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AI e “fair use trasformativo”: la sentenza a favore di Anthropic


Il 23 giugno 2025, il giudice federale William Alsup ha emesso una sentenza destinata a definire i rapporti tra intelligenza artificiale e diritto d’autore. Nel caso Bartz contro Anthropic, la decisione traccia per la prima volta una linea chiara tra ciò che è permesso e ciò che è vietato quando si tratta di addestrare sistemi di intelligenza artificiale utilizzando contenuti protetti da copyright.

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Per comprendere l’importanza di questa decisione, immaginiamo l’intelligenza artificiale come un bambino che impara a scrivere leggendo migliaia di libri. La domanda fondamentale che il tribunale doveva affrontare era: questo “bambino digitale” può leggere liberamente tutti i libri per imparare, oppure deve chiedere il permesso a ogni singolo autore?

Il cuore della controversia

Anthropic, l’azienda creatrice di Claude, ha addestrato la propria intelligenza artificiale utilizzando milioni di libri acquisiti in due modi molto diversi. Da una parte, aveva acquistato regolarmente milioni di volumi, li aveva digitalizzati distruggendo le copie cartacee originali, e li aveva utilizzati per addestrare i propri Large Language Model, i sofisticati sistemi che permettono a Claude di comprendere e generare testo in modo naturale.

Dall’altra parte, però, Anthropic aveva anche scaricato oltre sette milioni di opere da siti di pirateria digitale come Books3, LibGen e PiLiMi, creando quella che internamente chiamava una “biblioteca centrale” di “tutti i libri del mondo” da conservare “per sempre”. Tra questi libri piratati c’erano anche le opere degli autori che hanno intentato la causa: Andrea Bartz, Charles Graeber e Kirk Wallace Johnson.

Questa doppia modalità di acquisizione ha portato il giudice Alsup a una conclusione apparentemente paradossale ma giuridicamente coerente: l’addestramento di intelligenze artificiali può essere lecito o illecito a seconda di come si ottengono i materiali, non di come li si utilizza.

Il fair use trasformativo: una rivoluzione giuridica

La parte più rivoluzionaria della sentenza riguarda il riconoscimento che l’addestramento di sistemi di intelligenza artificiale costituisce quello che nel diritto americano si chiama “fair use” trasformativo. Il fair use è una dottrina che permette l’utilizzo di opere protette da copyright senza autorizzazione quando tale uso serve scopi come la critica, l’insegnamento o la ricerca, e soprattutto quando “trasforma” l’opera originale in qualcosa di completamente diverso.

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Il giudice Alsup ha descritto l’addestramento di intelligenze artificiali come “spettacolarmente trasformativo”, utilizzando un’analogia illuminante: proprio come un essere umano può leggere migliaia di libri per imparare a scrivere senza violare il copyright di ogni singolo autore, così un sistema di intelligenza artificiale può processare enormi quantità di testo per apprendere i pattern del linguaggio senza riprodurre illegalmente le opere originali.

Per arrivare a questa conclusione, il tribunale ha applicato i quattro criteri che la legge americana prevede per valutare il fair use.

Il primo criterio esamina lo scopo e il carattere dell’uso: l’addestramento di AI è trasformativo perché non mira a replicare le opere originali ma a “svoltare un angolo netto e creare qualcosa di diverso”.

Il secondo criterio considera la natura dell’opera protetta: sebbene i libri in questione contenessero elementi creativi, questo non è stato sufficiente per negare il fair use.

Il terzo criterio valuta la quantità utilizzata: pur essendo stati copiati libri interi, ciò che conta non è quanto viene copiato per creare il sistema, ma quanto viene reso disponibile al pubblico come sostituto dell’opera originale. Dal momento che Claude non produce output che violano il copyright, la copia integrale era ragionevole.

Il quarto criterio esamina l’effetto sul mercato: l’addestramento non sostituisce la domanda delle opere originali, così come insegnare a studenti non costituisce concorrenza sleale per gli autori.

Il paradosso del mercato emergente

Uno degli aspetti più sofisticati della sentenza riguarda una questione apparentemente paradossale. Gli autori avevano sostenuto che l’addestramento di intelligenze artificiali stava danneggiando un mercato emergente per licenze specificamente dedicate a questo scopo. In altre parole, le aziende di AI avrebbero dovuto pagare una licenza separata per usare le opere nell’addestramento, creando una nuova fonte di reddito per gli autori.

Il giudice ha riconosciuto che questo mercato potrebbe effettivamente esistere o svilupparsi in futuro. Tuttavia, ha stabilito un principio fondamentale: “tale mercato per quell’uso non è uno che il Copyright Act autorizza gli autori a sfruttare”. Questa affermazione segna una svolta epocale nel diritto d’autore.

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Per comprendere meglio questo concetto, consideriamo un’analogia. Se scriviamo un libro, non possiamo impedire ai critici letterari di citarne passaggi nelle loro recensioni, anche se potremmo teoricamente voler vendere loro una “licenza per citazioni”. Le citazioni per scopi critici costituiscono fair use, quindi sfuggono al nostro controllo anche se potremmo desiderare di monetizzarle.

