La tua casa dei sogni ti aspetta

partecipa alle aste immobiliari!

 

Crisi delle nocciole, appello al governo nazionale


Nel corso dell’incontro tenutosi ad Altavilla irpina da comitato Agricoltori e Uniagri è stato illustrato il documento che informerà il governo nazionale della crisi che ha messo in ginocchio il settore della coricoltura: riconoscimento di stato di calamità e fondi per la ricerca per ripartire.

Aste immobiliari

l’occasione giusta per il tuo investimento.

 

Proposte operative e richieste alle istituzioni Documento del COAPI – Comitato Agricoltori della Provincia di Avellino Portavoce: Roberto Lauro Avellino, 20 agosto 2025

La stagione agraria in corso si sta rivelando una delle più difficili e drammatiche che la provincia di Avellino ricordi negli ultimi decenni. Le aziende agricole, in particolare quelle dedite alla coltivazione della nocciola ma anche le coltivazioni di vite, olive ed orticole estive, colonna portante dell’economia rurale dell’Irpinia centrale, stanno affrontando due emergenze concomitanti e devastanti: da un lato, la caduta prematura e anomala delle nocciole in fase di maturazione; dall’altro, la pressione crescente e distruttiva della fauna selvatica, in particolare dei cinghiali, che agiscono indisturbati sui raccolti in campo. Il Comitato Agricoltori e Pescatori Italiani (COAPI) insieme alle associazioni componenti della provincia di Avellino, Comitato Agricoltori MSV e l’Unione Italiana Agricoltori della Provincia di Avellino, costituiti per rappresentare le istanze dei produttori locali, intende denunciare pubblicamente la gravità di quanto sta accadendo e proporre alle istituzioni regionali e nazionali un piano di interventi coordinato, concreto e attuabile, che possa tutelare le aziende oggi in ginocchio e garantire la sopravvivenza di un comparto già duramente provato dalle incertezze climatiche, dai rincari dei costi produttivi e dalla concorrenza internazionale.

Sulla caduta anticipata delle nocciole. Nel corso della stagione produttiva 2005, gli agricoltori della provincia di Avellino, in particolare nella zona della Media Valle del Sabato, hanno assistito a un fenomeno tanto improvviso quanto drammaticamente esteso: la caduta anticipata delle nocciole, che si è verificata in gran parte dei noccioleti già nei mesi di luglio e inizio agosto, ben prima della naturale maturazione.

I frutti si sono staccati ancora acerbi o svuotati, anneriti, spesso inutilizzabili per il consumo o la lavorazione. Si tratta di una cascola precoce non imputabile a fattori gestionali, bensì a un complesso di condizioni ambientali, la cui base poggia sui forti cambiamenti climatici che normalmente registriamo negli areali produttivi, che hanno agito in modo sinergico, con una pressione patogenica ad opera di patogeni, quali cimice e oidio, che negli anni sono diventati sempre più presenti e virulenti, determinando un effetto disastroso sulla produttività. La perdita economica, secondo le prime stime effettuate da tecnici e agronomi operanti sul territorio, si aggira mediamente tra il 60% e il 90% del raccolto. In molti casi si prevede l’azzeramento totale della produzione. In termini tecnico-agronomici, si osservano sintomi di stress idrico, disidratazione da calore, presenza di fitopatie e alterazioni fisiologiche, filloptosi dei rami apicali, con disseccamento diffuso dei rami, clorosi e necrosi fogliari, legate a scottature del tessuto vegetale, indotte da sbalzi termici estremi, non a caso le colonnine metereologiche presenti sul territorio regionale hanno raggiunto picchi termici prolungati prossimi ai 40°C, tutti fattori non prevedibili né gestibili dai produttori, i quali hanno comunque mantenuto le normali pratiche colturali, fitosanitarie. Tutti questi fenomeni sicuramente aggravati dalla scarsissima presenza di infrastrutture irrigue, presenti sui territori, eccezion fatta per alcuni areali marginali, come il Consorzio dell’Ufita, che carente di risorse, soddisfa in maniera marginale delle poche aziende orticole che nell’areale svolgono attività produttive. L’anomalia stagionale risulta tanto più evidente se rapportata alla media climatica degli ultimi anni e ai cicli produttivi delle stesse aziende, che avevano effettuato fioriture e allegagioni regolari fino alla tarda primavera.

