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Mario Draghi: “Il futuro dell’Europa passa per mercato interno e dimensione tecnologica”


Il tradizionale appuntamento che scandisce la ripresa dell’attività politica dopo le vacanze di agosto – il Meeting di Rimini – non ha deluso le aspettative: tra gli interventi più attesi, quello di Mario Draghi sull’Unione Europea. L’ex Premier italiano ha parlato alla numerosissima platea della posizione economica dell’UE rispetto agli USA e alla Cina, e soprattutto delle sfide da affrontare.
“Per anni, l’Unione Europea ha creduto che la sua vasta dimensione economica, con 450 milioni di consumatori, fosse sufficiente a garantirle un ruolo di rilievo geopolitico nelle relazioni commerciali internazionali. Tuttavia, il 2024 sarà ricordato come l’anno in cui questa convinzione si è dissolta. Abbiamo dovuto accettare l’imposizione di dazi da parte del nostro più grande partner commerciale e storico alleato, gli Stati Uniti. Inoltre, è stato lo stesso alleato a spingerci ad aumentare la spesa militare, una decisione che forse sarebbe stata opportuna comunque, ma che è stata adottata in modalità che probabilmente non riflettono appieno gli interessi strategici europei”.
La riflessione riguarda i principi fondanti dell’UE: democrazia, pace, libertà, indipendenza, sovranità, prosperità ed equità. “Credo – ha detto Draghi – che lo scetticismo attuale riguardi soprattutto la capacità dell’UE di difendere questi valori. Tale dubbio è in parte comprensibile. I modelli di organizzazione politica, in particolare quelli sovranazionali, si evolvono per rispondere alle sfide del loro tempo. Quando tali sfide mutano profondamente, l’organizzazione preesistente rischia di diventare fragile e deve necessariamente adattarsi”.
Per affrontare le attuali sfide, secondo Draghi “l’UE deve trasformarsi da semplice spettatrice o comprimaria a protagonista attiva. È necessario rinnovare la sua organizzazione politica, elemento indissolubile dalla sua capacità di conseguire obiettivi economici e strategici importanti. Le riforme economiche, in questo processo, rimangono condizioni indispensabili per acquisire maggiore consapevolezza e incisività. Dopo quasi 80 anni dalla fine della Seconda Guerra Mondiale, la difesa collettiva della democrazia viene data per scontata da una generazione che non ha memoria diretta di quel periodo. L’adesione convinta alla costruzione politica europea dipende in maniera significativa dalla capacità dell’Unione di offrire ai cittadini prospettive di sviluppo, in particolare attraverso una crescita economica che, negli ultimi trent’anni, è stata in Europa molto più contenuta rispetto ad altre aree del mondo. Il Rapporto sulla Competitività europea ha evidenziato numerosi ambiti nei quali l’Europa sta perdendo terreno e dove le riforme risultano più urgenti. Un punto emerge con forza in tutto il documento: l’importanza fondamentale di sfruttare appieno la dimensione europea lungo due direttrici principali”.

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La valorizzazione del mercato interno
“La prima direttrice riguarda il mercato interno. L’Atto del Mercato Unico fu approvato quasi 40 anni fa, tuttavia persistono ancora ostacoli significativi agli scambi all’interno dell’Europa. La rimozione di tali barriere avrebbe un impatto notevole sulla crescita europea. Secondo il Fondo Monetario Internazionale, se le barriere interne venissero ridotte al livello di quelle esistenti negli Stati Uniti, la produttività del lavoro nell’UE potrebbe aumentare di circa il 7% in sette anni. È bene considerare che la crescita complessiva della produttività europea negli ultimi sette anni si attesta a solo il 2%.Questo costo delle barriere è già tangibile. Gli Stati europei stanno pianificando una spesa militare complessiva di 2 trilioni di euro — con circa un quarto destinato alla Germania — da qui al 2031. Eppure, internamente si mantengono ostacoli equivalenti a una tariffa del 64% sui macchinari e del 95% sui metalli. Le conseguenze sono evidenti: gare d’appalto lente, costi maggiori e un aumento degli acquisti da fornitori extra UE, senza generare stimoli all’economia interna. Tutto ciò si verifica a causa degli ostacoli che l’Europa impone a sé stessa”.

