La recente decisione della Commissione europea di avviare una consultazione pubblica sulla revisione delle linee guida in materia di controllo delle concentrazioni rappresenta un’iniziativa tanto tempestiva quanto strategicamente mirata.
Le nuove priorità della Commissione europea
Tra i sette ambiti prioritari individuati, la digitalizzazione si impone come un fronte particolarmente urgente, considerando il ruolo sempre più determinante che le dinamiche digitali esercitano sulla struttura dei mercati e sulla concorrenza[1].
Con la crescente maturazione dei mercati digitali, aumentano le preoccupazioni in merito al consolidamento del potere di mercato, all’integrazione trasversale tra piattaforme e ai vantaggi strutturali derivanti dall’ampio accesso ai dati degli utenti[2]. Eppure, molte di queste dinamiche restano ancora difficili da intercettare all’interno dei quadri analitici tradizionali in materia di concentrazioni. La revisione in corso costituisce quindi un’opportunità fondamentale per aggiornare gli strumenti di valutazione delle fusioni, rendendoli adeguati a un’economia sempre più fondata su ecosistemi digitali, intelligenza artificiale e dati.
Killer acquisition e strategie di consolidamento nel tech
Negli ultimi anni, in ambito accademico e istituzionale, si è diffusa una critica crescente nei confronti della Commissione, accusata di aver permesso il passaggio indisturbato di numerose killer acquisition nel settore tech. Emblematici, in questo senso, i casi dell’acquisizione di WhatsApp da parte di Facebook o di Fitbit da parte di Google, operazioni che avrebbero dovuto essere bloccate alla luce dei loro effetti negativi sul lungo periodo.
Nel campo dell’intelligenza artificiale, si osserva inoltre un’evoluzione semantica e strategica: le big tech non parlano più solo di acquisizioni, ma di “collaborazioni” e “partnership” con start-up promettenti, come nel caso di OpenAI. Tuttavia, molti osservatori temono che queste alleanze costituiscano una forma indiretta di killer acquisition, in cui il capitale umano e l’innovazione vengono progressivamente assorbiti dal player dominante.
Entrambe queste dinamiche devono essere pienamente considerate nella revisione dell’approccio alle concentrazioni, in particolare nella valutazione degli effetti sull’efficienza, sull’innovazione e sulla contendibilità dei mercati.
Privacy come danno concorrenziale: una nuova teoria del danno
Le fusioni nel settore digitale sollevano sempre più interrogativi legati alla concentrazione di dati, alla profilazione intensiva degli utenti e alla perdita di differenziazione[3] in termini di tutela della privacy. Sebbene tali aspetti siano spesso menzionati in sede di enforcement, il quadro normativo attuale non fornisce criteri chiari per inquadrarli come veri e propri danni concorrenziali.
Si propone che le nuove linee guida:
- introducano criteri analitici per valutare se una fusione accresce significativamente la capacità di una parte di aggregare o sfruttare dati personali e comportamentali[4];
- riconoscano esplicitamente la perdita di privacy come una riduzione quantificabile del benessere del consumatore[5];
- obblighino le imprese notificanti a rendere trasparenti i propri modelli di governance dei dati, includendo interoperabilità, silos informativi e meccanismi predefiniti di condivisione.
L’attuazione concreta di questi principi potrebbe avvenire attraverso:
- l’uso di documenti interni e audit tecnici per valutare l’impatto sulla privacy;
- indagini empiriche sulle preferenze degli utenti e sui meccanismi di switching[6];
- l’identificazione di operatori attivi nella concorrenza sulla privacy che verrebbero eliminati dalla fusione.
Checklist per identificare le killer acquisitions
Sta crescendo l’attenzione per le acquisizioni da parte degli operatori dominanti non finalizzate all’integrazione industriale, ma alla soppressione di future minacce competitive[7]. In molti casi, le imprese target non sono concorrenti diretti, ma si trovano su un percorso evolutivo che potrebbe condurle ad essere tali attraverso innovazione di prodotto, crescita rapida o integrazione verticale[8].
Per rendere operativa questa preoccupazione, si propone l’introduzione di una checklist strutturata, comprendente:
- elementi probatori relativi all’intento strategico di evitare la concorrenza (es. documenti interni);
- evidenze di interruzione delle attività di R&S sovrapposte post-fusione (reverse killer acquisition);
- assenza di sinergie concrete derivanti dall’integrazione;
- struttura di mercato altamente concentrata, con limitate vie d’accesso per nuovi innovatori[9].
Il caso Illumina/Grail[10] è emblematico: sebbene Grail non fosse ancora un concorrente diretto, deteneva un significativo potenziale innovativo nel campo della diagnostica oncologica. La Commissione ha cercato di bloccare l’operazione per rischio di soppressione dell’innovazione, facendo leva sul tema dei documenti interni[11]. Tuttavia, il Tribunale ha annullato la decisione, limitando l’applicabilità dell’art. 22 (Sentenza T-227/21).
DMA e controllo delle concentrazioni: strumenti a confronto
Sorge spontanea la domanda: il Digital Markets Act non affronta già questi rischi? La risposta è sì – ma solo in parte.
Il DMA impone obblighi comportamentali stringenti ai gatekeeper, come il divieto di combinazione di dati (art. 5(2)), senza necessità di definire il mercato rilevante o dimostrare una posizione dominante. Il controllo delle concentrazioni, invece:
- ha natura strutturale e preventiva: blocca l’acquisizione prima che alteri il mercato;
- si applica a tutte le imprese, non solo ai gatekeeper designati;
- può impedire l’accumulo di potere che porta alla qualifica di gatekeeper.
