea di demarcazione tra i contratti che hanno a oggetto la somministrazione di personale dipendente e quelli consistenti in appalto o altre figure contrattuali aventi a oggetto prestazioni di servizi caratterizzate da prevalente impiego di manodopera.

Tale qualificazione è rilevante ai fini dell’applicazione dell’IVA, perché la base imponibile della somministrazione di manodopera è limitata ai compensi dovuti al prestatore, escludendo i costi relativi ai lavoratori[1], mentre la base imponibile dell’appalto e degli altri contratti (contratti d’opera, trasporto, mandato, deposito e in genere, l’assunzione di obbligazioni di fare, di non fare o permettere) è costituita dai corrispettivi complessivamente dovuti: in questi casi, infatti, le prestazioni di lavoro subordinato concorrono alla formazione del valore aggiunto in capo al datore di lavoro che svolge un’attività economica con utilizzo di tale risorsa.

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Senonché, in taluni casi, si è riscontrato che contratti di somministrazione di personale sono stati considerati in modo simulato come contratti d’appalto o simili non soltanto per eludere la disciplina giuslavoristica, contributiva e assicurativa, ma anche per applicare l’IVA su un imponibile più elevato; IVA che viene detratta dal committente e non viene versata dal prestatore.

In tale situazione, l’Amministrazione finanziaria ha spesso ravvisato i presupposti per una riqualificazione dei contratti ritenendo, ad esempio, che un contratto di appalto costituisca, nonostante il nomen iuris attribuito dai contraenti, un contratto di somministrazione del lavoro. Questa riqualificazione ha comportato, dal punto di vista fiscale, che l’operazione originariamente considerata come prestazione di servizi, il cui imponibile è costituito dai corrispettivi dovuti dal committente, sia stata considerata come una prestazione di contenuto diverso, la cui base imponibile è limitata alla commissione dovuta al prestatore, con esclusione, quindi, delle retribuzioni dovute al personale dipendente. Di conseguenza, l’imposta applicata dal prestatore e addebitata in via di rivalsa al committente, calcolata sull’ammontare lordo delle somme dovute, è stata ritenuta detraibile solo per la parte corrispondente alle commissioni e indetraibile per la parte corrispondente al costo delle retribuzioni; ciò in base al principio secondo cui l’imposta applicata in fattura è comunque dovuta dal prestatore, ma non è ammessa in detrazione se l’imposta stessa non avrebbe dovuto essere applicata.

In alcune situazioni, i verificatori sulla base della riqualificazione del contratto di appalto in somministrazione di manodopera hanno considerato inesistenti le operazioni fatturate e per l’effetto recuperata interamente l’IVA detratta, poiché il diritto alla detrazione è legato alla realizzazione effettiva della cessione di beni o della prestazione di servizi. I suddetti accertamenti, in alcuni casi, hanno perseguito comportamenti fraudolenti individuando un contesto di frode in cui i supposti prestatori del servizio applicavano l’imposta ma non eseguivano intenzionalmente il dovuto versamento, mentre dal canto loro i committenti, conniventi, detraevano l’imposta assolta in via di rivalsa.

In altri casi, tuttavia, tali accertamenti hanno colpito anche operatori che avevano agito in buona fede, cioè committenti che potevano essere del tutto ignari dei comportamenti dei prestatori riguardo a eventuali omessi versamenti. In tali situazioni, gli uffici hanno contestato il diritto alla detrazione da parte dei committenti, in base al principio secondo cui l’imposta non è ammessa in detrazione quando il committente sapeva, o avrebbe dovuto sapere se si fosse comportato diligentemente e prudentemente, che l’operazione invocata a fondamento del diritto alla detrazione si iscriveva in un contesto di frode. Questo tipo di contestazioni risulta particolarmente penalizzante per tutti quei committenti che, decidendo di esternalizzare taluni servizi di logistica e di trasporto, per motivazioni genuine quali la necessità o, comunque, l’opportunità di focalizzarsi su attività ritenute più strategiche, hanno inconsapevolmente stipulato contratti di servizi con operatori poi rivelatisi non corretti.

 

Regime transitorio opzionale

In considerazione della non immediata operatività del reverse charge, l’art. 1, commi 59-62, Legge n. 207/2024, ha previsto, in via transitoria, un regime facoltativo con la duplice finalità di combattere gli abusi e tutelare il diritto di detrazione dei committenti in buona fede che abbiano inconsapevolmente intrattenuto rapporti commerciali con prestatori non corretti.

