Il Corridoio Settentrionale è un sistema infrastrutturale multimodale, considerato una vera e propria spina dorsale strategica per l’Africa orientale e uno dei principali sistemi di trasporto nella regione. Originato dal porto di Mombasa, in Kenya, il Corridoio è un collegamento vitale per i paesi senza sbocco al mare, come Burundi, Uganda, Ruanda, Sud Sudan, o nel caso della Repubblica Democratica del Congo (RDC), senza un contatto diretto con l’Oceano Indiano. L’infrastruttura è multimodale poiché comprende, attraversando un’area non uniforme, diversi metodi di trasporto, incluso un network di ferrovie, strade, spostamenti via traghetto sui laghi, terminal per i container e infrastrutture energetiche.
Al centro di crescenti interessi, sia a livello regionale che internazionale, il Corridoio potrebbe plasmare profondamente l’integrazione dei paesi della regione, che sostengono una crescita del PIL media prossima al 5% e sono principalmente importatori netti, con un’alta domanda di prodotti finiti e materiali da costruzione, mentre esportano beni agroalimentari. Vista la sua importanza, esso è anche il palcoscenico per la collaborazione – talvolta anche in chiave competitiva – di attori extra africani come Cina, Unione Europea ed Emirati Arabi Uniti (EAU), che riversano ingenti investimenti per modellarne l’architettura.
I corridoi infrastrutturali offrono benefici innegabili per la crescita economica. Essi riducono drasticamente i tempi di transito delle merci e mirano a diminuire le barriere non tariffarie, andando a mitigare l’impatto negativo dei deficit infrastrutturali, stimato dalla Commissione Economica per l’Africa delle Nazioni Unite (UNECA) con una riduzione, su base annua, della crescita del PIL del 2% e della produttività fino al 40% per l’intero continente africano.
Tali infrastrutture promuovono l’integrazione regionale, lo sviluppo di catene del valore e una maggiore competitività commerciale del continente africano. La costruzione e manutenzione di queste reti genera inoltre un aumento dei posti di lavoro, un vantaggio significativo per un continente con una rapida espansione demografica e un’età mediana molto bassa.
Tuttavia, è utile notare come esistano diverse criticità nello sviluppo di questi progetti: spesso finanziate tramite ingenti prestiti internazionali, queste infrastrutture sollevano interrogativi sulla sostenibilità del debito per i paesi africani; esistono inoltre potenziali impatti ambientali e sociali, come deforestazione, perdita di biodiversità o spostamenti forzati di comunità; infine, sono presenti rischi legati ad aree di conflitto incluse nei progetti, come nelle regioni orientali della RDC, con ricadute sull’implementazione.
Ambito geografico e nodi chiave del Corridoio
I porti sono fondamentali per la connettività del continente africano: l’80% del commercio extra-africano passa dalle infrastrutture portuali. In Africa orientale, il porto di Mombasa è un hub cruciale per il commercio della regione: con una crescita annuale di circa il 10%, è uno dei i primi dieci porti container nel continente. Con una capacità di carico di container (Twenty-foot Equivalent Unit, TEU) di 2,65 milioni, Mombasa ha registrato un aumento record di merci gestite nel 2024, raggiungendo 41,1 milioni di tonnellate, il 14,1% in più rispetto ai 35,98 milioni di tonnellate del 2023.
Da Mombasa parte il trasporto multimodale. La rete ferroviaria comprende due direttive principali: la Metre Gauge Railway (MGR), che collega il porto con Kigali, capitale del Ruanda, per una lunghezza totale di 8.206 km; la Standard Gauge Railway (SGR), che collega Mombasa al deposito di container di Naivasha, passando per la capitale keniota Nairobi. I depositi di container sono spesso chiamati “porti secchi”, poiché servono a non sovraccaricare i porti marittimi, evitando di investire in nuove banchine o spazi di stoccaggio. È inoltre prevista un’ulteriore estensione della SGR per congiungere Kampala (Uganda) e Kigali (Ruanda).
Le reti stradali e autostradali hanno un’estensione di circa 12.707 km e percorrono, in modo più o meno efficiente, la maggior parte del Corridoio. Le principali rotte di transito sono da Mombasa a Bujumbura, in Burundi, che copre circa 2.000 km, e la rotta Mombasa-Kisangani, che si estende per circa 3.000 km e arriva fino all’interno della RDC.
