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L’accordo di collaborazione: una prima ipotesi ricostruttiva


[1]L’innesto del nuovo istituto nel corpo del Codice è avvenuto per il tramite dell’art. 29, comma 1, D.Lgs. 31 dicembre 2024, n. 209, il quale, entrato in vigore in data 31 dicembre 2024, ha aggiunto l’art. 82- bis , D.Lgs. 31 marzo 2023, n. 36. Il comma 1 del citato art. 82-bis enuncia la definizione dell’accordo di collaborazione e ne individua la collocazione nell’ambito della documentazione di gara elencata dal precedente art. 82 del Codice. L’Allegato II.6-bis del Codice, introdotto dall’art. 89, comma 1, D.Lgs. n. 209/2024, reca previsioni di dettaglio in merito agli elementi costitutivi dell’accordo (le parti e gli obiettivi) nonché riguardo ad aspetti contenutistici dello stesso (i soggetti dell’esecuzione dell’accordo, il sistema di allerta ed i meccanismi di premialità).

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[2]Cfr. Cons. Stato, Comm. Spec., 2 dicembre 2024, parere n. 1463/2024, reperibile sulla banca dati del sito internet www.giustizia-amministrativa.it. Il confronto emerso tra la proposta governativa ed il parere reso dal Consiglio di Stato in sede consultiva è stato commentato da L.R. Perfetti, Sul “Correttivo” al Codice dei contratti pubblici. Ovvero sulle tensioni tra politica e tecnica, tra potere e contratto, in questa Rivista, 1, 2025, 5-20.

[3]Per le citazioni a seguire nel testo, si veda il par. 3.8 della Relazione illustrativa dello schema del Correttivo al Codice, reperibile in seno alla documentazione dell’Atto di Governo n. 226 della Camera dei deputati, sul sito internet www.camera.it.

[4]Il cenno alle “best practices internazionali” appare oltremodo generico destando incertezza sull’effettivo significato del richiamo operato. Tuttavia, esso potrebbe ricondursi alla norma internazionale denominata ISO 44001/2017 e recante gli standard aventi ad oggetto l’implementazione di sistemi di gestione collaborativa delle relazioni aziendali all’interno della medesima organizzazione o tra organizzazioni fra loro distinte (cfr. il manuale degli standard internazionali facenti parte della ISO 44001:2017 “Collaborative business relationship management systems – Requirements and framework”, editati nell’anno 2017 ed aggiornati nell’anno 2022, reperibile su https://www.iso.org/standard/72798.html). Peraltro, il valore della collaborazione nel contesto del mercato unico europeo è stato affrontato dalla Commissione EU con la Comunicazione COM(2016)356 del 2 giugno 2016, “Un’agenda europea per l’economia collaborativa”, reperibile su https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/ALL/?uri=CELEX:52016DC0356. Per un commento dedicato all’inquadramento della collaborazione tra gli attori del settore pubblico, cfr. S. Valaguzza, Gli accordi collaborativi nel settore pubblico: dagli schemi antagonisti ai modelli dialogici, in Il diritto dell’economia, 2, 2019, 255-278.

[5]Il punto d’approdo della riflessione maturata dai Giudici di Palazzo Spada è ben compendiata nell’osservazione per cui “Si tratta, in sostanza, di un, pur comprensibile, tentativo di deregulation e di corrispondente ripresa dei poteri di negoziazione ‘per le vie brevi’ delle parti, nella sede della realizzazione del programma contrattuale, che tuttavia rimane al livello di aspirazione quando sia collocato all’interno della segnalata strutturazione normativa degli interessi generali concorrenti sopra segnalati, e quindi all’interno di una forte e permanente tendenza regolatoria, che non ammette, o limita fortemente, il carattere ‘dispositivo’ del potere negoziale (non appena impatti nella regolazione imperativa dei predetti interessi)”, in Cons. Stato, Comm. Spec., parere n. 1463/2024, cit., 54.

