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Sono state definite le regole che disciplinano l’Ires premiale, ossia l’agevolazione introdotta per favorire una crescita imprenditoriale responsabile, prevista dall’ultima legge di bilancio e attuata tramite una riduzione “condizionata” dell’aliquota Ires. Il decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze emanato l’8 agosto 2025 stabilisce, in via provvisoria, le modalità di applicazione del beneficio per il periodo d’imposta 2025.

Il decreto in parola individua i criteri operativi e le disposizioni di coordinamento con le altre norme tributarie, in attuazione dell’articolo 1, commi 436-444, della legge 30 dicembre 2024, n. 207. Con tale intervento normativo è stata introdotta, a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2024, una riduzione di quattro punti percentuali dell’aliquota prevista dall’articolo 77 del TUIR.

Riforma fiscale: riduzione dell’aliquota IRES

L’articolo 6, comma 1, lettera a), della legge 9 agosto 2023, n. 111 (delega al Governo per la riforma fiscale), ha stabilito, tra i principi guida, la possibilità di introdurre un meccanismo di riduzione dell’aliquota IRES qualora una quota del reddito prodotto venga reinvestita, entro i due esercizi successivi, in iniziative specifiche. Rientrano tra queste gli investimenti “qualificati”, le nuove assunzioni di personale o la creazione di sistemi stabili di partecipazione dei dipendenti agli utili.

NOTA BENE: Il beneficio non si applica sulla parte di reddito destinata, nel biennio, alla distribuzione di utili o a finalità estranee all’attività d’impresa.

In attesa dell’attuazione completa dei criteri fissati dall’articolo 6, la legge 30 dicembre 2024, n. 207 (legge di bilancio 2025), all’articolo 1, commi 436-444, ha introdotto in via transitoria una riduzione di 4 punti percentuali dell’aliquota IRES prevista dall’articolo 77 del TUIR.

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Tale agevolazione spetta solo al verificarsi di specifiche condizioni:

  • adeguata patrimonializzazione delle società,
  • realizzazione di investimenti “rilevanti”,
  • incremento dell’occupazione,
  • assenza di utilizzo di determinati strumenti di sostegno al reddito, salvo le ipotesi di decadenza disciplinate dalla legge.

Ambito di applicazione soggettivo della riduzione IRES

L’articolo 3 del decreto Mef dell’8 agosto 2025 definisce i soggetti che possono beneficiare della riduzione dell’aliquota IRES.

  • Società di capitali e assimilate: società per azioni, in accomandita per azioni, a responsabilità limitata, cooperative, società di mutua assicurazione, nonché le società europee e le cooperative europee residenti in Italia.
  • Enti commerciali: enti pubblici e privati diversi dalle società, compresi i trust residenti in Italia, che svolgono in via esclusiva o prevalente attività d’impresa.
  • Soggetti esteri: società, enti e trust non residenti con stabile organizzazione nel territorio italiano.

Si chiarisce che anche gli enti non commerciali possono usufruire della riduzione, ma solo per il reddito derivante da attività commerciale, da determinarsi tramite apposita contabilità separata (art. 144 TUIR).

Per le cooperative di produzione e lavoro e gli enti già agevolati dal D.P.R. 601/1973, l’impatto del beneficio risulta ridotto, in coerenza con le modalità speciali di calcolo dell’imposta.

Soggetti esclusi

Non possono accedere alla riduzione:

  1. le società e gli enti in liquidazione ordinaria o sottoposti a procedure concorsuali di natura liquidatoria (fallimento, liquidazione coatta amministrativa, amministrazione straordinaria, concordato liquidatorio, concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio, ecc.);
  2. i soggetti che hanno sottoscritto accordi di ristrutturazione dei debiti o piani omologati che comportino la cessazione dell’attività.

ATTENZIONE: Restano invece ammessi i soggetti in procedure di risanamento, in quanto la misura presuppone la continuità operativa e la capacità di effettuare nuovi investimenti.

Va precisato che, se il periodo d’imposta successivo al 2024 termina con l’avvio della liquidazione, la riduzione IRES spetta comunque per tale ultimo esercizio, purché siano rispettati gli altri requisiti.

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Attività escluse dal beneficio

Non hanno diritto alla riduzione i soggetti che determinano il reddito con metodi diversi dal calcolo analitico, come ad esempio:

  • società che applicano la tonnage tax (art. 155 TUIR);
  • società agricole che tassano il reddito in base alla rendita catastale (legge n. 296/2006);
  • società non operative (art. 30 L. 724/1994);
  • enti non commerciali in contabilità semplificata (art. 18 d.P.R. 600/1973).

Concordato preventivo biennale (CPB)

Per le imprese che aderiscono al concordato preventivo biennale (D.lgs. n. 13/2024), la riduzione IRES si applica al reddito concordato, poiché questo non è assimilabile a un regime forfetario.

