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Da Gaza allo Yemen: Israele non si ferma 


In attesa della riunione del gabinetto politico di sicurezza di martedì chiamata ad approvare i piani per l’invasione di Gaza City, Israele prosegue sia l’offensiva nella Striscia che le operazioni nei Paesi vicini. Questa mattina, fonti palestinesi hanno denunciato un attacco all’ospedale Nasser, nei pressi della città di Khan Yunis. Secondo i lavoratori dell’ospedale, nelle esplosioni sono rimasti coinvolti anche 5 giornalisti palestinesi che lavoravano per agenzie internazionali come Reuters, Associated Press e Al Jazeera. Nella giornata di domenica, invece, l’aviazione israeliana ha colpito la città yemenita di Sanaa, in risposta a un attacco missilistico lanciato dagli Houthi nella notte di venerdì. “Chiunque pianifica di attaccarci, noi lo attacchiamo,” ha dichiarato il presidente israeliano Benjamin Netanyahu. “Credo che l’intera regione stia comprendendo la forza e la determinazione di Israele.” 

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Ospedali e giornalisti nel mirino? 

Il ministero della salute di Gaza ha riferito che l’ospedale Nasser è stato colpito da due missili successivi: il primo ha centrato il quarto piano dell’edificio, mentre il secondo ha colpito i soccorritori che sopraggiungevano dopo la prima esplosione. Anche l’organizzazione sanitaria della Mezza Luna Rossa Palestinese ha denunciato che un proprio medico  è rimasto ferito mentre assisteva i sopravvissuti della prima esplosione. Intervistato da Al Jazeera, lo scienziato politico Menachem Klein ha definito l’assalto all’ospedale come “una politica, non un incidente”, aggiungendo che “Israele implementa questo tipo di azione criminale ripetutamente.” Le Forze di difesa israeliane (IDF) hanno confermato di aver effettuato un attacco nell’area, respingendo però l’accusa di colpire deliberatamente i giornalisti. “L’IDF si scusa per ogni danno ai [civili] non coinvolti e non attacca direttamente i giornalisti”, si legge in un comunicato, nel quale si precisa l’apertura di un’inchiesta per comprendere l’accaduto. Ciononostante, sono 274 gli operatori dell’informazione uccisi dall’inizio del conflitto, secondo Al Jazeera. L’attacco all’ospedale arriva infatti appena due settimane dopo che il giornalista dell’emittente Anas al-Sharif è stato ucciso insieme ad altri quattro colleghi di fronte a un altro ospedale di Gaza City. A seguito del bombardamento odierno, la relatrice speciale delle Nazioni Unite Francesca Albanese ha reiterato la propria richiesta di sanzionare Israele e imporre un embargo sui rifornimenti militari al Paese.  

Yemen: tregua a rischio? 

Nella giornata di domenica l’aviazione israeliana ha anche bombardato la capitale yemenita Sanaa, colpendo il palazzo presidenziale, due centrali elettriche e un deposito di carburante. Secondo il Ministero della salute Houthi, sono sei le persone morte nell’attacco, a cui si aggiungono altri 86 feriti. Secondo l’IDF, l’obiettivo era una base militare del movimento politico e armato sostenuto dall’Iran, che dieci anni fa ha preso il potere spodestando il governo yemenita internazionalmente riconosciuto. Ma il raid non è certo il primo nel suo genere: gli Houthi hanno infatti ripetutamente lanciato attacchi con missili e droni contro Israele dal 2023 in risposta all’invasione di Gaza. La maggior parte di questi attacchi è stato fino ad oggi intercettato, ma gli scambi hanno reso evidente fin da subito come il conflitto avesse implicazioni ben oltre la Striscia. L’operazione di Tel Aviv arriva, però, dopo che venerdì gli Houthi hanno lanciato per la prima volta un missile equipaggiato con una bomba a grappolo. Si tratta di un ordigno che si apre a mezz’aria, spargendo munizioni più piccole su un’ampia area. I frammenti possono esplodere in un secondo momento, quando qualcuno prova a raccoglierli o inavvertitamente li calpesta, uccidendolo o menomandolo. Al momento, questo tipo di munizioni è vietato da oltre 100 paesi. Nonostante la risposta israeliana, gli Houthi hanno già annunciato che continueranno le operazioni militari in supporto ai Palestinesi. “Indipendentemente dai sacrifici,” ha dichiarato il loro rappresentante Mohammed al-Bukhaiti. Gli scambi fra i due Paesi non sembrano comunque aver messo in discussione la tregua raggiunta a maggio fra gli Houthi e gli Stati Uniti, dopo che questi avevano condotto in Yemen centinaia di raid aerei.  

Un conflitto ancora regionale? 

Operazioni dell’esercito israeliano sono state rilevate anche nella vicina Siria. La televisione di stato siriana – citata dal quotidiano israeliano Haaretz – ha infatti riferito che 11 veicoli militari e 60 soldati dell’IDF sono entrati nella zona di Beit Jinn, nel sud del Paese. Una presenza già documentata a giugno, quando l’esercito israeliano ha dichiarato di aver arrestato militanti di Hamas attivi nella zona. Uno spiraglio arriva invece dal Libano: Netanyahu ha dichiarato di essere disposto a diminuire la propria presenza militare nel sud del Paese se l’esercito libanese ottenesse il disarmo della milizia sciata filoiraniana di Hezbollah. L’apertura israeliana arriva dopo che il governo di Beirut ha deciso di controllare la presenza delle armi nell’area, nonostante Hezbollah abbia rifiutato ogni richiesta di disarmo. Nella sua dichiarazione, il primo ministro israeliano non ha però chiarito esplicitamente se l’esercito israeliano si ritirerà dalle cinque posizioni che ha occupato dopo aver siglato il cessate il fuoco con Hezbollah lo scorso novembre. Intanto, sabato Israele ha iniziato a colpire con bombardamenti e carri armati le parti a nord e a est di Gaza City, in preparazione all’occupazione annunciata da Netanyahu la scorsa settimana.  

Il commento 

Di Eleonora Ardemagni, ISPI Senior Associate Research Fellow 

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“Per Israele, gli Houthi rimangono una spina nel fianco. Nonostante Tel Aviv abbia più volte bombardato le loro postazioni (come pure gli Stati Uniti), il gruppo yemenita riesce, di tanto in tanto, a penetrare le difese aree israeliane, utilizzando anche “armi nuove”, come il missile che venerdì trasportava bombe a grappolo e non è stato intercettato. Per gli Houthi, attaccare Israele e gli interessi israeliani rimane un efficace strumento politico-propagandistico, utile per rinsaldare la presa sul nordovest del paese: fino a pochi giorni fa, a Sanaa si discuteva degli arresti ordinati dagli Houthi contro i dirigenti nonché alleati del partito dell’ex presidente Saleh. Con l’attacco al compound presidenziale, Israele punta a eliminare la leadership del gruppo, come dichiarato da mesi: ma gli Houthi sono una famiglia e questa è già la seconda generazione. Da tempo, lo scontro tra Houthi e Israele allontana il cessate il fuoco in Yemen. E sta oscurando, sui media,  il racconto della crisi in Yemen, dove per l’Onu quasi 20 milioni di abitanti necessitano di aiuti umanitari e l’insicurezza alimentare ha raggiunto livelli anche d’emergenza”.   



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