di Giovanni Migotto –
Nell’ambito del Green Deal europeo, nel 2020, venne sviluppata la cosiddetta “Renovation Wave for Europe”, iniziativa della Commissione europea, tuttora in atto, volta a promuovere la ristrutturazione di edifici pubblici e privati, in particolare in ambito di efficientamento energetico. In quell’occasione un piano d’azione e un documento con i finanziamenti comunitari relativi vennero stesi. Si mirava così a ristrutturare 35 milioni di edifici entro il 2030, con l’obiettivo di aumentare almeno del doppio le ristrutturazioni energetiche annue nell’intera UE. Ridurre il consumo energetico e le emissioni di gas serra, creare 160,000 posti di lavoro verdi nel settore delle costruzioni e migliorare il tenore di vita complessivo dei cittadini ne era il proposito principale. Secondo associazioni quali la European Paper Packaging Alliance (EPPA) così operando si sarebbe potuta raggiungere più agevolmente la neutralità climatica continentale entro il 2050. Si tratta di un progetto ambizioso, tenendo conto che un considerevole quantitativo di patrimonio edilizio attualmente esistente risulta inefficiente e che molti di questi spazi saranno ancora in utilizzo nei prossimi decenni.
In base a quanto riferito dalla Federazione dell’Industria Europea delle Costruzioni (FIEC) il settore dell’edilizia si è reso responsabile negli ultimi anni del 40% all’incirca dei consumi di energia nell’UE e del 36% delle emissioni di CO₂ comunitarie. Proprio per contrastare ciò, oltre che per raggiungere una maggiore indipendenza collettiva dai combustibili fossili russi, le autorità di Bruxelles hanno operato nel periodo 2021-2024 di modo tale da rafforzare questa iniziativa, attraverso strumenti quali la Energy Performance of Buildings Directive (EPBD). Essa prevede, tra gli altri interventi, obbligo di edifici a emissioni zero entro il 2028 per il settore pubblico e entro il 2030 per tutti gli edifici nuovi, standard di prestazione energetica minima (MEPS) e obbligo di strategie nazionali con relativi piani di ristrutturazione degli edifici. Tutto ciò porterebbe ad una riduzione prevista del 60% delle emissioni da gas serra derivanti dall’edilizia e del 14% del consumo di energia legato al settore, oltre ad una diminuzione del 18% in termini di dispendi energetici su impianti di riscaldamento e raffreddamento. Il consumo primario energetico dell’Unione europea calerebbe del 10%. La sempre maggiore introduzione di tecnologie come pompe di calore, energia solare, isolamento termico e involucri edilizi efficienti mirerebbe proprio in tal senso. Edifici con tali dotazioni garantiranno miglior comfort termico, aria più pulita, riduzione degli inquinanti interni e maggiore benessere per gli occupanti. Secondo una ricerca condotta da Housing Europe nel 2021 molti sono ancora gli europei che vivono in case malsane e poco isolate, da riqualificare per ambienti più salubri, migliori per tutti. Strumenti come i Building Renovation Passports – BRP si rivelano in tal senso fondamentali presentando un piano modulare personalizzato per le ristrutturazioni profonde e con roadmap a lungo termine che aiutano i proprietari a gestire gli interventi in fasi successive e il de-risking per investitori e finanziatori.
Ma come è possibile rendere effettiva questa progettualità? Il NextGenerationEU si è concretizzato il principale strumento di ripresa delle economie europee nel periodo post-pandemia Covid-19. Si tratta di un fondo di all’incirca 672,5 miliardi di euro tra prestiti e sovvenzioni, con un impegno che copre fino al 37% delle risorse per la transizione verde, inclusi gli interventi nel settore edilizio come quelli di efficientamento energetico. Ad esso poi si aggiungono altre fonti di finanziamento tra cui il Just Transition Fund e l’InvestEU. Molti Stati combinano poi detrazioni fiscali, contributi a fondo perduto e finanziamenti agevolati per stimolare la riqualificazione energetica. Incentivi individuati a livello nazionale, come i bonus ristrutturazioni, ecobonus e superbonus in Italia, fungono da leve fiscali fondamentali, anche se il loro ammontare e quindi, la loro rilevanza variano ampiamente tra paesi e nel tempo.
