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Professionisti in transizione: come cavalcare l’onda dell’IA


L’intelligenza artificiale sta modificando non solo il modo in cui comunichiamo e lavoriamo, ma anche il concetto stesso di creatività, conoscenza e valore umano. Le applicazioni dell’IA sono ormai pervasive: dalla sanità alla finanza, dal marketing all’industria manifatturiera, fino ai settori tradizionalmente considerati baluardi dell’intelligenza umana come la consulenza legale, la scrittura, la ricerca scientifica e le professioni artistiche.

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Questa trasformazione alimenta in alcuni paure e dubbi, in altri un entusiasmo senza precedenti. Sicuramente solleva interrogativi cruciali: quali professioni rischiano di scomparire? Quali muteranno profondamente? E come si potrà governare il cambiamento per garantire un futuro equo e sostenibile?

Nessuna grande scoperta è mai stata interamente positiva o interamente negativa. Sin dalla scoperta del fuoco, della ruota e della lavorazione dei metalli, l’umanità ha goduto di benefici straordinari ma ha anche patito effetti distruttivi: il fuoco ha scaldato e alimentato, ma anche bruciato; la ruota ha facilitato il commercio ma anche la guerra.

La storia insegna che sono gli uomini – ciascuno di noi – a fare la differenza, orientando le scoperte verso il bene comune e contenendo i danni collaterali. Questa è la grande sfida che ogni fase di sviluppo pone alla generazione che la vive.


L’avanzata dell’IA nelle professioni intellettuali

Fino a pochi anni fa si riteneva che le professioni intellettuali fossero sostanzialmente al riparo dall’automazione. Oggi, sistemi di IA generativa come ChatGPT, DALL·E o i modelli di sintesi vocale hanno mostrato la capacità di produrre testi, immagini, musica e persino codice informatico con livelli di qualità e coerenza tali da competere con i professionisti umani.

Avvocati, giornalisti, consulenti finanziari, architetti, designer e traduttori si trovano di fronte a strumenti in grado di accelerare il lavoro, ma anche – in alcuni casi – di sostituirlo parzialmente o totalmente. Il valore non risiede più solo nella produzione del contenuto, ma nella capacità di controllarlo, contestualizzarlo, personalizzarlo e valutarne le implicazioni etiche, giuridiche ed economiche.

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Rischi e opportunità

L’impatto dell’IA sul mercato del lavoro non è univoco. Da un lato, si temono la scomparsa di molte professioni, l’aumento delle disuguaglianze e una polarizzazione tra chi controlla le tecnologie e chi ne subisce gli effetti. Dall’altro, si aprono nuove possibilità di sviluppo, inclusione e democratizzazione della conoscenza.

Recenti studi stimano che il saldo tra i posti di lavoro eliminati e quelli creati sarà comunque positivo. Tuttavia, non tutte le competenze saranno trasferibili né tutti i lavoratori avranno la possibilità di riconvertirsi.


Etica e governance nell’integrazione dell’intelligenza artificiale nelle professioni

L’esplosione dell’IA solleva questioni etiche complesse: chi è responsabile di un errore commesso da un algoritmo? Come garantire la trasparenza e l’imparzialità dei sistemi decisionali automatizzati? Qual è il limite tra ispirazione e plagio nelle opere creative generate dall’IA?

La regolamentazione è ancora in fase di sviluppo. L’Unione Europea ha fatto da apripista con l’AI Act, primo tentativo organico di definire diritti, doveri e responsabilità nell’ambito dell’intelligenza artificiale. Allo stesso tempo, aziende e governi sono chiamati a definire standard di sicurezza, equità e rispetto dei diritti umani. È un terreno inesplorato, ricco di opportunità ma anche di insidie.


Verso un nuovo umanesimo tecnologico: la lezione di Iron Man

Per affrontare questa trasformazione occorre superare la visione dicotomica uomo/macchina e orientarsi verso un modello di collaborazione sinergica. L’IA deve essere uno strumento da governare con intelligenza, etica e responsabilità.

La metafora di Iron Man ben rappresenta questa alleanza: Tony Stark resta il cuore e il cervello, la Macchina è l’esoscheletro potenziante. Senza l’Uomo, la Macchina è vuota. Senza la Macchina, l’Uomo è vulnerabile. Insieme sono il noto “super-eroe”.

Le professioni del futuro richiederanno competenze ibride: tecnologiche, ma anche creative, critiche, empatiche. La fantascienza spesso anticipa la scienza e questa alleanza – se ben gestita – può migliorare la qualità della vita umana.


Il caso pratico: scrivere un ricorso per Cassazione con l’IA

Un’esperienza concreta rende evidente la posta in gioco.

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La redazione di un ricorso per Cassazione è un’attività che richiede altissima precisione, rigore giuridico e capacità argomentativa. I ricorsi devono essere autosufficienti, sintetici, chiari e fondati su elementi processuali accuratamente selezionati.

In questo compito, l’IA si è rivelata un alleato prezioso per accelerare le ricerche, proporre formulazioni e strutturare il testo. Tuttavia, nessuna parte decisionale poteva essere delegata: la strategia, l’individuazione dei vizi di legittimità da valorizzare, la selezione dei materiali, la scelta delle citazioni e la loro contestualizzazione sono rimaste prerogativa umana.

