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Margini di rigenerazione. Laboratorio di antropologia applicata in territori interni


LABORATORIO INTERNO

La seconda edizione della Summer School della Società Italiana di Antropologia Applicata – scuola di ri-gener-azione, #appenninoincammino – che avrà luogo dal 17 al 21 settembre 2025 a Castel del Giudice (IS), piccolo paese dell’Alto Molise vincitore del Bando Borghi – Linea A del Ministero della Cultura – è organizzata dal Centro di Ricerca BIOCULT dell’Università degli Studi del Molise, in collaborazione con il Comune di Castel del Giudice, l’Istituto Centrale per il Patrimonio Immateriale, l’Associazione Riabitare l’Italia, la Fondazione Symbola, la Fondazione Molise Cultura e l’Associazione culturale Casa Frezza, nel quadro degli interventi realizzati dal “Centro di (ri)Generazione” di Castel del Giudice (Bindi 2023; Bindi, Buonvino, Mancini 2024). Questa edizione propone un percorso formativo incentrato sulla esplorazione dei plurimi nessi tra antropologia applicata, public engagement e antropologia dei processi di rigenerazione e sviluppo sostenibile nelle aree rurali, montane, interne, offrendo ai partecipanti la possibilità di immergersi in una esperienza di apprendimento situato e partecipativo fondato sull’integrazione di ricerca, azione e riflessione critica (cfr. Ingold 2017).

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Le aree interne rappresentano un laboratorio privilegiato per osservare le dinamiche contemporanee della rigenerazione territoriale, come anche le sfide e le opportunità legate alla transizione ecologica, nonché le frizioni che emergono nel quadro di tali processi. A Castel del Giudice le dinamiche demografiche, la condizione di isolamento geografico, costituiscono ormai da tempo gli elementi principali del dibattito politico-amministrativo locale, orientato a promuovere strategie di rafforzamento sia economico sia sociale per rilanciare e preservare la vitalità della comunità. Nello specifico, le politiche adottate negli ultimi anni includono interventi di riqualificazione urbana, con particolare attenzione al recupero e alla valorizzazione di strutture abbandonate o degradate come nei casi emblematici dell’RSA e dell’albergo diffuso Borgotufi. Al tempo stesso, la rigenerazione si è tradotta tanto in esperienze di innovazione produttiva in campo agricolo – si pensi alla coltivazione biologica di mele dell’azienda Melise e alla sperimentazione nell’uso del luppolo spontaneo del birrificio agricolo Malto Lento – quanto nel sostegno a cooperative di comunità (è il caso di Artemisia – Cooperativa agricola di comunità e dell’Apiario di comunità).

Il laboratorio del Centro di (ri)Generazione si propone come modello di rigenerazione articolata principalmente attorno al rafforzamento del welfare e della coesione comunitaria, allo sviluppo sostenibile, all’incremento dell’attrattività turistica e alla valorizzazione delle risorse territoriali. Un’analisi antropologica di questi processi ci spinge a recuperare il dibattito relativo alla ridefinizione delle relazioni tra margini e centro (Carrosio 2019; Clemente 2021), in particolare in riferimento ai contesti appenninici caratterizzati da fragilità sociale e da una certa marginalità economica e culturale, nonché a ripensare i criteri stessi della progettazione territoriale, sostenendo l’ideazione e la messa a terra di spazi per la creatività e l’innovazione che possano realmente migliorare la qualità della vita nei piccoli centri rurali attraverso la rivitalizzazione del tessuto sociale e culturale del territorio. Al contempo, la coesistenza di molteplici attori in diversa maniera coinvolti nei processi di rigenerazione – amministratori, imprese innovative, cooperative di comunità, residenti storici, newcomers, ricercatori e operatori culturali – continua a sollevare quesiti importanti relativi alla sostenibilità culturale, economica e finanziaria delle politiche di rigenerazione territoriale, di conservazione e di valorizzazione (Vaccaro et al. 2013), come anche a generare interrogativi su quali strategie di cooperazione e coordinamento tra i diversi soggetti attivi sul territorio risultino più efficaci.

