Per capire come sta evolvendo il rapporto tra Terzo Settore e digitale è importante conoscere il contesto nel quale le organizzazioni non profit si ritrovano ad operare in Italia e in Europa. E, per farlo, la Relazione sullo stato del Decennio digitale è un buon punto di partenza.
Pubblicata annualmente dall’Unione Europea, questa relazione valuta i progressi dei Paesi europei nel raggiungere entro il 2030 gli obiettivi fissati dal Programma strategico per il decennio digitale.
L’edizione 2025 è uscita lo scorso giugno: vediamo come si posiziona il nostro Paese, che progressi ha (o non ha) fatto e come si colloca a livello europeo.
I progressi eterogenei del Programma
Il Programma strategico per il decennio digitale è stato adottato nel 2021 per fornire all’UE un quadro di governance strutturato, strategico e giuridicamente vincolante. Per farlo fissa obiettivi in quattro ambiti: competenze, trasformazione digitale delle imprese, infrastrutture digitali e digitalizzazione dei servizi pubblici.
“A partire da luglio 2024, l’UE ha mostrato progressi disomogenei”, si legge nella relazione dello scorso giugno. Il documento spiega che alcuni ambiti, come la disponibilità dei servizi di sanità digitale e la copertura radio 5G di base, stanno registrando livelli relativamente elevati di raggiungimento degli obiettivi. Al contrario, diversi settori chiave – in particolare le tecnologie digitali fondamentali come l’intelligenza artificiale (IA), i servizi cloud, l’analisi dei dati, insieme alla carenza di specialisti ICT e alle competenze digitali di base – mostrano progressi fortemente insoddisfacenti.
La relazione fa il punto anche sulle roadmap strategiche nazionali per il Decennio Digitale, i documenti che ogni Stato UE è chiamato a stilare, indicando politiche e misure per la trasformazione digitale. “Gli Stati membri – si legge – si impegnano collettivamente a realizzare un totale di 1.910 misure, con un investimento complessivo di 288,6 miliardi di euro, di cui 205,1 miliardi provenienti da bilanci pubblici”.
Di seguito vediamo più nel dettaglio tutti questi aspetti.
Il nodo delle competenze digitali
Il tema delle competenze digitali, al centro del progetto Non Profit Digital Leaders cui Percorsi di secondo welfare partecipa come partner, si fa sentire in tutta Europa.
La relazione, infatti, spiega che “le competenze digitali di base sono fondamentali per la partecipazione economica, l’inclusione sociale e la resilienza democratica”, ma al tempo stesso sottolinea come “una diffusa mancanza” di queste continui “a rappresentare un ostacolo sistemico alla trasformazione digitale dell’UE”.
“Nonostante una crescente consapevolezza della necessità di rafforzare le competenze digitali in tutta la società, i progressi in questo ambito restano insufficienti. Nel 2023, solo il 55,6% degli adulti possedeva almeno competenze digitali di base”, si legge ancora nella relazione.
Il documento spiega che, sulla base delle tendenze attuali, si prevede che l’UE raggiungerà un livello appena inferiore al 60% entro il 2030 – ben al di sotto dell’obiettivo dell’80% fissato nell’ambito del programma per il Decennio Digitale. Questo divario è particolarmente evidente in alcuni gruppi demografici: ad esempio gli adulti più anziani, le persone con basso livello di istruzione e quelle disoccupate o non in cerca di lavoro affrontano un rischio sproporzionato di esclusione digitale.
Sebbene i giovani siano spesso considerati “nativi digitali”, non sono universalmente alfabetizzati digitalmente: il 43% degli studenti tra i 13 e i 14 anni non raggiunge livelli di base nelle competenze digitali, con persistenti disparità legate al contesto socio-economico e alla localizzazione geografica.
In Italia le competenze continuano a mancare
Per quanto riguarda l’Italia, la situazione è simile a quella UE, anche se in diversi indicatori il nostro Paese è tra i più arretrati del continente. Anche l’Italia, infatti, “mostra dati eterogenei tra un ambito e l’altro”, si legge nella relazione. Ha compiuto progressi notevoli nel potenziamento delle infrastrutture digitali e dei servizi pubblici digitali, ma continua ad affrontare sfide nell’adozione dell’intelligenza artificiale (IA) e nella crescita delle startup, pur mantenendo un ruolo di primo piano nelle tecnologie strategiche come il quantum computing e i semiconduttori.