Come sottolineato dal rapporto Crémer, la gestione dei dati e della privacy è anche una questione di concorrenza, non solo di regolazione. Solo un efficace controllo preventivo può evitare che le alternative vengano eliminate.
Rimedi strutturali e limiti dell’enforcement attuale
Sebbene l’introduzione del DMA e la revisione delle regole sulle fusioni rappresentino sviluppi positivi, è necessario interrogarsi sull’effettiva efficacia degli strumenti di enforcement finora utilizzati.
Le sanzioni pecuniarie, anche elevate, sono spesso considerate da molte grandi piattaforme come costi gestibili e prevedibili, senza un reale effetto dissuasivo. Di fronte a modelli di business che fanno leva sulla monetizzazione sistematica dei dati personali, occorre agire con strumenti più incisivi.
I rimedi strutturali – come la separazione funzionale o proprietaria – non dovrebbero più essere visti come misure estreme, ma come strumenti proporzionati e necessari in mercati distorti da decenni di concentrazione. Nel contesto attuale, il DMA prevede tali rimedi solo dopo tre violazioni formali, rendendoli di fatto inapplicabili in un ambiente digitale in cui i danni si producono in tempi rapidi e spesso irreversibili.
La DG Concorrenza è dunque chiamata a riflettere: è proporzionato esitare di fronte a strumenti forti quando i danni arrecati ai cittadini – in termini di privacy, innovazione e libertà di scelta – sono sistemici e prolungati? Il fatto che aziende come Google siano oggi molto più potenti di quanto lo fossero all’avvio delle indagini nel 2010 dimostra forse l’inadeguatezza dell’approccio vigente.
Guardando al futuro, i dati personali devono essere riconosciuti come asset strategici, analoghi alle infrastrutture fisiche nelle fusioni tradizionali. Gli utenti europei non sono semplici fruitori di servizi gratuiti: sono essi stessi il prodotto. E il costo dell’inazione – per i cittadini, per la concorrenza e per la democrazia – è già tangibile.
Rafforzare il controllo delle concentrazioni digitali
La consultazione avviata dalla Commissione rappresenta un’occasione unica per rafforzare il controllo delle concentrazioni nei mercati digitali. Rendere operative le teorie del danno legate alla privacy e adottare una checklist strutturata per le killer acquisitions consentirebbe di migliorare l’efficacia dell’enforcement e completare l’architettura introdotta dal DMA.
L’inclusione della perdita di privacy come danno misurabile al benessere dei consumatori è non solo opportuna, ma imprescindibile. Allo stesso modo, è fondamentale integrare approcci strutturati, basati su prove concrete, per valutare gli effetti potenziali di acquisizioni strategiche sull’innovazione e sulla contendibilità del mercato.
Diventa sempre più necessario, inoltre, considerare il rapporto tra controllo delle concentrazioni e regolazione ex ante. Il DMA, pur introducendo obblighi innovativi, non è sufficiente a prevenire l’insorgere del potere di gatekeeper. Solo un controllo preventivo e strutturale può evitare l’ulteriore rafforzamento delle posizioni dominanti.
In prospettiva, l’enforcement dovrà orientarsi verso un utilizzo più deciso dei rimedi strutturali. Le misure comportamentali e le sanzioni monetarie, da sole, non bastano più. Strumenti come le dismissioni, le separazioni funzionali o i vincoli sull’interoperabilità dei dati devono essere considerati risposte legittime e proporzionate a danni concorrenziali persistenti.
In definitiva, la riforma del controllo delle concentrazioni deve rispecchiare le asimmetrie e le peculiarità dei mercati digitali. Solo attraverso un rafforzamento metodologico e un’evoluzione degli strumenti correttivi, la Commissione potrà garantire un’efficace tutela della concorrenza, dell’innovazione e della libertà di scelta nell’economia digitale europea.
Note
[1] https://competition-policy.ec.europa.eu/public-consultations/review-merger-guidelines_en
[2] Crémer, de Montjoye, and Schweitzer (2019), Competition Policy for the Digital Era. European Commission, https://op.europa.eu/en/publication-detail/-/publication/21dc175c-7b76-11e9-9f05-01aa75ed71a1/language-en
[3] DMA regulation articles 5(2) and 6(2), https://eur-lex.europa.eu/eli/reg/2022/1925/oj and Crémer, de Montjoye, and Schweitzer (2019), Competition Policy for the Digital Era. European Commission, https://op.europa.eu/en/publication-detail/-/publication/21dc175c-7b76-11e9-9f05-01aa75ed71a1/language-en
[4] OECD (2020), Start-ups, Killer Acquisitions and Merger Control: highlights need for analytical tools on data-related harms,https://www.oecd.org/content/dam/oecd/en/publications/reports/2020/05/start-ups-killer-acquisitions-and-merger-control_201583e4/dac52a99-en.pdf
[5] Crémer, de Montjoye, and Schweitzer (2019), Competition Policy for the Digital Era. European Commission, https://op.europa.eu/en/publication-detail/-/publication/21dc175c-7b76-11e9-9f05-01aa75ed71a1/language-en
[6] CMA 2021 Merger Guidelines, https://www.gov.uk/government/publications/merger-assessment-guidelines
[7] See among others, Cunningham, Ederer & Ma (2021), Killer Acquisitions (JPE): identifies the practice of acquiring competitors to kill future innovation.
[8] FTC, merger guidelines 2023.
[9] CMA 2021 Merger Guidelines, https://www.gov.uk/government/publications/merger-assessment-guidelines.
[10] EU General Court Judgment T‑227/21: limits on Article 22 referrals in Illumina/Grail.
[11] Commission Art. 22 Guidance, https://competition-policy.ec.europa.eu/system/files/2022-12/article22_recalibrated_approach_QandA.pdf
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