Tant’è che anche altri areali della regione Campania, come l’area collinare dell’Ufita sebbene da un lato ha visto uno sviluppo costante e regolare delle colture fino alla tarda primavera, ha dovuto fare i conti già a partire dal mese di giugno e luglio con perdite produttive sulle colture: olivo, vite e ortaggi estivi, che ad oggi si stimano prossimi al 50%, ma che con l’andare avanti della campagna agraria forniranno dati sempre più certi in merito alla perdita di produzione che li avrà interessati. coapi.sovranitalimentare.it statodicrisi@gmail.com In considerazione dell’eccezionalità dell’evento e dei suoi effetti devastanti sul comparto, sussistono i presupposti per richiedere il riconoscimento dello stato di calamità naturale ai sensi degli articoli 5 e 6 del D.Lgs. 29 marzo 2004, n. 102, che prevede interventi finanziari in favore delle imprese agricole danneggiate da avversità atmosferiche di carattere eccezionale o da eventi calamitosi. In particolare, l’art. 6 stabilisce che “le regioni possono concedere interventi finanziari […] qualora l’evento abbia avuto carattere di eccezionalità e abbia determinato una produzione lorda vendibile inferiore al 30% della media triennale”. Ai fini del riconoscimento, è necessario che le amministrazioni comunali inoltrino apposita richiesta alla Regione Campania, corredata da relazioni tecniche, rilievi fotografici, perizie agronomiche e dati meteoclimatici certificati da enti pubblici (ARPAC, Protezione Civile). Il Comitato COAPI, a tal proposito, sta raccogliendo una documentazione puntuale da trasmettere agli organi competenti. Sotto il profilo giurisprudenziale, la Cassazione civile, Sez. III, ord. 15 maggio 2025, n. 15187 ha affermato che “anche eventi atmosferici non violenti ma eccezionalmente distruttivi – quali siccità prolungate, escursioni termiche o alterazioni fisiologiche indotte – rientrano nella nozione di forza maggiore se accompagnati da imprevedibilità e non evitabilità”. La Cass. civ., Sez. III, sent. 7 settembre 2024, n. 25223 ha inoltre precisato che “il danno può essere ritenuto calamitoso anche in assenza di eventi meteorologici estremi (come grandinate o alluvioni), purché il pregiudizio sia riconducibile a una perturbazione ambientale certificabile e non imputabile al produttore”. In dottrina, autorevole orientamento evidenzia come la nozione di “evento straordinario” debba essere letta in chiave funzionale alla protezione dell’impresa agricola, la cui attività è fisiologicamente esposta a fattori esterni. Ciò implica un’interpretazione ampia e sostanziale dell’eccezionalità, non ridotta al solo impatto visibile o traumatico, ma estesa anche agli effetti cronici o progressivi che determinano l’inutilizzabilità del prodotto (cfr. Di Salvo, “Profili giuridici dell’agricoltura resiliente”, in Agricoltura e Diritto, 2023).

Richiedi prestito online

Procedura celere

 

Alla luce di quanto esposto, risulta giustificata – nonché necessaria – una pronta attivazione della filiera istituzionale, con il coinvolgimento dei Comuni, della Regione Campania, delle organizzazioni di categoria e dei tecnici del settore, per avviare nell’immediato:

• la ricognizione ufficiale dei danni;

• la valutazione delle perdite produttive su base aziendale; • l’attivazione delle misure di sostegno previste dalla normativa vigente, inclusi finanziamenti a fondo perduto, proroghe fiscali, sospensione di mutui agrari e agevolazioni straordinarie. In un percorso di lungo termine, un’azione sistemica di supporto alle imprese agricole del territorio, incentivando il monitoraggio e la collaborazione fra tecnici agronomi e mondo scientifico, finalizzato a trovare soluzioni utili a limitare le perdite che annualmente gravano sul comparto primario della Nostra Regione.

