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l’intesa Trump-von der Leyen ridisegna il commercio transatlantico


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L’Unione europea e gli Stati Uniti hanno raggiunto un’intesa storica, destinata a ridisegnare i rapporti economici tra le due sponde dell’Atlantico. Con una dichiarazione congiunta, rilasciata ieri 21 agosto 2025, Bruxelles e Washington hanno concordato un nuovo quadro di riferimento sui dazi e sul commercio reciproco.

La Joint Statement stabilisce infatti un quadro per un commercio e investimenti transatlantici più equi, equilibrati e reciprocamente vantaggiosi. Il documento conferma e rafforza l’accordo politico raggiunto dal Presidente americano Donald Trump e dalla presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, lo scorso 27 luglio, impegnando entrambe le parti a ripristinare stabilità e prevedibilità nelle relazioni economiche. Si tratta del primo passo di un processo che, secondo le istituzioni europee, porterà a un ulteriore aumento degli scambi e a un miglioramento dell’accesso ai mercati in nuovi settori.

Il testo è il risultato di negoziati intensi condotti dal commissario europeo al commercio Maroš Šefčovič con il segretario al commercio statunitense Howard Lutnick e con il rappresentante per il commercio Jamieson Greer.

© Copyright European Union – 2025

Le novità sulle tariffe
La dichiarazione congiunta introduce un nuovo regime tariffario statunitense verso l’Ue, fissando un tetto massimo del 15% per la grande maggioranza delle esportazioni europee, inclusi settori strategici come automotive, farmaceutica, semiconduttori e legname. Per i comparti che già oggi scontano dazi MFN pari o superiori al 15%, non sono previsti ulteriori oneri. Per quanto riguarda auto e componentistica, la soglia del 15% si applicherà parallelamente all’avvio da parte dell’Unione europea delle procedure di riduzione dei dazi sui prodotti statunitensi. A partire dal 1° settembre, inoltre, alcuni gruppi merceologici beneficeranno di un regime speciale con l’applicazione delle sole tariffe MFN: tra questi figurano risorse naturali non disponibili (come il sughero), tutti gli aeromobili e le loro parti, i farmaci generici e i relativi ingredienti e precursori chimici.

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Tra i punti principali dell’intesa spicca l’impegno dell’Unione europea a eliminare i dazi su tutti i beni industriali provenienti dagli Stati Uniti e ad aprire in maniera preferenziale il mercato a numerosi prodotti agricoli e ittici americani. Nella lista figurano frutta a guscio, prodotti lattiero-caseari, frutta e verdura fresca e trasformata, oli vegetali, carne di maiale e bisonte, oltre a un ampliamento dell’accordo precedente sull’aragosta, che ora include anche i prodotti trasformati.

Oltre i dazi: energia, tecnologia e difesa
L’accordo non si limita alle sole questioni tariffarie. Una parte consistente della dichiarazione è dedicata alla cooperazione strategica su settori considerati vitali per la competitività economica e la sicurezza. L’Unione europea si impegna, ad esempio, ad aumentare in maniera significativa le importazioni di gas naturale liquefatto, petrolio e prodotti energetici nucleari statunitensi per un valore stimato di 750 miliardi di dollari entro il 2028. A ciò si aggiunge l’intenzione di acquistare almeno 40 miliardi di dollari di chip statunitensi per i centri di calcolo europei, rafforzando così la collaborazione tecnologica e la sicurezza digitale.

Sul fronte della difesa, Bruxelles ha espresso la volontà di incrementare l’acquisto di equipaggiamenti militari americani, con l’obiettivo di rafforzare l’interoperabilità all’interno della NATO e consolidare l’industria transatlantica della difesa.

Un contesto di tensioni e negoziati
L’accordo arriva dopo anni di rapporti commerciali turbolenti tra Stati Uniti e Unione europea. Già durante la precedente amministrazione Trump, le relazioni avevano conosciuto momenti di forte attrito, con l’introduzione di dazi punitivi sull’acciaio, sull’alluminio e su diversi prodotti agroalimentari europei. L’Unione europea aveva risposto con misure di ritorsione, colpendo merci simboliche come le motociclette americane e il bourbon.

La nuova intesa segna quindi un’inversione di rotta: non più scontro, ma cooperazione per affrontare sfide comuni, dalle distorsioni generate da economie non di mercato fino alla necessità di garantire catene di approvvigionamento resilienti in un contesto globale incerto.

Un legame da 1,6 trilioni l’anno
Il rapporto transatlantico resta la più importante relazione economica del mondo, con un valore annuo di circa 1,6 trilioni di euro. L’intesa salvaguarda milioni di posti di lavoro europei e consolida gli Stati Uniti come principale destinazione degli investimenti esteri dell’Ue. Per Bruxelles e Washington, il nuovo “Accordo Quadro” rappresenta dunque una base solida da cui ripartire: un impegno a lungo termine per costruire un partenariato economico moderno, sostenibile e competitivo, in grado di affrontare congiuntamente la competizione globale e le trasformazioni industriali in atto. È concepito come un primo passo.

Le due parti hanno già annunciato la volontà di estenderne progressivamente l’applicazione ad altri settori e di continuare a migliorare l’accesso reciproco ai mercati. Tra i temi in agenda ci sono la rimozione di barriere non tariffarie, la protezione della proprietà intellettuale, l’allineamento sugli standard industriali e la collaborazione per garantire una maggiore sostenibilità nelle catene produttive.