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Il regime in questione dovrebbe venir meno se e quando sarà operativa la disciplina “a regime” del reverse charge. Tuttavia, come osservato da Assonime, non è precisato se l’inapplicabilità del regime opzionale sarà automatica o se dovrà essere espressa con norma di legge. Sarebbe opportuno, in ogni caso, che il passaggio dal regime transitorio a quello definitivo fosse disciplinato, anche per regolare gli aspetti, non marginali, relativi al passaggio da una disciplina all’altra, tenuto conto altresì che l’opzione ha durata triennale.

 

Finalità della nuova misura

Tale regime risponde all’esigenza di salvaguardare il diritto alla detrazione allorquando, inconsapevolmente, i committenti abbiano intrattenuto rapporti commerciali con prestatori fraudolenti.

Come già detto, infatti, nelle operazioni con tali prestatori, per non perdere il diritto alla detrazione, il committente deve dimostrare la propria buona fede fornendo prova di aver adottato le misure idonee ad assicurarsi che le operazioni non facessero parte della frode; peraltro, secondo l’orientamento consolidato della giurisprudenza, anche nel regime dell’inversione contabile potrebbero presentarsi dei contesti frodatori cui può conseguire, per il committente, la contestazione dell’indetraibilità dell’IVA, a prescindere dal fatto che detto regime assicuri la riscossione dell’imposta e l’assenza di un vantaggio fiscale per il committente stesso.

Sotto questo profilo, il regime opzionale, rispetto al meccanismo dell’inversione contabile, appare – probabilmente in virtù del fatto che, al di là della detrazione dell’IVA subita, implica il materiale versamento all’Erario dell’imposta non oggetto di rivalsa dal prestatore – come una misura maggiormente idonea a dimostrare la buona fede del committente nell’assicurare il versamento dell’imposta e, quindi, a salvaguardare la detrazione nel caso di contestazioni sul comportamento fraudolento del fornitore o di riqualificazione dell’accordo contrattuale, ricorrenti, come sopra detto, negli accertamenti che hanno interessato i suddetti settori economici.

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Modalità di applicazione dell’IVA

Il regime in esame prevede che il committente paghi il corrispettivo al prestatore al netto dell’IVA, senza quindi subire la rivalsa, e versi l’IVA direttamente all’Erario in nome e per conto del prestatore stesso, secondo un meccanismo analogo, per certi versi, a quello della scissione dei pagamenti di cui all’art. 17-ter, D.P.R. n. 633/1972.

In particolare, l’art. 1, comma 59, Legge n. 207/2024, prevede che il prestatore e il committente possono optare affinché il pagamento dell’IVA sulle prestazioni rese sia effettuato dal committente in nome e per conto del prestatore, che è solidalmente responsabile dell’imposta dovuta.

Per effetto delle modifiche introdotte dall’art. 9, D.L. n. 84/2025, l’opzione può essere esercitata anche nei rapporti tra l’appaltatore e i subappaltatori. È stato, infatti, previsto che la medesima opzione può essere esercitata nei rapporti tra l’appaltatore e gli eventuali subappaltatori, nel qual caso resta ferma la responsabilità solidale dei subappaltatori per l’imposta dovuta.

Al riguardo, la Relazione al Disegno di Legge di conversione del D.L. n. 84/2025, chiarisce che, ai fini dell’esercizio dell’opzione, ciascun rapporto di subappalto può considerarsi autonomo rispetto agli altri rapporti di subappalto, nonché a quello tra il committente e il primo appaltatore; quindi, tale principio di autonomia comporta che la facoltà esercitata da un subappaltante non è subordinata alla circostanza che della medesima opzione si siano avvalsi anche tutti gli altri subappaltanti e subappaltatori, oppure il committente e il primo appaltatore.

Ai fini dell’applicazione dell’IVA:

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− il prestatore emette la fattura secondo le regole ordinarie previste dall’art. 21, D.P.R. n. 633/1972;

− l’imposta è versata dal committente (o, a seconda del caso, dal subappaltante), con l’utilizzo del Modello F24, ai sensi dell’art. 17, D.Lgs. n. 241/1997, senza possibilità di compensazione, entro il 16 del mese successivo alla data di emissione della fattura. Al riguardo, con la risoluzione n. 47/E/2025, l’Agenzia delle Entrate ha istituito il codice tributo “6045”, denominato “IVA – inversione contabile settore logistica – regime opzionale di cui all’articolo 1, comma 59, della Legge 30 dicembre 2024, n. 207”.

