Conto e carta

difficile da pignorare

 

Lascia il Trentino il primario di Chirurgia di Cles: “Qui ora impossibile fare carriera”. E sull’attrattività? “Non bastano i soldi, servono progetti e crescita professionale”


TRENTO. Il Direttore  dell’Unità operativa chirurgia generale di Cles a inizio settembre lascerà il proprio incarico in Val di Non per trasferirsi all’Azienda ospedaliera universitaria di Perugia. Qui andrà a dirigere la Chirurgia generale ad indirizzo epato-bilio-pancreatica e trapianti di rene. 

Mutuo 100% per acquisto in asta

assistenza e consulenza per acquisto immobili in asta

 

 

Un avanzamento di carriera che, ha spiegato a il Dolomiti il dottor Francesco Antonio Ciarleglio “non era la momento possibile fare”.  Ecco allora che dopo 13 anni la sanità trentina dovrà salutare un altro importante professionista che sull’attrattività spiega: “Non è solo il denaro quello che incentiva i giovani a venire  in Trentino a lavorare. Un tempo magari lo era  ma oggi ci voglio altri tipi di programmi, si deve lavorare sul personale e non solo sui benefit materiali”. 

 

Dottor Ciarleglio  anni di impegno in Trentino ha deciso di trasferirsi. Quali sono stati i motivi di questa sua scelta? 
Sono arrivato in Trentino nel 2012 da Padova, ho lavorato in Apss per 13 anni di cui 10 all’ospedale Santa Chiara con il dottor Brolese che considero il mio maestro e 3 come direttore di Unità complessa a Cles. Sicuramente la volontà di proseguire con la carriera è stata uno stimolo a cercare nuove strade che hanno portato alla possibilità di mettersi in gioco in una struttura importante. Sarebbe stato più semplice mettersi in una sorta di confort zone. Ma io ho voluto mettermi in gioco ricercando una progressione di carriera, anche correndo dei rischi perché stiamo parlando pur sempre di un concorso pubblico con altri professionisti da tutta Italia.  

 

Assistenza per i sovraindebitati

Saldo e stralcio

 

Qui in Trentino non c’era la possibilità di fare carriera?
In questo momento assolutamente no. Bisogna poi fare una distinzione importante. A Perugia, dove andrò, parliamo di una azienda ospedaliera universitaria qui invece di un’azienda sanitaria. Sono profili nettamente diversi, la prima è un hub all’interno di una regione ma che diventa punto di riferimento anche per le zone limitrofe. 

 

Lei ha lavorato per anni a Cles. Come  stato lavorare in un ospedale di periferia? Ci sono state delle criticità?
Devo dire che io con moltissima sincerità ho continuano a lavorare anche la Santa Chiara per mantenere gli skills su determinati tipo di patologia e per fare interventi maggiori. Questo grazie alla direzione e al dottor Brolese che mi ha portato qui da Padova. Criticità importanti non ce ne sono se facciamo il confronto come ospedale spoke.  Qui manca una terapia intensiva e questo potrebbe essere uno spunto per il futuro. 
I collaboratori che ho avuto hanno potuto fare un percorso di avvicinamento ad una chirurgia maggiore ottenere alcuni importanti risultati. Con un buon livello di autonomia e di maturità.  Lascio un ospedale con delle importanti soddisfazioni. Non sono mai stato ostacolato da provvedimenti aziendali e spero che l’azienda continui a valorizzare questa struttura. Solo così l’ospedale può continuare a essere uno degli anelli fondamentali della sanità trentina. 
 

Oggi l’Apss si appresta a fare dei passi importanti. Abbiamo la scuola di medici, abbiamo la trasformazione in Asuit. Quali sono, secondo lei, le cose che non sono andate in questi anni? E quali le sfide che ci troviamo davanti?
Il Covid ha disastrato l’intero sistema sanitario nazionale. In Trentino m paradossalmente, il  colpo è stato attenuato dalle maggiori risorse economiche disponibili. E’ fondamentale lavorare molto di più sui professionisti, sulle loro individualità e sulla crescita professionale. Non è solo il denaro quello che incentiva il giovani a viene in Trentino a lavorare. Un tempo lo era magari ma oggi ci voglio altri tipi di programmi, si deve lavorare sul personale e non solo sui benefit materiali. 
Sull’Asuit posso dire che è una grossa opportunità.  La scuola di medicina, se gestita bene e integrata nel sistema sanitario provinciale, sarà sicuramente una grande risorsa. Una convivenza è possibile nell’ambito del rispetto tra i professionisti  e di una accurata programmazione. Questa è una delle sfide che il Trentino dovrà portare avanti  e che potrà portare ad ottimi risultati.  Ci sarà qualche sofferenza, qualche difficoltà si potrà incontrare all’inizio ma sono il pegno da pagare per rinascere. 

 

Il suo ruolo a Cles è quello di primario di Chirurgia. Non sarà facile trovare un sostituto. Per quale motivo oggi i professionisti non vogliono venire a lavorare in periferia?
Io penso che sia un fenomeno sociale. Quella della carenza di vocazioni sarà anche il tema di un convegno che a fine ottobre conclude un programma che ho portato avanti. E’, come dicevo, un fenomeno sociale  che non riguarda solo il Trentino. C’è una polarizzazione verso i grandi centri anche se devo dire che, per quanto riguarda la mia specialità in questi tre anni non ho incontrato difficoltà ad attrarre professionisti su Cles. Difficoltà, invece, so che ci sono state per pediatri, ginecologi e anche anestesisti. Oggi il mondo della medicina è cambiato e le nuove generazioni tutelano molto il work life balance, cioè l’equilibrio vita lavoro. 

 

Secondo lei quali sono i servizi che sono fondamentali per un ospedale di valle?
Posso dire che l’ospedale di Cles ha raggiunto un equilibrio. Un ospedale deve avere chirurgia, medicina anestesia e rianimazione. Ma ci sono anche dei requisiti legislativi da seguire. A Cles abbiamo anche un’ottima ortopedia diretta dal dottor Luigi Romano. Sarà fondamentale non impoverirlo ma incentivarlo per mantenere il livello di servizi che abbiamo avuto fino ad oggi. 

Trasforma il tuo sogno in realtà

partecipa alle aste immobiliari.

 

 

L’ambito sanitario non se la sta passando bene. Tra carenza di personale, gettonisti e privato che avanza, secondo lei in che modo ci potrà essere futuro per la sanità pubblica?
Io credo che alla lunga la sanità pubblica, e il Covid ce l’ha dimostrato, possa prevalere e sarà l’unica che potrà garantire la soddisfazione dei bisogni dei cittadini. Ovvio che le risorse non saranno infinite e forse in futuro sarà necessaria una maggiore contribuzione in termini di ticker per vedere garantite prestazioni di altissimo profilo tecnologico. Ormai la tecnologia ci ha permesso di spendere in sala operatori ma di guadagnare in altri aspetti, come l’abbassamento dei temi delle degenze. Sarà quindi davvero importante utilizzare nel migliore modo possibile le risorse nell’ottima di soddisfare al meglio le richieste dei cittadini. 





Source link

***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****

Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link

Source link

Vuoi bloccare la procedura esecutiva?

richiedi il saldo e stralcio