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Attenti all’eccessivo indebitamento. Un’analisi della situazione italiana


Riceviamo e pubblichiamo in anteprima un articolo scritto dal professor Roberto Ruozi e dai suoi collaboratori dottori Pierluigi Amicarella e Massimo Paturzo che sarà pubblicato sul prossimo numero del mensile di economia e finanza “Leasing Time Magazine” diretto da Gianfranco Antognoli.

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La disponibilità di mezzi finanziari è una condizione essenziale per far funzionare le imprese. Essa può essere assicurata in varie forme tecniche, rappresentate essenzialmente da mezzi propri degli imprenditori o da debiti attinti dalle loro imprese soprattutto nel mercato bancario e finanziario. Il rapporto quantitativo fra queste due fonti è un elemento centrale della gestione delle imprese e varia in relazione a diversi suoi aspetti, come la dimensione dei mezzi propri che l’imprenditore desidera immettere in azienda, le possibilità di indebitamento di quest’ultima connesse con la sua situazione economica e patrimoniale, il livello del rendimento atteso dei mezzi propri e il costo dei debiti, la natura dei fabbisogni finanziari aziendali e le forme tecniche delle due fonti con particolare riferimento alle relative scadenze, alle modalità di utilizzo e a quelle di rimborso dei debiti e così via.

Al proposito le cose sono eterogenee e non ci sono regole generali e precise sugli aspetti qualitativi e quantitativi dei rapporti fra mezzi propri e debiti, influenzati spesso anche dall’esistenza di debiti garantiti dall’imprenditore, che impone di considerarli diversamente da quelli tradizionali. In ogni modo e per lungo tempo, ai sensi di una tradizione più che consolidata, si pensava che in termini quantitativi i debiti non avrebbero dovuto superare i mezzi propri così come le scadenze dei debiti avrebbero dovuto essere collegate alla natura dei fabbisogni da essi coperti. Si è inoltre sempre dato per scontato che le scadenze dei mezzi propri avrebbero dovuto essere indeterminate, ma comunque non brevi in quanto collegate quasi per definizione alla vita delle imprese che per un imprenditore serio non può che essere lunga. Negli ultimi anni, tuttavia, la maggiore finanziarizzazione dell’economia ha permesso un graduale e costante incremento dell’utilizzo della leva finanziaria e quindi del debito. Hanno agito nello stesso senso la comparsa e lo sviluppo dei fondi di private credit.

In questo contesto la funzione dell’indebitamento è essenziale e positiva, ma se esso andasse oltre determinati limiti potrebbe provocare conseguenze negative e anche letali sia per l’impresa, sia per l’imprenditore, sia anche per i creditori e per tutti gli altri stakeholder aziendali.

Il debito in conclusione può essere buono o cattivo e, quando è eccessivo, quasi automaticamente collegato anche a costi molto elevati, può quindi essere pericoloso e in effetti ha provocato nel corso degli anni in tutti i paesi del mondo una serie infinita di tensioni finanziarie che hanno spesso portato al fallimento. Esso va quindi costantemente sorvegliato sia per il bene delle singole imprese sia per quello dell’economia e della società in cui queste operano. I dati in argomento, specie quelli riguardanti la situazione di singoli paesi, come ad esempio l’Italia, sono peraltro molto spesso in contrasto fra loro ma concordano nel dimostrare che il debito delle società italiane negli ultimi anni è cresciuto sia in termini assoluti sia in termini relativi essenzialmente perché è stato considerato come indefinitamente positivo. Nel solo 2024 esso avrebbe registrato un aumento di circa il 10% rispetto all’anno precedente, pur in presenza di una stagnazione dell’economia, di un’inflazione persistente e di una politica monetaria restrittiva, con un sempre maggiore coinvolgimento del credito bancario, da noi utilizzato in misura superiore rispetto alla maggioranza degli altri paesi dell’Unione Europea.

Pierluigi Amicarella

Questi dati sono per certi aspetti preoccupanti, ma non si può dimenticare che essi sono frutto di medie e che, all’interno del mondo delle imprese, la situazione varia da un caso all’altro. Per un certo numero di imprese, ad esempio, ci sono situazioni veramente gravi, come quella francese, sulla quale è intervenuta Isabelle Chaperon, su Le Monde del 27.6.2025, con un articolo intitolato “Il debito, malattia galoppante delle imprese”.

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In tale articolo ci si sofferma su alcuni grandi gruppi da parecchio tempo sotto i riflettori dell’opinione pubblica francese che non sono in grado di rifinanziare i propri debiti, avendo abusato dell’ eccessiva liquidità immessa qualche anno fa nel mercato dalla BCE e approfittato malamente dell’intervento di operazioni di LBO ( leverage buy-out) effettuate da fondi di investimento di varia natura, generalmente accomunati da obiettivi di ritorno a breve termine. In questa situazione diversi finanziatori, per evitare guai peggiori, hanno accettato di convertire i loro crediti in capitale proprio, diventando in non pochi casi proprietari o azionisti di maggioranza delle imprese oggetto di ristrutturazione.

Detto articolo dice anche che una situazione simile riguarda la Germania, mentre afferma che non si può dire nulla sull’Italia la cui situazione in materia sarebbe “molto opaca”.

In effetti, il problema non mai attratto fortemente la nostra opinione pubblica, ma sarebbe un errore pensare che non esista come dimostrano, fra gli altri, i casi meno recenti di Parmalat, Cirio, Ferretti, Seat Pagine Gialle e altri e quelli ancora in essere di Telecom, Alitalia, Astaldi e Autostrade e, seppure su scala minore, quelli di Golden Goose, Coin, Cerved, Artsana e soprattutto delle società di calcio.

Massimo Paturzo

In termini generali, comunque, è vero che la nostra situazione è più opaca di quella francese, per almeno i seguenti motivi:

  • le dimensioni delle nostre imprese e quindi anche di quelle fra loro che sono state oggetto di intervento da parte del private equity e del private credit sono in grandissima parte medie o piccole e, conseguentemente, hanno una visibilità molto modesta;
  • gioca nello stesso senso il fatto che la loro proprietà è generalmente familiare e quindi gradisce la riservatezza;
  • l’indebitamento di queste imprese è generalmente attinto presso il sistema bancario, mentre in Francia è più basato su prestiti obbligazionari anche quotati, che hanno maggiore visibilità;
  • grandissima parte delle ristrutturazioni dell’indebitamento delle nostre imprese avviene in silenzio, tramite accordi fra banche e senza coinvolgere deliberatamente né i mercati finanziari ne’ l’opinione pubblica;
  • il private equity, spesso usato per tali ristrutturazioni, è da noi meno aggressivo che in altri paesi e gli intermediari che lo praticano hanno portafogli più contenuti, anche perché le operazioni di LBO non sono molto numerose e vengono generalmente effettuate da banche più prudenti.

È quindi proprio per questi motivi che la nostra situazione in materia è più opaca che altrove, ciò che è in parte dovuto ad una specifica volontà di non apparire ma anche perché è più difficile che essa possa essere percepita dall’opinione pubblica nei confronti della quale il canale di comunicazione più utilizzato è ancora quello della stampa, i cui influssi stanno progressivamente riducendosi.

R. Ruozi, P. Amicarella e M. Paturzo



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