PUBLIC ENGAGEMENT E SOSTENIBILITÀ

L’itinerario formativo proposto dalla Summer School SIAA 2025 nasce anzitutto dalla volontà di stimolare il dialogo tra ricerca e territorio, mettendo in connessione le competenze di una pluralità di attori in grado di dar vita a processi di co-produzione interdisciplinare delle conoscenze come anche alla messa a punto condivisa di pratiche che possano favorire e accompagnare processi di cambiamento sociale realmente partecipativi, richiamando a una riflessione urgente sui temi della trasparenza, dell’inclusione e dell’etica della respons-abilità di una ricerca pubblica che miri a rendere il sapere antropologico rilevante, accessibile e utile anche al di fuori del mondo accademico. Ciò rappresenta, in sintesi, l’obiettivo principale di quello che, più in generale, si propone come un dispositivo pedagogico (Latour, Truong 2022) di sperimentazione e di innovazione metodologica del fare antropologia applicata nelle aree interne.

Altro obiettivo formativo fondamentale è quello di tentare di rafforzare e affinare la capacità di interpretare e intervenire nei processi di rigenerazione territoriale. In particolare, le diverse attività previste dalla Summer School mirano a far luce sulle modalità in cui la riflessione antropologica e la pratica etnografica possono contribuire all’elaborazione di un’analisi critica delle politiche pubbliche locali e sovralocali, focalizzando l’attenzione sull’interazione tra diverse forme di governance e tra governance e comunità locali, portatrici di differenziate rappresentazioni dello sviluppo (Long, Long 1992; Olivier de Sardan 1995; Abram, Waldren 1998) che a loro volta sono alla base di specifici processi di valorizzazione e promozione dei patrimoni bioculturali (Bindi 2019; Davidson-Hunt et al. 2012).

Si discuterà, a questo ultimo proposito, delle opportunità e delle difficoltà connesse all’utilizzo del lavoro a base culturale come leva di sviluppo, indagando il potenziale delle iniziative culturali nella creazione di economie sostenibili e nella ridefinizione delle forme dell’abitare in contesti rurali e marginali (Gibson et al. 2010; Bargna 2011; De Rossi 2018; Broccolini 2020; Bindi 2022), esplorando vantaggi e svantaggi di modelli alternativi di gestione comunitaria delle risorse bioculturali come anche i conflitti tra sviluppo e tutela del paesaggio che vengono a configurarsi nel quadro di tali dinamiche.

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Le attività previste dalla scuola di ri-gener-azione si sviluppano attorno a quattro assi tematici:

  • antropologia e public engagement – approfondimento sulle sfide epistemologiche e applicative della progettazione condivisa, sulle frizioni nei processi partecipativi e sul ruolo della ricerca antropologica come forma complessa di mediazione tra diversi attori coinvolti nei processi di sviluppo;
  • aree interne, processi di rigenerazione territoriale e sviluppo sostenibile –
    analisi di forme alternative di riabitare i territori marginali e riflessione sull’impatto trasformativo della pratica etnografica rispetto alle politiche di sviluppo locale sostenibile connesse alla gestione partecipata dei patrimoni bioculturali;
  • lavoro a base culturale e nuove forme dell’abitare nelle aree rurali e interne –
    discussione sul potenziale del lavoro culturale nella creazione di nuove economie, di nuove modalità di vivere nelle aree cosiddette fragili (Dunphy 2009; Bell, Jayne 2010), nei processi di placemaking, nonché di (ri)appropriazione creativa e trasformativa dello spazio pubblico (Courage, McKeown, 2019); i partecipanti rifletteranno sui temi della sostenibilità e della continuità delle azioni a base culturale nelle aree fragili, della distribuzione e della circolazione di esperienze creative tra diversi territori;
  • energie comuni e transizione ecologica – esplorazione delle CER (Comunità Energetiche Rinnovabili) come esempio di gestione collettiva delle risorse e riflessione sulle tensioni tra innovazione tecnologica e salvaguardia e gestione del paesaggio.