I paesi del Corridoio Settentrionale stanno intensificando gli sforzi per sviluppare poi le infrastrutture portuali interne, tra cui si possono citare, a titolo non esaustivo, la costruzione di porti commerciali e le iniziative relative al miglioramento della navigabilità. Il Lago Vittoria è la principale via navigabile. Altre potenziali vie navigabili interne sarebbero quelle sui laghi Albert, Edward, Kivu (tra Uganda e RDC) e Tanganyika (tra Tanzania, RDC, Burundi e Zambia), così come sui fiumi Kagera, principale immissario del lago Vittoria, e il Nilo. In Burundi, per esempio, la maggior parte del commercio estero (80%) è instradata attraverso il Porto di Bujumbura, situato all’estremità settentrionale del Lago Tanganyika.
Il Porto di Mombasa è anche il fulcro per il petrolio greggio diretto al Corridoio Settentrionale, proveniente principalmente dai paesi del Golfo. Qui, il greggio viene raffinato prima della distribuzione. Sebbene una parte venga trasportata tramite oleodotto verso Eldoret e Kisumu, in Kenya, per altri paesi della regione, come Uganda (90% delle importazioni via Mombasa), Sud Sudan e DRC, si ricorre ancora alle autobotti su strada, modalità meno efficiente e con maggiori rischi.
Gli attori internazionali e la competizione geoeconomica
Negli ultimi decenni, la Cina ha mostrato un impegno significativo in Africa orientale, riversando ingenti investimenti in infrastrutture. Questo impegno è mirato a integrare profondamente la regione nella sua Belt and Road Initiative (BRI). Allineandosi ai quadri di sviluppo regionali, come l’East African Railway Master Plan, i principali progetti BRI sono diventati componenti essenziali dei piani infrastrutturali dell’area. Di conseguenza, mentre la regione mantiene diverse partnership internazionali, una componente significativa dell’architettura dei trasporti è realizzata dalla Cina. Quest’ultima si è anche affermata come la principale fonte di importazioni per i paesi coinvolti nel Corridoio, con un valore di 15 miliardi di dollari di merci importate nel 2024.
Cruciale in questo senso è la già citata ferrovia keniota SGR, avviata durante la presidenza Ururu Kenyatta (2013-2022): per il tratto da Mombasa a Nairobi, la China Export-Import Bank ha corrisposto un prestito da 3,6 miliardi di dollari nel 2014. Tuttavia, i lavori della SGR si sono fermati nel 2019 a causa dell’interruzione dei finanziamenti di Pechino e delle difficoltà economiche del Kenya. La costruzione non è esente da controversie, considerando che l’azienda che se n’è occupata, la China Road and Bridge Corporation, ha ottenuto l’incarico senza bando pubblico, un atto che la corte d’appello di Nairobi ha poi ritenuto illecito.
Di recente, oltre ad alcune discussioni di Nairobi con altri finanziatori, tra cui gli EAU, sembra che il governo keniota abbia trovato un accordo con la controparte cinese durante la visita del presidente William Ruto a Pechino ad aprile, per finanziare il tratto che arriva al confine con l’Uganda. L’investimento sarà sostenuto dall’emissione da parte di Nairobi di un Panda Bond entro fine anno, un’obbligazione che le istituzioni nazionali di paesi esteri possono emettere nel mercato finanziario cinese con l’obiettivo di raccogliere fondi, in questo caso approssimativamente 2,77 miliardi di dollari. Per la tratta Kampala-Kigali, che collegherebbe le due capitali al Corridoio Settentrionale, il governo ugandese ha appaltato a ottobre 2024 la progettazione, costruzione e fornitura di veicoli a un’azienda turca, Yapi Merkezi, per un progetto dal valore complessivo di tre miliardi di dollari.
A questi progetti ferroviari si aggiunge poi, da parte cinese, l’ammodernamento dell’autostrada keniota da Kitale a Morpus (75 km), avviato a novembre 2024 dalla Chongqing International Construction Corporation (CICO). Inoltre, durante l’incontro di Pechino, il presidente Ruto e il suo omologo cinese Xi Jinping hanno concordato l’ampliamento dell’autostrada tra Nairobi e Nakuru, decisione presa dopo che il Kenya aveva rescisso il contratto da 1,3 miliardi di euro con il precedente appaltatore, l’azienda francese Vinci SA, a causa di divergenze contrattuali.
