Dibattiamo del “capitalismo di sorveglianza” da prima della pandemia, ormai anche i muri possono rispondere su quanto la “povertà sostenibile” sia un modo per controllare le masse, per escluderle dai cicli produttivi, dai benefici delle ricchezze come dal partecipare all’ormai risicato ascensore sociale. Del resto, l’umanità ha conosciuto l’abolizione di schiavitù e servitù della gleba nel lasso temporale medio degli ultimi duecento anni; ben poca cosa rispetto ai tanti millenni che hanno consentito il sorgere d’imperi, la creazione d’enormi ricchezze grazie allo sfruttamento dei molti ad opera di pochi.
Oggi, che l’operatore viene un po’ in tutti i campi sostituito dai robot, dall’intelligenza artificiale, dal computer, succede che il potere non intenda dividere con i popoli le ricchezze create grazie alla tecnologia. Nel primo momento il potere aveva paventato che la tecnologia avrebbe fornito a tutti delle opportunità illimitate. Ma dopo la pandemia è diventato imperativo dei pochi contenere demograficamente i molti, limitarne appetiti ed ambizioni: per non dividere ricchezza e potere come anche risorse alimentari che potrebbero scarseggiare. Così la tecnologia è venuta incontro al neocapitalismo di sorveglianza, promettendo che il tre per cento degli uomini possa ancora tenere a bada i popoli.
Come da antica tradizione speculativa si ricorrerà all’esempio, all’aneddoto utile a dimostrare come gira il mondo, come il potere fronteggi le ambizioni dei popoli: per motivi giudiziari (evitare querele) verranno omessi i nomi degli attori e quanto serva ad identificarli, consci che in sede di conciliazione e di costituzione di parte civile possa essere preteso un risarcimento (e solo per averli nominati) proporzionato al loro patrimonio professionale, etico, morale, al censo, ai loro beni.
Partiamo dal presupposto che il potere finanziario pretende dagli attuali corpi intermedi la concentrazione della ricchezza: ovvero politiche economiche e sociali che mirino a far sì che la ricchezza si accumuli nelle mani di un numero ristretto di individui o gruppi, contrastando ̶ con norme europee e poi leggi nazionali ̶ che venga equamente distribuita nella società. Questo, per esempio, avviene con politiche fiscali che favoriscono i più ricchi, permettendo la chiusura delle attività che per incapienza non riescono a mettersi a norma europea. O deregolamentando settori in cui solo le grandi imprese possono accumulare profitti: come quello energetico e telefonico, dove il cosiddetto “mercato libero” ha favorito le multinazionali che a loro piacimento mettono mani a tariffe e prezzi. Oppure le politiche creditizie che limitano l’accesso delle fasce sottocapitalizzate alle opportunità, negando loro prestiti e mutui, negando loro l’opportunità d’aprire un laboratorio o un commercio che possa restituire negli anni alla banca capitale e interessi.
L’imprenditore e il dottor Pangloss
Qualcuno ce la fa, e con tanti sacrifici ed intelligenza riesce negli anni a costruire varie realtà produttive. È il caso dell’amico imprenditore che lo scrivente non sentiva da qualche anno, che in questi giorni s’è fatto vivo. “Qual buon vento!?”. Il tipo di rimando “perdonami ma ho avuto una vita convulsa…troppi impegni”. La domanda su come vadano le aziende viene spontanea, ma la risposta è deviante: “Guarda le aziende vanno bene, nonostante i tempi, ma ti telefono per un consiglio. La mia crescita economico-imprenditoriale è ormai evidente… l’hanno notata dirigenti di banca, concorrenza e, soprattutto, salotti di potere”. Colto da grande curiosità interrompo a gamba tesa: “Non dirmi che s’è fatta viva l’Agenzia delle Entrate”. La risposta è secca: “Certo che no! Sono totalmente in regola, pago i migliori commercialisti e tributaristi di Milano. Altro è il problema, forse una mia eccessiva preoccupazione. Mi hanno avvicinato ambienti di potere ̶ sottolinea l’imprenditore ̶ gente ben più in alto della politica. Mi ha voluto incontrare una persona del potere economico, e per chiedermi se gradissi essere suo ospite. Quindi mi ha invitato nella sua villa a pochi passi dalla Svizzera per una serata con imprenditori, banchieri, importanti professori universitari e gente del jet set degli affari. Sto partecipando da qualche mese alle loro serate: ascolto e parlo lo stretto necessario, un sorriso, un buona serata, un brindisi. Ogni volta ospitano conferenze di esperti internazionali di banche, economia, finanza, tecnologie, normative europee. Durante un incontro, un importante docente, ospite fisso del World Economic Forum, ha spiegato come la povertà dei popoli si riveli comunque il migliore strumento di controllo, che da anni gli esperti del capitalismo di sorveglianza valutano come il potere possa meglio imporre le regole, quindi far accettare socialmente i vari sistemi d’esclusione”. Si risponde all’amico che da sempre il potere ha sbarrato la porta della ricchezza ai popoli, che comunque entrare a corte è sempre stato arduo.
