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Cosa erano le Compagnie delle Indie e perché Mattarella ha usato questa immagine


di
Redazione Economia

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La storia delle compagnie mercantili europee del ‘600-‘700: vere e proprie società per azioni, cui i sovrani riconoscevano il monopolio del commercio in settori geografici e l’autorizzazione a concludere trattati e muovere guerra

Una critica sferzante quella di Sergio Mattarella in un video messaggio al Forum di Cernobbio. Una disamina senza sconti ai nuovi monopoli digitali definiti come «le nuove Compagnie delle Indie» a simboleggiare lo strapotere dei grandi colossi tech capaci di condizionare mercati, comportamenti, azioni individuali. Motori di ricerca come quelli di Google, applicativi di messaggistica e social network come quelle di Meta, Apple News e sui device e sul suo ecosistema proprietario, piattaforme di ecommerce come Amazon, software aziendali come quelli di Microsoft. 

Cosa erano le compagnie mercantili

Il riferimento storico ha tutti i crismi. Perché parliamo delle compagnie mercantili europee del ‘600-‘700: vere e proprie società per azioni, cui i sovrani riconoscevano il monopolio del commercio in settori geografici specifici e l’autorizzazione a concludere trattati, muovere guerra, governare i possedimenti coloniali, amministrarvi la giustizia ed arruolare truppe mercenarie.




















































La loro ascesa

La spinta originaria che fu alla base dell’ascesa fu soprattutto quella commerciale: il profitto puro e semplice, che muoveva mercanti, amministratori e investitori delle compagnie (tra i cui azionisti figurava spesso anche la Corona o lo Stato); ma alla volontà di profitto individuale si legarono pure le volontà di potenza dei grandi Stati europei, che iniziarono a comprendere come la ricchezza economica e commerciale costituisse la base della potenza politica e militare di uno Stato, e che questa iniziava a passare attraverso l’espansione nei territori d’oltremare. 

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Le fondamenta degli imperi coloniali

La congiunzione tra l’aspirazione al profitto individuale e la ricerca di potenza da parte degli Stati costituì una miscela di forza che ha consentito a tali compagnie mercantili – olandesi, francesi, danesi, e soprattutto britanniche – di gettare le fondamenta degli imperi coloniali europei, favoriti anche dall’emergere di una netta superiorità tecnologica, organizzativa e militare rispetto alle entità politico-statuali e ai popoli extra-europei che progressivamente si iniziarono a condizionare e poi a dominare. Si è dedicato al tema un interessante pamphlet dal titolo «Per la patria e per profitto. Multinazionali e politica estera dalle Compagnie delle Indie ai giganti del web (Roma, LUISS University Press, 2022)» opera degli autori Stefano Beltrame, già ambasciatore a Vienna e Raffaele Marchetti, docente di Relazioni Internazionali alla LUISS “Guido Carli” (ne abbiamo scritto qui in un’interessante recensione).

Lo strapotere pubblicitario

Il Capo dello Stato usa l’accostamento per segnalare quello che sta avvenendo. I servizi digitali li utilizziamo quotidianamente. Hanno riempito gli schermi di pubblicità. Internet, si sa, è il più grande mercato nella storia dell’umanità, ed ha imparato a sfruttare tutte le informazioni personali prodotte ogni volta che facciamo un clic, elaborandole in algoritmi in grado di orientare i bisogni, i comportamenti sociali, ed influenzare anche le scelte politiche. Si chiama «profilazione»: una merce molto richiesta da migliaia di aziende e gruppi di pressione. 

I profili venduti più volte

Ogni singolo profilo può essere venduto più volte, producendo ogni volta un ricavo per un diverso attore di questa filiera globale generata a nostra insaputa. Questa replicabilità rende i nostri profili il bene più scalabile e redditizio. La moltitudine di dispositivi connessi che stanno crescendo in modo esponenziale, alimentati da una potenza computazionale sempre più veloce, consente direttamente di sfruttare queste miniere di dati, diventando sempre più sofisticati nel controllo delle tecnologie integrate tra web e mobile. Danneggiando la concorrenza su interi mercati, vista la loro posizione dominante. Google, ad esempio, ha distorto il mercato in Europa per imporre una serie di clausole restrittive nei contratti. Le autorità Antitrust, prima fra tutte quella europea, li stanno multando a suon di miliardi (ne abbiamo scritto qui).

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6 settembre 2025 ( modifica il 6 settembre 2025 | 14:43)

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