Nicola Zingaretti, in questi mesi lei ha presentato diverse interrogazioni al Parlamento europeo su temi delicatissimi come Gaza, i rimpatri e l’attuazione del Pnrr. Dal suo punto di vista, l’Europa sta dimostrando di essere all’altezza di queste sfide oppure rischia di perdere il proprio ruolo politico e morale nello scenario globale attuale?
«Il problema di oggi non è genericamente “l’Europa” ma il nazionalismo che è tornato. È al governo in molti Paesi e con la sua forza populista ne condiziona altri. L’Europa spesso è assente perché vogliono che lo sia. Noi per vivere più sicuri, tornare a crescere, cambiare il modello di sviluppo avremmo bisogno dell’Europa massima possibile. La destra vuole quella minima necessaria. Per l’Italia equivale a un suicido, perché da soli siamo più deboli».
Lei ha criticato il governo Meloni per non essere riuscito a svolgere un ruolo di mediazione sulla questione dei dazi. In che modo un’Italia guidata dal Partito Democratico si sarebbe mossa diversamente, e quale modello di politica industriale europea immagina per tutelare le imprese senza scivolare in un nuovo protezionismo?
«Meloni tutti i giorni prova a disarticolare l’unità europea cercando una asse con Donald Trump. Il risultato? Noi al governo del Paese guidando l’Europa abbiamo portato tra l’altro 270 miliardi di euro del Pnrr, per il lavoro, le infrastrutture, il sociale. La destra con Trump ha portato i dazi: un massacro per le nostre aziende».
Ha affermato che occorre “invertire la rotta e tornare a unire l’Europa per renderla protagonista”. Quali sono, secondo lei, i punti chiave di una nuova agenda progressista a Bruxelles, e con quali forze politiche pensa che il Pd debba costruire alleanze strategiche?
«Noi combattiamo per un’Europa che torna ad investire sul suo futuro e recupera il ritardo che ha accumulato in molti campi dell’innovazione a cominciare dal digitale al tema dell’energia. Da soli non ce la faremo mai. Quindi debito comune, investimenti, politica estera e di difesa comune. Rinnovamento del modello sociale europeo, scuola e ricerca. E poi occorre un grande salto in avanti verso l’unità politica rimettendo in discussione il diritto di veto che nell’Europa a 27 ci paralizza».
Molti ragazzi in Italia vivono tra contratti a termine, stipendi bassi e difficoltà di accesso alla casa. Lei che viene da una lunga esperienza amministrativa, quali strumenti concreti metterebbe subito in campo per ridare ai giovani fiducia nel futuro?
«A Bruxelles sto lavorando sulla direttiva stage. Basta sfruttamento o fare caffè in uno studio per anni. Diritti minimi che ricollocano gli stage per quello che sono. Trasferimento di competenze e non lavoro mascherato. Quindi ad esempio: obbligo di un piano formativo, verifiche, obbligo di una indennità economica e altre misure».
La guerra in Medio Oriente continua a generare morte e instabilità. Quale dovrebbe essere, a suo giudizio, la posizione dell’Italia e dell’Europa per sostenere un processo di pace credibile? Ritiene che l’attuale governo stia facendo abbastanza o vede una linea troppo subalterna agli equilibri internazionali?
«La condanna che immediatamente tutto il mondo ha dato contro Hamas sull’orrore del 7 ottobre è scolpita nella storia. Ho sempre difeso e difenderò sempre il diritto di Israele a vivere in pace e piena sicurezza senza se e senza ma. Ma è evidente che Benjamin Netanyahu e il suo governo di estremisti di destra sta portando avanti un disegno eversivo e criminale. Netanyahu va fermato con tutti i mezzi possibili per salvare il popolo palestinese e anche per salvare la democrazia israeliana. La destra vuole trasformare Israele in uno Stato messianico di soli ebrei. Questo è un pericolo serio per la stessa democrazia israeliana. Il Governo di Giorgia Meloni , a parte dichiarazioni di circostanza in realtà non fa nulla per fermare il massacro quotidiano. E questo rende il nostro Governo in realtà complice. E voglio essere molto chiaro su un punto: non è antisemitismo chiedere al governo israeliano di fermarsi a Gaza. È una barbarie assistere in silenzio al massacro di persone innocenti».
Lei ha fondato “Piazza Grande” con l’idea di costruire un Pd inclusivo e radicato nei territori. Guardando al partito di oggi, sotto la guida di Elly Schlein, crede che quella visione stia trovando spazio oppure teme che ci sia ancora distanza dalla società .
«Quello di Piazza Grande era una bellissima idea di partito. Aperta, ricca, plurale di sinistra nei valori e di governo. Purtroppo le dinamiche parlamentari hanno esasperato una conflittualità inaccettabile che ci aveva fatto implodere. Le mie dimissioni sono servite a chiarire che oltre un certo livello non si può andare».
Qual è oggi il suo giudizio sul lavoro di Elly Schlein alla guida del partito? Sta riuscendo a rafforzare il Pd come alternativa di governo, oppure ritiene che serva ancora una svolta per recuperare credibilità e consenso?
«Non dimentichiamo mai la condizione drammatica del settembre 2022 con un Pd isolato e sconfitto. Elly Schlein ha avuto il merito di aver ricostruito un profilo chiaro del Pd e aver ancorato questo profilo a una strategia unitaria. Questo è indispensabile. Giorgia Meloni governa l’Italia con meno voti delle opposizioni perché noi eravamo divisi. Quindi dobbiamo sempre coltivare la ricerca del punto più avanzato di accordo. La parola unità è una bella parola e il Pd di Modena ha fatto molto bene ad usarla come imperativo della festa. Ai volontari e alle volontarie assieme a tutto il gruppo dirigente va il mio ringraziamento per l’impegno profuso anche quest’anno. Se qualcuno fa il furbo sul tema dell’unità si assumerà le proprie responsabilità anche di fronte ai nostri iscritti e volontari».
Se dovesse indicare tre priorità personali su cui intende impegnarsi nei prossimi anni in Europa e in Italia quali metterebbe al centro della sua azione politica?
«Per rilanciare la sinistra in Italia e non solo dovremmo ripartire con coerenza dell’articolo 3 della Costituzione: “…tutti i cittadini hanno gli stessi diritti …”. Oggi non è così e la destra usa la rabbia che questa condizione produce per attaccare la democrazia. Noi dobbiamo invece ripartire proprio da lì, da questa conquista. La Costituzione va attuata non distrutta, non si torna indietro. Quindi l’impegno è proprio questo: la lotta per l’uguaglianza nella vita e non solo sulla Carta».
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