Nonostante le misure messe in campo, diverse sono le sfide che permangono tuttora. In base a recenti studi della Commissione europea saranno necessari investimenti per 1.241 miliardi di euro annui entro il 2030. Tra gli ostacoli più consistenti all’operazione vi sono costi di transizione elevati, difficoltà nell’accumulare piccoli progetti, e la percezione di alto rischio associata a ristrutturazioni specifiche, oltre che la questione degli “split incentives” laddove il proprietario sostiene i costi, mentre il beneficio energetico ricade sull’occupante, disincentivando investimenti rilevanti. Proprio per questo c’è bisogno di un ancora maggiore coinvolgimento della cittadinanza tramite opere di sensibilizzazione e informazione. Inoltre, procedure lunghe e costose scoraggiano molti cittadini dall’intraprendere anche interventi moderati di riqualificazione. La riduzione negli ultimi anni degli addetti al settore o, comunque, la mancanza di manodopera specializzata si aggiunge poi a tutto ciò. Manca una massa critica di installatori certificati per pompe di calore, pannelli solari e tecnologie verdi, soprattutto in alcune aree.
Come già accennato però, della “Renovation Wave for Europe” ne vanno enfatizzate anche le molteplici implicazioni positive, ambientali, economiche, sociali. Essa rappresenta un’azione concreta e strategica per affrontare la crisi climatica, ridurre la dipendenza dai combustibili fossili, in particolare la domanda di gas russo, e aumentare la resilienza energetica europea. Promuove l’integrazione di fonti rinnovabili e il “life-cycle thinking”, puntando a minimizzare l’impatto ambientale complessivo e a trasformare il settore edile anche in potenziale sistema “carbon sink” grazie all’uso di materiali sostenibili. Il settore delle costruzioni ricopre poi il 9% del PIL di tutta l’UE e quindi, i cambiamenti e il grado di adattamento alle nuove dinamiche che intercorrono sempre nella nostra società sono fondamentali. Secondo un report del Parlamento europeo degli scorsi anni, se attuata con decisione, la strategia potrebbe portare alla creazione di 1,3–1,4 milioni di posti di lavoro diretti nelle economie locali, stimolando in modo significativo l’economia. L’intera azione rappresenta uno stimolo potente all’innovazione, al rilancio della filiera edilizia, al rafforzamento delle PMI e alla creazione di un mercato tecnologico verde resiliente, con ritorni rapidi e consistenti. Inoltre, come testimoniato dalle stesse istituzioni europee così come dall’Agenzia Internazionale dell’Energia, la “Renovation Wave for Europe” è un potente strumento per combattere la povertà energetica, migliorare la salute pubblica e rafforzare la coesione sociale, rendendo tangibile in concreto il valore della solidarietà europea, riducendo i costi energetici delle famiglie a basso reddito, specialmente se abbinandolo a politiche di standard minimi di efficienza e abolizione delle caldaie fossili. Ciò garantisce il rafforzamento dell’autonomia industriale e tecnologica dell’UE, la creazione di coesione sociale comunitaria e legittimazione politica sulla strategia e la diminuzione di vulnerabilità alle crisi energetiche e climatiche.
La “Renovation Wave for Europe” si mostra così come più di un piano tecnico, una vera e propria strategia geopolitica di trasformazione profonda della nostra Europa. Il successo di questa iniziativa dipenderà dalla combinazione di politiche efficaci, investimenti mirati e partecipazione attiva di cittadini, imprese e istituzioni. Si può definire una risposta concreta con obiettivi ambiziosi, con interventi che miglioreranno ambiente, economia e qualità della vita per tutti. Il suo successo dipenderà dalla capacità di trasformare le sfide in opportunità, attraverso un’azione collettiva e lungimirante. Per fare ciò sarà sempre fondamentale vigilare al fine di garantire un accesso equo ai finanziamenti, di semplificare le procedure burocratiche e di promuovere la formazione e l’aggiornamento delle competenze nel settore delle costruzioni. È così una componente chiave del Green Deal europeo, un passo essenziale verso un’Europa più resiliente, sostenibile e indipendente, capace di affrontare le sfide del futuro con competenza, determinazione e coesione. Una visione strategica che punta a costruire un continente più verde, giusto e prospero.
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