L’IA ha tuttavia permesso di:

  • velocizzare la ricerca e l’acquisizione di passaggi chiave in centinaia di pagine di verbali. Un supporto notevole, se consideriamo che per redigere un ricorso che possieda astrattamente le caratteristiche per non essere “filtrato” e dichiarato inammissibile per vizi di forma (l’ultima parola spetta in ogni caso alla Corte di Cassazione) occorre un livello di precisione altissimo, non essendo sufficiente la sintesi nel corpo del ricorso stesso degli elementi di prova o delle questioni che si intende sottoporre all’attenzione del supremo Collegio;
  • suggerire elementi di rafforzamento delle tesi. Nelle vicende più complesse, lo sforzo di individuazione dei singoli elementi da valorizzare in chiave di legittimità tende a far perdere la necessaria visione d’insieme, sicché il supporto dell’IA in questo frangente è essenziale. Da un lato, grazie al supporto garantito in fase di ricerca, il professionista ha più tempo ed energie da dedicare a questi cruciali aspetti e, dall’altro lato, la potenza in fase di ricerca permette di trovare elementi simili a quelli che il professionista ha chiesto di ricercare, al fine di rafforzare la tesi difensiva;
  • emendare il testo in tempo reale con proposte stilistiche coerenti. Se l’attività di scrittura è compito del professionista, l’IA è in grado di assimilare lo stile del singolo e di aiutare a revisionare testi lunghi e complessi non solo alla ricerca di banali errori grammaticali, di battitura e/o refusi, ma anche di snellire periodi troppo complessi o di sollecitare l’attenzione del professionista al fine di rivedere passaggi poco chiari. È inutile girarci troppo attorno: dopo ore di lavoro, quando la mente non è più fresca, il prodotto è spesso confuso, ripetitivo e pieno di errori che, di regola, vengono rivisti e corretti il giorno dopo, a mente fresca. L’IA permette di accorciare i tempi e di emendare subito il testo perché il supporto al professionista garantisce meno stanchezza (data dalla fase di ricerca) e una più rapida individuazione dei passaggi da revisionare. Personalmente ho piacere di rileggere sempre ciò che scrivo, ma un conto è farlo capitolo dopo capitolo, un conto è avere un testo già corretto, che viene ripassato un’ultima volta dal professionista al fine di garantire una coerenza stilistica ed una revisione dei contenuti.

In definitiva l’intervento dell’IA ha liberato tempo ed energie per concentrarsi sulla strategia e sulla qualità argomentativa, consentendo un prodotto finale superiore. Tuttavia, ogni suggerimento è stato vagliato criticamente e verificato, poiché l’Uomo resta al comando.

Un tema essenziale in ambito professionale è il riscontro della giurisprudenza che l’IA è in grado di cercare con una velocità impensabile per ciascun professionista: la rilevanza delle massime citate, la loro attinenza al caso specifico deve essere controllata passo dopo passo (o in unica soluzione alla fine) dal professionista.

Io ho preferito fare il controllo man mano che si sviluppava il ricorso per essere certo che la strategia complessiva e lo sviluppo di ciascun motivo fosse coerente e giuridicamente sostenibile, essendo poco saggio scoprire alla fine del lavoro che l’IA ha commesso un errore, anche piccolo.


Principi per l’integrazione virtuosa dell’intelligenza artificiale nelle professioni

Da questa esperienza ho tratto alcune regole generali:

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  • la macchina potenzia, ma non sostituisce la mente umana. La responsabilità ultima resta umana e credo che sarà così per anni. Non ho la sfera di cristallo, ma credo che, nel binomio Uomo-Macchina, questi aspetti resteranno di pertinenza dell’Uomo;
  • la velocità offerta dall’IA deve liberare energie per l’attività a più alto valore aggiunto. Non dobbiamo disperdere queste energie rese disponibili dall’intervento dell’IA, ma investirle in modo proficuo nella professione. Il bilanciamento tra energie dedicate alla professione, a sé stessi ed alla vita privata in senso lato deve avvenire a monte, sicché le maggiori energie che l’IA rende disponibili ritengo vadano opportunamente reimpiegate nella professione (o nel lavoro di ciascuno di noi).
  • Le competenze umane devono essere preservate e allenate. Delegare senza comprendere porta a una regressione intellettuale. Il più grande timore che nutro è questo. L’Uomo non deve perdere le proprie competenze per inattività o pigrizia. Mutatis mutandis è ciò che è avvenuto in epoca moderna, nella società occidentale, con il benessere diffuso, in relazione alla fisicità dell’Uomo. Il benessere ha fatto sì che la maggior parte di noi viva una “vita sedentaria” e questa diffusa abitudine di vita ha portato patologie molto gravi, sicché temi come “attività fisica”, “fitness” e “alimentazione” sono diventati di primaria importanza in chiave di prevenzione di malattie gravi. Ecco, credo che si debba evitare di commettere lo stesso errore con riferimento alle competenze intellettuali, per una “sedentarietà del pensiero” come diretta conseguenza delle nuove comodità offerte a tutti dall’IA.
  • La collaborazione virtuosa nasce dalla consapevolezza dei limiti reciproci. Né tecnofobia né entusiasmo cieco portano lontano: occorre una ragionata consapevolezza.

L’intelligenza artificiale non cancellerà l’intelligenza umana, ma la trasformerà. Il suo impatto dipenderà dalla capacità di gestirla con consapevolezza, inclusività e visione umanistica.

Governare il cambiamento non significa arrestarlo, ma orientarlo verso un futuro in cui la tecnologia sia al servizio della persona, della dignità e della società nel suo complesso. Solo così, come Iron Man, potremo volare e scongiureremo il rischio che una diffusa pigrizia mentale protratta nei decenni, ci faccia per così dire “tornare nelle caverne”, da cui siamo usciti migliaia di anni fa grazie all’evoluzione resa possibile anche dal nostro intelletto.



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