INTERDISCIPLINARITÀ E PARTECIPAZIONE

Il percorso formativo si articola su tre pilastri metodologici interconnessi, che rinviano a una più ampia riflessione e sperimentazione teorica e metodologica concernente l’implementazione e la promozione di una nuova prospettiva e di un nuovo approccio antropologico basato sulla ricerca azione nelle aree interne:

1) l’apprendimento immersivo nei territori e il confronto con i testimoni locali costituiscono il cuore di un metodo che mira a una comprensione profonda e contestualizzata che spinge a una ridefinizione del ruolo del ricercatore come facilitatore e attore nei processi di rigenerazione territoriale. In altre parole, il ricercatore è chiamato a esercitare il proprio riposizionamento nel campo, giacché egli è co-produttore di conoscenza e agente di trasformazione, e la sua soggettività responsabile si intreccia profondamente con quella delle comunità e con i territori studiati (Greenwood, Levin 2007). Questo “esercizio” di fatto mira a una decostruzione del paradigma che ha storicamente inteso le comunità come semplici oggetti di analisi, contribuendo per certi versi a una loro “calcificazione” (Barbera et al., 2022), per abbracciare invece una postura dialogica che riconosce il pluriverso politico ed epistemologico come fondamento di pratiche di progettazione inclusive (Escobar 1995, 2018); proprio a questo proposito, le diverse attività di co-interpretazione del territorio previste tentano di stimolare la creazione di nuove cartografie di senso e possibilità. Riflettere sulle frizioni connesse alle differenti modalità di reimmaginare il futuro di un territorio “fragile” e di una comunità locale diviene pertanto un processo creativo, in cui il conflitto è riconosciuto come terreno fertile per l’innovazione sociale. Beninteso, la gestione di queste tensioni richiede l’esercizio di un’etica della cura che rispetti e valorizzi le differenze e promuova forme sostenibili di agency collettiva, sottraendo perciò la rigenerazione territoriale alla logica estrattivista dominante. Questo approccio si fonda infine su un’etica della responsabilità, che assume la forma di un impegno politico e ontologico: il ricercatore è chiamato a interrogarsi criticamente sulle proprie pratiche conoscitive e di intervento, come anche sulle politiche del campo (Olivier de Sardan 2009). In questa prospettiva, il difficile processo di integrazione e di valorizzazione dei saperi locali va verso una rilettura critica del paradigma oggettivante, su cui si è articolata di fatto la retorica dei borghi, appunto basata sulla disgiunzione dal contesto e dalla storia (De Rossi, Mascino 2022), e nella direzione di contribuire all’ideazione e alla messa a terra di alternative plurali e sostenibili che rimettano in gioco i rapporti di potere implicati in primo luogo nei processi di produzione del sapere.

2) L’approccio dialogico e interdisciplinare richiede un dialogo continuativo con la comunità e con altre figure professionali in diverso modo attive nel territorio, favorendo la collaborazione sinergica tra competenze diversificate al fine di affrontare in maniera integrata e complessa le sfide poste dalla rigenerazione territoriale, promuovendo pertanto una visione processuale e stratificata della rigenerazione secondo cui diviene essenziale imparare a leggere le connessioni tra fenomeni sociali, culturali, economici e ambientali, per poi giungere all’elaborazione di strategie di intervento coerenti e sostenibili. La formazione, così intesa, ha come obiettivo fondamentale la produzione e la circolazione di saperi in grado di portare alla luce l’esistenza di articolate ecologie di relazioni, mettendo in guardia dai rischi legati a una lettura eccessivamente localistica di certi fenomeni (Kearney 1995). Si tratta, in sostanza, di permanere nelle tensioni e nelle frizioni senza cercare scorciatoie conciliatorie (Tsing 2004; Haraway 2016), riconoscendo che è proprio da queste zone di incertezza e contaminazione che possono emergere alternative capaci di restituire vitalità ai territori interni e alle comunità che li abitano.