Qualora venga scelta l’imposta sostitutiva prevista dall’art. 20-bis del medesimo decreto, la riduzione IRES resta applicabile solo alla parte di imponibile soggetta all’aliquota ordinaria del TUIR.

Condizioni di accesso legate all’accantonamento dell’utile

L’articolo 4 del decreto 8 agosto 2025 stabilisce che, per ottenere la riduzione dell’aliquota IRES, le imprese devono rispettare due condizioni fondamentali legate all’uso degli utili:

  1. almeno l’80% dell’utile 2024 deve essere destinato a riserva (non distribuibile ai soci);
  2. almeno il 30% dell’utile accantonato (e comunque non meno del 24% dell’utile 2023) deve essere impiegato in investimenti rilevanti.

ATTENZIONE: Se un’impresa non realizza utili nel 2024, non può accedere al beneficio.

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Al contrario, tutte le somme non distribuite – comprese quelle utilizzate per coprire perdite, per aumentare il capitale o semplicemente riportate a nuovo – sono considerate come “utili accantonati” validi per rispettare la condizione. In pratica, non conta la natura della riserva (legale, statutaria o straordinaria): ciò che rileva è che l’utile non sia stato distribuito.

Un punto importante riguarda la distribuzione degli utili: se la società decide di distribuire più del 20% dell’utile 2024 ai soci (inclusi eventuali acconti), perde automaticamente il diritto all’agevolazione. Questo perché la misura è stata pensata per incentivare il reinvestimento degli utili nell’impresa, piuttosto che la loro distribuzione.

Il meccanismo punta chiaramente a spingere le aziende a destinare parte consistente degli utili a nuovi investimenti, specialmente in beni tecnologici e innovativi, con l’obiettivo di generare effetti positivi sulla crescita, sulla produttività e, possibilmente, anche sulla sostenibilità ambientale.

Infine, viene chiarito che, se un’impresa ha avuto perdite nel 2023, questo non la esclude dal beneficio: ciò che conta davvero è aver realizzato utili nel 2024 e rispettare i vincoli di accantonamento e investimento.

Per gli enti non commerciali, invece, la regola vale solo per la parte di utile collegata all’attività commerciale, calcolata tramite una contabilità separata.

Condizioni di accesso tramite investimenti rilevanti

Dopo aver fissato le regole sull’accantonamento degli utili, l’articolo 5 del decreto 8 agosto 2025 spiega che la riduzione dell’IRES spetta solo se l’impresa utilizza concretamente parte di quegli utili per realizzare investimenti rilevanti.

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Ma cosa si intende per “rilevanti”? Rientrano in questa categoria soprattutto i beni strumentali nuovi, cioè macchinari, impianti, attrezzature e software tecnologici, che favoriscono l’innovazione secondo il modello Industria 4.0. Inoltre, sono compresi anche i beni acquistati nell’ambito del piano Transizione 5.0, purché legati a progetti che portino a una riduzione dei consumi energetici.

Per questi beni è richiesta anche un’interconnessione: devono cioè dialogare con il sistema di gestione aziendale o con la rete di fornitura. Non basta quindi comprarli, devono essere integrati nei processi produttivi. Nel caso degli investimenti in beni legati alla Transizione 5.0, l’impresa deve anche dimostrare che i nuovi impianti riducono i consumi energetici almeno del 3% per l’intera struttura o del 5% per i processi produttivi coinvolti.

Gli investimenti devono essere realizzati entro tempi precisi: dal 1° gennaio 2025 fino alla scadenza per presentare la dichiarazione dei redditi relativa all’esercizio 2025. In questo arco temporale l’impresa deve completare l’acquisto e l’entrata in funzione dei beni.

Quanto all’entità della spesa, il decreto stabilisce una soglia minima che serve a dimostrare la serietà dell’impegno. L’azienda deve investire almeno l’importo maggiore tra:

  • il 30% degli utili accantonati;
  • il 24% dell’utile 2023;
  • oppure un importo fisso pari a 20.000 euro.

Se, durante questo periodo, diventa necessario sostituire un bene acquistato, la sostituzione è valida purché sia in linea con le condizioni previste dalla legge e mantenga l’investimento all’interno della soglia minima richiesta.

Infine, per gli enti non commerciali che svolgono anche attività di impresa, gli investimenti sono calcolati in proporzione al peso che l’attività commerciale ha rispetto al totale delle attività svolte: ciò evita che possano sfruttare l’agevolazione su investimenti non collegati direttamente all’attività imprenditoriale.

In sintesi, quindi, l’articolo 5 mette in chiaro che non basta accantonare gli utili: bisogna anche reinvestirli in beni innovativi e sostenibili, con un impegno economico minimo ben definito, così da garantire che l’incentivo produca un impatto reale sulla crescita e sulla modernizzazione delle imprese.

