L’Obiettivo 2 dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite è forse quello più lontano dal traguardo. Sconfiggere la fame sembra un’utopia. Senza un deciso cambio di passo nelle politiche agricole, alimentari e di cooperazione internazionale rischia di rimanere un obiettivo irraggiungibile
Fame Zero, una sfida globale ancora da vincere
L’Obiettivo 2 dell’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile delle Nazioni Unite vuole arrivare alla “Fame Zero”.
Per sconfiggere la fame è necessario raggiungere la sicurezza alimentare, migliorare la nutrizione e promuovere un’agricoltura sostenibile. Obiettivi molto ambiziosi da realizzare in una dimensione globale.
Obiettivo 2 dell’Agenda 2030, il traguardo è lontano
L’Agenda 2030 – sottoscritta il 25 settembre 2015 dai governi dei 193 Paesi membri delle Nazioni Unite e approvata dall’Assemblea Generale dell’ONU – comprende 17 Obiettivi per lo Sviluppo Sostenibile (SDGs) in un grande programma d’azione con un totale di 169 target.
Dal momento della firma dell’Agenda 2030 si prevedeva che sarebbero passati 15 anni per arrivare a quello della effettiva realizzazione. In realtà sono passati dieci anni da allora, ma il traguardo è ancora molto lontano. Sconfiggere la fame sembra un’utopia: in alcuni casi la situazione è addirittura peggiorata.
Il raggiungimento dell’Obiettivo 2 dell’Agenda 2030 è forse quello che rimane più lontano. Senza un deciso cambio di passo nelle politiche agricole, alimentari e di cooperazione internazionale rischia di rimanere irraggiungibile.
Il cambiamento è troppo lento
La valutazione del Sustainable Development Goals Report 2025 sull’Obiettivo 2 dell’Agenda 2030 è molto netta: dal 2015 molte cose sono migliorate, ma il ritmo di cambiamento è troppo lento per raggiungere gli Obiettivi entro il 2030.
Solo cinque anni ci separano dal 2030: come ha detto António Guterres, segretario generale delle Nazioni Unite, «dobbiamo cambiare marcia».
La fame nel mondo è aumentata notevolmente dal 2019 e continua ad essere elevata: nel 2023 quasi 1 persona su 11 ha sofferto la fame, e 2,33 miliardi di persone hanno sperimentato un’insicurezza alimentare da moderata a grave.
Nel 2023, la fame ha colpito il 9,1% della popolazione mondiale (tra 713 e 757 milioni di persone), contro il 7,5% del 2019 con picchi a due cifre in Africa subsahariana e Asia meridionale. Si può affermare, quindi, che questa sfida globale è tutt’altro che vinta.
È evidente che i fattori trainanti – clima, conflitti e instabilità economica – richiedono soluzioni scalabili sostenute da finanziamenti adeguati e duraturi.
Gli ostacoli al raggiungimento dell’Obiettivo 2
Due agenti di cambiamento negativo contribuiscono ad acuire i problemi e con essi i prezzi dei prodotti alimentari: il cambiamento climatico e i conflitti, che con l’invasione russa dell’Ucraina sono arrivati nel cuore dell’Europa.
Nel 2023 i prezzi dei prodotti alimentari sono stati esageratamente alti, anche se in calo rispetto al 2022 (e comunque tre volte più alti rispetto al triennio 2015-2019). Il calo è stato in parte dovuto alla riduzione dei costi di spedizione e dei prezzi di carburante e fertilizzanti.
Ad allontanare ulteriormente il raggiungimento dell’Obiettivo 2 ci sono la malnutrizione (che va dalla denutrizione all’obesità) e lo spreco alimentare (circa un terzo del cibo prodotto a livello globale viene perso o sprecato).
Agricoltura e sicurezza alimentare
Il perno dell’Obiettivo 2 è la sicurezza alimentare che poggia essenzialmente sull’agricoltura, il settore che occupa più persone nel mondo ed è la principale fonte di reddito per le persone più povere che vivono nelle zone rurali.
Circa 500 milioni di piccole aziende agricole sparse in tutto il mondo producono l’80% del cibo, che arriva anche sulle tavole dei paesi sviluppati. Eppure proprio i piccoli agricoltori sono i soggetti più vulnerabili all’interno dei sistemi alimentari e i divari di reddito tra piccoli e grandi produttori sono enormi.
Ma per porre fine alla fame e realizzare l’Obiettivo 2 si dovrebbe riuscire a raddoppiare la produzione agricola senza incidere sulla salute del Pianeta.
La difficile resilienza delle filiere agroalimentari
Anche se gli investimenti pubblici in agricoltura sono aumentati in assoluto (701 miliardi di dollari nel 2023), continua a diminuire l’interesse per il settore.
I paesi meno sviluppati destinano il 4% della spesa pubblica totale all’agricoltura, nonostante il settore generi circa il 18% del loro Pil.
Tuttavia, la produttività rimane insufficiente soprattutto nell’Africa subsahariana e nell’Asia meridionale a causa della mancanza di innovazione e delle disparità nell’accesso ai mercati e alle risorse.
Inoltre, anche dove si stanno portando avanti politiche agricole sostenibili, ci si scontra con gli effetti dei cambiamenti climatici e con le instabilità geopolitiche che ostacolano la resilienza delle filiere agroalimentari.
L’inflazione climatica
Il cambiamento climatico porta con sé la cosiddetta climateflation (inflazione climatica), che pesa sul potere d’acquisto delle famiglie.
