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“Bisogna avvicinare il cinema al mondo aziendale”



Una colonna dell’antica Grecia che viene rubata da una giovane archeologa per preservare l’identità della sua terra, contro l’abbandono e l’indifferenza. Di questo parla La colonna, un cortometraggio scritto e diretto da Antonio Cofano, che dopo l’anteprima al Magna Grecia Film Festival sarà ospitato anche al Festival Vicoli Corti, con una proiezione in programma il 24 agosto. A realizzare questo breve film ricco di umorismo e delicatezza è stata Yellow, casa di produzione milanese abile nel muoversi con un approccio unico tra le produzioni pubblicitarie e quelle più squisitamente cinematografiche. Per l’occasione abbiamo intervistato la CEO dell’azienda, Roberta Mirigliano, non solo produttrice del corto, ma promotrice dell’intero progetto.

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Roberta Mirigliano, la produzione del cortometraggio La colonna parte dalla sua esperienza personale, no?

Sì, esatto. Io sono nata a Crotone e, un giorno, una mia grande amica d’infanzia, che oggi è consigliera comunale, ha raccontato al nostro regista la storia di “Salviamo Capo Colonna”, un movimento che è nato una quindicina d’anni fa proprio a Crotone quando il sindaco dell’epoca voleva asfaltare questo parco archeologico per fare un parcheggio per la chiesa. Questi ragazzi si sono incatenati alla colonna, per una quindicina di giorni di gennaio, dormendo lì, occupando il suolo al freddo e al gelo, e sono riusciti a salvare almeno la parte di terreno che c’è davanti alla colonna. La vicenda è piaciuta tanto ad Antonio Cofano, che ci ha voluto sceneggiare sopra: da qui nasce la storia Erika che vuole salvare la colonna dalle grinfie degli arabi.

Il finale del corto ha richiesto un effetto speciale in vfx, che contribuisce al tono favolistico del film. Quanto è importante per una casa di produzione indipendente la possibilità di avere accesso a strumenti come questo?

Allora sicuramente è una sfida, però, nel 2025, perché non utilizzare questo elemento di innovazione? Questo è un corto finanziato dalla regione, per cui noi siamo arrivati fino ai mezzi che potevamo permetterci. Stiamo imparando ad usare anche l’IA perché è sicuramente un elemento di innovazione che siamo prontissimi a sperimentare. Lo studiamo approfonditamente, lo proviamo e, se ci piace il risultato, poi lo teniamo, altrimenti no.

Cosa cambia tra produzione video per la pubblicità e per il cinema?

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Nel produrre uno spot la materia di base è la stessa: le stesse maestranze, le stesse figure tecniche richieste, lo stesso entusiasmo nel fare un prodotto quasi cinematografico. Però la pubblicità la trovo semplice, perché i finanziamenti sono privati, sono aziendali, c’è qualcuno che vuole un servizio e paga subito. Io amo stare tra le maestranze, perché le persone che fanno questo mestiere, sono persone di cuore, che credono in quello che fanno. Questo però purtroppo cozza con il disastro dei finanziamenti pubblici. A parte la modalità di applicazione, che tra documenti e cavilli burocratici ti fanno veramente perdere ogni speranza, bisogna lasciare più libertà nel trovare i soldi fuori dal finanziamento.

In che modo finanziate i vostri lavori?

Quello che Yellow si propone di fare è di avvicinare il cinema al mondo aziendale, inteso come multinazionale: ci sono tante aziende sostenibili, che ci tengono a tramandare dei valori. È lì che vorrei andare a parare. Ovvero dire alle grandi aziende: volete che la grande storia italiana venga raccontata? Aiutateci a finanziare lo sviluppo dell’audiovisivo. Non al 100% sia chiaro: faccio un bando, prendo una percentuale dalla regione e non deve interessargli da dove prendo il resto. Non sarebbe brutto se il cinema cominciasse a guadagnare anche dalla produzione e non aspettare la distribuzione.

Non avete paura dei compromessi?

Con la testa alta, dico no. Perché io non sto chiedendo la sponsorizzazione, io faccio in modo che il finanziamento aziendale sia completamente gestito da noi come se fossero fondi statali. Non cerco lo sponsor, ma l’azienda che ha come valore sviluppare arte e cultura. Bisogna farlo con intelligenza: è un lavoro di divulgazione. Rendere le aziende sensibili per far sì che lo sviluppo dell’arte italiana e internazionale non muoia appresso ai cavilli burocratici. Bisogna crederci, per non finire a fare solo TikTok.

In una società dominata dall’immagine, quale può essere il ruolo del cinema?

Il motto di Yellow è: “Gli altri ti aiutano ad emergere, Yellow ti aiuta a diventare memorabile”. Questo è un po’ il nostro posizionamento, i TikTok sono contenuti fruibili velocemente, non c’è niente da raccontare, c’è qualcosa da far notare. Il bello del cinema è che io ti racconto una storia e tu sai come va a finire solamente dopo un’ora e mezza. Questo è all’antitesi della pubblicità. Il ruolo del cinema nei confronti delle nuove generazioni deve essere quello di tramandare dei valori, riuscendo a intrattenere per un’ora e mezza. Quando con i miei figli riescono a guardare un film per intero senza toccare il cellulare, quello è il successo del cinema. Riuscire a coinvolgere per un tempo più lungo dei tre secondi.

In che modo fate convivere le due anime dell’azienda?

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La casa di produzione ha due divisioni, quindi è organizzata di conseguenza anche con le persone che ci lavorano. Io sono la CEO, quella che va a cercare soldi, chiaramente, mentre gli altri miei 2 soci si occupano ognuno della sua divisione con i rispettivi team di riferimento: Tosca della parte pubblicitaria, Antonio, che è il nostro regista di riferimento, è a capo delle produzioni video e si occupa del reparto cinema. Le due aree sono separate perché sono due mondi completamente opposti, dal punto delle richieste produttive. Vorrei essere ricordata un giorno come quella casa di produzione che ha raccontato storie che hanno saputo intrattenere che hanno fatto tornare i giovani piacevolmente davanti allo schermo, magari usando un po’ di ironia. La parte pubblicitaria mi permette di fare fatturato e aiutare quella cinematografica.

Qual è il prossimo obbiettivo?

Il nostro sogno sarebbe proprio quello di produrre il lungometraggio de La colonna, perché comunque c’è già dietro una sceneggiatura molto forte. Ci sono tanti ci sono tanti elementi che secondo noi raggiungono l’obiettivo ingaggiare il pubblico. Il documentario è una di quelle cose, invece, che ci potrebbe far avere i primi appoggi concreti da parte del tempo delle aziende. Ci sono storie incredibili da raccontare.



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