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Il futuro dell’idroelettrico secondo Teha Group–Enel: regole chiare e una “quarta via” per 16 miliardi di investimenti


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Salvatore Bernabei, head of Enel Green Power and Thermal Generation di Enel.

Il futuro dell’idroelettrico, risorsa storica e strategica per il sistema energetico nazionale, è fortemente legato all’assetto normativo e regolatorio delle concessioni: è fondamentale dare una direzione chiara e definire al più presto regole certe e stabili che permettano di abilitare nuovi investimenti, rafforzandone il ruolo di prima fonte rinnovabile del Paese e assicurando sicurezza energetica, sostenibilità ambientale e sviluppo industriale. Obiettivi raggiungibili, a condizione che si superino le attuali complessità regolatorie per valorizzare appieno un asset fondamentale per il sistema nazionale. Per questo è cruciale lavorare sulla gestione delle concessioni, esaminando con cura tutte le opzioni. In aggiunta alle tre strade ad oggi percorribili, secondo la normativa attuale – gare tout-court, società miste e partenariato pubblico-privato- si potrebbe valutare una nuova soluzione, la “quarta via” basata sulla riassegnazione delle concessioni agli attuali concessionari tramite rinnovo/rimodulazione delle condizioni di esercizio a fronte di un piano industriale, e una complessiva armonizzazione ed equilibrio dell’attuale assetto dei canoni.

È quanto emerge dallo Studio “Energia dall’acqua, forza e sicurezza del paese: Il ruolo strategico dell’idroelettrico per l’Italia”, realizzato da Teha in collaborazione con Enel, anticipato oggi, nell’ambito della 51° edizione del Forum “Lo Scenario di oggi e di domani per le strategie competitive” di Teha, in una conferenza stampa cui hanno preso parte Lorenzo Tavazzi, senior partner e board member di The European House – Ambrosetti e Teha Group, Salvatore Bernabei, head of Enel Green Power and Thermal Generation di Enel e Guido Bortoni, presidente di Cesi, già capo Dipartimento Energia del Governo Italiano e già presidente di Arera.

«Lo studio evidenzia come il settore idroelettrico rappresenti un pilastro per la sicurezza energetica del Paese e per questo vanno create le giuste condizioni per il suo sviluppo» ha commentato Salvatore Bernabei, head of Enel Green Power and Thermal Generation di Enel. «Si tratta di una tecnologia a prevalenza di costi fissi, che richiede elevate competenze tecniche, capitali ingenti sia in fase iniziale che di mantenimento, e presenta quindi lunghi tempi di ritorno dell’investimento. A questi costi si sommano poi i canoni, che negli ultimi anni sono aumentati fino a sei volte. La produzione idroelettrica è inoltre caratterizzata da una importante variabilità, con periodi di siccità sempre più frequenti che impattano fortemente sulla produzione. Lo studio mette in risalto che l’attuale incertezza normativa sulle concessioni sta ritardando fino a 6 anni, investimenti necessari per tutto il sistema».

«Per l’Italia l’idroelettrico rappresenta una tecnologia strategica, coprendo circa il 15% dei consumi elettrici nazionali. La sua valenza non è solo di carattere energetico, socio-ambientale ma anche industriale, infatti l’idroelettrico attiva una filiera tecnologica complessa, dal valore di oltre 37 miliardi di euro di produzione e 19 miliardi di export», ha commentato Lorenzo Tavazzi, senior partner e board member di The European House – Ambrosetti e Teha Group.

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Nel 2024, l’idroelettrico ha coperto circa il 15% dei consumi elettrici nazionali e il 46% della generazione da fonti rinnovabili

L’idroelettrico è da oltre un secolo una delle colonne portanti del sistema energetico italiano. In un momento caratterizzato da cambiamenti climatici sempre più evidenti e da crescenti incertezze geopolitiche, questa fonte rinnovabile assume un valore ancora più strategico, contribuendo alla sicurezza energetica, sostenibilità ambientale e sviluppo industriale del Paese.

L’Italia è oggi il terzo Paese in Europa per potenza idroelettrica installata, con 22,9 GW dietro soltanto a Norvegia e Francia. Con oltre 53 TWh prodotti nel 2024, l’idroelettrico ha coperto circa il 15% dei consumi elettrici nazionali e il 46% della generazione da fonti rinnovabili, confermandosi la prima fonte “verde” del Paese. L’idroelettrico contribuisce alla stabilità e flessibilità della rete ed è inoltre la fonte di generazione elettrica a minor intensità di carbonio oltre ad essere meno dipendente da materie prime critiche, quindi più resiliente agli shock esterni. La rilevanza dell’idroelettrico svolge anche un ruolo ambientale essenziale nella regolazione delle risorse idriche, mitigando sia il rischio idraulico in caso di piene sia gli effetti della siccità.