Nella sua roadmap strategica per il Decennio Digitale, l’Italia ha inserito 14 obiettivi nazionali e 67 misure concrete per un budget totale di 62,3 miliardi di euro. Fondi che serviranno soprattutto nell’ambito delle competenze, ancora in larga parte da costruire.
La Relazione sullo stato del Decennio digitale, infatti, spiega che il nostro Paese “continua ad affrontare significative carenze nelle competenze digitali, lasciando una parte della popolazione più vulnerabile ai rischi online e meno preparata a trarre beneficio dalla trasformazione digitale”.
Nel 2023, solo il 45,8% delle persone in Italia possedeva almeno competenze digitali di base, contro un obiettivo nazionale dell’80,1% per il 2030. Negli ultimi due anni non si sono registrati miglioramenti significativi: l’aumento è stato solo dello 0,2% annuo rispetto al 2021. Certo, tra 2024 e 2025 le misure previste dal Piano nazionale di ripresa e resilienza in questo ambito dovrebbero consentire qualche progresso, ma l’Italia rimane distante dalla media UE e al quintultimo posto continentale, al di sopra soltanto di Romania, Bulgaria, Polonia e Lettonia.
Le categorie più vulnerabili
Così come avviene a livello continentale, anche in Italia ci sono determinate fasce di popolazione che faticano in maniera molto più forte ad acquisire le competenze digitali necessarie. La relazione UE mette in evidenza una serie di divari preoccupanti, in particolar modo quelli legati a istruzione e aree geografiche.
Nel nostro Paese il 74,09% di chi ha un livello di istruzione elevato ha almeno competenze digitali di base, un valore comunque inferiore alla media UE (79,83%). Le persone con un basso livello di istruzione sono particolarmente svantaggiate: solo il 22,57% possiede competenze digitali di base, con un divario di oltre venti punti rispetto alla media nazionale.
Inoltre, i cittadini italiani residenti in aree rurali hanno minori probabilità di possedere competenze digitali di base, con una percentuale del 40,64%, inferiore alla media UE per le aree rurali (47,50%).
Anche le differenze legate a età e genere, per quanto inferiori, sono rilevanti. I giovani italiani tra i 16 e i 24 anni rappresentano il gruppo più competente digitalmente (59,07%), ma restano comunque al di sotto della media UE (69,98%). Le persone tra i 65 e i 74 anni presentano il livello più basso di competenze digitali (19,33%), anch’esso inferiore alla media UE (28,19%). Infine, il 47,36% degli uomini e il 44,16% delle donne possiede almeno competenze digitali di base. Il divario risultante di 3,20 punti percentuali è leggermente superiore alla media UE (2,23 pp.), indicando una disparità di genere più marcata. Tuttavia, questo divario riguarda principalmente le fasce di età più avanzate: fino ai 59 anni non vi sono differenze significative, mentre nella fascia 60-64 anni gli uomini hanno un vantaggio di 4,3 punti percentuali.
Le misure per migliorare le competenze digitali
“Nel complesso, l’Italia deve affrontare sfide importanti, in particolare nei divari di genere e di livello di istruzione, che rappresentano aree prioritarie con ampi margini di miglioramento”, conclude la Relazione sullo stato del Decennio digitale.
L’obiettivo dell’80% di popolazione con competenze digitali di base rimane lontano, ma l’UE indica alcune misure prese dall’Italia che potrebbero migliorare la situazione e che sono state inserite nell’ultima versione della roadmap italiana.
Due sono in particolare gli interventi citati:
Entrambe le iniziative sono finanziate grazie ai fondi del Piano nazionale di ripresa e resilienza. E proprio in relazione alle scadenze indicate dal PNRR, lo scorso maggio è arrivata una notizia positiva. Il Dipartimento per la trasformazione digitale ha annunciato che i punti “Digitale facile” hanno garantito formazione a 1 milione di persone. L’obiettivo immediato è di arrivare a 2 milioni entro la fine del 2026. La vera sfida, però, sarà continuare ad erogare formazione anche quando i fondi del PNRR saranno esauriti ma i bisogni della cittadinanza in questo campo continueranno ad essere forti.
***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****
Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link