Paolo De Castro (Nomisma): “Si evita instabilità, ma nessuna spinta alla crescita”
“Esprimiamo un giudizio positivo rispetto all’accordo raggiunto, in quanto consente di evitare rischi significativi che un mancato compromesso avrebbe potuto comportare: sul piano politico, con una possibile escalation delle tensioni, e su quello economico, con gravi ripercussioni sulla stabilità dei mercati. Tuttavia, non è certamente un’intesa in grado di portare una spinta alla crescita”, ha commentato Paolo De Castro, presidente di Nomisma.

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“Viene sostanzialmente confermato l’accordo che già conoscevamo, con l’applicazione di tariffe al 15%, fatta eccezione per alcuni prodotti – come le automobili e altri settori – sui quali restano in vigore tariffe più elevate. Come Nomisma, confermiamo il giudizio espresso all’inizio di questa trattativa: non si tratta di un accordo che ci soddisfa, perché tariffe zero sarebbero state sicuramente molto più efficaci nel rafforzare il trend positivo che l’Italia sta vivendo da diversi anni nei rapporti commerciali con gli Stati Uniti, in particolare per il settore agroalimentare”.

“Segnaliamo comunque alcuni esiti positivi, come la riduzione delle tariffe sui formaggi duri, come il Grana Padano e Parmigiano Reggiano, così come nel caso della pasta. La notizia meno positiva riguarda il vino e i prodotti alcolici, per i quali ci si aspettava un’esclusione che però non è arrivata. In ogni caso non è detta ancora l’ultima parola e questo accordo non chiude completamente le porte a eventuali liste di prodotti sui quali eventualmente dover fare delle eccezioni. Come anche sottolineato dalla presidente della BCE Lagarde, concordiamo che le aspettative di crescita dell’Europa complessivamente nel 2025 saranno minate dall’effetto dei dazi americani”, ha concluso De Castro.

Confagricoltura: “Bene il compromesso, ma vino e pecorino restano penalizzati”
“La dichiarazione comune Ue/Usa segna un passo avanti nei rapporti commerciali transatlantici e dà certezze alle due economie, ma penalizza pesantemente alcuni comparti strategici del made in Italy agroalimentare. Si pensi a vino e Pecorino Romano: per il primo, gli Stati Uniti valgono circa 2 miliardi di euro e rappresentano circa il 25% dell’export italiano verso gli Usa. Per il Pecorino Romano, gli Stati Uniti valgono 170 milioni di euro”, ha sottolineato il presidente di Confagricoltura, Massimiliano Giansanti.

Rimane poi aperta la questione delle barriere non tariffarie. Gli Stati Uniti accusano da anni l’Europa di utilizzare standard e requisiti tecnico produttivi come strumenti di protezionismo, “ma – ha commentato Giansanti – non possiamo accettare che arrivino da Paesi terzi prodotti che non rispettano le nostre regole e i nostri standard. Se l’intesa di oggi offre maggiore stabilità alle relazioni commerciali, lascia tuttavia aperti fronti delicati che toccano direttamente alcune eccellenze del made in Italy. Il rischio è che il compromesso si trasformi in un vantaggio per pochi settori e in un pesante freno competitivo per altri”.

Cia-Agricoltori Italiani: “Più che un accordo continua a sembrare una resa”
Cia agricoltori italiani ribadisce come l’accordo Usa-Ue sui dazi al 15% sembra sempre più una resa. “Viene sacrificato l’agroalimentare per avvantaggiare l’automotive. Ora l’export del Made in Italy agroalimentare verso gli Usa (7,8 miliardi di euro nel 2024) rischia grosse perdite in settori chiave come quello vitivinicolo, senza ottenere niente in cambio. Oltre all’impatto diretto, si corre il pericolo anche di un grave danno all’intero indotto agroindustriale, con pesanti ripercussioni sull’occupazione”.

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© Giancarlo Fabbri | FreshPlaza.it

Così il presidente di Cia-Agricoltori Italiani, Cristiano Fini, il quale ha aggiunto: “Oltre all’attuale chiusura politica sul vino si dovrà monitorare anche e con attenzione l’apertura agevolata a importazioni agricole statunitensi a prescindere dalla reciprocità delle regole commerciali, che rappresenta la linea di confine invalicabile”.

Secondo Cia, il rischio concreto di un calo dell’export è molto alto, con danni a comparti strategici e un aumento dei costi per le imprese italiane, che tenderanno a perdere margini di profitto oppure a dover trasferire parte di questi costi sui consumatori, rischiando di ridurre la domanda nel mercato Usa. L’effetto combinato di dazi e fluttuazioni del cambio Euro-Dollaro non potrà che aggravare l’impatto delle misure doganali, traducendosi in costi aggiuntivi reali per le aziende nazionali e rendendo complessivamente meno competitivo il Made in Italy.

”Chiediamo adesso con forza al governo italiano, alle istituzioni europee parlamento e consiglio di continuare a fare pressioni sull’accordo, che proseguiamo nel definirlo – ha concluso Fini – una totale resa a favore degli Usa. Chiediamo anche misure di sostegno e indennizzi per le aziende italiane per la maggiorazione dei costi nell’export verso gli Usa”.

Foto di copertina: © Copyright European Union – 2025

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