[6]È desumibile dal parere della Commissione il riferimento agli istituti della fase d’esecuzione del contratto pubblico d’appalto, nella duplice veste di strumenti preposti alla corretta conduzione del processo realizzativo e di rimedi funzionali alla soluzione stragiudiziale di potenziali controversie tra le parti coinvolte. Com’è noto, i primi sono fatti oggetto dell’insieme di disposizioni contenute nella Parte VI del Libro II del Codice, appunto dedicata all’esecuzione – in senso stretto – del contratto d’appalto, mentre i secondi rinvengono la propria disciplina nel Titolo II della Parte I del Libro V del Codice, avente ad oggetto l’individuazione dei rimedi alternativi alla tutela in sede giurisdizionale, tra i quali è ricompreso l’istituto del Collegio consultivo tecnico avente lo scopo di mediare e conciliare le eventuali confliggenti posizioni assunte dalle parti in sede d’esecuzione dell’appalto. La propensione della fase d’esecuzione a costituire l’esclusiva sede delle reciproche pretese, fatte valere dalla committenza pubblica e dall’appaltatore, è riconosciuta dalla costante giurisprudenza della Suprema Corte di cassazione, che, ancora di recente, ha affermato la natura di ‘procedimento formale e vincolato’ delle scansioni caratterizzanti la fase esecutiva dell’opera pubblica ed implicanti l’onere per l’appaltatore di contestazione immediata di tutte le circostanze tali da influire sul corretto andamento del processo realizzativo e sullo stanziamento della spesa dell’opera (per la locuzione enfatizzata nel testo, cfr. Cass. Civ., Sez. I, 4 aprile 2019, n. 9518, ord.; Cass. Civ., 8 settembre 2004, n. 18070).

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[7]In proposito, basti rinviare alla parte conclusiva della motivazione del parere in commento, ove è affermato che “Un ultimo cenno merita, – in correlazione all’aspirazione ad una deregulation ed al recupero di un maggiore ed informale potere negoziale in fase esecutiva, nel quadro della quasi irrisolvibile correzione a priori dell’asimmetria di forza contrattuale tra le parti -, l’aspetto della priorità ordinamentale attribuita alla prevenzione della corruzione: la predetta estensione del “contatto sociale”, tra interessi contrapposti, oggettivamente derivante da questo tipo di accordo, reca la potenzialità quasi connaturale di determinare l’aumento dei rischi di fenomeni di opaca collusione, fino all’estremo di aspetti sia concussivi che corruttivi”, in Cons. Stato, Comm. Spec., parere n. 1463/2024, cit., 56.

[8]Sul tema causale del contratto plurilaterale, cui sono rivolte le specifiche previsioni contenute agli artt. 1420-1446-1459-1466 del Codice civile, non potendosi riepilogare l’ingente mole di contributi avutasi in argomento da parte della dottrina, ci si limita a rinviare, ai fini di quanto riportato nel testo, alle sempre attuali riflessioni d’inquadramento sistematico di F. Galgano, Il contratto plurilaterale, in Trattato di diritto civile, Padova, II, 2010, 301-315, e di V. Roppo, Il contratto, Milano, 2011, 417-421.

[9]La prospettiva causale dell’accordo di collaborazione permette di distinguere la funzione assolta dal nuovo strumento negoziale rispetto alla funzione di altro istituto della fase d’esecuzione previsto dal vigente Codice e coincidente con il Collegio consultivo tecnico. Come segnalato dalla recente giurisprudenza amministrativa, il Collegio consultivo tecnico, nella conformazione datane dall’art. 215 del Codice, rinviene, a suo fondamento, il mandato congiunto delle parti, di cui all’art. 1703 del Codice civile, affinché i componenti del designato Organo siano investiti dell’attività di mediazione e conciliazione di dispute tecniche o controversie relative alla fase esecutiva dell’appalto, da dirimersi per il tramite di deliberazioni con effetti di parere obbligatorio ovvero con effetti di lodo contrattuale ex art. 808- ter c.p.c. (cfr. T.A.R. Calabria, Catanzaro, Sez. I, 11 novembre 2024, n. 1582, reperibile in www.giustizia-amministrativa.it).

[10]Nei contratti di diritto comune, il tema della clausola c.d. “di apertura” o “di adesione” rinviene il proprio fondamento nell’art. 1332 c.c., il quale, com’è noto, nel selezionare il soggetto destinatario della richiesta di adesione, ha valenza di norma sussidiaria rispetto alla volontà espressa dalle parti in merito a requisiti e modalità per il perfezionamento dell’adesione al contratto. La giurisprudenza della Suprema Corte di cassazione ha affermato, ancora di recente, che gli effetti dispiegati dall’adesione implichino la modificazione soggettiva del contratto in origine stipulato (di recente, cfr. Cass. Civ., Sez. I, 17 maggio 2024, n. 13742, ord.).

