Negli ultimi 100 anni l’Italia ha ospitato 3 Olimpiadi e 2 Mondiali di Calcio. Ovvero, due degli eventi sportivi più globali. Quelli che segnano la storia di un Paese perché lo mettono sotto gli occhi del mondo. Il prossimo test per l’Italia comincerà il prossimo 6 febbraio, a San Siro, dove si alzerà il sipario sulla quarta Olimpiade italiana, Milano-Cortina 2026. Un mese più tardi, a Verona, prenderanno il via i Giochi Paralimpici Invernali. Un test ugualmente importante per prendere il polso al livello di civiltà e di inclusione nel nostro Paese.
Costruire un mondo migliore attraverso lo sport. La missione del movimento Olimpico, in fondo, è tutta qui. La sua realizzazione in un evento si offre, invece, a diversi angoli di visuale. Quello politico e geopolitico: quanti governi cambiano e quante tensioni internazionali possono esplodere nei 7 anni di preparazione di un’Olimpiade? Che dire dell’impatto economico, stretto fra costi pubblici, benefici per le imprese sul territorio, sostenibilità ambientale ed eredità infrastrutturale per la città ospitante? E poi l’epica del racconto del risultato sportivo, le forme che assume la passione popolare, i segni visibili dell’evoluzione sociale, dalla partecipazione femminile a quella delle persone con disabilità, incluso il ruolo di traino dell’evento Olimpico per la crescita della pratica sportiva.
Il Mondiale di Calcio del 1934, per esempio, fu fortemente voluto dal regime fascista di Mussolini, che vedeva nello sport uno strumento di promozione nazionale. Peppino Meazza e i compagni di squadra scendevano in campo facendo il saluto romano, e vinsero quel Mondiale non senza qualche “aiutino” arbitrale.
Cortina d’Ampezzo ospitò i primi Giochi Olimpici italiani nel 1956. In un’edizione ricca di novità, Giuliana Chenal Minuzzo fu la prima donna nella storia a pronunciare il giuramento olimpico, mentre il tedoforo Guido Caroli, inciampando in un cavo televisivo durante la cerimonia inaugurale, segnò rocambolescamente l’ingresso della TV nello sport italiano.
Delle Olimpiadi estive del 1960, a Roma, nella mente di molti rimane l’immagine del volo di colombe che accompagnò l’oro di Livio Berruti sui 200. Simbolo della rinascita dopo la tragedia della guerra e le difficoltà della ricostruzione, con il boom economico agli inizi, le Olimpiadi romane in mondovisione furono il primo evento sportivo davvero globale.
L’Africa post-coloniale partecipò in massa e l’etiope Abebe Bikila, correndo scalzo, vinse la maratona e il primo oro olimpico africano. La Germania sfilò sotto un’unica bandiera, poco prima della costruzione del Muro di Berlino, mentre il Sudafrica gareggiò per l’ultima volta, prima di un’esclusione che sarebbe durata 32 anni a causa dell’apartheid.
Ci vollero 30 anni prima che l’Italia tornasse sulla ribalta di un mega-evento col Mondiale del 1990 e le sue “Notti Magiche”, cantate da Gianna Nannini ed Edoardo Bennato e rese immortali da Totò Schillaci, giocatore semi-sconosciuto diventato il capocannoniere.
Le Olimpiadi d’inverno tornarono a Torino nel 2006. Un anno memorabile, per lo sport italiano. L’anno di Buffon che alza la Coppa del Mondo a Berlino. Gli eroi di quella edizione furono il pattinatore di velocità Enrico Fabris, che regalò all’Italia le prime medaglie olimpiche in questa disciplina, e lo slittinista Armin Zöggeler, consacrato a leggenda dello sport nazionale con il suo secondo oro olimpico. Torino si trasformò in una Città Olimpica, con eventi e celebrazioni che coinvolsero tutta la popolazione e lasciarono un ricordo indelebile.