L’imprenditore ci tiene a precisare che “da giovane laureato ero dalla parte di chi subisce le regole del potere, non sono nato ricco; ho studiato e lavorato tanto, oggi cerco di aiutare i giovani o i miei dipendenti in difficoltà. Sono rimasto sconvolto ̶ confessa l’imprenditore ̶ quando ho scoperto, e non ti posso fare i nomi per telefono, come in conciliaboli esclusivi certa gente importante consigli al potere la povertà come strumento di controllo; e sono gli stessi professoroni che rilasciano interviste o scrivono libri su come sconfiggere la povertà e promuovere una società più equa proponendo modelli di sviluppo inclusivo e sostenibile in cui non credono nemmeno loro, e per rendersi credibili ammantano il predicozzo col racconto sul rispetto dei diritti umani e sulla partecipazione di tutti”.
Evviva caro amico, sei entrato nel novero dei papabili invitati ai conciliaboli internazionali. L’imprenditore, uomo intelligente, s’è così reso conto che necessiti sorridere, fingere, salutare tutti e, soprattutto non esporsi. Nemmeno noi ci esponiamo, ed omettiamo nomi, luoghi, circostanze: e chi vuol capire capisca.
Perché puntare il dito contro qualcuno ci procurerebbe solo un nuovo processo. Negli ultimi vent’anni anche l’uomo di strada, l’italiano medio, ha pian pianino compreso che oggi come ieri la povertà e il controllo dei popoli rimangono temi interconnessi: studiati dalle dinamiche di potere chiamate ad amministrare disuguaglianze sociali ed economiche perché non vengano turbati gli equilibri nazionali, europei, mondiali. Il genuino imprenditore di prima generazione ha così toccato con mano come la povertà ancora si riveli strumento di controllo, utile a limitare le opportunità, l’autonomia umana, la partecipazione politica di individui e gruppi.
L’italiano subisce e medita
Ma veniamo ad altri esempi. La direttiva europea Bolkestein prometteva la semplificazione di gran parte delle procedure amministrative, soprattutto di evitare discriminazioni basate sulla nazionalità di chi apre imprese in un paese dell’Ue. Oggi la Bolkestein ha di fatto portato al fallimento gran parte delle imprese familiari che gestivano lidi balneabili, spazi a mercati ambulanti ed una miriade di attività commerciali soprattutto nei grandi centri urbani. Situazione similare l’ha vissuta una quindicina d’anni fa la Grecia, e prima che calasse la Bolkestein, subendo il fallimento di gran parte delle attività private e poi l’acquisizione da parte di soggetti esteri di isole, alberghi, porti, aeroporti, spiagge, noli: oggi ai greci è rimasto l’interno della terra ferma, Atene e dintorni, tutte le attività ed i patrimoni immobiliari sono transitati attraverso immobiliari e società controllate da banche tedesche, olandesi, inglesi. “È il mercato bellezza!” affermerebbero i seguaci di Monti e Draghi.
Per brevità di racconto vi portiamo un esempio vicino Roma. Vi invitiamo a recarvi ad osservare il lido di Ostia: noterete che gran parte degli stabilimenti sono oggi sequestrati, che in alcuni casi viene impedito l’accesso al mare, che in quelli liberi s’assiste ad una guerra tra poveri che operano la “tentata vendita” di caffè, bibite e panini. Ovviamente interviene la polizia locale (ma anche il Commissariato e la Guardia di Finanza) che provvede al fermo dei tanti emuli di “Café Express” (quello di Loy e Manfredi) che operano la “tentata vendita” con rissa. Indagando si scopre che gli arrestati sono soprattutto italiani, che prima di fare gli ambulanti abusivi erano regolari dipendenti di lidi e bar: dopo le chiusure si sono dati al “crimine”. Chissà se questa gente tornerà ad un lavoro onesto quando tedeschi, francesi, olandesi e inglesi metteranno le mai sui vari lidi. Del resto per decenni abbiamo letto ogni male sulle terme di Ischia, poi ogni bene da quando i più importanti bagni vengono gestiti da una società tedesca (amministrata dal cugino di Agela Merkel).
