Il nuovo disegno di legge per la rigenerazione urbana, presentato al Senato il 4 agosto 2025, introduce premi volumetrici fino al 30%, incentivi fiscali, delocalizzazione per edifici in aree a rischio idrogeologico e un Fondo nazionale da 3,4 miliardi di euro. L’obiettivo è riqualificare aree degradate e promuovere sostenibilità, sicurezza sismica ed efficienza energetica. In questo articolo analizziamo le novità, i requisiti tecnici e fiscali, la governance multilivello e gli impatti per i professionisti.
Ddl rigenerazione urbana 2025, le principali novità
Un passo decisivo verso la ridefinizione del volto delle città italiane. Il 4 agosto 2025 è approdato in Senato un nuovo testo unificato sulla rigenerazione urbana, che sostituisce quello del settembre 2024 e integra otto disegni di legge precedenti.
Parliamo di un disegno di legge che non si limita a fissare regole edilizie, ma ambisce a riscrivere le politiche urbane del Paese, con obiettivi che spaziano dalla sostenibilità ambientale alla sicurezza sismica, dal contenimento del consumo di suolo alla qualità della vita nei centri storici e nelle periferie. Al centro, l’idea di città come luogo da recuperare, rigenerare e rendere resiliente, non solo attraverso demolizioni e ricostruzioni, ma anche con politiche di coesione sociale, integrazione funzionale e tutela del paesaggio.
Le principali novità:
- Premi volumetrici fino al +30% (25% regionali +5% in casi qualificati).
- Delocalizzazione di edifici in aree a rischio idrogeologico, con siti alternativi e bonus volumetrici se si migliorano le prestazioni energetiche e ambientali.
- Fondo nazionale da 3,4 miliardi di euro (2026-2037) per finanziare interventi di riqualificazione urbana.
- Governance multilivello (Stato-Regioni-Comuni) con compiti differenziati e conferenze di servizi semplificate.
- Esenzioni fiscali (IMU, TARI, imposte fisse per trasferimenti immobiliari, detrazioni IRPEF su IVA).
- Maggiore attenzione al consumo di suolo zero e al contrasto al cambiamento climatico (ripermeabilizzazione, forestazione urbana, riduzione isole di calore).
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Il relatore Roberto Rosso (Forza Italia) lo ha definito “il frutto di un lungo approfondimento, svolto anche insieme al Governo, che assorbe un gran numero di emendamenti presentati al testo precedente, sia di maggioranza che di opposizione”.
Il testo introduce una governance multilivello che vede il Ministero delle Infrastrutture e Trasporti (MIT) al coordinamento, le Regioni nella definizione delle priorità e i Comuni come protagonisti operativi, chiamati a perimetrare entro un anno aree degradate, centri storici e opere incompiute.
L’obiettivo dichiarato è duplice: da un lato rivitalizzare gli spazi urbani degradati, dall’altro contribuire al grande traguardo europeo del saldo zero nel consumo di suolo entro il 2050.
Le finalità del DDL Rigenerazione urbana
Quindi DDL Rigenerazione urbana non guarda solo al recupero edilizio. Le finalità sono ampie e toccano diversi ambiti:
- riuso e sostituzione del patrimonio edilizio degradato, con attenzione a edilizia pubblica e privata dismessa;
- contrasto alle isole di calore, al dissesto idrogeologico e agli effetti dei cambiamenti climatici, con più verde, rimboschimento e de-impermeabilizzazione dei suoli;
- promozione della mobilità sostenibile, con incentivi per trasporto pubblico, ciclabilità e sharing mobility;
- recupero e valorizzazione dei centri storici, anche contro la pressione turistica e la desertificazione commerciale;
- sostegno all’edilizia residenziale sociale, per rispondere al fabbisogno abitativo e rafforzare la coesione sociale.
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Il Fondo nazionale da 3,4 miliardi
Cuore finanziario della riforma è il Fondo nazionale per la rigenerazione urbana, con una dotazione di 3,4 miliardi fino al 2037 (100 milioni già dal 2026, poi 300 milioni l’anno). Le risorse serviranno a finanziare studi, progettazioni, opere pubbliche, trasferimenti temporanei delle famiglie durante i lavori, interventi di verde urbano e adattamento climatico, demolizioni e riqualificazioni.
Il riparto avverrà tramite decreto MIT, con criteri legati a demografia, livello di degrado e fabbisogni territoriali. Chi non spende le risorse dovrà restituirle al Fondo.
Requisiti tecnici e fiscali
Per favorire gli interventi sono previste esenzioni fiscali (IMU e TARI sospese durante i lavori, imposte fisse sui trasferimenti immobiliari, detrazione del 50% dell’IVA sugli acquisti post-intervento). Le Regioni dovranno aggiornare oneri e costi di costruzione privilegiando demolizione e ricostruzione rispetto al consumo di nuovo suolo.
