Dilazioni debiti fiscali

Assistenza fiscale

 

Perché è impossibile concordare una pace duratura coi russi


Alcuni, non tutti, si erano illusi che l’incontro di Anchorage e poi quello di Washington segnassero l’inizio di un percorso verso la pace, la possibilità di fermare il più sanguinoso conflitto europeo dal 1945 grazie a una mediazione tra potenze. Ma le parole del ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov hanno dissipato ogni illusione. Mosca non accetterà garanzie di sicurezza per l’Ucraina se non potrà esercitare un proprio veto e se non verrà inclusa la Cina come attore alla pari. Significa che la sicurezza della vittima resterebbe subordinata al consenso dell’aggressore e del suo principale alleato strategico. È il ritorno, in forme aggiornate, della clausola di unanimità che già fece naufragare i colloqui di Istanbul nel 2022.

Assistenza per i sovraindebitati

Saldo e stralcio

 

Nelle stesse ore Lavrov ha sollevato un altro ostacolo che mina le basi stesse di una trattativa: la presunta illegittimità del presidente ucraino. «Putin ha ripetutamente affermato di essere disposto a incontrare anche il signor Zelensky, a condizione che, quando e se si arriverà alla firma di futuri accordi, venga risolta la questione della legittimità della persona che firmerà tali accordi con la parte ucraina». Una frase che equivale a togliere Kyjiv dal tavolo delle decisioni, squalificando l’interlocutore principale prima ancora di iniziare.

Il ministro degli Esteri russo ha poi ribadito che un «intervento militare straniero in una parte del territorio ucraino» sarebbe «assolutamente inaccettabile», accusando i leader europei riuniti a Washington con Zelensky di voler costruire garanzie «sull’isolamento della Russia» e perseguire una «politica aggressiva di confronto». Nella narrazione del Cremlino, dunque, perfino lo sforzo occidentale di immaginare una protezione per Kyjiv diventa prova di un complotto anti-russo.

Non c’è da stupirsi. Il modus operandi del Cremlino è sempre lo stesso: offrire il miraggio del compromesso, guadagnare tempo, riorganizzare le forze e poi colpire di nuovo. La vera sorpresa, semmai, è tutta occidentale: ogni volta ci convinciamo che questa volta andrà diversamente, che l’accordo firmato sarà rispettato, che la diplomazia possa piegare una logica di potere che di logico ha solo la violenza. Ma la storia recente è lì a ricordare quanto breve sia la nostra memoria.

Nel 1994 l’Ucraina firmò il Memorandum di Budapest insieme a Stati Uniti, Regno Unito e Russia. L’intesa prevedeva che Kyjiv rinunciasse all’enorme arsenale nucleare ereditato dall’allora Urss – oltre mille testate, il terzo al mondo per dimensioni – in cambio di una garanzia solenne: il rispetto dei suoi confini e della sua sovranità. Vent’anni dopo, proprio una delle potenze garanti, la Russia, occupava e annetteva la Crimea, violando platealmente quel patto.

Non era la prima volta. Già nel 2003, con il cosiddetto “caso dell’isola di Tuzla” – un lembo di terra nel Mar d’Azov – Mosca aveva iniziato a testare la resistenza ucraina con pressioni territoriali, costruendo un terrapieno che di fatto minacciava di tagliare fuori Kyjiv dal controllo delle proprie acque. Un segnale che passò quasi sotto silenzio in Occidente, ma che anticipava la logica di prove progressive con cui la Russia avrebbe poi alzato la posta.

Sconto crediti fiscali

Finanziamenti e contributi

 

Quando nel 2014 le proteste di Maidan portarono alla caduta del governo filorusso di Yanukovich, il Cremlino rispose con l’annessione della Crimea e con la guerra nel Donbass. Per fermare il conflitto si ricorse a due accordi: Minsk I (2014) e Minsk II (2015), negoziati da Francia e Germania. Avrebbero dovuto garantire un cessate il fuoco, il ritiro delle armi pesanti e una forma di autonomia per le regioni separatiste. Ma i combattimenti non cessarono mai davvero, e quelle tregue furono usate da Mosca per consolidare il controllo militare e politico sui territori occupati, preparando il terreno all’invasione su larga scala del 2022.