[11]I criteri – richiamati nel testo ai fini dell’individuazione di subappaltatori, sub-contraenti e fornitori aventi titolo a rivestire la qualità di parte dell’accordo – sono riportati alla lett. c) del comma 2 dell’art. 2 dell’Allegato II.6-bis del Codice.

[12]La disposizione, per come congegnata, non pare conciliarsi con il generale principio della consensualità posto a fondamento del fenomeno adesivo ai contratti plurilaterali e da tempo richiamato dal costante indirizzo della giurisprudenza della Suprema Corte di cassazione (sempre, cfr. Cass. Civ., Sez. I, n. 13742/2024, ord., cit.).

[13]Le attività e compiti delle parti sono richiamati dalla lettera d) dell’elencazione operata dal primo comma dell’art. 3 dell’Allegato II.6-bis, in correlazione al tema della responsabilità dell’esecuzione dell’accordo. Il rimando agli impegni delle parti è contenuto, invece, alla precedente lettera a) ed è connesso al raggiungimento degli obiettivi (principali e collaterali) dell’accordo. La terminologia utilizzata dal Legislatore pare, quindi, riferirsi, seppur in modo atecnico, al novero delle prestazioni demandate dal regolamento contrattuale alle singole parti (vuoi contraenti originarie vuoi successive aderenti).

[14]Il termine, anch’esso atecnico e generico, di “meccanismi” evoca il nesso di strumentalità tra il mezzo individuato dall’accordo (il sistema di allerta, il meccanismo di premialità o, più in generale, il meccanismo di prevenzione dei rischi) e gli obiettivi declinati dallo stesso accordo.

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[15]Si vedano le già commentate interlinee di cui alle lett. a), c), e) del comma 1 dell’art. 3 dell’Allegato II.6-bis. L’intima connessione tra le misure attuative dell’accordo ed il conseguimento degli obiettivi dello stesso è rimarcata, altresì, dai susseguenti commi 5, 6 e 7 del medesimo articolo, aventi rispettivamente ad oggetto la disciplina del sistema di allerta (commi 5 e 6) e dei meccanismi di premialità (comma 7). La qualificazione degli obiettivi in termini di oggetto contrattuale pare suffragata, inoltre, dal dettato del comma 2 dell’art. 82-bis del Codice, a tenore del quale “Lo schema di accordo è redatto in coerenza con l’allegato II-6-bis, e definisce, in considerazione dell’oggetto del contratto principale, gli obiettivi principali e collaterali della collaborazione, nel rispetto del principio della fiducia di cui all’articolo 2, indicando, altresì, le eventuali premialità previste per la realizzazione dei medesimi obiettivi”.

[16]Gli obiettivi, nella duplice connotazione di “principali” e “collaterali”, rappresentano l’oggetto contrattuale dell’accordo in quanto elementi in grado di ricondurre a sintesi le posizioni, e relativi impegni, delle molteplici parti dell’accordo col fine del soddisfacimento dello scopo comune coincidente con il valore della cooperazione nella fase esecutiva dell’appalto. Diversamente dalle misure attuative dell’accordo – queste ultime concretanti, a ben vedere, il regolamento contrattuale – gli obiettivi, quali individuati dai commi 3 e 4 dell’art. 3 dell’Allegato II.6-bis, integrano elementi qualificati, in modo diretto, dalla causa dell’accordo di collaborazione, di cui si è detto nel precedente paragrafo. In merito alla nozione di oggetto contrattuale, cui si fa riferimento nel testo, ci si limita a rinviare a C.M. Bianca, Il contratto, in Diritto civile, Milano, 2019, 285; R. Sacco, in Sacco, De Nova, Il contratto, II, in Trattato di diritto civile, Torino, 2004, 6.

[17]Si veda la precedente nt. 6, ove si è fatto richiamo agli istituti della fase d’esecuzione del contratto pubblico d’appalto, nella duplice entità di strumenti preordinati al corretto svolgimento del processo realizzativo e di rimedi funzionali alla soluzione stragiudiziale di potenziali controversie tra le parti coinvolte dall’attuazione dell’intervento pubblico.