D’altro canto, anche l’Unione Europea ha un interesse sostanziale nel Corridoio Settentrionale, avendolo selezionato, nell’ambito della strategia del Global Gateway, tra i dodici corridoi strategici d’interesse per la connettività regionale e internazionale.
L’impegno dell’UE si concentra principalmente sul rifacimento di tratti autostradali. Tuttavia, come espresso dalla Presidente della Commissione UE Ursula von der Leyen durante il lancio del Global Gateway, “non ha senso per l’Europa costruire una strada perfetta tra una miniera di rame di proprietà cinese e un porto di proprietà cinese”. Per quanto il fine sia quello di creare connessioni sostenibili e affidabili tra l’Unione e i paesi africani, e in questo senso le infrastrutture ne sono importante volano, l’obiettivo più o meno velato sembra essere quello di contrastare l’espansionismo economico cinese.
L’UE, tramite i prestiti e le garanzie facenti capo al Global Gateway, contribuisce con 85 milioni di euro al rifacimento autostradale, mentre la Banca Europea per gli Investimenti (BEI) e la tedesca KfW Development Bank partecipano con 190 milioni di euro, portando il sostegno totale di Team Europe a 275 milioni di euro. Il consorzio include anche il sostegno della African Development Bank (AfDB) e del governo keniota.
In particolare, l’UE ha sostenuto la sezione Mombasa-Kilifi, in Kenya, con 30 milioni di euro. Inaugurata nel novembre 2022, l’autostrada fa anche parte del corridoio costiero, che collega le città portuali di Dar-es-Salaam (Tanzania) e Mombasa (Kenya) per poi spostarsi nell’entroterra verso l’Etiopia e il Sud Sudan. Il progetto include il rifacimento dell’autostrada keniota Mombasa-Mariakani (30 km), con un impegno da 140 milioni di euro, di cui una sovvenzione di 20 milioni di euro dall’UE, un prestito di 50 milioni della BEI, un prestito di 50 milioni di euro da KfW e circa 20 milioni dal governo del Kenya. Un altro progetto è il rinnovo dell’autostrada di 172 km che dalla città di Isebania (Tanzania) arriva a Kisii e Ahero (Kenya) e delle relative strade di collegamento (230 km). L’implementazione di questo progetto è completa al 96%.
Sfide e prospettive future
Come spesso nel caso dei grandi progetti infrastrutturali, solo la continuità di investimenti e pratiche sostenibili può rendere l’infrastruttura veramente efficiente. Al momento permangono diversi deficit infrastrutturali, tra cui le condizioni delle strade di alcuni paesi (in Sud Sudan il 95% del manto stradale è in pessime condizioni). È inoltre cruciale considerare alcune problematiche di fondo che potrebbero minare i benefici attesi. La sostenibilità finanziaria dei corridoi è un nodo critico: i prestiti massicci per la loro realizzazione rischiano di tradursi in un onere insostenibile per i paesi africani, compromettendo la loro situazione economico-finanziaria. Un esempio eloquente è il Kenya dove, anche a causa di ingenti investimenti pubblici infrastrutturali e numerosi prestiti da parte di attori internazionali, il rapporto debito pubblico/PIL è balzato dal 35,7% nel 2011 al 65,6% nel 2024 in poco più di un decennio.
Le conseguenze ambientali e sociali delle grandi infrastrutture non sono trascurabili, dalla distruzione di habitat alla ricollocamento di comunità, con indennizzi spesso inadeguati o completamente assenti. Nel caso del Corridoio settentrionale, anche il trasporto su strada del petrolio tramite autobotti rappresenta un rischio ambientale marcato.
Va infine considerata anche la fragilità securitaria in cui versano alcuni di questi paesi, con conflitti interni spesso incentrati sul controllo di risorse. In RDC, in particolare, una sezione del Corridoio passerebbe nelle regioni di Nord e Sud Kivu, zone di conflitto in particolare afferente all’insorgenza del movimento M23, sostenuto dal Ruanda, che ha avuto una recrudescenza in anni recenti e in particolare a inizio 2025. Qui, il contesto rimane decisamente instabile anche dopo il recente accordo di pace tra RDC e Ruanda.
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