Per accedere agli incentivi e al Fondo nazionale, ogni progetto deve rispettare almeno due condizioni tra le seguenti:
- edifici in classe energetica A e uso di fonti rinnovabili;
- adeguamento sismico e miglioramento della sicurezza strutturale;
- incremento di verde urbano, permeabilità e forestazione;
- inserimento di quote ERP/ERS gratuite;
- uso sociale degli spazi (coworking, servizi culturali, sociali, didattici);
- risoluzione di opere incompiute;
- applicazione di principi di progettazione universale e abbattimento barriere architettoniche.
Incentivi fiscali previsti
- Esenzione IMU e TARI durante i lavori.
- Imposte di registro, ipotecaria e catastale fisse a 200 € ciascuna.
- Detrazione IRPEF del 50% dell’IVA per acquisto di residenze post-intervento da imprese (ripartita in 10 anni).
- Oneri urbanizzazione e contributo costruzione ridotti, soprattutto per demolizione e ricostruzione.
Procedura, governance e documentazione
Il ddl definisce una governance a tre livelli:
- Stato (MIT – DG Casa e Riqualificazione urbana): indirizzo, monitoraggio, aggiornamento PINQuA, armonizzazione politiche e capitali privati.
- Regioni: fissano priorità, prevedono incentivi, riduzioni contributive, varianti semplificate e supporto tecnico ai Comuni.
- Comuni: perimetrano aree degradate, centri storici e opere incompiute; approvano programmi comunali di rigenerazione; gestiscono incentivi fiscali e riduzioni tributarie.
Procedure semplificate
Sul fronte procedurale, la conferenza di servizi viene semplificata con tempi certi (60 giorni) e silenzio-assenso, mentre gli standard urbanistici vengono rimodulati per favorire gli interventi senza bloccarli. Quindi per riassumere si basa su:
- Conferenza di servizi con pareri in 60 giorni e silenzio-assenso.
- Piani di rigenerazione urbana sostenibile dichiarano la pubblica utilità (DPR 327/2001).
- Deroghe mirate su parcheggi (riduzione fino al 90% in aree servite da TPL) e standard urbanistici monetizzabili.
Impatto per i professionisti del settore
Per ingegneri, architetti e geometri il ddl apre scenari rilevanti:
- Maggiori opportunità di progettazione grazie a concorsi, piani attuativi e programmi comunali finanziati dal Fondo.
- Domanda crescente di competenze multidisciplinari (sismica, energetica, ambientale, sociale).
- Incremento dei bandi di concorso con commissioni multidisciplinari.
- Necessità di gestire processi complessi di partecipazione, patti territoriali, contratti di quartiere.
- Nuovi incentivi fiscali e premi volumetrici che incidono direttamente sulla fattibilità economica dei progetti.
In particolare, la delocalizzazione degli edifici a rischio idrogeologico richiederà studi di fattibilità integrati (idraulici, geotecnici, urbanistici).
Differenze con il testo 2024
Rispetto alla versione di settembre 2024, il nuovo testo appare più calibrato: meno deroghe generalizzate e più attenzione alla qualità degli interventi. Ad esempio:
- nei consorzi di piccoli proprietari serve ora il 75% del valore catastale (prima bastava la maggioranza assoluta);
- la delocalizzazione degli edifici a rischio idrogeologico è introdotta per la prima volta;
- il consumo di suolo viene vincolato a criteri più stringenti;
i costi pubblici correlati agli interventi sono interamente a carico dei promotori privati.
La scelta politica è chiara: evitare scorciatoie e puntare su una rigenerazione che sia davvero sostenibile, tanto dal punto di vista ambientale quanto da quello sociale.
La prossima tappa
Dopo la pausa estiva, la Commissione Ambiente del Senato aprirà la fase emendativa del provvedimento, già calendarizzato per dicembre. L’iter si annuncia vivace: sul tavolo ci sono interessi divergenti – dalle esigenze dei Comuni alla prudenza delle Regioni, dalle richieste delle imprese edili alle istanze dei comitati cittadini – ma anche una consapevolezza crescente.
La rigenerazione urbana non è più un tema tecnico riservato agli addetti ai lavori: riguarda la qualità della vita quotidiana, il futuro delle periferie, la sicurezza degli edifici, la capacità delle città di resistere alle sfide climatiche.
Il nuovo disegno di legge, se approvato, potrebbe segnare l’inizio di una stagione in cui la parola “rigenerazione” diventa sinonimo di un’Italia più sostenibile, resiliente e inclusiva.
FAQ
Quali edifici possono beneficiare della rigenerazione urbana?
Tutti gli immobili legittimamente realizzati, prioritariamente quelli degradati, dismessi o inutilizzati. Sono esclusi gli immobili abusivi non sanati.
Qual è l’importo del Fondo nazionale e come funziona?
3,4 miliardi di euro (2026-2037). Le risorse finanziano studi, progetti, opere pubbliche, trasferimenti temporanei, verde urbano e assistenza tecnica ai Comuni.
Quali sono i principali incentivi fiscali per i privati?
Esenzione da IMU e TARI durante i lavori, imposte di registro/ipo/catastale fisse (200 €), detrazione IRPEF del 50% sull’IVA per acquisti post-intervento.
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