[18]Per quanto già riportato alla precedente nt. 6, non v’è dubbio che la fase d’esecuzione del contratto pubblico d’appalto sia contraddistinta dall’intreccio di rapporti tra gli Organi preposti alla procedura di esecuzione dell’appalto (il R.U.P., il Direttore dei lavori, il Collaudatore, il Direttore dell’esecuzione per i contratti di servizi e forniture e, in ultimo, il Collegio consultivo tecnico) tale da integrare, a sé stante, l’idoneo “sistema di allerta” di eventuali criticità del processo realizzativo dell’intervento. Il vigente Allegato II.14 del Codice assolve, proprio, all’esigenza di presidiare l’ordinato sviluppo dei rapporti intercorrenti tra i diversi Organi della procedura esecutiva dell’appalto.

[19]I premi economici, di cui alla lettera c) del comma 8 dell’art. 3 citato nel testo, sono “connessi al raggiungimento degli obiettivi della collaborazione, determinati dalla stazione appaltante nello schema di accordo in coerenza con l’articolo 126 del codice, tenuto conto della rilevanza dell’obiettivo raggiunto, e comunque nei limiti delle risorse disponibili nell’ambito del quadro economico dell’intervento”; i premi reputazionali, previsti dalla successiva lettera d) della medesima disposizione, consistono, invece, “nell’attribuzione di criteri premiali per le successive procedure di affidamento, secondo quanto previsto dall’articolo 108 del codice”. Oltre alle predette misure, il comma 8 dell’art. 3 dell’Allegato II.6-bis contempla, a titolo di premialità, l’inserimento degli operatori economici, aderenti all’accordo, negli elenchi ed albi propedeutici all’affidamento dei contratti pubblici d’appalto di valore inferiore alle soglie di rilievo comunitario nonché la previsione di opzioni nel rispetto delle disposizioni del Codice.

[20]L’art. 126 del Codice, cui fa richiamo il Legislatore del Correttivo, nel testo novellato proprio dall’art. 45, D.Lgs. n. 209/2024, ha potenziato il sistema degli incentivi patrimoniali nel contesto dell’appalto di opera pubblica (v. il riscritto comma 2 dedicato al “premio di accelerazione” nell’esecuzione dell’opera) e degli appalti di servizi e forniture (v. il nuovo comma 2-bis rivolto ad introdurre premialità economiche in misura compatibile con l’oggetto del servizio o della fornitura). Per entrambe le fattispecie, accomunate dal consistere in emolumenti eventuali ed aggiuntivi al corrispettivo dedotto in appalto, rimane fermo l’obbligo per l’Amministrazione committente di reperire le relative risorse finanziarie nei limiti delle somme rese disponibili dal quadro economico dell’intervento. In giurisprudenza, sulla natura del premio di accelerazione alla stregua di obbligazione contrattuale eventuale ed accessoria rispetto a quella principale di pagamento del corrispettivo d’appalto, cfr. Cass. Civ., Sez. I, 2 febbraio 2022, n. 3260.

[21]A conforto di quanto esposto nel testo, si evidenzia che proprio la definizione normativa del premio reputazionale, quale riportata nella precedente nota n. 19, operi richiamo all’art. 108 del Codice e, pertanto, al doveroso raffronto con i fondamentali canoni della parità di trattamento e trasparenza. Il tema, di cui si è fatto breve cenno nel testo, relativo all’incidenza dei criteri premiali dell’offerta rispetto alla tutela della concorrenza, nel duplice senso di “concorrenza nel mercato” e di “concorrenza per il mercato”, è stato affrontato, di recente, da arresto della Consulta (v. Corte cost. 14 gennaio 2022, n. 4), la quale ha sindacato l’illegittimità costituzionale dell’art. 75, L.R. Piemonte n. 15/2020, in ragione della violazione dell’art. 117, comma 2, lett. e), Cost., per invasione della competenza esclusiva dello Stato in materia di tutela della concorrenza. La disposizione di fonte regionale aveva riservato, infatti, ai soggetti aggiudicatori, quali operanti sul territorio della Regione Piemonte durante il periodo pandemico, la facoltà di prevedere criteri di natura premiale delle offerte aventi ad oggetto la promozione di ricadute occupazionali in termini di promesso impiego di manodopera o personale a livello regionale nell’ambito dell’esecuzione dell’appalto.