La strategia di Milano Cortina: sostenibilità, territorio e legacy
Dopo 7 anni di preparazione, lo ripetiamo, sta arrivando il momento della verità per Milano Cortina 2026. è stato un percorso accidentato: dopo la dèbacle del ritiro di Roma dalla corsa per le Olimpiadi estive del 2024, l’Italia lanciò la candidatura di Milano Cortina nell’anno – il 2018 – in cui Greta Thurnberg stava diventando una star internazionale nella lotta al cambiamento climatico. Il progetto aveva un front-man indiscusso, il presidente del CONI, Giovanni Malagò, e una stella polare dichiarata nell’Agenda 2020 dell’ONU e nella New Norm del CIO, il manifesto del cambiamento con cui Losanna punta a dare un futuro sostenibile ai Giochi Olimpici. Nell’estate del 2019, l’Italia ebbe la meglio sulla Svezia e festeggiò una vittoria che aveva il sapore di una redenzione.
L’obiettivo era quello di dare vita ad un’Olimpiade low cost e sostenibile: niente sprechi, niente grandi opere inutili, riutilizzo degli impianti esistenti, bilancio carbonico neutro, 100% energie rinnovabili, mobilità sostenibile incentivando l’uso di treni, navette e carpooling per ridurre le emissioni.
Dismessa la natura di “catalogo di vendita” del dossier di candidatura, va da sé che l’obiettivo della neutralità carbonica dovrà essere verificato a posteriori da enti indipendenti, anche se qualche dubbio lo si può avanzare sin da ora, soprattutto a causa della mancanza di valutazioni di impatto ambientale su alcune opere.
Il secondo pilastro del progetto era, è, il territorio. Milano Cortina sarà un evento al plurale come mai prima, coinvolgendo due regioni, due città, due province autonome, lungo un asse di pianura che unisce la città metropolitana di Milano con Verona e con località montane come Cortina d’Ampezzo, Bormio, Livigno, Predazzo, Tesero e Anterselva. Un territorio olimpico di 22mila chilometri quadrati che punta a valorizzare le specificità locali, ma dove il collegamento logistico tra aree urbane e alpine sarà un banco di prova difficilissimo. Altrettando difficile, ma questa è un’altra storia, potrebbe essere il collegamento emotivo col resto del Paese, che conosce di meno gli sport invernali e frequenta assiduamente il luogo comune dello snobismo, vero o finto, di Milano e Cortina.
La legacy, infine. L’eredità post-evento. Spenti i riflettori, è l’elemento che determinerà gran parte del giudizio su Milano Cortina, che promette di essere più snella, più green, più smart, grazie a un modello organizzativo di Giochi sostenibili e decentralizzati dove il 93% delle sedi di gara esisteva già al momento della candidatura.
L’impresa, alla luce dei precedenti, non sarà agevole. A Cortina d’Ampezzo, nel 1956, il lascito infrastrutturale fu più modesto rispetto ad altre edizioni invernali: uno Stadio Olimpico del Ghiaccio tutt’altro che avveniristico ma che si integrava bene nel paesaggio montano, il Trampolino Italia e la pista di bob, utilizzati rispettivamente sino al 1990 e al 2008, un Villaggio Olimpico trasformato in residenze e alberghi per stimolare il turismo nella perla ampezzana.
Roma 1960, al contrario, ebbe un impatto formidabile e lasciò ai posteri un Palazzetto dello Sport avveniristico, lo Stadio e il Villaggio Olimpico, esempi di architettura razionalista integrata nell’EUR, ma anche l’aeroporto di Fiumicino, il potenziamento della Stazione Termini e la riqualificazione del Lungotevere.
A Italia ’90 le cose non andarono altrettanto bene. In parte per la minore versatilità degli stadi di calcio rispetto alle strutture polisportive olimpiche, ma anche perché molti impianti erano sovradimensionati per il calcio italiano post-Mondiale.
