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Industria 4.0: disponibili ancora 686 milioni di Euro


Trasformazione digitale: dall’era 4.0 al Piano Transizione 5.0, sfide e opportunità spiegate in modo semplice da ICIM Group.

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L’Italia è a un bivio nel suo percorso di trasformazione digitale e sostenibile. I fondi per la Transizione 4.0 sembrano volgere al termine mentre il Piano Transizione 5.0 offre nuove, seppur complesse, opportunità per le imprese. In questa intervista, l’ingegner Paolo Gianoglio, CEO di Laboratorio OMECO e Corporate Innovation, Development and Industrial Relationship Director di ICIM Group, nonché tra i massimi esperti del settore, spiega le complessità e le prospettive di questi incentivi. Dallo stato attuale dei fondi alle sfide nell’implementazione delle tecnologie, fino ai rischi da monitorare e al ruolo di ICIM Group, Gianoglio offre una panoramica essenziale per comprendere come le aziende possano non solo accedere agli incentivi, ma anche misurare il successo reale dei loro investimenti in un’ottica di lungo termine.

Qual è ad oggi lo stato degli incentivi Transizione 4.0 e Transizione 5.0?

Secondo quanto recentemente comunicato dal Ministero delle Imprese e del Made in Italy (MIMIT), le risorse per il 2025 non sono, in realtà, esaurite e restano 686M€ di incentivi Transizione 4.0 da prenotare. Per il Piano Transizione 5.0, invece, ci sono ancora importanti fondi disponibili per oltre 4.700M€ (dato aggiornato a fine luglio). Le richieste hanno avuto un’accelerazione negli ultimi tre mesi dopo i chiarimenti operativi del GSE e del Ministero delle Imprese e del Made in Italy, che hanno semplificato le procedure, specialmente per le aziende che intendono sostituire beni ammortizzati da almeno 24 mesi. Nonostante l’aumento delle domande, tuttavia, l’utilizzo completo dei fondi non è previsto, a causa dei tempi stretti per la consegna dei beni, entro il 31 dicembre”.

Possiamo ipotizzare ulteriori semplificazioni o proroghe per il Piano Transizione 5.0?

“Sono in corso negoziazioni tra il MIMIT e la Commissione Europea per apportare ulteriori proroghe al Piano Transizione 5.0. Nello specifico, si sta cercando di ottenere una proroga per la fase di consegna, consentendo alle aziende più tempo per ordinare i beni e versare l’anticipo entro il 31 dicembre, aprendo così nuove opportunità di accesso agli incentivi. Inoltre, si prevede (e si auspica fortemente) la rimozione del vincolo che limita le aziende a prenotare un solo progetto alla volta. La restrizione, introdotta per un’attesa elevata di domande, che non si è concretizzata, è attualmente al vaglio del Ministero dell’Economia e delle Finanze su proposta del MIMIT e la sua eliminazione potrebbe sbloccare ulteriori investimenti”.

Quali sono ad oggi le reali opportunità di investimento per le imprese che vogliano accedere a questi incentivi?

“Date le attuali condizioni e i vincoli normativi, le imprese che desiderano accedere agli incentivi del Piano Transizione 5.0 si stanno concentrando sulla sostituzione di beni obsoleti, anche molto datati, piuttosto che sull’acquisto di nuovi macchinari. La tendenza è dovuta alla complessità tecnica della procedura per dimostrare lo “scenario controfattuale” per i beni nuovi, ovvero la necessità di quantificare il consumo energetico di un bene non 5.0 in condizioni operative analoghe. Le imprese sono restie ad affrontare questo rischio burocratico, temendo potenziali recuperi dell’incentivo e sanzioni da parte delle autorità. A differenza di quanto accadeva con il precedente Piano Industria 4.0, gli investimenti attuali sono prevalentemente di taglio medio-piccolo”.

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Quali sono le principali sfide che le aziende incontrano nell’implementare soluzioni Industria 4.0 e 5.0?

“Una delle maggiori difficoltà per le aziende che accedono agli incentivi di Transizione 4.0 è la mancanza di una reale comprensione del significato di interconnessione. Spesso l’interconnessione viene vista solo come un adempimento per ottenere l’incentivo ma questo approccio non solo rende l’interconnessione inefficace per l’azienda, ma la espone anche a rischi significativi e, in effetti, l’Agenzia delle Entrate e la Guardia di Finanza hanno intensificato i controlli e le contestazioni. La normativa prevede infatti che se l’interconnessione, seppure tecnicamente valida, non viene effettivamente integrata e utilizzata nel processo aziendale, l’incentivo decade e scattano le sanzioni. La sfida è quindi garantire che l’interconnessione porti un reale beneficio. Per quanto riguarda il Piano Transizione 5.0, in particolare per gli investimenti che non sono una mera sostituzione di beni, la sfida è la misurazione dei consumi energetici pre e post-investimento ma molte aziende non dispongono di dati precisi sui consumi per singola macchina. Ciò significa che è spesso necessario ricostruire lo storico dei consumi del macchinario da sostituire o migliorare. La difficoltà sta nel garantire una misurazione corretta e affidabile dei consumi energetici, indispensabile per accedere agli incentivi”.

Ci sono altre criticità a cui porre attenzione per evitare di perdere l’incentivo e incorrere in sanzioni?