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Condizione di accesso legata all’occupazione

Oltre ad accantonare e reinvestire gli utili, per beneficiare della riduzione dell’aliquota IRES le imprese devono rispettare anche requisiti legati all’occupazione. L’articolo 6 del Dm 8/8/2025 chiarisce che l’agevolazione è concessa solo se l’azienda mantiene e, in parte, aumenta la propria base occupazionale.

In concreto, nel 2025 (cioè nel periodo d’imposta successivo al 31 dicembre 2024) devono verificarsi due condizioni:

  1. il numero medio di lavoratori non deve diminuire rispetto alla media del triennio precedente;
  2. devono esserci nuove assunzioni a tempo indeterminato, pari ad almeno l’1% della forza lavoro stabile presente nel 2024. È comunque richiesto almeno un nuovo assunto, anche se l’azienda è piccola.

Questa regola serve a garantire che l’incentivo fiscale non vada a vantaggio di chi riduce il personale, ma anzi favorisca chi investe in crescita e stabilità.

Un altro vincolo riguarda il ricorso agli ammortizzatori sociali.

Le imprese che nel 2024 o nel 2025 hanno utilizzato la cassa integrazione guadagni (CIG) non possono beneficiare della riduzione dell’IRES. Fa eccezione soltanto l’uso della CIG ordinaria in casi specifici previsti dalla legge, ad esempio in presenza di eventi temporanei che non dipendono dall’impresa.

Per verificare queste condizioni, si fa riferimento al numero di dipendenti a tempo pieno equivalente (quindi calcolati considerando eventuali part-time) presenti a fine 2025, confrontandolo con la media dei tre anni precedenti. Dal calcolo vengono esclusi i lavoratori che hanno lasciato l’azienda per motivi indipendenti dalla volontà del datore di lavoro, come pensionamento, dimissioni volontarie, invalidità o licenziamento per giusta causa.

Infine, l’incremento occupazionale richiesto si calcola sulla base di regole già definite in un precedente decreto del MEF e del Ministero del Lavoro, per garantire uniformità e trasparenza nel computo.

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Cause di decadenza e recupero dell’agevolazione

L’articolo 7 del decreto Mef dell’8 agosto 2025 stabilisce che le imprese che non rispettano determinate condizioni decadono dal beneficio della riduzione IRES, con l’obbligo di restituire le imposte risparmiate.

Le ipotesi principali di decadenza sono due:

  1. Distribuzione anticipata degli utili accantonati
    Se la quota di utile che era stata vincolata a riserva viene distribuita ai soci entro il secondo esercizio successivo al 2024, l’impresa perde il diritto all’agevolazione. Lo stesso vale per le stabili organizzazioni di società estere se riducono il loro fondo di dotazione inviando somme alla casa madre o ridimensionandolo per motivi patrimoniali.
  2. Dismissione o delocalizzazione degli investimenti
    Se i beni acquistati come investimenti rilevanti vengono ceduti, dismessi, utilizzati per scopi estranei all’impresa oppure trasferiti stabilmente a stabilimenti situati all’estero entro i cinque anni successivi all’acquisto, anche in questo caso si perde l’agevolazione.

Quando si verifica una delle due ipotesi, l’impresa deve versare la differenza d’imposta, cioè la quota che aveva risparmiato grazie alla riduzione IRES, calcolata con l’aliquota ordinaria prevista dall’articolo 77 del TUIR. Questo pagamento deve essere effettuato entro il termine previsto per il saldo delle imposte relative all’anno in cui si verifica la causa di decadenza.

Il decreto fornisce anche alcune precisazioni operative:

  • le riserve diverse da quelle costituite con l’utile 2024 si considerano utilizzate per prime nella copertura delle perdite;
  • gli investimenti sostitutivi, se realizzati nel rispetto delle condizioni di legge, non fanno scattare la decadenza;
  • i beni trasferiti all’estero si considerano stabilmente delocalizzati se, per la maggior parte di ciascun periodo d’imposta, restano fuori dall’Italia.

Ulteriori disposizioni

  • Consolidato fiscale e trasparenza: la riduzione si applica anche in regime di consolidato nazionale/mondiale e in regime di trasparenza fiscale, con regole specifiche di riparto.
  • Riorganizzazioni aziendali: fusioni, scissioni e conferimenti non annullano i benefici, purché siano mantenute le condizioni e reintegrate le riserve.
  • Cumulo: la misura è cumulabile con altri incentivi (es. crediti d’imposta), nei limiti del costo residuo a carico dell’impresa.
  • Controlli: l’Agenzia delle Entrate vigilerà tramite codici tributo dedicati; in caso di decadenza si applicano le regole ordinarie in tema di accertamento, riscossione e sanzioni.



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