Ad esempio, dal 2019 al 2024 l’olio d’oliva è aumentato dell’81,1% e la pasta secca del 35,6%. I profitti dei produttori diretti, però, anziché aumentare sono calati del 10%.
Le previsioni non sono confortanti: secondo la Banca Centrale Europea l’inflazione climatica non arresterà la sua corsa nei prossimi anni, mentre il World Economic Forum ha calcolato che dal 2000 i costi indotti dai disastri climatici sono più che raddoppiati.
Brutte notizie anche sul fronte dell’inclusività: solo il 31,5% dei capi di aziende agricole sono donne, mentre negli ultimi 10 anni sono diminuite del 20% le aziende agricole guidate da under 35 (dati Istat).
Sostenibilità e criticità in pillole
- Continua ad aumentare la superficie agricola destinata al biologico, di cui l’Italia ha il primato europeo: nel 2022 era del 18,7%. Di questo passo raggiungeremo senza fatica l’obiettivo del 25% nel 2030.
- L’uso di fertilizzanti e pesticidi è in calo, ma il raggiungimento degli obiettivi dipenderà dalle politiche e dai comportamenti aziendali da qui al 2030.
- Aumenta la percentuale di minori obesi o in sovrappeso (27,2%).
- Scende la percentuale di popolazione con un’alimentazione adeguata (cioè consuma almeno 4 porzioni di frutta o verdura al giorno): era 18,8% nel 2015, oggi è 16,5%.
L’Europa e l’Obiettivo 2
Tra il 2010 e il 2022 tutti i Paesi UE registrano dei miglioramenti, anche se di entità limitata. In ambito europeo l’Italia è sopra alla media: è nona su 27.
Anche in Europa è aumentata la superficie agricola utilizzata (SAU) destinata alle coltivazioni biologiche.
L’andamento positivo nel breve e nel lungo periodo le permetterà di raggiungerel’obiettivo del 25% di SAU destinata al biologico entro il 2030.
È cresciuto anche il reddito agricolo per unità di lavoro: in 14 anni si è registrato un incremento superiore a 7.400 euro per unità di lavoro.
A febbraio la Commissione Europea ha illustrato la sua “Vision for Agriculture and Food” dove semplificazione normativa, innovazione tecnologica e digitalizzazione sono i pilastri per la competitività dell’Europa.
Il bilancio pluriennale UE 2027-2034 recentemente presentato da Ursula von der Leyen ha suscitato da più parti aspre critiche. Gli agricoltori sono scesi in piazza per protestare contro il taglio di 86 miliardi di euro dai fondi per l’agricoltura.
Cosa succede in Italia
Il Rapporto di Primavera 2025 “Scenari per l’Italia al 2035 e al 2050. Il falso dilemma tra competitività e sostenibilità” dell’ASviS presenta gli scenari futuri per l’economia italiana.
Salta subito all’occhio che accelerando la transizione ecologica e digitale l’Italia avrebbe un Pil più alto dell’1,1% nel 2035 e dell’8,4% nel 2050 a cui si accompagnerebbe una serie di dinamiche positive a cominciare dalla crescita dell’occupazione e dalla riduzione del debito pubblico.
Questo senario virtuoso dovrebbe spingerci a sostenere la transizione con investimenti innovativi a tutto campo: la sostenibilità è una potente leva strategica per rafforzare il sistema produttivo e sociale del Paese.
In linea generale, l’Italia ha raggiunto buoni risultati per quanto riguarda l’agricoltura biologica e la lotta allo spreco alimentare. Restano però le sfide legate alla povertà (nel 2023 le famiglie in povertà assoluta sono più di 2,2 milioni), alla sostenibilità delle filiere e alla giustizia sociale in campo alimentare.
Le proposte dell’ASviS
L’ASviS (Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile) nel suo ultimo Rapporto ha avanzato alcune proposte per la realizzazione dell’Obiettivo 2 dell’Agenda 2030:
- Accelerare l’innovazione nelle piccole e medie imprese agroalimentari.
- Approvare una legge-quadro per l’imprenditoria femminile in agricoltura: le aziende guidate da donne sono più innovative, creano più occupazione, guardano al lungo termine.
- Favorire il passaggio della gestione delle aziende agricole ai giovani.
- Rafforzare la formazione e rivedere i codici etici per migliorare la produzione agricola sostenibile e la responsabilità sociale delle aziende.
- Rafforzare le azioni a favore della filiera corta e dell’agroecologia e promuovere l’agrobiodiversità.
- Lanciare campagne di educazione alimentare nelle scuole e nelle aziende e nel settore pubblico.
- Sostenere le produzioni a minore impatto ambientale e migliorare le azioni di aiuto alimentare.
- Non tradire gli obiettivi del Green Deal, bensì accompagnare le aziende nella sua realizzazione.
Diceva Eduardo Galeano: «L’utopia è là, all’orizzonte. Mi avvicino di due passi, lei si allontana di due passi. Cammino per dieci passi e l’orizzonte si sposta dieci passi più in là. Per quanto io cammini, non la raggiungerò mai. A cosa serve l’utopia? Serve proprio a questo: a camminare».
Per l’Obiettivo 2 si sono fatti dei passi avanti, ma è evidente che non basta camminare per trasformare l’utopia in realtà. E il mondo ha urgente bisogno di realizzare cambiamenti reali.
***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****
Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link