“Le aziende che accedono agli incentivi Transizione 4.0 e 5.0 devono prestare attenzione alla sicurezza dei macchinari e alla corretta documentazione di conformità per evitare di perdere gli incentivi e incorrere in sanzioni. È essenziale che i macchinari rispettino i requisiti di sicurezza previsti per legge, un aspetto non scontato, soprattutto quando vengono assemblati macchinari provenienti da fornitori diversi (l’insieme necessita, infatti, di una certificazione di conformità specifica). Altresì fondamentale è una documentazione di conformità adeguata e precisa, dal momento che autodichiarazioni e perizie e dossier incompleti o non dettagliati sono facilmente contestabili durante le verifiche. Anche l’impresa più virtuosa, se non ha costruito un dossier meticoloso, si troverà in enorme difficoltà a ricostruire decisioni e azioni prese magari 5 o 6 anni prima per dimostrare la conformità. Costruire un dossier completo fin dall’inizio è vitale per dimostrare la conformità ed evitare la revoca degli incentivi e sanzioni“.

Quali prospettive ci potranno essere per nuovi incentivi a partire dal 2026?

“Il mondo imprenditoriale sta sollecitando con forza nuovi incentivi dal 2026, puntando a maggiore prevedibilità e flessibilità. Si chiedono incentivi pluriennali e programmabili per investimenti complessi e strutturali, che richiedono lunghi tempi di pianificazione. Una prospettiva pluriennale darebbe alle imprese la certezza necessaria per affrontare investimenti a lungo termine. Si auspica anche una maggiore semplificazione rispetto all’attuale Piano Transizione 5.0, che si è dimostrato efficace quasi esclusivamente per la sostituzione di beni. Infine, le imprese chiedono che la sostenibilità industriale non sia limitata al solo risparmio energetico. La speranza è che i futuri incentivi abbraccino una visione più ampia della sostenibilità, includendo la riduzione degli sprechi, l’economia circolare e l’uso di energie rinnovabili, offrendo maggiore flessibilità in base alle effettive esigenze aziendali”.

Come misurare il successo di un investimento 4.0 e/o 5.0 a prescindere dagli incentivi?

“Il successo di un investimento si misura dai vantaggi per l’azienda, non solo dagli incentivi ottenuti. Digitalizzazione significa aumentare l’efficienza, ridurre i costi, migliorare la produttività indipendentemente dal supporto degli incentivi, ad esempio minimizzando difetti e scarti grazie a processi più precisi e automatizzati, che portano a un minore spreco di materiali. Per il Piano Transizione 5.0, il vantaggio è il risparmio energetico. Un punto critico, però, è che il 5.0 deve rispettare la tassonomia europea e il principio “Do No Significant Harm” (DNSH). Questo ha escluso dai benefici i settori ad alta intensità energetica – come acciaio, vetro e carta – che avrebbero tratto il maggior vantaggio dal risparmio energetico, a causa della loro impronta carbonica. Si auspica che, con le nuove misure dal 2026, il vincolo della tassonomia e del principio DNSH venga rimosso”.

Quali rischi monitorare nell’inserimento di tecnologie 4.0 o 5.0 nell’ambiente produttivo?

“Il primo rischio è non rivedere i processi aziendali prima di implementare nuove tecnologie. Le tecnologie non risolvono problemi organizzativi preesistenti, anzi possono aggravarli se non c’è una progettazione coerente. La sfida è ottimizzare i processi per sfruttare al meglio la tecnologia. Il secondo rischio è la sicurezza informatica. L’interconnessione, essenziale per gli incentivi, crea nuove vulnerabilità. Le aziende spesso proteggono bene i sistemi commerciali o amministrativi ma trascurano la sicurezza della rete di fabbrica, che può diventare un punto debole. Con l’accesso remoto per la teleassistenza, ad esempio, le reti aziendali possono essere esposte, a maggior ragione se anche la rete del fornitore non è adeguatamente protetta, creando potenziali punti di accesso non controllati. Inoltre, un’altra criticità è la riservatezza delle informazioni: le macchine moderne generano e gestiscono sempre più dati contenenti know-how aziendale e informazioni riservate, che devono essere protetti”.

Qual è il contributo di ICIM Group nel supportare le imprese italiane nella transizione digitale ed energetica?

Il primo passo per ICIM Group è di natura informativa. L’obiettivo è colmare il divario di conoscenza che spesso caratterizza le piccole e medie imprese (PMI) riguardo agli incentivi. ICIM Group si impegna a spiegare opportunità e rischi legati alla realizzazione di progetti di digitalizzazione ed efficientamento energetico. Ciò significa impostare un ragionamento che va oltre il mero accesso all’incentivo, aiutando le aziende a comprendere dove vogliono arrivare strategicamente e a essere pienamente consapevoli delle implicazioni dei loro investimenti. Successivamente, ICIM Group offre un supporto consulenziale e di valutazione dei rischi che include l’identificazione delle criticità e l’attivazione delle protezioni adeguate, soprattutto in termini di sicurezza informatica e conformità normativa. ICIM Group vanta competenze a 360 gradi, con un’esperienza che risale al gennaio 2017, quando è nato il tema Industria 4.0. In otto anni, abbiamo attestato oltre 2 miliardi di euro in investimenti, affrontando un’ampia serie di situazioni e problematiche che ha permesso al team di ICIM Group di acquisire competenze che vengono messe a disposizione delle imprese per guidarle in progetti complessi e strategici”.

Ingegner Paolo Gianoglio, CEO di Laboratorio OMECO e Corporate Innovation, Development and Industrial Relationship Director di ICIM Group

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