In conclusione, la caduta anticipata delle nocciole non è un episodio isolato ma un campanello d’allarme sistemico. È un sintomo chiaro del cambiamento climatico in atto e della necessità urgente di un nuovo modello agricolo che integri prevenzione, adattamento e tutela economica del reddito agricolo. Senza un intervento pubblico coordinato, rischiamo la disgregazione di un intero comparto produttivo tradizionalmente trainante per l’economia irpina e campana. Purtroppo nota dolente, aggiuntiva a quanto innanzi illustrato è la costante presenza di specie selvatiche che entrano in competizione con gli imprenditori agricoli, infatti, fra tutte le specie ovviamente il cinghiale risulta essere quella maggiormente invasiva, che in annate come quella in corso, oltre a completare l’azzeramento del raccolto, determinano forti danni anche agli impianti produttivi con la rottura di germogli e piante. La responsabilità dell’attuale squilibrio ecologico non può essere imputata agli agricoltori, ma è diretta conseguenza di una gestione inefficace della fauna selvatica da parte degli enti preposti. È doveroso ricordare che l’art. 1 della legge n. 157/1992, che rappresenta la legge quadro nazionale sulla protezione della fauna selvatica omeoterma, stabilisce chiaramente che “la fauna selvatica è patrimonio indisponibile dello Stato”. Da ciò deriva che lo Stato – e per esso le Regioni, gli Ambiti Territoriali di Caccia (ATC) e le Province, laddove delegate – hanno l’onere di gestire, controllare e contenere la fauna selvatica, affinché non arrechi danno all’agricoltura e al territorio. In questa prospettiva, l’art. 26 della medesima legge prevede espressamente che “le regioni e le province autonome provvedano al risarcimento dei danni arrecati dalla fauna selvatica alle produzioni agricole”, anche mediante fondi specifici e con l’adozione di strumenti preventivi. Tuttavia, nella realtà amministrativa quotidiana, le procedure per l’ottenimento dei ristori risultano spesso inefficaci, farraginose o addirittura non attivate, generando un vuoto di tutela che contrasta apertamente con i principi costituzionali di solidarietà economica, equità fiscale e tutela del lavoro.

La giurisprudenza di merito ha affrontato con rigore la questione, riconoscendo la responsabilità delle amministrazioni pubbliche per danni da fauna selvatica in presenza di un’omessa attuazione delle misure di controllo e prevenzione. In particolare, il Tribunale di Potenza, sentenza n. 193/2024, ha affermato che «la Regione, quale ente titolare della gestione faunistica e della tutela ambientale, è coapi.sovranitalimentare.it statodicrisi@gmail.com responsabile a titolo indennitario per i danni arrecati dalla fauna selvatica, qualora non dimostri di aver adottato idonee misure di contenimento e prevenzione». Nello stesso senso si era già espressa la Cass. civ., sez. III, sent. n. 7969/2020, riconoscendo la responsabilità patrimoniale dell’ente pubblico anche in assenza di dolo o colpa diretta, in quanto custode di un patrimonio faunistico da cui derivano obblighi di protezione attiva. A livello dottrinale, autorevoli interpreti del diritto amministrativo e ambientale (cfr. Russo, Diritto della fauna e responsabilità pubblica, 2022) hanno ribadito che lo squilibrio ecologico causato da una crescita incontrollata della fauna selvatica rappresenta una disfunzione amministrativa sistemica, la cui omessa correzione comporta responsabilità oggettiva dell’ente gestore, oltre alla necessità di modificare i modelli di governo del territorio. In tale contesto, il COAPI – Comitato Agricoltori della Provincia di Avellino – ritiene che non vi siano più margini per interventi parziali o dilatori.