3) Laboratori di interpretazione territoriale ed esercizi di progettazione partecipata costituiscono il terreno operativo in cui le prospettive teoriche, le competenze interdisciplinari e il dialogo con le comunità si traducono in pratiche concrete di lettura e trasformazione del territorio. Questi laboratori rappresentano spazi in cui attori portatori di prospettive diversificate si incontrano/scontrano (de Certeau 2000) al fine di re-immaginare e co-progettare futuri possibili, lasciando emergere le stratificazioni di senso, memoriali e valoriali, che costituiscono il territorio.

La progettazione partecipata si configura, dunque, come un sofisticato esercizio di traduzione, come un processo di mediazione tra rappresentazioni e regimi valoriali diversificati. Tradurre, in questo senso, significa provare a rendere (seppure parzialmente) commensurabili prospettive a tutta prima incommensurabili, nel tentativo di giungere a un linguaggio operativo comune senza così facendo censurare le differenze generative. Progettare si rivela, così, un processo aperto, molto spesso non lineare, che accoglie l’imprevisto e l’incertezza come elementi strutturali, riconoscendo che ogni progetto è sempre un assemblaggio contingente e rinegoziabile di relazioni, interessi e orizzonti.

FESSURE, APERTURE

La Summer School SIAA 2025 si configura, in ultimo, come un laboratorio epistemologico e politico – al contempo momento “fondativo” di ulteriori sperimentazioni e riflessioni e frutto di un percorso pluriennale di ricerca e impegno nei territori interni italiani – per la messa a punto di nuove metodologie della ricerca antropologica applicata che consentano l’acquisizione di competenze volte a riconoscere, articolare e negoziare le frizioni inevitabili che emergono nei processi di rigenerazione territoriale community-based. In risposta a queste tensioni, i ricercatori in formazione sono chiamati a sviluppare, attraverso una pratica riflessiva e consapevole, competenze negoziali, interstiziali imprescindibili per progettare e sostenere processi di rigenerazione che siano realmente inclusivi, equi e condivisi.  Fare antropologia applicata significa, in questo senso, imparare prima di tutto a riconoscere la coesistenza di diverse ecologie di saperi, molteplici modi di intendere lo sviluppo e la sostenibilità che possono offrire risorse fondamentali per ripensare il nostro futuro in termini eco-logici. Perciò, la pratica di un’antropologia siffatta arricchisce le nozioni di sostenibilità e di sviluppo, sottraendole alla loro riduzione tecnica e strumentale.

All’interno di questo orizzonte si propone un paradigma formativo che sposta il fulcro dell’analisi su un terreno ancora poco esplorato dall’antropologia applicata: ciò che è escluso, scartato dai progetti di rigenerazione territoriale, le rigenerazioni “mancate”, le potenzialità frustrate, le energie rimaste inespresse. In tal modo, l’etnografia del non fatto invita a indagare il margine, l’assenza, il fallimento e la sospensione non come vuoti o sconfitte, ma come dimensioni costitutive e generative dei processi di trasformazione territoriale. Proprio da queste “fessure” possono infatti emergere intuizioni radicali alternative, che contribuiscono a ripensare le pratiche di rigenerazione in chiave più complessa, critica e inclusiva. Parallelamente, la riflessione si concentra sulle temporalità plurali della rigenerazione; la capacità di riconoscere e valorizzare le durate, i ritmi e le pause proprie dei processi a livello locale diviene un nodo metodologico cruciale, che chiama a una revisione critica dei modelli della pianificazione ufficiale, nonché a una riconsiderazione della valutazione d’impatto in quanto categoria antropologica fondata su specifici criteri di trasmissibilità e di registrabilità dei processi.

