Sul record di occupati ha fatto più Elsa Fornero che Giorgia Meloni. L’affermazione sembrerebbe paradossale. E ovviamente da Palazzo Chigi negheranno. Ma se si guarda ai dati sul lavoro, si capisce che la crescita record dell’occupazione viene quasi tutta dagli over 50. E molto è dovuto al fatto che, per effetto della riforma Fornero del 2012, l’età pensionabile si è spostata in avanti.
Certo, c’è un fattore demografico, di invecchiamento della popolazione, per cui sempre più lavoratori sono anziani. Ma c’è soprattutto un fattore previdenziale, ovvero si va in pensione più tardi e più lavoratori senior restano al lavoro.
Guardiamo i dati di luglio 2025. Su base annuale, gli occupati con più di 50 anni sono saliti di 408mila unità, nella fascia 25-34 anni invece di sole seimila unità. Tra i 15 e i 24 anni sono 36mila in meno, tra i 35 e i 49 anni addirittura 160mila in meno.
Su questi dati incide ovviamente il fatto che la popolazione sta invecchiando, quindi sale il numero di quelli che entrano nella fascia over 50. Se la popolazione invecchia, invecchia anche la parte attiva. I giovani sono sempre percentualmente di meno. Senza contare che molti, tra l’altro, lasciano l’Italia.
Ma anche depurando i dati dalla componente demografica, vediamo che i giovani non guidano più la crescita occupazionale come era stato dopo la pandemia: gli under 35 perdono lo 0,7 per cento di occupati, gli over 50 crescono invece del 2,3 per cento.
Come spiega Francesco Seghezzi, presidente della Fondazione Adapt, incide «l’effetto combinato di legge Fornero e imprese». Si resta al lavoro più a lungo e le aziende faticano a sostituire le competenze. Chi a 62 anni prima era già in pensione, oggi è occupato. Anche grazie alla diffusione dello smart working, si continua a lavorare. Mentre la pensione anticipata comporta forti penalizzazioni. «Non è una notizia negativa, ma vuol dire che una parte della crescita non nasce da nuove assunzioni», dice Seghezzi.
«Possiamo dire che se la legge Fornero sulle pensioni del 2012 fosse stata cancellata, come autorevolmente promesso in più occasioni da Matteo Salvini, il governo di centrodestra non potrebbe contare su risultati così lusinghieri», ha scritto Ferruccio De Bortoli.
Questo tra l’altro aiuta anche a spiegare perché il Pil resti stagnante – nonostante gli aumenti record sul lavoro – e perché aumentino così tanto i contratti a tempo indeterminato, molto diffusi tra i lavoratori più senior, e gli occupati uomini. In un anno, gli occupati maschi sono 198mila in più, le occupate solo ventimila in più. Mentre crollano i contratti a termine, molto diffusi tra i giovani.
Ovviamente, non mancano le conseguenze negative di avere una forza lavoro meno giovane e non sempre aggiornata. Soprattutto durante il periodo del picco dell’inflazione, visto che i contratti collettivi in Italia si rinnovano in ritardo o non si rinnovano affatto, per le imprese è stato più conveniente trattenere i lavoratori anziché investire su innovazioni e tecnologie. Non è un caso che la produttività nel 2023 sia calata in modo significativo, nonostante l’aumento delle ore lavorate.
Record e tristi primati
Per capire come sta il lavoro italiano, si compierebbe quindi un errore se ci fermassimo solo ai numeri assoluti, senza guardarli in prospettiva. Il governo Meloni continua a celebrare i record (che ci sono), rilancia gli slogan sul milione di occupati e il tasso di disoccupazione più basso. Ma dimentica di dire che siamo ancora tra gli ultimi in Europa non solo per tasso di occupazione, ma anche per il tasso di occupazione femminile, quello di inattività e di disoccupazione giovanile.
Il tasso di disoccupazione, sceso al 6 per cento, certo ci colloca sotto Spagna e Francia, persino di Danimarca e Svezia. Ma non basta. Il tasso di disoccupazione giovanile, al 18,6%, è il triplo della media. E il tasso di inattività in salita, al 33,2 per cento, è il più alto d’Europa. Con il dettaglio preoccupante che gli inattivi stanno aumentando tra i 25 e i 34 anni anni, proprio nel momento della vita in cui più si fanno progetti di vita e di carriera.
La gelata
La crescita dell’occupazione, tra l’altro, ha rallentato ormai da mesi. E l’Istat ha appena rivisto al ribasso i numeri. E non di poco: gli occupati totali sono 120mila in meno di quelli stimati il mese scorso.
Come ogni primo mese del trimestre, l’istituto di statistica ha infatti ricalcolato la serie destagionalizzata. I numeri pubblicati mensilmente si basano su rilevazioni che possono essere anche incomplete e quindi nei mesi successivi vengono di solito riviste e corrette.
Ora, nella nuova serie destagionalizzata, il vello dell’occupazione è stato rivisto al ribasso di 120mila unità e gli occupati a luglio sono risultati in totale 24 milioni 217mila. Una correzione corposa, che mostra come la crescita tendenziale dell’occupazione si sia dimezzata rispetto al rimbalzo post pandemico, tornando al livello pre-Covid. E allineandosi quindi anche con la debole crescita del Pil.
Anche perché la fine della stagione estiva porta con sé pure una prima frenata sulle prospettive di assunzione delle imprese a settembre e per il prossimo trimestre. Tra dazi e incertezza internazionale, le assunzioni programmate questo messe – secondo il bollettino del Sistema informativo Excelsior, realizzato da Unioncamere e ministero del Lavoro – sono quindicimila in meno rispetto allo scorso anno.
L’industria mostra segnali di sofferenza già da qualche mese, ma a prevedere meno assunzioni ora sono anche i servizi. Gli unici settori che tengono sono ristorazione-servizi turistici e costruzioni. Ma non di soli cibo e mattoni può vivere un’economia.
“Forzalavoro” è la newsletter su lavoro ed economia de Linkiesta. Arriva ogni lunedì, più o meno all’ora di pranzo.
Ogni settimana, proviamo a raccontare cosa accade tra uffici, fabbriche, lavoratori e datori di lavoro, con un’agenda dei principali eventi della settimana.
Per leggere l’intera newsletter, basta iscriversi (gratis) cliccando qui.
Per segnalazioni, integrazioni, critiche e commenti, si può scrivere a [email protected]
***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****
Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link