A Torino 2006 il bilancio fu a luci e ombre. Lo Stadio Olimpico, sia pure con una capacità dimezzata rispetto ai Giochi, ospita oggi il Torino FC, oltre a concerti ed eventi, mentre il Palasport Olimpico resta la maggior arena coperta d’Italia. Ha funzionato bene anche la riqualificazione urbana dell’area del Lingotto, ex-fabbrica della Fiat, dove oggi ci sono un polo culturale con la Pinacoteca Agnelli, l’Oval trasformato in un palazzetto polifunzionale e il Villaggio Atleti convertito in residenza universitaria per il Politecnico. La Metropolitana automatica Linea 1 collega aeroporto-centro-stadio è ancora oggi la spina dorsale dei trasporti torinesi. Al passivo, però, restano però due “elefanti bianchi” come il trampolino di salto di Pragelato, costato 25 milioni di euro per uno sport non esattamente popolare in Italia, e la pista di Cesana, cartellino del prezzo 70 milioni di euro, chiusa nel 2012 per gli elevati costi di esercizio e oggi in degrado, come avviene in modo ricorrente per le piste di bob.
Cosa resterà di questa Olimpiade?
Il modello di Milano Cortina è un mix di interventi temporanei (la Fiera di Milano ospiterà speed skating e hockey) e di legacy a lungo termine, con una ripartizione 30%-70% degli investimenti tra impianti sportivi e infrastrutture civili (a Barcellona, in un’edizione-modello, la ripartizione fu 13%-87%). Il budget totale per le opere legate a Milano Cortina 2026 ammonta a circa 3,8 miliardi di euro. Poco meno di un miliardo di euro è stato destinato all’adeguamento e alla costruzione degli impianti sportivi, mentre la fetta più consiste – 1,65 miliardi – è andata alle infrastrutture stradali, cui si sommano altri 515 milioni per le infrastrutture ferroviarie. Non rientra in questo budget la costruzione della linea 4 della metropolitana di Milano, in quanto parte dei piani di sviluppo della città, e quindi anche in funzione delle Olimpiadi, costata tra 2,2 e 2,3 miliardi di euro. Mentre le opere sportive sono in fase avanzata e rispetteranno le tempistiche richieste dalle federazioni, per alcune delle infrastrutture più complesse, come strade e varianti, ci sono consegne previste fino al 2027-2030.
Tra i progetti chiave, il Pala Italia Santa Giulia, un’arena polivalente da 16.000 posti destinata a ospitare parte delle gare di hockey su ghiaccio, con un sistema di sedute asimmetrico adatto a diverse configurazioni per ospitare eventi sportivi, concerti e spettacoli. Sarà uno dei maggiori produttori di energia rinnovabile in città, grazie ai pannelli fotovoltaici da 1 MW sul tetto. Come (quasi) sempre accade in questi casi, il progetto ha incontrato polemiche legate ai costi crescenti e ai ritardi nelle infrastrutture di accesso, che hanno richiesto interventi straordinari da parte del Comune di Milano.
Il Villaggio Olimpico da 330 milioni di euro è in fase di ultimazione nell’ex scalo ferroviario di Porta Romana. A due passi dalla Fondazione Prada, è stato concepito in vista della configurazione post-Olimpiadi come studentato universitario. Anche qui, tra esempi di riconversione da non seguire (Atene e Torino) e storie di successo (Barcellona, Sidney, Vancouver), non manca il solito contorno, anzi, l’aperitivo, di polemiche, in parte di natura estetica. C’è chi ha accostato le 6 palazzine del Villaggio all’architettura concetrazionaria sovietica, altri hanno espresso il timore che la trasformazione dell’area possa portare a un aumento del costo della vita e a fenomeni di gentrificazione.
Le polemiche più feroci si sono accese, però, sulla realizzazione dello Sliding Centre di Cortina per le gare di bob, slittino e skeleton. Un balletto infinito sui costi (tra 80 e 120 milioni di euro). Sull’impatto ambientale (per fargli posto, è stata eliminata una foresta secolare, dietro la promessa di piantare, post-evento, 12 alberi per ogni albero abbattuto). Persino sulla semantica dell’intervento: non un impianto nuovo, ma la riqualificazione di una pista storica pre-esistente, simbolo della tradizione ampezzana negli sport di scivolamento. Chi lo difende, giura che l’impianto non sarà una “cattedrale nel deserto”, anzi. Servirà ad ampliare l’offerta turistica di Cortina, anche fuori stagione, con eventi sportivi internazionali, attività giovanili, manifestazioni dilettantistiche e attrazioni (?) come il taxi-bob.