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La Summer School SIAA 2025 intende quindi promuovere una visione approfondita, consapevole, dei processi di rigenerazione, mettendo in discussione i criteri che convenzionalmente stabiliscono il successo e il fallimento dei progetti, tentando tra l’altro di offrire un’esperienza che possa far comprendere la necessità di riconoscere e valorizzare processi di trasformazione sotterranei e alternativi, che spesso restano invisibili alle valutazioni ufficiali, mettendone in luce le molteplici forme di resistenza e adattamento creativo, aprendo spazi per una comprensione più profonda delle trasformazioni territoriali.

RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI

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Bindi L., “CdG – Centro di Rigenerazione. L’Appennino in cammino”, Dialoghi Mediterranei, n. 62, https://www.istitutoeuroarabo.it/DM/cdg-centro-di-rigenerazione-lappennino-in-cammino/, 2023.

Bindi L., Buonvino M., Mancini A., “La biodiversità come lavoro culturale. Innovazione sociale e progettazione creativa a Castel del Giudice”, Dialoghi Mediterranei, n. 65, https://www.istitutoeuroarabo.it/DM/la-biodiversita-come-lavoro-culturale-innovazione-sociale-e-progettazione-creativa-a-castel-del-giudice/, 2024.

Broccolini A., “Abitare i margini. Perché è utile tornare a parlare di aree interne”, Etnografie del contemporaneo, 3, n. 3, 2020, pp.187-201.

Carrosio G., I margini al centro. L’Italia delle aree interne tra fragilità e innovazione, Roma, Donzelli, 2019.

Clemente P., “Tra cosmo e campanile. ‘Il Centro in periferia’ nel centesimo anniversario della nascita di Alberto M. Cirese”, Dialoghi Mediterranei, n. 50, https://www.istitutoeuroarabo.it/DM/tra-cosmo-e-campanile-il-centro-in-periferia-nel-100-compleanno-di-alberto-cirese/, 2021.

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Davidson-Hunt I. J. et al., “Biocultural Design: A New Conceptual Framework for Sustainable Development in Rural Indigenous and Local Communities”, S.A.P.I.EN.S., 5, 2012, pp. 33-45.

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De Rossi A., Mascino L., Decostruire i borghi per ricostruire i paesi, in Filippo Barbera, Domenico Cersosimo, Antonio De Rossi (a cura di), Contro i borghi. Il Belpaese che dimentica i paesi, Roma, Donzelli, 2022, pp. 65-72.

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Escobar A., Encountering Development: The Making And Unmaking of The Third World, Princeton, Princeton University Press, 1995.

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Saldo e stralcio

 

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I paragrafi 1 e 3 sono stati scritti da Michela Buonvino; i paragrafi 2 e 4 sono stati scritti da Letizia Bindi.

ABSTRACT

This article reflects on the concept and the learning outcomes of the second edition of the Summer School of the Italian Society of Applied Anthropology (SIAA), which will take place in September 2025 in Castel del Giudice (Molise, Italy). Rather than a simple training initiative, the Scuola di ri-gener-azione – #appenninoincammino is conceived as a laboratory of/for applied anthropology, examining the intersections between regeneration processes and public engagement in inner and marginal areas through an immersive learning experience. Drawing on ethnographic practice, participatory methods, and interdisciplinary collaboration, this edition explores how processes of territorial regeneration intertwine with community welfare, creative industries, and ecological transition. It focuses on the role of anthropology in understanding the complexity of the dynamics related to the cooperation of multiple actors—local administrations, cooperatives, enterprises, and residents—while questioning conventional measures of success in regeneration policies, proposing an ethnography of friction and fracture as a productive lens to reimagine alternative futures for fragile rural territories.

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