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Ex Delfinario al palo: invece del rinnovo si studi un nuovo bando e si apra alle imprese


Tra abusi edilizi da demolire e poche risorse economiche a disposizione, sono passati già i primi quattro anni di concessione senza che si sia mosso nulla. Serve un cambio di strategia, allineata – anche economicamente – all’area in cui si trova, il pregiatissimo Triangolone

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Il progetto dell’ex Delfinario torna a far discutere in città, ma di progettualità in verità ce n’è ben poca. Del resto, se dopo cinque anni dal bando comunale per affidare l’area, gli stessi gestori (Club Nautico e Fondazione Cetacea) ammettono di aver aperto le attività solo qualche giornata, qualche problema c’è. E non solo di carattere urbanistico, come si lascia intendere da anni (i famosi abusi edilizi da demolire, che comunque erano già espliciti nel bando comunale). C’è un errore di fondo che tutti possono comprendere anche solo passeggiando nei pressi di quest’area che non solo è la zona più centrale a livello turistico, ma anche quella più pregiata a livello imprenditoriale. Il famoso Triangolone, oggetto di mille e più contese affaristiche degli ultimi anni, su cui anche l’Amministrazione comunale ha investito a occhi chiusi nelle varie pianificazioni, valorizzandone ancora di più l’aspetto economico. Non è un caso se gli affitti commerciali sono schizzati alle stelle, insomma. Lo sanno bene gli imprenditori che ci hanno e che ci stanno investendo. Ma l’ex Delfinario no, non è rientrato in questa dinamica, nascondendosi tutti dietro allo scopo sociale che si è deciso di dare alla nuova struttura. Uno scopo nobile (attività sociali, sportive e ambientalistiche), che purtroppo viene sempre slegato dalla sostenibilità economica, dal fare impresa. Esistono realtà di altissimo profilo sociale o ambientale che riescono a raggiungere sia gli obiettivi prefissati dal pubblico, sia quelli ovvi caratterizzati dal bilancio. Ma l’ex Delfinario no. Si è deciso di affidarlo così, a pochi spiccioli, senza un piano economico reale o almeno realistico visto che né Club Nautico né Fondazione Cetacea avevano certamente a disposizione le ingenti risorse che sarebbero servite a completare l’operazione. E in cinque anni – nonostante sostengano di aver già speso circa cento mila euro – non sembra ne abbiano trovate di nuove. E così il progetto resta fermo, “l’unica soluzionedichiarava Sauro Pari al Resto del Carlino Rimini ad aprile – “potrebbe essere demolire completamente la struttura e rifarla ex novo. Ma questo comporta un investimento che noi e il Club nautico, da soli, non riusciremmo proprio a sostenere“. Tanto più che “abbiamo già speso più di 86mila euro per i lavori già fatti. E con il conto delle bollette, del canone, dei tanti interventi che abbiamo fatto per mettere in sicurezza la struttura tutte le volte che qualche sbandato entrava dentro, siamo a oltre 110mila euro“. Motivo per cui, legittimamente ma un po’ inopportunamente, si lamentano i ritardi dell’amministrazione o del Demanio o di chiunque altro abbia voce in capitolo. In verità l’Amministrazione qualche mea culpa dovrebbe farlo, come gli si chiede non da oggi, ma anche e soprattutto oggi in vista di un possibile rinnovo.
Scrivevamo nel 2019 all’indomani della conferenza stampa organizzata da Gianfranco Santolini (Club Nautico Rimini) e Sauro Pari (Fondazione Cetacea Poteva): “Come può reggersi dal punto di vista finanziario questa alleanza di nobili intenti? Riempire di nuovi contenuti il Delfinario suona come una sfida non banale. Anzitutto perché la struttura non versa in ottime condizioni, ma soprattutto perché l’impianto attuale dovrà sicuramente attraversare un profondo restyling prima di poter accogliere tartarughe e una “base nautica per la scuola vela”, come l’ha definita Santolini. “Il protocollo che abbiamo sottoscritto prevede un tempo di quattro anni”, ha chiarito Sauro Pari, “durante i quali si dovrà risolvere anzitutto la questione della concessione, visto che non è stato ancora emesso il bando e non sappiamo quali saranno i contenuti del bando stesso, ma intanto abbiamo deciso di uscire allo scoperto per evitare che qualcuno pensi di poter buttar giù tutto. L’ex Delfinario rappresenta Rimini, è lì da 60 anni, ha connotato il turismo riminese. In questi quattro anni andremo a cercare i fondi e i partner, nel mondo finanziario e bancario, fra quanti credono in questo progetto no profit e sono disposti a dare un aiuto. Sappiamo bene che andiamo a prenderci una patata bollente ma lo facciamo molto volentieri”. Ora, i quattro anni, quasi cinque, sono passati e quel “notevole impatto turistico” che doveva dare la rinascita dell’ex Delfinario si è concretizzato in una struttura fatiscente (e per alcune parti anche abusiva) proprio nel cuore pulsante della zona turistica più pregiata della città.
Poteva andare diversamente?
Con questa impostazione, questo risultato era tanto ovvio quanto prevedibile. Per questo occorre ora una presa di coscienza da parte degli organi decisori e se non ci si vuole appellare alle inadempienze contrattuali (a proposito, il contratto potrebbe essere pubblicato online sul sito del Comune, per favore?), almeno si eviti di fare un rinnovo della concessione e si emetta un nuovo bando.
Le condizioni e soprattutto il contesto sono mutate favorevolmente e sarà molto facile per l’amministrazione comunale trovare nuovi gestori, visto l’interesse sul Triangolone di questi ultimi anni. Ma attenzione, resti pur fermo un obiettivo nobile, ma che partecipino alla competizione anche le imprese vere, quelle dotate di finanza e risorse per realizzare l’operazione per davvero e non ritrovarsi tra cinque anni ancora con un buco nero in piena zona turistica. Se poi saranno 500 mila euro o 1 milione di euro, lo dovranno stimare gli esperti, ma andranno comunque fissati dei paletti chiari nei termini del contratto: Hai i soldi per realizzarlo? Hai le garanzie (banche, privati, ecc) per tali cifre? Se non li investi entro tot mesi, ti togliamo la concessione. O cose del genere.
Di bandi con all’interno il vincolo di investire cifre considerevoli ne abbiamo visti parecchi e questo non può essere da meno. Come il canone annuale: non si può non guardare per niente al prezzo medio di questa zona e chiedere una cifra che va bene per un terreno incolto in qualche zona periferica. Trattasi pur sempre di concessioni e il Comune dovrebbe avere le idee chiare in merito, visto l’enorme lavoro che si prospetta davanti con il rinnovo delle concessioni balneari, da cui non si può più fuggire. Come non si può più ritardare la decisione sull’ex Delfinario: è inutile fare sopralluoghi come quello di aprile 2024 da cui non è stato cavato un ragno dal buco, con la conseguenza di perdere anche quella stagione turistica. Altrettanto inutile attendere che ciò che va sanato si sani da solo (o con qualche stratagemma urbanistico-burocratico, che sarebbe anche peggio), visto che anche la stagione 2025 è ormai saltata. Ancora più assurdo sarebbe, però, rinnovare una concessione che non ha prodotto alcunché in questi quattro-cinque anni.



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