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Standard e certificazione cambiano il volto del Tax Control Framework


Il mese di agosto 2025 segna una svolta per il Tax Control Framework italiano, con l’entrata in vigore delle linee guida standardizzate per il settore assicurativo e delle prime istruzioni per la mappatura dei rischi da principi contabili. Il nuovo impianto, frutto della riforma fiscale e dei tavoli tecnici Agenzia–OIC, ridefinisce la gestione del rischio fiscale lungo i flussi aziendali, imponendo standard comuni, aggiornamenti continui e certificazione esterna. Un cambiamento che promette di rafforzare trasparenza, efficienza e dialogo tra Fisco e contribuenti.

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1) Dal modello aperto allo standard certificato

Il percorso italiano del Tax Control Framework, tra gennaio e agosto 2025, entra in una fase di consolidamento normativo e operativo: dal modello aperto si passa a un impianto certificato e progressivamente standardizzato, volto ad ampliare la platea, rafforzare l’affidabilità dei presidi e rendere effettivo l’aggiornamento continuo lungo i flussi aziendali.

La traiettoria è stata tracciata dalla riforma attuata con la legge delega del 9 agosto 2023 e con i decreti legislativi del 30 dicembre 2023 e del 5 agosto 2024, che hanno previsto l’obbligo di certificare il sistema di controllo del rischio fiscale, collegandolo alla mappatura dei rischi derivanti dai principi contabili e alla pubblicazione di linee guida ufficiali per la costruzione e l’aggiornamento del TCF. 

Il provvedimento del 7 agosto 2025, prot. n. 321934/2025, dà attuazione concreta a questo disegno approvando le prime istruzioni per la mappatura dei rischi fiscali che discendono dall’applicazione dei principi contabili e integrando le linee guida del 10 gennaio 2025. 

Le istruzioni, elaborate con l’Organismo Italiano di Contabilità nell’ambito del tavolo tecnico istituito nell’ottobre 2024, riguardano tre fattispecie espressive del rapporto tra contabilità e fisco: recesso anticipato da commodity swap, corrispettivo per diritto di superficie ed emissione/chiusura di prestito obbligazionario convertibile a tasso zero. L’Agenzia anticipa inoltre che il set di schede potrà essere aggiornato o ampliato per seguire l’evoluzione delle prassi contabili e dei casi ricorrenti. 

Parallelamente sono state pubblicate le linee guida per la compilazione della mappa dei rischi e dei controlli fiscali standardizzata per le imprese assicurative. 

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Il documento, che sarà messo a disposizione anche tramite un applicativo web, impone di costruire una matrice rigorosamente risk-based che, per ciascun rischio, renda evidente la specifica attività o sotto-attività interessata, l’ambito impositivo, la valutazione del rischio inerente, i controlli di primo livello, la misurazione del residuo e i controlli di secondo livello, con un aggiornamento ordinario almeno annuale. La stessa impostazione è funzionale al TCF di gruppo, chiarendo quale società governa ciascun processo.

2) L’impatto sui flussi aziendali e le schede tecniche

Le linee guida chiariscono la portata della mappa. 

Non è una ricognizione astratta, ma un disegno operativo dei flussi che generano dati fiscalmente rilevanti. 

Da un lato si mappano i rischi di adempimento su processi di business e fiscali; dall’altro si escludono i rischi interpretativi, affidati a una policy dedicata. 

Ciò che muta è la pretesa di completezza: il contribuente deve includere nella mappa i rischi che derivano dai principi contabili applicati, con la possibilità di soddisfare lo standard attraverso il Modello 262 o il Modello SOX, ovvero, in assenza di tali sistemi, attraverso l’inserimento diretto dei controlli contabili chiave all’interno della matrice del TCF. 

L’impatto sui flussi aziendali si coglie con nitidezza nelle tre schede tecniche approvate con il provvedimento del 7 agosto. 

Nel caso del recesso anticipato da un commodity swap di copertura, l’OIC 32 impone di mantenere la riserva di cash flow hedging nel patrimonio netto fino al verificarsi dei futuri flussi dell’elemento coperto, con recycling a conto economico; se l’operazione non è più altamente probabile la riclassifica è immediata. 

Dal punto di vista fiscale, il provento viene tassato seguendo le stesse imputazioni temporali previste dal bilancio, in applicazione del principio della derivazione rafforzata. Se l’operazione è assistita da copertura, gli utili e le perdite contabilizzati nella riserva diventano rilevanti solo al momento del loro riversamento a conto economico, mantenendo la stessa qualificazione fiscale dell’operazione originaria. Per quanto riguarda l’IRAP, si applica il criterio della “presa diretta” dal bilancio, ossia senza apportare variazioni rispetto alle risultanze contabili.

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La scheda sul diritto di superficie affronta un’area frequentemente trascurata dai principi nazionali, indicando, per via analogica, la strada per la corretta classificazione dei canoni periodici.

