Asset allocation: tra Italia, Europa e Stati Uniti
Dalla propensione al rischio alle prospettive di lungo periodo, la strategia per costruire un portafoglio solido cambia a seconda dei mercati e delle culture finanziarie.
Investire significa prendere decisioni in un contesto che, per sua natura, è incerto. Per questo la parola chiave che guida ogni strategia di portafoglio è asset allocation, ovvero la distribuzione del capitale tra diverse classi di attivi: azioni, obbligazioni, strumenti alternativi. Non è un concetto astratto: rappresenta il vero cuore della costruzione di un portafoglio perché consente di bilanciare rischi e rendimenti, proteggendo il capitale dagli scossoni dei mercati.
Come ricordava già tempo fa Yves Bonzon, Group Chief Investment Officer di Julius Baer, “il futuro è sconosciuto e molto incerto, ed è proprio per questo che bisogna diversificare”. Sono sei i principi fondamentali per impostare una strategia di asset allocation solida, che Yves Bonzon individuava nel suo interessante intervento. Principi ancora validi nel 2025.
1. Una strategia da sostenere sempre
Il primo passo è disegnare una ripartizione tra asset class che rifletta la propria propensione al rischio e resti sostenibile anche nei momenti peggiori. In altre parole: non bisogna costruire un portafoglio che si è costretti ad abbandonare al primo scossone. La strategia deve essere il punto fermo di riferimento, non la “fuga verso i contanti” da attivare solo quando le cose vanno male.
Negli Stati Uniti, questo approccio è più interiorizzato: molti fondi pensione e investitori istituzionali mantengono un’asset allocation strategica costante, modificandola solo marginalmente. In Italia, invece, è ancora diffusa la tendenza a spostarsi di frequente verso la liquidità, soprattutto tra i risparmiatori retail.
2. Obiettivi e rischio come punto di partenza
Ogni investitore deve partire da una domanda semplice: “Perché sto investendo?”. Definire l’obiettivo, che sia integrare la pensione, comprare una casa o trasmettere ricchezza alle generazioni future, permette di calibrare la quantità di rischio che si è disposti ad assumere.
Negli USA, la definizione della risk tolerance è prassi consolidata: piattaforme e consulenti utilizzano questionari dettagliati per allineare portafogli e obiettivi. In Europa, e in Italia in particolare, questa cultura è più recente e spesso faticosa: non tutti i risparmiatori accettano che più rendimento significhi necessariamente più rischio.
3. Guardare avanti, non indietro
Molti investitori commettono l’errore di affidarsi ai dati passati: se un’azione o un fondo hanno reso bene, continueranno a farlo. In realtà, come sottolinea Bonzon, le correlazioni cambiano nel tempo e i rendimenti storici non garantiscono nulla.
Meglio concentrarsi sui trend strutturali che orienteranno i mercati nei prossimi anni: digitalizzazione, transizione energetica, invecchiamento della popolazione. Negli Stati Uniti, i grandi gestori hanno da tempo sviluppato outlook decennali (secular outlook), mentre in Europa si fa ancora fatica a spingersi oltre l’orizzonte di breve periodo.
4. Costruire il portafoglio con strumenti coerenti
Azioni, ETF, obbligazioni, fondi comuni: le possibilità sono molte. Ma il segreto non sta nel singolo strumento, bensì nella combinazione complessiva. Un portafoglio ben strutturato deve essere come un puzzle: ogni pezzo ha senso solo se inserito nel disegno generale.
Negli Stati Uniti, dove gli ETF hanno una diffusione capillare, l’asset allocation viene spesso implementata in modo passivo e a basso costo. In Italia e in Europa continentale, la preferenza resta più spostata verso la gestione attiva e i fondi comuni, anche se la diffusione degli ETF è in crescita costante.
5. L’orizzonte temporale: tra teoria e realtà
In teoria, più lungo è l’orizzonte temporale, maggiore è la probabilità che un portafoglio ben diversificato dia buoni risultati. In pratica, pochi possono permettersi di “aspettare 20 anni”. Bonzon individua un compromesso realistico per l’investitore privato: 4-7 anni.
Qui la differenza culturale è evidente: negli Stati Uniti, la pianificazione finanziaria a lungo termine (fino alla pensione e oltre) è la norma, mentre in Italia molti risparmiatori tendono a ragionare su orizzonti brevi, a volte inferiori a due anni. L’Europa del Nord si colloca a metà strada, con una maggiore propensione al risparmio previdenziale di lungo periodo.
6. Ribilanciare con disciplina
Il sesto principio riguarda l’adattamento: non bisogna cambiare rotta continuamente, ma ribilanciare con costanza. Una revisione annuale del portafoglio consente di riportare equilibrio, adattarsi ai cambiamenti personali e cogliere le opportunità offerte dal mercato.