 

Comunicazione dell’opzione

L’adesione al regime implica un previo accordo in tal senso tra il prestatore e il committente (o, a seconda dei casi, subappaltante/subappaltatore), che, infatti, come disposto dalla norma «possono optare» affinché il pagamento dell’imposta sulle prestazioni rese sia effettuato dal committente in nome e per conto del prestatore.

Tuttavia, tale volontà deve essere resa manifesta all’Agenzia delle Entrate e, al riguardo, l’art. 1, comma 60, Legge n. 207/2024, dispone che l’opzione, di durata triennale, sia comunicata dal committente (o, a seconda del caso, dal subappaltante) all’Agenzia delle Entrate, con apposito Modello, che è stato approvato con il Provvedimento dell’Agenzia delle Entrate n. 309107/2025.

Ai sensi dell’art. 1, comma 61, Legge n. 207/2024, l’esercizio dell’opzione si considera effettuato dalla data di trasmissione della comunicazione.

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Il Provvedimento ha confermato che l’opzione può essere esercitata anche nei rapporti tra i subappaltatori e che l’esercizio dell’opzione in uno qualsiasi dei rapporti tra subappaltante e subappaltatore prescinde dall’esercizio della medesima nel rapporto tra committente e primo appaltatore. Per ciascuno dei rapporti di cui sopra, per i quali è esercitata l’opzione, deve essere presentata un’autonoma comunicazione.

Nel Modello è prevista l’indicazione dei dati relativi al contratto per il quale è esercitata l’opzione per il pagamento dell’IVA da parte del committente in nome e per conto del prestatore. In presenza di più contratti tra le stesse parti è possibile presentare una sola comunicazione compilando più moduli per indicare i dati relativi a ciascun contratto stipulato. Sul punto, il Provvedimento ha, pertanto, escluso che l’opzione abbia effetto per tutte le prestazioni ricevute da un determinato prestatore, essendo possibile limitare l’ambito applicativo dell’opzione a quelle rese in esecuzione di uno o più contratti. Resta ferma la facoltà di esercitare l’opzione per contratti stipulati tra le stesse parti non inclusi in comunicazioni precedentemente presentate. Per tali contratti, la durata triennale dell’opzione decorre dalla data di presentazione della comunicazione nella quale sono indicati i corrispondenti dati.

La comunicazione è presentata dal committente all’Agenzia delle Entrate esclusivamente in via telematica, direttamente o tramite un intermediario. Gli intermediari rilasciano al committente copia della comunicazione trasmessa e della ricevuta, che ne attesta l’avvenuto ricevimento da parte dell’Agenzia delle Entrate e che costituisce prova dell’avvenuta presentazione.

La trasmissione telematica della comunicazione è effettuata a decorrere dal 30 luglio 2025 utilizzando i canali telematici dell’Agenzia delle Entrate. Il file contenente la comunicazione è formato utilizzando il software denominato “ReverseChargeLogistica”, disponibile gratuitamente sul sito internet www.agenziaentrate.gov.it.

È consentito correggere i dati di una comunicazione precedentemente trasmessa inviando una comunicazione correttiva che sostituisce integralmente la precedente.

Con la comunicazione correttiva non è possibile rettificare opzioni già esercitate e comunicate, ma unicamente correggere eventuali dati errati riferiti a tali opzioni.

Il prestatore, il cui codice fiscale è riportato nell’apposito campo della comunicazione acquisita dall’Agenzia delle Entrate, nonché il committente, possono consultare i dati in essa contenuti accedendo al proprio Cassetto fiscale disponibile nell’area riservata del sito dell’Agenzia delle Entrate.

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La consultazione può essere effettuata anche dall’intermediario, delegato al servizio “Cassetto fiscale delegato”.