Dimensione tecnologica
“La seconda direttrice riguarda la tecnologia. È ormai chiaro dall’evoluzione globale che nessun Paese che ambisca a prosperità e sovranità può permettersi di essere escluso dalle tecnologie critiche. Stati Uniti e Cina utilizzano apertamente il controllo su risorse strategiche e tecnologie per ottenere concessioni in altri ambiti: ogni eccessiva dipendenza è diventata incompatibile con la sovranità sul futuro. Nessun singolo Paese europeo dispone delle risorse necessarie per sviluppare la capacità industriale indispensabile a queste tecnologie. Un esempio emblematico è l’industria dei semiconduttori. I chip prodotti sono essenziali per la trasformazione digitale in corso, ma gli impianti necessari richiedono investimenti ingenti. Negli USA, gli investimenti pubblici e privati sono concentrati in pochi grandi stabilimenti, con progetti da 30 a 65 miliardi di dollari. In Europa, invece, la maggior parte degli investimenti avviene a livello nazionale, principalmente attraverso aiuti di Stato. I progetti locali sono molto più piccoli, tipicamente tra 2 e 3 miliardi di euro, frammentati tra diversi Paesi con priorità spesso divergenti. La Corte dei Conti Europea ha già segnalato le scarse probabilità che l’Europa possa raggiungere il suo obiettivo di aumentare le capacità tecnologiche necessarie senza una maggiore integrazione e coordinamento a livello comunitario. Entro il 2030, la quota di mercato globale in questo settore dovrebbe raggiungere il 20%, rispetto a meno del 10% attuale. Perciò, sia considerando la dimensione del mercato interno sia quella delle tecnologie, ritorniamo al punto cruciale: per conseguire tali obiettivi, l’UE dovrà orientarsi verso nuove forme di integrazione. Finora, gran parte dello sforzo di adattamento è stato trainato dal settore privato, che ha mantenuto solidità nonostante l’instabilità nelle nuove relazioni commerciali. Le imprese europee stanno adottando tecnologie digitali all’avanguardia, inclusa l’intelligenza artificiale, a un ritmo comparabile a quello delle principali economie mondiali. A confronto con gli USA, l’Europa dispone di una solida base manifatturiera che potrà sostenere una crescita della domanda grazie a una maggiore produzione interna. Tuttavia, il settore pubblico rimane indietro e necessita di cambiamenti profondi e urgenti. I governi devono individuare chiaramente i settori su cui basare la propria politica industriale. È fondamentale eliminare le barriere non essenziali e rivedere il sistema delle autorizzazioni nel settore energetico. Inoltre, è necessario trovare un accordo per finanziare i vasti investimenti futuri, stimati intorno a 1,2 trilioni di euro all’anno. Infine, devono definire una strategia commerciale adeguata a un mondo che si sta progressivamente allontanando dalle regole multilaterali. In sintesi, è imperativo ritrovare un’unità di azione. Questo sforzo non deve avvenire quando la situazione sarà ormai insostenibile, ma fin da ora, mentre abbiamo ancora il potere di plasmare il nostro destino. Il futuro del nostro continente può essere cambiato. Trasformate il vostro scetticismo in impegno concreto, fate sentire la vostra voce. L’UE è soprattutto uno strumento per raggiungere obiettivi condivisi dai suoi cittadini. Rappresenta la nostra migliore occasione per un futuro di pace, sicurezza e indipendenza: è una democrazia, e siamo noi, voi, i suoi cittadini europei, a decidere quali priorità perseguire”.



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