Impatto economico, sociale ed ecologico
Milano Cortina è stata presentata come un’occasione unica per riscrivere il rapporto tra sport, territorio e sviluppo sostenibile in Italia. Ma dietro lo scintillio delle medaglie e la retorica dell’unità nazionale, il cammino verso il 2026, come abbiamo visto, non è stato privo di ostacoli.
L’inflazione globale, la disruption delle catene di approvvigionamento seguite al diffondersi del COVID19, la crisi energetica innescata dall’invasione russa dell’ Ucraina: i cigni neri che hanno attraversato i cieli Olimpici e Paralimpici non sono stati pochi e hanno fatto lievitare i costi di materiali e manodopera, rendendo necessaria, attraverso tagli e rinvii, la riprogrammazione di alcuni investimenti. Anche la governance del progetto, affidata alla Fondazione Milano Cortina 2026, è stata spesso criticata per lentezze decisionali e difficoltà di coordinamento tra Regioni, Ministeri, Comuni, Province e il CIO stesso.
Nonostante le sfide, il progetto Milano Cortina 2026 conserva però un enorme potenziale trasformativo. Intanto per il CIO, che guarda a Milano Cortina come al laboratorio per il futuro delle Olimpiadi: meno cemento, più efficienza, più eredità. Se il modello funzionerà, potrebbe ispirare altre candidature.
E poi per il PIL italiano, con un impatto complessivo atteso stimato in 5,3 miliardi di euro. La previsione porta la firma di Banca Ifis, che somma la spesa turistica immediata (1,1 miliardi di euro), la spesa turistica differita nei 18 mesi successivi all’evento (1,2 miliardi di euro) e gli investimenti infrastrutturali (3 miliardi di euro). Il 95% delle PMI delle regioni del Nord Italia coinvolte nei Giochi, secondo Ipsos-Visa, prevedono un impatto positivo sull’economia locale. Il 64% delle aziende si spinge oltre e si aspetta benefici concreti per la propria attività, in termini di visibilità, fatturato e nuovi flussi turistici.
Le località alpine puntano a rilanciarsi a livello internazionale, con infrastrutture migliori e una maggiore visibilità. L’obiettivo è attrarre turisti tutto l’anno, non solo durante la stagione sciistica. Sarà il Turismo il vero jackpot? Uno studio condotto da Deloitte per Airbnb, entrambi partner globali del CIO, prevede oltre 2-2,5 milioni di turisti provenienti da tutto il mondo. Al di là dei numeri, l’Italia, già il 5° paese più visitato al mondo, punta a valorizzare il suo brand globale e a portare nuovo turismo sportivo nelle Dolomiti, mentre Milano, già capitale del design e della moda, potrà consolidare la sua immagine.
Nell’equazione va considerato l’impatto sociale potenziale dei Giochi. Una voce è costituita dalla prevista creazione di 20 mila posti di lavoro aggiuntivi tra occupazione diretta, indiretta e temporanea/stagionale. E’ un decimo dei posti di lavoro creati a Parigi, un terzo di quelli mobilitati a Londra e un centesimo di quelli “decantati” a Pechino 2022. Il confronto, ovviamente, non ha pretese di razionalità, ma è sicuramente suggestivo.
L’altra voce è quella dell’incremento della pratica sportiva. Secondo Ipsos e Banca Ifis, il 78% degli italiani ne è convinto: Milano-Cortina 2026 sarà una fonte di ispirazione per far crescere la voglia di fare sport. I programmi educativi nelle scuole, le campagne di inclusione, gli eventi promozionali su tutto il territorio nazionale giustificano questa aspettativa, ma il traino Olimpico – la storia insegna – si esaurisce in fretta ed è limitato alle discipline più visibili (sci alpino, freestyle, fondo, snowboard, curling, pattinaggio). Nel lungo termine, questa crescita va supportata con le infrastrutture e la comunicazione. Senza l’impegno del terzo settore, delle istituzioni sportive e delle amministrazioni locali la pratica sportiva post-evento smette di crescere.