 

Rimborso dell’IVA non dovuta al committente

Al fine di salvaguardare la neutralità dell’imposta, l’art. 1, comma 62, Legge n. 207/2024, prevede che, nei casi in cui l’IVA sia stata applicata ma risulti non dovuta, il committente può chiedere il rimborso dell’imposta erroneamente applicata secondo le regole stabilite dall’art. 30-ter, comma 2, D.P.R. n. 633/1972, secondo cui:

«nel caso di applicazione di un’imposta non dovuta ad una cessione di beni o ad una prestazione di servizi, accertata in via definitiva dall’Amministrazione finanziaria, la domanda di restituzione può essere presentata dal cedente o prestatore entro il termine di due anni dall’avvenuta restituzione al cessionario o committente dell’importo pagato a titolo di rivalsa».

Il presupposto di applicazione di questa disposizione è l’esistenza di un accertamento avente a oggetto l’errata applicazione dell’imposta e il conseguente disconoscimento della detrazione operata; in tale situazione, la norma subordina la restituzione al cedente/prestatore dell’imposta da parte dell’Erario alla condizione che quest’ultimo abbia previamente restituito l’imposta al cessionario/committente e il termine per presentare la domanda è di 2 anni decorrenti dalla restituzione dell’imposta al cessionario/committente.

Ad avviso di Assonime, l’applicazione di tale disposizione al recupero dell’imposta effettuato nell’ambito del regime opzionale deve essere adattata alle peculiarità di tale regime. Si dovrebbe ritenere, in particolare, che, anche nell’ambito di questo regime, la domanda di restituzione dell’imposta presupponga un previo accertamento sulla non debenza dell’imposta e, quindi, sulla relativa illegittima detrazione. Quanto alla condizione della previa restituzione dell’imposta dal cedente/prestatore all’acquirente prevista dal comma 2, art. 30-ter, D.P.R. n. 633/1972, è evidente che questa non trovi applicazione nel regime opzionale, essendo l’imposta pagata dal committente (in nome e per conto del prestatore). In tale situazione, il committente che, in base al regime opzionale, ha versato l’imposta all’Erario, e quindi l’ha detratta, ha il diritto di poter ripetere l’imposta nei confronti dell’Erario.

 

Regime sanzionatorio

L’art. 1, comma 62, Legge n. 207/2024, dispone l’applicazione, nei confronti del committente, della sanzione prevista dall’art. 6, comma 9-bis1, D.Lgs. n. 471/1997, compresa tra un minimo di 250 euro fino a un massimo di 10.000 euro, per la quale è responsabile solidale anche il prestatore.

Come rilevato da Assonime, il rinvio operato a tale sanzione non è molto chiaro, non comprendendosi con immediatezza quale sia la violazione sanzionata.

Considerando la collocazione della norma, che segue la disposizione concernente il pagamento dell’imposta non dovuta, si dovrebbe ritenere che la violazione sia costituita da tale comportamento. Pertanto, il rinvio dovrebbe intendersi riferito alla misura dell’imposta e non anche all’individuazione della violazione: la norma sanzionatoria richiamata, infatti, riguarda il caso in cui l’imposta risulti dovuta, anche se applicata erroneamente con il regime ordinario anziché con l’inversione contabile, con salvezza del diritto alla detrazione.

Si pone, inoltre, il problema di individuare le modalità per il recupero dell’imposta che sia stata esposta in fattura, pagata dal committente e, successivamente, risulti non dovuta o perché erroneamente applicata o per una delle ragioni considerate nell’art. 26, D.P.R. n. 633/1972 (per esempio, in presenza di modifiche contrattuali, risoluzioni, ecc.). Per tali ipotesi, dovrebbe essere chiarito se il recupero possa essere conseguito mediante la presentazione della domanda di restituzione a norma dell’art. 30-ter, comma 1, D.P.R. n. 633/1972 – entro 2 anni dal versamento o dal giorno in cui si è verificato il presupposto per la restituzione – oppure con il meccanismo della detrazione annotando la variazione nel registro delle fatture emesse.

Le disposizioni non precisano, inoltre, quali siano le modalità per il recupero dell’imposta erroneamente versata dal committente ma correttamente applicata in fattura; si pensi, ad esempio, al caso di un’erronea duplicazione del versamento. Anche in tale situazione dovrebbe ritenersi applicabile il rimedio generale previsto dal citato comma 1, art. 30-ter, D.P.R. n. 633/1972.

[1] Cfr. art. 26-bis, Legge n. 196/1997.

 

Si segnala che l’articolo è tratto da “La circolare tributaria”.



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