Il richiamo all’OIC 11 consente di definire la policy contabile in assenza di disciplina specifica, mentre l’OIC 12 orienta la rappresentazione dei canoni corrisposti dal superficiario tra i costi per godimento di beni di terzi; di riflesso, i canoni attivi per la costituzione a tempo determinato sono iscritti come ricavi e non come plusvalenze. 

Ai fini IRES, l’articolo 83 del TUIR, letto in modo coordinato con i decreti attuativi del 2011 e con il D.M. 3 agosto 2017, prevede che anche per i “nuovi OIC” si applichi il principio della derivazione rafforzata. 

Questo significa che le qualificazioni, le classificazioni e le imputazioni temporali adottate in bilancio vengono seguite anche in ambito fiscale. 

Di conseguenza, il corrispettivo percepito viene tassato come ricavo in base al principio di maturazione, cioè in coerenza con il momento in cui il provento matura contabilmente, indipendentemente dall’incasso effettivo. 

Sulle obbligazioni convertibili a tasso zero, la scheda recepisce la costruzione dello IAS 32 sugli strumenti composti, separando la passività finanziaria, valutata al costo ammortizzato, dalla componente di capitale, rilevata a patrimonio netto per differenza rispetto al fair value complessivo, con allocazione proporzionale dei costi di transazione tra le due componenti e contabilizzazione, lungo la vita del prestito, degli interessi passivi sostanziali. 

Al momento della conversione del prestito obbligazionario in capitale, l’importo iscritto come passività finanziaria viene semplicemente riclassificato a patrimonio netto.

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Questo passaggio, di natura meramente contabile, non produce né utili né perdite ai fini fiscali, poiché non rappresenta un’operazione che genera un effettivo incremento o decremento di reddito imponibile. 

Questi criteri contabili producono effetti diretti, tramite il meccanismo della derivazione, anche sul calcolo delle imposte correnti (come l’IRES) e delle imposte regionali (IRAP). In pratica, la rilevanza fiscale dei componenti di reddito segue la loro natura contabile: se un elemento è qualificato come componente positivo o negativo di conto economico, o come voce di patrimonio netto, tale classificazione guida anche il momento e le modalità della sua tassazione o deduzione.

Se l’industria ha ricevuto a inizio anno un set di regole già definito, il settore assicurativo è il banco di prova più ambizioso. 

La matrice standardizzata propone un catalogo minimo di rischi adempimento che, accanto ai profili comuni a tutti i grandi contribuenti, intercetta gli snodi caratteristici del business assicurativo: dalle riserve sinistri alla dimensione tecnica del ramo vita, dalle rettifiche su crediti verso assicurati ai regimi impositivi speciali su premi e riserve, fino alle specifiche comunicazioni periodiche. L’impresa è chiamata a integrare il catalogo con i propri rischi caratteristici, esplicitando, per ciascuno, le attività coinvolte e i presidi posti a mitigazione, e a mantenere la mappa in stato di aggiornamento permanente. 

La riforma ha inoltre effetti sull’assetto delle responsabilità. 

L’obbligo di certificazione per i nuovi istanti e l’obbligo di attestazione dell’efficacia operativa per i soggetti già ammessi o istanti ante riforma spostano il baricentro dal mero disegno documentale alla verifica sostanziale della tenuta dei controlli. 

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Le linee guida richiedono che la mappa segua lo standard e contenga tutte le informazioni rilevanti; nel percorso di certificazione il professionista indipendente verifica completezza e adeguatezza descrittiva dei processi e dei presidi, nel quadro definito dalla legge delega e dai decreti attuativi. 

Tradurre questi principi nella pratica richiede di rimettere al centro i flussi. 

Un TCF efficace non si limita a elencare rischi e controlli: segue il dato dall’origine alla dichiarazione, documenta le interfacce tra sistemi, dimostra come la competenza sia acquisita e monitorata e come i controlli di primo livello intercettino errori di completezza, accuratezza e tempestività. 

Laddove l’impresa già presidia l’informativa finanziaria con il Modello 262 o il Modello SOX, è prevista una cerniera naturale tra i due mondi; in assenza di tali modelli, la matrice TCF deve includere controlli contabili chiave sui processi critici, rendendo trasparente il punto in cui il rischio contabile si trasforma in rischio fiscale. 

Il passaggio dal modello aperto a quello certificato non è un mero adempimento formale, ma rappresenta un diverso paradigma di gestione del rischio. 

Nel primo, la persuasività era affidata alla coerenza narrativa; nel secondo, la prova risiede nella tracciabilità dei flussi, nella misurabilità del rischio residuo e nella capacità di dimostrare che i controlli disegnati sono effettivamente operativi. 

In questa chiave, le schede fungono da stress test: mostrano come un fatto contabile peculiare attraversi la catena dei processi fino a incidere su imponibili e versamenti, e come la matrice, con il suo lessico comune, eviti che tali eventi restino ai margini del presidio. 