La regola russa si è ripetuta anche dopo. Durante l’assedio di Mariupol, i cosiddetti corridoi umanitari, annunciati come pause per permettere l’evacuazione dei civili, furono bombardati nel giro di poche ore. Nel marzo 2025, il cessate il fuoco sugli attacchi alle infrastrutture energetiche durò appena il tempo di ricaricare l’artiglieria. Lo schema è sempre identico: firma di un accordo, proclamazione di una tregua, immediata violazione. La Russia non tratta per raggiungere compromessi, ma usa i negoziati come strumento di guerra psicologica, arma di logoramento e diversivo tattico per guadagnare tempo.

Come si legge in un’analisi di Tomorrow’s Affairs, «le negoziazioni con la Russia non sono possibili, a meno che essa non sia costretta a farle». Non è un’esagerazione polemica ma la constatazione di una costante che si ripete negli ultimi decenni. Ogni volta che Mosca si è seduta a un tavolo di trattativa lo ha fatto solo per necessità tattiche, mai per reale volontà di compromesso. È accaduto in Cecenia, dove gli accordi di cessate il fuoco vennero sistematicamente violati fino a che l’esercito russo non fu in grado di ristabilire il controllo totale. È accaduto in Georgia, con la guerra lampo del 2008: prima la firma di un piano di pace mediato dall’Unione Europea, poi la permanenza indefinita delle truppe russe in Ossezia del Sud e Abcasia, a dispetto di quanto sottoscritto. Ed è accaduto in Ucraina con gli accordi di Minsk: Mosca li firmò per congelare il fronte, riarmarsi e guadagnare tempo, salvo poi scatenare l’invasione su larga scala del 2022.

Gli accordi, per il Cremlino, non rappresentano vincoli ma strumenti reversibili. Non sono mai impegni da rispettare, ma carte da usare, piegare e stracciare a piacimento. Solo la forza, o la pressione diretta e credibile dell’Occidente, può costringere Mosca a sedersi e trattare sul serio.

Non aiuta l’ultimo delirante post di Trump su Truth Social: «È molto difficile, se non impossibile, vincere una guerra senza colpire il Paese invasore. È come una grande squadra sportiva che ha una difesa fantastica, ma non le è permesso attaccare. Non c’è alcuna possibilità di vittoria». Metafora per metafora, forse bisognerebbe girare al presidente degli Stati Uniti l’intervento del presidente finlandese, Alexander Stubb, per capire la superficie di terra che la Russia pretende oggi dall’Ucraina: «Sarebbe come rinunciare a Florida, Georgia, South Carolina, North Carolina, perfino Virginia, fino a sfiorare il Maryland». Non proprio un fazzoletto di terra. 

Il problema va oltre l’Ucraina. Come ha ricordato il Financial Times, le conferenze di pace sono per loro natura fragili e spesso inefficaci. Non basta riunire leader e firmare un documento per ottenere la fine di una guerra: perché un accordo funzioni servono tre condizioni precise. La prima è l’equilibrio di potere sul campo: se una delle parti è convinta di poter vincere militarmente, non ha alcun interesse a fare concessioni. La seconda è l’esistenza di strumenti di enforcement, cioè meccanismi credibili che obblighino le parti a rispettare ciò che hanno firmato. La terza è una visione comune tra i mediatori: senza una reale convergenza internazionale, i tavoli si trasformano in semplici vetrine diplomatiche.

La storia lo dimostra. Gli accordi di Versailles del 1919 non evitarono la Seconda guerra mondiale perché imponevano condizioni senza strumenti per farle rispettare. Il trattato di Dayton del 1995 chiuse la guerra in Bosnia solo perché accompagnato da una massiccia presenza militare internazionale. In Ucraina, invece, nulla di tutto questo esiste: non c’è un equilibrio perché la Russia continua a credere nella vittoria, non ci sono strumenti di enforcement perché l’Occidente non vuole rischiare il confronto diretto, non c’è visione comune perché la Russia rifiuta qualunque schema che non garantisca loro un diritto di veto.

In assenza di queste condizioni, qualsiasi conferenza di pace, che sia a Budapest, a Roma o a Ginevra, rischia di produrre soltanto dichiarazioni solenni e fotografie di rito. Tavoli che Mosca può sfruttare come diversivi, continuando a combattere mentre le potenze del mondo si illudono che i russi siano cambiati.

Prestito personale

Delibera veloce

 



Source link

***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****

Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link

Source link

Assistenza per i sovraindebitati

Saldo e stralcio