È necessaria l’attuazione immediata di un Piano straordinario regionale di gestione della fauna selvatica, che comprenda almeno tre direttrici operative:

1. Indennizzo automatico dei danni, con istituzione di un fondo regionale di emergenza e la possibilità per gli agricoltori di accedere a procedura semplificata, basata su perizie giurate, rilievi fotografici e attestazioni di danno agronomico, senza oneri sproporzionati a carico delle aziende;

2. Istituzione di attività di supporto decisionale alle imprese agricole attraverso il coinvolgimento di enti di ricerca e tecnici agronomi sul territorio

Prestito personale

Delibera veloce

 

3. Finanziamento della difesa passiva, con contributi a fondo perduto per l’installazione di recinzioni elettrificate, dispositivi acustici e termici, reti a maglia fitta e droni di monitoraggio, secondo i modelli già adottati in Toscana, Umbria, Austria e Francia.

4. Contenimento attivo dei cinghiali, tramite piani di abbattimento selettivo autorizzati e coordinati dagli ATC, forze di polizia provinciale e, se del caso, con l’ausilio dell’esercito nelle zone più critiche; È tempo che la pubblica amministrazione riconosca che la libertà incontrollata della fauna selvatica, laddove non governata, si traduce in lesione dei diritti costituzionali degli agricoltori: diritto al lavoro, alla salute, alla proprietà e alla sicurezza. La mancata gestione dei cinghiali non è un accidente naturale, ma un fallimento programmatorio, e come tale va affrontato con risorse, strumenti normativi e decisione politica. Solo così si potrà ristabilire un equilibrio sostenibile tra tutela della biodiversità e diritto a coltivare la terra, che rappresenta da secoli l’identità e la dignità del nostro territorio

CONCLUSIONI

Alla luce di quanto esposto, appare evidente come la drammatica cascola anticipata delle nocciole, verificatasi nella stagione 2025, e la proliferazione incontrollata della fauna selvatica, in particolare dei cinghiali, non costituiscano episodi sporadici o marginali, bensì manifestazioni di una crisi strutturale del sistema agricolo locale e nazionale. Tali eventi, pur distinti nella loro natura causale, hanno in comune la capacità di compromettere radicalmente l’equilibrio economico delle aziende agricole, già provate da anni di incertezza e marginalizzazione normativa. – Nel primo caso, ci troviamo dinanzi a un fenomeno connesso alle alterazioni climatiche sistemiche, sempre più frequenti, che richiede l’attivazione immediata di strumenti eccezionali – tra cui il riconoscimento dello stato di calamità naturale – e, in prospettiva, l’elaborazione di un modello di agricoltura adattiva, resiliente al cambiamento ambientale. La giurisprudenza più recente, tanto di legittimità quanto di merito, riconosce infatti il diritto al ristoro e alla tutela dell’imprenditore agricolo quando la perdita produttiva sia provocata da eventi naturali non dominabili, anche in assenza di un episodio meteorologicamente estremo. – Nel secondo caso, la responsabilità è direttamente imputabile all’inerzia delle pubbliche amministrazioni, cui la legge attribuisce non solo la titolarità della fauna selvatica, ma anche l’onere di gestirne l’equilibrio numerico. In assenza di piani di contenimento efficaci, la fauna da risorsa si trasforma in minaccia, e il danno all’agricoltura diventa lesione del diritto costituzionale all’attività economica. Numerose pronunce hanno ormai consolidato il principio secondo cui l’ente pubblico risponde a titolo indennitario per la mancata adozione di misure preventive, essendo custode di un bene – la fauna – che, in determinate condizioni, diventa pericoloso per terzi.

Alla luce di ciò, il Comitato COAPI ritiene imprescindibile un intervento urgente delle istituzioni competenti, che vada oltre la logica emergenziale e affronti con serietà le cause profonde di questa crisi, restituendo agli agricoltori la dignità, la sicurezza e le garanzie che spettano loro per diritto.



Source link

Vuoi acquistare in asta

Consulenza gratuita

 

***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****

Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link

Source link

Finanziamo agevolati

Contributi per le imprese