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3) Governance, digitalizzazione e prospettive future

Un tassello spesso sottovalutato è l’infrastruttura digitale che accompagna il nuovo corso. Le imprese che chiedono l’ammissione al regime caricano la mappa tramite un servizio web dedicato, che consente il download del modello standard, l’upload della matrice compilata dopo i controlli formali, nonché la gestione degli ulteriori documenti del regime, tra i quali il corpus normativo interno del TCF (dal Tax Compliance Model alla Strategia Fiscale e al Codice di condotta) e la relazione agli organi di gestione. 

La disponibilità di un ambiente unico introduce disciplina nei cicli di aggiornamento e favorisce l’allineamento tra funzioni fiscali, contabilità e internal audit, rendendo tracciabili nel tempo le revisioni e le integrazioni indotte dai cambiamenti del contesto. 

Il disegno di gruppo merita un cenno specifico. Nelle realtà che adottano un TCF di Gruppo Integrato, la mappa deve indicare, per ciascun rischio, quale società governa l’attività interessata, così da chiarire dove si collocano responsabilità e controlli e come operano i raccordi fra società capogruppo e controllate. Sul piano pratico, questo impone di armonizzare nomenclature, livelli di materialità, metriche di valutazione del rischio inerente e scale di giudizio del residuo, evitando che la matrice si riduca a un collage di pratiche eterogenee. 

La standardizzazione proposta dalle linee guida rende possibile tale armonizzazione, pur lasciando alle imprese lo spazio per integrare il catalogo standard con i rischi caratteristici della propria organizzazione. 

Sul versante delle imposte regionali, le istruzioni sulle obbligazioni convertibili precisano, con una lettura attenta del D.M. 3 agosto 2017 e della relativa relazione illustrativa, che i componenti imputati fuori conto economico assumono rilevanza ai fini IRAP al momento del loro transito a conto economico oppure, in difetto, secondo la natura del componente; coerentemente, i costi di transazione allocati alla componente equity, in quanto oneri inerenti a un’operazione sul capitale, sono trattati per natura in modo coerente con i principi richiamati. 

È un dettaglio che conta nella progettazione dei presidi, perché obbliga a presidiare non solo i flussi monetari, ma anche i percorsi contabili di riclassifica che anticipano o rinviano la rilevanza fiscale. 

Il nuovo impianto si misura anche sul terreno della governance. Le regole chiedono che la mappa non sia statica, ma viva, cioè aggiornata almeno una volta l’anno e ogni volta che mutano processi, sistemi o fonti informative; chiedono inoltre che i risultati del monitoraggio confluiscano in un reporting regolare agli organi con funzione di gestione, così da alimentare un ciclo decisionale informato. 

Quando l’impresa adotta presidi sull’informativa finanziaria, essi vengono richiamati nella mappa e agiscono come rete di sicurezza per i rischi che nascono da errori di accuratezza, completezza e competenza nelle basi contabili; quando tali presidi non esistono, le linee guida impongono di costruire controlli minimi in seno al TCF per colmare il gap. Il risultato è un linguaggio comune tra funzioni, capace di trasformare la variabile fiscale da fattore residuale a driver consapevole delle scelte operative. 

Lo sguardo prospettico completa il quadro. 

Le linee guida annunciano l’elaborazione di istruzioni tecniche dedicate ad altri settori, a cominciare da quello bancario, con l’obiettivo di estendere progressivamente la copertura regolamentare ai comparti maggiormente esposti a rischi fiscali complessi. 

Questo percorso consentirà di completare un perimetro settoriale omogeneo, capace di fornire a ciascun comparto strumenti operativi specifici e, al contempo, di permettere ai gruppi misti di comporre matrici coerenti e comparabili per natura di business. L’armonizzazione settoriale ridurrà le disomogeneità applicative, faciliterà il consolidamento dei controlli a livello di gruppo e rafforzerà la tracciabilità e l’affidabilità delle informazioni fiscali lungo l’intera filiera aziendale.

Nel frattempo, l’opzione per il TCF volontario contribuisce a diffondere la cultura del controllo anche tra le imprese che operano al di sotto delle soglie dimensionali previste per l’obbligo, creando un terreno comune di linguaggio e di prassi operative. 

L’adozione anticipata di un presidio strutturato consente di ridurre l’attrito interpretativo e di stabilizzare l’applicazione delle norme, prevenendo in modo proattivo il contenzioso attraverso un dialogo anticipato e trasparente con l’Amministrazione finanziaria. In tal modo, anche le realtà minori possono beneficiare di un framework di governance fiscale solido, capace di migliorare la qualità dei dati, la tracciabilità delle operazioni e la capacità di risposta alle verifiche, rafforzando la propria affidabilità nei rapporti con stakeholder interni ed esterni.

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