Operativi i dazi contro oltre 90 Paesi. Canada e Svizzera tra i più colpiti
Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha firmato ieri sera l’ordine esecutivo che stabilisce l’importo delle nuove tariffe doganali che interesseranno i prodotti provenienti da decine di Paesi (oltre novanta) che vengono importati negli Stati Uniti, sconvolgendo l’ordine economico globale con queste barriere commerciali, che sono particolarmente proibitive per Canada e Svizzera. La Casa Bianca, che mira a “ristrutturare il commercio globale a beneficio dei lavoratori americani”, ha concesso una proroga di alcuni giorni. Queste nuove tariffe sulle importazioni entreranno in vigore il 7 agosto, e non questo venerdì primo agosto come inizialmente previsto, per consentire alle Dogane americane di organizzarne la riscossione. “L’ordine esecutivo e gli accordi commerciali conclusi negli ultimi mesi violano le regole che hanno regolato il commercio internazionale dalla Seconda Guerra Mondiale”, ha sottolineato Wendy Cutler, vicepresidente dell’Asia Society Policy Institute.
Queste decisioni minacciano di aumentare i costi per le aziende e i prezzi pagati dai consumatori. Rischiano di causare un rallentamento dell’economia globale, malgrado il Fondo Monetario Internazionale (Fmi) si sia mostrato meno pessimista martedì scorso rispetto a tre mesi fa. I mercati azionari europei hanno aperto in rosso oggi, mentre la maggior parte dei mercati asiatici ha chiuso in leggero calo. Per alcuni Paesi, la nuova situazione non è stata affatto una sorpresa. Il sovrapprezzo previsto dal decreto è quello ottenuto dopo mesi di trattative con Washington, che ha cercato di strappare ai partner quante più concessioni possibili senza subire ritorsioni. L’Unione Europea, il Giappone e la Corea del Sud vedranno i loro prodotti tassati al 15%, mentre il Regno Unito al 10%. L’Ue ha ottenuto anche un’esenzione per settori chiave, ma restano in vigore altre maggiorazioni, come quelle su vino e liquori, i cui esportatori francesi hanno dichiarato oggi di temere “effetti” sull’occupazione. Per altri Paesi sarà una doccia fredda, come la Svizzera, che si troverà ad affrontare un sovrapprezzo del 39%, molto più alto di quanto promesso ad aprile (31%). Il governo federale elvetico ha accolto questa decisione oggi “con grande rammarico”, ma vuole credere in “una soluzione negoziata”. Il Canada vede i dazi doganali applicati ai suoi prodotti aumentare dal 25% al 35%, a meno che non siano coperti dall’accordo di libero scambio tra i tre Paesi nordamericani.
Orologiai svizzeri: «I dazi sono una minaccia per l’intera economia»
I dazi del 39% annunciati ieri dagli Stati Uniti non sono né comprensibili né giustificati e sono chiaramente una minaccia per l’intera economia svizzera, in quanto mettono a repentaglio la competitività delle aziende e dei prodotti elvetici su un importante mercato. E’ la reazione della Federazione dell’industria orologiera (Fh) elvetica alle ultime mosse del presidente americano Donald Trump. Dato che la Svizzera ha abolito tutte le barriere doganali sui prodotti industriali importati nel nostro Paese, è ingiustificato parlare di mancanza di reciprocità da parte elvetica, sostiene Fh in una dichiarazione raccolta da Keystone-Ats. Se si tiene conto dei servizi, la bilancia commerciale tra i due Paesi è più o meno equilibrata. “Ci rammarichiamo che il Consiglio federale e le autorità svizzere non siano riusciti a raggiungere un accordo favorevole per l’economia elvetica. Ci aspettiamo ora che le autorità diano priorità assoluta alla questione e facciano il possibile per negoziare rapidamente una soluzione migliore”, scrive Fh. “Questi nuovi dazi doganali rappresentano un pesante fardello per le relazioni economiche tra i due Paesi”, conclude l’organizzazione.
La stampa svizzera auspica un avvicinamento all’Ue
Mentre nell’Ue l’accordo commerciale con gli Usa attira critiche alla Commissione Europea, in Svizzera la prospettiva è assai diversa. Nei commenti al “martello tariffario” del presidente americano Donald Trump, la maggior parte della stampa svizzera vede una soluzione in un maggiore avvicinamento all’Unione Europea. Le testate di Tamedia affermano che le relazioni speciali con gli Usa appartengono ormai al passato. Il Blick-Online invita la destra e la sinistra a fare fronte comune. Un commentatore di Tamedia parla di fiasco: secondo lui, è giunto il momento di dire addio all’idea di una relazione speciale con gli Stati Uniti. Al contrario, il presidente americano Donald Trump vuole mettere la Svizzera sotto pressione e trarne profitto. La Svizzera, messa in scena come un caso speciale, è piuttosto sola. Quando una superpotenza fa del caos il suo principio, un piccolo Stato non ha molto spazio di manovra. Nel bene e nel male, la Svizzera dovrebbe fare i conti con la “macchina arbitraria di Washington”. E orientarsi maggiormente verso partner affidabili, soprattutto Bruxelles. La piattaforma online Watson rileva una crescente pressione sulla Svizzera. Il mondo di Trump sta mettendo a dura prova il modello di successo svizzero. Un modello che cerca di venire a patti con tutti e che in qualche modo funziona ancora. La Svizzera rischia però di cadere nel dimenticatoio.
La “Luzerner Zeitung” si chiede se la diplomazia non abbia bluffato a sufficienza. Dopo il primo colloquio della presidente Karin Keller-Sutter con Trump, si era creata l’impressione che la Svizzera fosse “piccola ma influente”. Ora Trump sta dimostrando alla Svizzera quanto sia importante un mondo con regole per la risoluzione dei conflitti, come quelle negoziate dal Consiglio Federale con l’Ue. L’edizione online del “Blick” ha titolato il commento con “la più grande sconfitta dopo Marignano”, combattuta nel settembre del 1515 per il controllo del Ducato di Milano. Per Blick, servono unità politica e partner affidabili. Occorre serrare i ranghi, altrimenti gli anni delle “vacche grasse” sono destinati a finire. La destra deve fare i conti con il riavvicinamento all’Ue, la sinistra deve rinunciare alla lotta contro gli accordi di libero scambio. L’edizione online del quotidiano romando “Le Temps” osserva da parte sua che una lunga serie di argomenti economici avrebbe potuto funzionare per un altro presidente degli Stati Uniti, ma non per Trump. Dopotutto, la Svizzera è il sesto investitore negli Stati Uniti. La politica e l’economia si sono affrettate a esprimere fiducia in una soluzione. Tuttavia, la relazione speciale si è rivelata una chimera. Non essere preparati al peggio oggi sarebbe un grave errore.
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