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L’intelligenza artificiale per scovare gli aiuti di stato


Dopo l’accordo USA-UE sui dazi, da più parti si invoca una revisione delle normative sugli aiuti di stato per affrontare gli effetti negativi sulle imprese. Se questo avverrà, verificare la trasparenza degli aiuti di stato diventerà cruciale; una ricerca ci suggerisce di utilizzare l’intelligenza artificiale.

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Il tema degli aiuti di Stato è tornato prepotentemente alla ribalta all’indomani dell’accordo sui dazi tra USA e Europa. Da più parti, infatti, si è cominciato a parlare della necessità di rivedere – rendendole più flessibile – le normative europee in materia, questo per permettere ai governi di ridurre l’impatto sulle aziende europee delle tariffe volute da Trump.

Ma questi strumenti, pur se pensati per correggere imperfezioni del mercato, rischiano di alterare il principio di parità di condizioni all’interno dell’mercato unico europeo. Per questo motivo, ammettendo che un intervento pubblico possa esserci nel gestire la complicata questione dei dazi, sarà estremamente necessario controllare che ciò avvenga in trasparenza e che nessun paese ne tragga vantaggi a scapito di altri paesi del blocco. Sul come mettere in atto un’attività di vigilanza di questo tipo potrebbe tornare utile un recente studio pubblicato dal CEPR e che qui sotto proviamo a raccontare.

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Gli autori della ricerca, Guglielmo Barone (Università di Bologna) e Marco Letta (Università della Sapienza), suggeriscono un’idea innovativa: usare modelli di intelligenza artificiale (machine learning) per identificare i casi sospetti in cui imprese potrebbero aver ricevuto aiuti di stato che non risultano ufficialmente registrati.

La base di partenza sono due importanti database. Da una parte, abbiamo il database della Commissione Europea (TAM – Transparency Award Module) con i dati ufficiali sui beneficiari di aiuti; dall’altra, i bilanci aziendali raccolti da Orbis, il database di Bureau van Dijk. L’idea dei ricercatori è stata di allenare modelli classificatori su questi dati combinati: oltre 11 milioni di osservazioni per azienda all’anno e quasi 190 variabili predittive.

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Sono stati testati tre algoritmi principali:

  1. Albero Decisionale: offre interpretabilità e trasparenza politica, selezionando poche variabili chiave (settore, attività fisse, ricavi, ricavi finanziari), combinandole in modo non lineare.
  2. Bagging (insieme di alberi): migliora sensibilità e accuratezza rispetto al singolo albero, rilevando meglio i veri beneficiari.
  3. XGBoost: uno dei modelli più performanti, capace di gestire classi molto sbilanciate, ottenendo il tasso più alto di sensibilità.

Ma cosa significa “falsi positivi” in questo contesto? Sono imprese che non compaiono nel registro ufficiale dei beneficiari ma che il modello indica come tali. Questa discrepanza può derivare da: aiuti effettivamente ricevuti ma non segnalati, aiuti compatibili ma mancanti di trasparenza, oppure supporti provenienti da Stati non appartenenti all’UE, che non rientrano nelle regole UE ma possono distorcere la concorrenza. L’approccio più stringente considera “sospetti” i casi su cui almeno due dei tre modelli concordano. E seguendo questo criterio lo studio ha individuato circa 326.000 casi, ovvero quasi il 9 % del campione totale.

Per farsi un’idea concreta: anche ipotizzando che solo metà di questi sospetti corrispondano a casi reali di aiuti nascosti, utilizzando i numeri ufficiali (23,4 milioni di imprese non finanziarie e un sussidio mediano di 1 milione di euro), si arriva a stime dell’ordine del 4 % del fatturato aggregato potenzialmente influenzato da aiuti “non tracciati”.

Un altro aspetto interessante emerso dallo studio è la eterogeneità geografica, settoriale e in base alla dimensione aziendale. Paesi come Cipro e Lituania hanno una incidenza di casi sospetti persino doppia rispetto alla media; mentre Italia, Malta, Spagna e Slovenia registrano valori più bassi. Settori come l’energia, l’acqua, l’industria mineraria e manifatturiera mostrano incidenze elevate. Inoltre, le imprese più grandi risultano molto più spesso tra i sospetti, mentre sono quasi assenti le più piccole.

Infine, i sospetti risultano più frequenti in quei Paesi in cui lo Stato possiede imprese pubbliche rilevanti, dove l’investimento diretto estero da Paesi non-UE è maggiore, oppure dove emergono discrepanze nell’applicazione di leggi o trasparenza – segnali che suggeriscono possibile supporto indiretto o mancata compliance.

Perché questo approccio può essere importante? In un contesto in cui indagini a tappeto sono costose e difficili da gestire, un modello basato sull’intelligenza artificiale che filtra i casi più sospetti di aiuti di stato consente ai regolatori di concentrare risorse sulle imprese più rilevanti, in modo efficiente e scalabile.

Foto di Colossus Cloud



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