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Aree interne, Fullone e Mazza: “Cronaca di una morte annunciata”


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In Calabria gli interventi sulle aree interne, negli anni, non hanno assolutamente dato alcuna speranza di sopravvivenza. La prospettiva è catastrofica: molti Comuni polvere, tra 15-20 anni, scompariranno. Le istituzioni, ma anche i soggetti intermedi, si sono tirati fuori da ogni impegno politico. Il futuro fosco che va pian piano delineandosi, d’altronde, ha portato anche la Conferenza Episcopale italiana a realizzare una missiva, indirizzata al Governo e al Parlamento, in cui si esorta lo Stato a cercare di invertire la rotta. Siamo alle porte di un evento importante: il rinnovo dell’Amministrazione regionale. Quali le proposte, quale modello di sviluppo si delinea agli elettori? C’è la consapevolezza che il tema delle aree interne fa tutt’uno con una declinazione che esce fuori dagli assetti di governance che si deciderà di attuare nelle Istituzioni regionali. 

 

Spopolamento e denatalità condannano il Paese all’implosione

Il declino della popolazione, in Italia, è inarrestabile. Nell’anno 2024 si è registrato un minimo storico di 370mila nascite. Tale nefasta consapevolezza, purtroppo, è patrimonio di pochi. Tocca mobilitare la società, le Istituzioni, le imprese, le banche, i sindacati e il terzo settore. Ogni anno, nel saldo tra nuovi nati e deceduti, perdiamo circa 280mila italiani. Un Paese che invecchia senza avere ricambi, prima o poi, è destinato a implodere. Occorre un salto culturale: costruire strutture di studio. Vieppiù, bisogna formalizzare scelte oculate sapendo che l’UE ha, da tempo, messo in campo strumenti finanziari e programmatori. Agenda rurale 2040, fondi di coesione, PAC e programmi leader, digitali e horizone Europe sono solo alcuni degli strumenti che potrebbero riscrivere la storia dei contesti disagiati. In totale, oltre 750Mld di € in Europa vengono destinati alla coesione sociale. All’Italia spettano circa 100Mld di € del richiamato ammontare europeo. Come Comitato Magna Graecia, da anni, ci interessiamo di questa problematica. Seppur non possiamo nascondere, ahinoi, di aver riscontrato un disinteresse generalizzato da parte delle Istituzioni.

 

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Il nuovo PSNAI: un necrologio di Stato per i Centri disagiati

Il Documento ministeriale, diramato già da qualche mese, avrebbe dovuto far tremare i polsi agli Establishment politici locali. Le premesse dichiarate nel nuovo PSNAI (Piano strategico nazionale aree interne), abbandonano i Centri rurali al proprio destino. Lo Stato, abdica al suo dovere di collante alla coesione sociale, somministrando l’estrema unzione per oltre la metà delle circa 8000 Comunità locali italiane. Paesi fragili e diroccati, già provati da massivi fenomeni di spopolamento. Comuni che, nella stragrande maggioranza dei casi, per conclamate incapacità istituzionali, annaspano nell’offrire prospettive di crescita ai propri cittadini. Si rinuncia, quindi, all’idea di invertire la tendenza all’esodo demografico e lo si fa in maniera ufficiale e inesorabile. È una condizione di declino pianificato, venduto come accompagnamento normalizzato senza indennizzo. Impatterà 13 milioni di italiani che, per oltre il 60%, risiedono nel Mezzogiorno. Una condizione di evidente iniquità che stabilisce, in modo inesorabile, una distinzione fra due Italie: quella dei territori spendibili e quella degli ambiti senza speranza. Una soluzione fredda che sugella l’incapacità politica di ricercare sistemi di sviluppo e studiare obiettivi di rilancio. 

 

Stop agli investimenti e fine delle politiche di programmazione e sviluppo

Ma cosa comporta l’immane disegno di Stato a scapito delle piccole Comunità? Significa, nessun investimento nel tentativo di trattenere i giovani. Tantomeno, attrarre nuova linfa verso i richiamati contesti. Saranno banditi i servizi e si pianificherà una dignitosa decadenza delle richiamate aree geografiche. In pratica, il welfare sarà trasformato in una metodologia di cura che accompagnerà i Paesi d’entroterra sulla via del tramonto. Saranno fornite terapie e assistenze, ma sarà conclamata l’incapacità di strutturare opportunità e speranza. Il nuovo PSNAI non è portatore di strategie risolutive: emette una sentenza che certifica le incapacità di un intero Establishment istituzionale a fornire risposte e soluzioni. 

 

Le aree interne dell’Arco Jonico: la miopia politica che condanna a un destino crudele e irreversibile

Il vasto ambito compreso tra le propaggini montane e le linee di costa della Sibaritide e del Crotonese, si prepara a vivere tempi difficili. L’ambiente in questione, che annovera circa 30 Realtà urbano-rurali complessive, si appresta a imbastire il proprio corredo funerario. Servizi, già oggi precari, che diventeranno ancora più insufficienti con il passare del tempo. Non si pianificherà più. Non si tenterà di costruire percorsi finalizzati a riemergere. Piuttosto, si guideranno detti contesti alla decrescita controllata. Un messaggio devastante che porterà la già risicata popolazione residente ad abbandonare le richiamate Comunità. Per tutte quelle piccole località collinari e di montagna, quindi, a fianco la perdita della dignità finirà anche la speranza. 

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Necessarie azioni sinergiche e congiunte da parte degli Amministratori 

È necessario un sussulto. I Sindaci dovrebbero alzare la voce: rappresentare le istanze delle relative Popolazioni e far valere i loro diritti di cittadinanza. E attenzione, quando parliamo di Sindaci, non ci rivolgiamo semplicemente agli Amministratori delle Comunità impattate. Il nostro grido d’allarme si indirizza, soprattutto, ai Primi Cittadini di Trebisacce, Corigliano-Rossano, Mirto, Cariati, Cirò Marina e Crotone. Ebbene, sappiano, gli Amministratori, che le loro Cittadine si nutrono economicamente anche grazie ai pochi servizi forniti alle rispettive popolazioni d’area interna afferenti. A chi continueranno a erogare servizi quando l’utenza dei bistrattati contesti interni diventerà polvere? Si sappia, che le opportunità per disegnare un futuro promettente non mancherebbero. Energie rinnovabili, difesa idrogeologica, agricoltura sostenibile e turismo lento sono solo alcuni dei settori su cui si potrebbe intervenire. Investimenti mirati nei richiamati settori potrebbero cambiare la narrazione delle aree interne, declinando una rinnovata prospettiva di sviluppo e di crescita. Non serve compassione. Sono necessarie giustizia e visione. Ancora, strumenti e possibilità. Ma per farlo, lo Stato, deve fornire capitali e infrastrutture materiali e immateriali; non cenciosi assistenzialismi. Basta con la burocrazia, serve una difesa consolidata delle Comunità fragili riscrivendo nuovi sistemi sociali. Le aree interne non rappresentano un problema da contenere. Piuttosto, sono forzieri d’opportunità da liberare dal cappio centralista che ha asfissiato i territori negli ultimi 30 anni. C’è bisogno di coesione amministrativa, istituzionale e interdisciplinare. È necessario ritornare a fare politica, ma per davvero. Bisogna lavorare sinergicamente per bandire le direttive dello Stato centrale volte alla rassegnazione e all’oblio.



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