Il settore attiva, inoltre, una filiera industriale e tecnologica complessa, dal valore di oltre 37 miliardi di euro di produzione e 19 miliardi di export. Infatti, la filiera dell’idroelettrico comprende circa 150 tecnologie, per il 70% delle quali il nostro Paese figura tra i primi tre produttori europei. Si tratta quindi non solo di un asset energetico, ma anche di un volano di competitività industriale e di occupazione qualificata, con tecnologie che spaziano dalle turbine idrauliche alle apparecchiature di rete.

Accanto a questi punti di forza, lo studio evidenzia una criticità che rischia di compromettere il futuro del settore: l’86% delle concessioni di grandi derivazioni idroelettriche è già scaduto o scadrà entro il 2029. Senza un intervento tempestivo che vada nella direzione di una maggiore stabilità e chiarezza del quadro normativo-regolatorio, il Paese rischia un ritardo di almeno 6 anni degli investimenti, con effetti negativi non solo sulla capacità produttiva e sulla sicurezza energetica, ma anche sulla competitività industriale e sull’occupazione.

Ciò si inserisce in un contesto europeo di assenza di reciprocità, l’Italia è l’unico Paese europeo ad aver aperto in modo così ampio il proprio mercato, mentre altri Stati hanno mantenuto approcci più protettivi e concessioni di durata superiore a quelle italiane (40 anni), fino a 75 anni in Francia e senza limiti in Norvegia e Svezia. La Commissione europea, che aveva avviato una procedura d’infrazione nei confronti del nostro Paese nel 2019, ha successivamente archiviato il procedimento, ritenendo che proseguire nella procedura d’infrazione non rappresentasse una priorità. L’urgenza di agire, data dalla scadenza delle concessioni, ha reso necessaria un’analisi delle singole opzioni di riassegnazione, che può avvenire, secondo la normativa attuale, attraverso tre modalità – procedure competitive, società miste pubblico-private e partenariati pubblico-privati – a cui si aggiunge una possibile «quarta via», basata sul rinnovo/rimodulazione delle condizioni di esercizio a fronte di un piano industriale, e una complessiva armonizzazione ed equilibrio dell’attuale assetto dei canoni.

Una “quarta via” per bilanciare meglio efficienza, competitività, stabilità e sostenibilità

Lo studio ipotizza che questa “quarta via” potrebbe bilanciare meglio efficienza, competitività, stabilità e sostenibilità. Si tratta della riassegnazione delle concessioni a fronte di un piano di investimenti certo e concordato.

In questo scenario si potrebbero abilitare investimenti fino a 16 miliardi di euro aggiuntivi rispetto allo scenario attuale. La garanzia della continuità degli investimenti degli operatori porterebbe a benefici tangibili: un aumento della producibilità idroelettrica del 5-10%, una riduzione delle emissioni di CO2 fino a 4,5 milioni di tonnellate; un incremento di 2 punti percentuali di rinnovabili nel mix elettrico nazionale; risparmi fino a 1,1 miliardi di euro per la collettività; la generazione di 18,5 miliardi di euro di PIL addizionale; la creazione fino a 20.800 posti di lavoro aggiuntivi salvaguardando inoltre i posti di lavoro attualmente impiegati nel settore

Tra le opzioni esistenti secondo l’attuale normativa, il Partenariato Pubblico Privato (c.d. Project Finance), presenta aspetti interessanti in quanto a tempistica del processo e qualità della proposta. Secondo questa procedura, l’iter di selezione su cui viene impostato il processo competitivo parte da un progetto industriale sviluppato da un proponente privato che sgraverebbe i soggetti pubblici dal complesso lavoro di studio e preparazione della documentazione tecnica necessaria, agevolandoli nella selezione delle proposte, con possibile accelerazione dei tempi.

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L’attivazione della “quarta via” o, in alternativa, del modello PPP, insieme a una complessiva armonizzazione ed equilibrio dell’attuale assetto dei canoni, rappresentano un’opportunità concreta per rilanciare l’idroelettrico, valorizzando il ruolo delle Regioni e delle Province Autonome e promuovendo investimenti strategici per la transizione energetica e la sicurezza del sistema nazionale.



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