Allo stesso modo, l’addestramento trasformativo di intelligenze artificiali diventa un’attività che, se condotta su materiali acquisiti legalmente, non richiede licenze aggiuntive dai detentori del copyright. Gli autori mantengono il controllo sulla distribuzione delle loro opere attraverso i canali tradizionali, ma perdono il controllo sull’uso trasformativo per l’addestramento di AI.

La linea rossa della pirateria

Se l’aspetto del fair use rappresenta una vittoria per l’innovazione tecnologica, la sentenza traccia anche una linea rossa invalicabile: la pirateria digitale. Il giudice Alsup è stato categorico nel condannare l’acquisizione di contenuti attraverso siti di pirateria, stabilendo che “non esiste alcuna decisione che richieda che piratare un libro che si sarebbe potuto comprare in libreria fosse ragionevolmente necessario” per qualsiasi scopo, incluso l’addestramento di AI.

La distinzione cruciale riguarda non solo l’acquisizione illegale dei contenuti, ma anche il loro utilizzo successivo. Anthropic non si era limitata a utilizzare questi contenuti per l’addestramento, ma li aveva mantenuti in una biblioteca permanente per “scopi generali”, anche dopo aver deciso di non utilizzarli più per l’addestramento. Questo uso separato non era trasformativo e non poteva essere giustificato dal fair use.

Il messaggio del tribunale è chiaro: le aziende di AI devono operare secondo gli stessi principi etici e legali che governano qualsiasi altro settore. Non esistono eccezioni speciali per le società di intelligenza artificiale nel diritto d’autore. L’innovazione tecnologica, per quanto rivoluzionaria, non può essere una scusa per l’illegalità.

Il terzo scenario: la conversione di formato

La sentenza introduce anche un terzo scenario interessante: la conversione di libri fisici acquistati legalmente in formato digitale. Anthropic aveva acquistato milioni di libri cartacei, li aveva scannerizzati distruggendo gli originali, e aveva utilizzato le versioni digitali risultanti. Il giudice ha stabilito che questa pratica costituisce fair use per ragioni pragmatiche: l’azienda aveva acquisito legalmente le copie fisiche, la conversione serviva solo per risparmiare spazio e permettere ricerche più efficienti, non venivano create copie aggiuntive, e non c’era redistribuzione esterna.

Questa parte della decisione riconosce una realtà tecnologica moderna: la necessità di convertire contenuti in formati più efficienti per l’elaborazione digitale, purché si rispettino i diritti acquisiti e non si creino copie surplus destinate alla distribuzione.

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Le implicazioni per l’industria dell’AI

Questa sentenza stabilisce un framework chiaro che guiderà lo sviluppo futuro dell’intelligenza artificiale. Le aziende del settore ora sanno che possono addestrare i loro sistemi utilizzando contenuti acquisiti legalmente attraverso acquisti, licenze o accesso a biblioteche autorizzate. Possono anche convertire materiali posseduti legittimamente in formati più adatti all’elaborazione digitale. Tuttavia, non possono giustificare la pirateria con l’intenzione di un uso trasformativo futuro, né mantenere archivi permanenti di materiale acquisito illegalmente.

Per l’industria editoriale, la decisione rappresenta un adattamento necessario a una nuova realtà tecnologica. Gli autori e gli editori mantengono il controllo sui loro diritti fondamentali e possono continuare a monetizzare le loro opere attraverso i canali tradizionali. Tuttavia, devono accettare che l’addestramento trasformativo di AI costituisce un uso legittimo che sfugge al loro controllo diretto, similmente a come le recensioni critiche o le citazioni accademiche sono sempre sfuggite al controllo degli autori.

Verso un futuro di innovazione responsabile

La sentenza del giudice Alsup fornisce una roadmap per quello che potremmo chiamare “innovazione responsabile” nell’intelligenza artificiale. Le aziende possono continuare a sviluppare tecnologie rivoluzionarie che il giudice stesso ha descritto come “tra le più trasformative che molti di noi vedranno nelle nostre vite”, ma devono farlo rispettando i diritti degli autori e acquisendo i contenuti attraverso canali legittimi.

Questa decisione potrebbe influenzare non solo lo sviluppo dell’AI negli Stati Uniti, ma anche le discussioni legislative in corso in Europa e in altri paesi che stanno cercando di bilanciare innovazione tecnologica e diritti d’autore. Il principio sottostante è universale: l’innovazione deve procedere nel rispetto della legalità, ma la legalità deve anche adattarsi alle trasformazioni tecnologiche che servono il bene comune.

La strada tracciata dal tribunale californiano suggerisce che il futuro dell’intelligenza artificiale non richiederà una rivoluzione del diritto d’autore, ma piuttosto un’evoluzione che riconosca le nuove forme di trasformazione creativa rese possibili dalla tecnologia. In questo equilibrio delicato tra protezione dei diritti e promozione dell’innovazione, la sentenza Bartz contro Anthropic potrebbe essere ricordata come il momento in cui il diritto ha imparato a parlare la lingua dell’intelligenza artificiale.



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