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[22]La disposizione menzionata nel testo, all’interlinea sub lett. a), riporta, in modo laconico, che “Fatta salva l’autonomia delle parti in ragione degli obiettivi e degli impegni della collaborazione, sono soggetti dell’esecuzione dell’accordo: a) il direttore strategico, che è un soggetto imparziale, munito delle necessarie competenze e capacità organizzative, il quale coordina le parti anche al fine di migliorare la cooperazione”.

[23]Il contratto di rete fra imprenditori è normato dal complesso di disposizioni contenute nell’art. 3, commi 4-ter e 4-quater, D.L. 10 febbraio 2009, n. 5, convertito dalla L. 9 aprile 2009, n. 33, nel testo da ultimo modificato dall’art. 36, D.L. 18 ottobre 2012, n. 179, convertito dalla L. 17 dicembre 2012, n. 221. Il profilo causale del tipo negoziale è stato affrontato, nel tempo, da contributi della dottrina; in particolare, cfr. A.E. Fabiano, Le reti di imprese: uno strumento giuridico a servizio della sostenibilità?, in Nuova giur. civ. comm., 6, 2022, 1364-1379; V. Moscatelli, Contratto di rete e network contract, in Contr. e impr., 2, 2018, 886-909; P. Saccomanno, Il contratto di rete: profili di un’indagine aperta, in Contr. e impr., 2, 2017, 673-693.

[24]In particolare, cfr. la Determinazione dell’A.N.A.C. 23 aprile 2013, n. 3, recante “Partecipazione delle reti di impresa alle procedure di gara per l’aggiudicazione di contratti pubblici ai sensi degli articoli 34 e 37 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 ”, pubblicata in G.U.R.I. 24 maggio 2013, n. 120. L’Autorità, nel delineare le diverse – possibili – modalità di partecipazione delle reti d’impresa alla procedura di affidamento, ha affrontato il tema dell’inquadramento dell’organo comune all’interno del contratto di rete, qualificandone la natura alla stregua di mandato interno al contratto.

[25]In giurisprudenza, è stato affermato che “la prestazione di un mandatario, pur non potendo consistere in una attività meramente materiale, tecnica o manuale, non deve necessariamente consistere in sole dichiarazioni di volontà negoziali, ben potendo comprendere un’attività volitiva in genere dell’agente, svolta autonomamente per conto altrui, per la cui efficacia giuridica abbia rilevanza la volontà cosciente dell’agente, senza esclusione delle attività complementari necessarie” (cfr. Cass. Civ., Sez. II, 5 settembre 1989, n. 3853, in Giur. it., 1990, 1770, con nota di Massone).

[26]Per requisiti e cause d’incompatibilità dei membri del Collegio consultivo tecnico, di cui si è detto nella precedente nt. 9, si veda l’art. 2 dell’Allegato V.2 del Codice, come sostituito dall’art. 94, comma 1, D.Lgs. n. 209/2024.

[27]La necessità della puntuale regolamentazione di compiti ed attività del direttore strategico è da intendersi posta a tutela delle parti dell’accordo (mandanti) in quanto il mandatario (direttore strategico) ha l’obbligo di rispettare i limiti del mandato conferitogli, in ossequio alla nota regola del diritto comune sancita dall’art. 1711 del c.c. Difatti, in ipotesi di violazione dei limiti apposti all’attività del mandatario, quest’ultimo incorre nel c.d. “eccesso di mandato”, con la conseguenza che gli effetti dell’atto compiuto rimangono a carico del mandatario stesso, fatta salva l’eventuale ratifica da parte del mandante. In giurisprudenza, sull’elaborazione dell’eccesso di mandato, cfr. Cass. Civ., Sez. III, 28 gennaio 2002, n. 982, in Corr. giur., 2003, 1, 44, con nota di Rolfi.

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[28]La disposizione, posta a chiusura dell’art. 82-bis del Codice, stabilisce che “Al fine di monitorare gli effetti prodotti dalle disposizioni di cui al presente articolo, le stazioni appaltanti comunicano alla piattaforma del Servizio contratti pubblici di cui all’articolo 223, comma 10, gli accordi di collaborazione stipulati all’esito della fase di aggiudicazione. Il Servizio contratti pubblici monitora i risultati perseguiti nella fase dell’esecuzione mediante l’accordo di collaborazione e riferisce periodicamente alla Cabina di regia di cui all’articolo 221”.



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