Negli USA, il rebalancing è una pratica consolidata: molte piattaforme lo fanno in automatico, riducendo il rischio di comportamenti emotivi. In Italia, invece, il ribilanciamento è spesso trascurato: molti investitori lasciano i portafogli fermi per anni, finendo con il trovarsi esposti a rischi non voluti.
Asset allocation come cultura finanziaria
Questi sei principi mostrano come l’asset allocation sia molto più di un esercizio tecnico: è una vera cultura finanziaria, che unisce disciplina, consapevolezza e visione di lungo periodo.
In un mondo dove l’incertezza è la regola, avere una bussola chiara fa la differenza tra reagire agli eventi e governarli. Gli Stati Uniti hanno fatto scuola nella pianificazione di lungo periodo, l’Europa del Nord mostra una maturità crescente, mentre l’Italia ha ancora strada da fare per diffondere una maggiore educazione finanziaria.
Ma la direzione è tracciata: imparare a diversificare, guardare avanti e rispettare la propria strategia resta l’unico modo per navigare nei mercati globali senza farsi travolgere.
Comportamenti degli investitori: differenze tra mercati
Bias geografico e investimenti all’estero
“Home bias” è la tendenza degli investitori a privilegiare gli investimenti nel proprio Paese di origine, anche quando una maggiore diversificazione geografica potrebbe ridurre i rischi e migliorare i rendimenti.
Negli USA, l’81,3% dell’equity dei portafogli retail è investito in asset domestici, evidenziando un forte home bias. In Europa, molti portafogli continuano a sottopesare le azioni rispetto agli Stati Uniti: secondo Fitch, gli europei investono meno in equities rispetto agli americani, a scapito della crescita economica.
Tuttavia, trend recenti mostrano un’accelerazione degli investimenti europei nelle azioni USA: nel 2024, il 48% dei flussi verso equities americane è arrivato dall’Europa, contro il 38% dagli stessi Stati Uniti. In parallelo, la società DWS ha osservato un fenomeno di “repatriazione” dei capitali verso l’Europa, spinto dalle tensioni commerciali con gli Stati Uniti.
Preferenza per titoli sicuri e obbligazioni locali
In Italia, i risparmiatori partecipano massicciamente alle emissioni di titoli di Stato. Nel 2023 circa 44 miliardi di euro sono stati collocati tra i privati, per un valore del 13,5% del debito pubblico italiano. In Europa, secondo dati EFAMA, i gestori tendono a mantenere un’elevata quota di bond domestici rispetto all’equity.
Diffusione degli ETF e prodotti retail
Gli ETF azionari contano circa 5,4 trilioni di dollari di asset negli USA e solo 1 trilione in Europa; per gli ETF obbligazionari i valori sono rispettivamente 1,4 trilioni e 0,4 trilioni. Sul fronte europeo, la quota di investitori retail nei fondi AIF è passata dal 26% nel 2019 al 30,8% nel 2023: l’interesse verso soluzioni diversificate e a basso costo (come gli ETF) è in crescita.
Stime recenti indicano che alcuni dei più grandi investitori istituzionali (parliamo di asset manager con oltre 20 trilioni di dollari) stanno riducendo l’esposizione verso le equities USA, favorendo invece le azioni europee e giapponesi.
Inoltre, UBS ritiene che azioni europee potrebbero offrire rendimenti corretti per il rischio superiori rispetto alle statunitensi, grazie a una minore correlazione e una maggiore diversificazione regionale.
Convergenze e differenze tra Italia, Europa e USA
Tema | Stati Uniti | Europa / Italia |
---|---|---|
Home bias | Molto elevato (81% dell’equity domestica) | Ridotto, con trend verso maggiore esposizione USA e ribilanciamento verso EU |
Obbligazioni locali | Meno rilevanti nei portafogli retail | Preferenza marcata per bond domestici, soprattutto in Italia |
ETF | Mercato molto maturo e diffuso | In crescita, ma ancora meno penetrato |
Investitori istituzionali | Attivi nel ribilanciare asset allocation | Stanno rivalutando l’Europa come asset class interessante |
Retail behaviour | Pianificazione più strutturata e consulenza diffusa | In Italia più anima tattica e liquidità rispetto al Nord Europa |
I sei principi di asset allocation di Yves Bonzon trovano conferma nei comportamenti dei mercati: emergono differenze marcate tra le culture finanziarie, ma anche convergenze verso una maggiore diversificazione, tipi di strumento (come gli ETF) e attenzione al contesto macro (geopolitica, rendimento atteso).
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