Dell’impatto ambientale dei Giochi molto si è detto e scritto. Gli ambientalisti duri e puri hanno accusato gli enti locali di aver “aggredito” le Dolomiti con 1.300 chilometri di piste e 500 impianti di risalita tra vette e valli che sono sito UNESCO. Di aver trasformato, insomma, un gioiello ambientale in un immenso parco divertimenti, fatto di cemento e funivie, in barba al clima…
Le cautele messe in piedi dal comitato organizzatore sono contenute in un documento di 360 pagine intitolato “Rapporto Ambientale”, ma c’è persino chi pensa che attraverso le Olimpiadi si possa contrastare lo spopolamento delle Terre Alte, accusando gli ambientalisti di voler trasformare il comparto dolomitico in una sorta di “zona selvaggia” da cui è bandita la presenza umana. Schermaglie dialettiche, si dirà, che certamente non finiranno con le Olimpiadi.
Un punto conclusivo
Il budget operativo gestito direttamente dalla Fondazione, al netto delle opere infrastrutturali, ammonta oggi a circa 1,7 miliardi di euro, in aumento – a causa dei cigni neri citati poc’anzi – rispetto alle stime iniziali di 1,2-1,5 miliardi. Il contributo del CIO di 450 milioni di dollari, frutto principalmente degli accordi di distribuzione dei diritti di trasmissione dei Giochi, si somma ai 170-230 milioni di euro stimati come proventi del ticketing e del merchandising. Il “Decreto Sport” del Governo ha già previsto oltre 300 milioni di euro a copertura dei deficit eventuali e degli extracosti dell’organizzazione. La porzione maggiore della grande festa Olimpica e Paralimpica è però pagata dagli sponsor che, con loro investimenti coprono i costi di produzione delle gare e delle cerimonie. Nel modello di business di Losanna, quota parte di questo contributo viene dai Top Partner globali, come Airbnb, Alibaba, Allianz, Coca-Cola/Mengniu (latticini), Corona Cero (birra analcolica), Deloitte, Omega, Procter & Gamble, Samsung, TCL e Visa.
Ma a loro vanno aggiunti le aziende e i consorzi di prodotti italiani che hanno risposto “presente” alla chiamata di Milano Cortina, portando oltre 400 milioni di euro nelle casse della Fondazione, dopo la partenza lenta a causa del COVID19.
Questa lista, tutt’ora in aggiornamento, di marchi noti e meno noti, serve a dare un’idea sommaria della complessità della macchina organizzativa. Gli sponsor sono parte integrante della narrazione olimpica: in cambio di un supporto economico assorbono nella loro immagine i valori universali, le emozioni e la risonanza globale delle Olimpiadi. Insieme ai media e al programma culturale Olimpico, alimentano anche l’altra grande metrica per misurare il successo dei Giochi: la partecipazione del pubblico. Da un lato, permettono di mantenere prezzi dei biglietti applicati al pubblico relativamente accessibili (oltre il 57% dei biglietti costa meno di 100 euro). Ad aprile erano già stati venduti 700 mila biglietti per le gare e le cerimonie a fronte dei circa 1,2 milioni disponibili. Dall’altro, portano il pubblico nelle piazze e nelle “fan zone” con le loro iniziative di marketing e intrattenimento.
L’interesse degli Italiani sin qui rilevato nei sondaggi lascia ben sperare: 23 milioni di persone hanno manifestato l’intenzione o il desiderio di partecipare dal vivo. Il programma di volontariato conta già oltre 45.000 domande a fronte di un obiettivo finale di 18.000 unità.
Milano-Cortina non sarà una Parigi 2024 o una Los Angeles 2028, ma potrebbe diventare un nuovo modello per gli host di medie dimensioni e sostenibili. Non i Giochi più ricchi, ma i più intelligenti.
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