Le strutture di potere, e relativi sistemi di controllo, possono perpetuare ed esacerbare la povertà, creando circoli viziosi: guerre tra poveri, fallimenti a catena, panico fiscale. Così coloro che detengono il potere economico possono usare la povertà per esercitare il controllo sugli altri. Lo fanno creando dipendenze e obblighi, o influenzando le scelte sugli acquisti.
Limitano soprattutto la capacità dei popoli di opporsi a politiche o decisioni: infatti se negli anni ’60 era naturale scendere in piazza contro la guerra, oggi la gente pavidamente cerca di non parlar male dei conflitti temendo dispiacere al potere. Oggi la privazione di libertà è evidente nelle tante paure che intristiscono la vita dei cittadini. Timori che rendono l’uomo maggiormente vulnerabile alla povertà, allo sfruttamento lavorativo, all’accettare condizioni di lavoro precarie e illegali solo per sopravvivere. All’amico imprenditore, che guardingo accetta inviti ai conciliabili di potere, è stato detto che dal suo salotto andranno a Davos, al prossimo Wef. Proprio quel vertice internazionale dove una ventina d’anni fa venivano organizzati i primi panel sulla riduzione della platea dei fruitori di beni e servizi (la gente insomma) per salvare l’ambiente, il pianeta. In pratica il potere sta dando segnali alla politica perché le persone in povertà vengano sempre più escluse da servizi, opportunità, processi decisionali. Il circolo vizioso che crea emarginazione e svantaggio permette al potere di vestirsi di filantropia, di commuoversi in abiti eleganti dinnanzi alle sempre più nutrite file dinnanzi a Caritas, Sant’Egidio, parrocchie e volontariati vari. Il fatto che sia stata ricostruita una forte vulnerabilità delle persone permette al potere di giocare legalmente, in punta di diritto, la carta della sottomissione dell’umanità.
In Europa l’essere umano lo si può definire più o meno totalmente libero dal 1807 (in Francia dalla Rivoluzione), data in cui i contadini tedeschi vennero dichiarati liberi: la loro libertà di movimento veniva sancita dall’abolizione della servitù obbligatoria, e l’editto recitava “con il giorno di San Martino 1810 cessa ogni dipendenza”. Nell’Inghilterra la cosa continuava ancora per qualche anno, i lord ci tenevano a sottolineare che: “La condizione del servo della gleba è dura, ma molto migliore di quella dello schiavo che è come un animale da lavoro, un utensile”. Nella civilissima Gran Bretagna la “servitù della gleba” di fatto terminava pochi anni prima che nella Russia zarista: a difesa delle garanzie che forniva la “servitù”, qualche lord ebbe anche a rimarcare che, se il signore finiva in rovina, i servi non avrebbero subito alcun nocumento, il nuovo padrone avrebbe provveduto a vitto, vestiario e alloggio. Pare davvero strano che nella nostra epoca si debba ritornare a mettere in guardia contro la schiavitù: lo si fa per destare l’attenzione di chi nelle aule parlamentari dovrebbe maggiormente badare alla protezione sociale dei più vulnerabili.
Le nostre catene
I potenti della terra chiedono alla politica, e con voce sempre più forte, di favorire la concentrazione di ricchezza attraverso politiche fiscali che premino i redditi più alti o le grandi aziende: per esempio con la riduzione delle tasse sui redditi da capitale e sui profitti aziendali. Questo significa che le politiche economiche e sociali mirano a far sì che la ricchezza si accumuli principalmente nelle mani di un numero ristretto di individui o gruppi. Gli incontri riservati che Bill Gates, Elon Musk, Jeff Bezos, George Soros e altri tengono con presidenti e vertici Ue hanno lo scopo di ottenere la riduzione di normative e controlli nel settore finanziario o in altri settori economici: per consentire alle grandi imprese e ai ricchi di operare con maggiore libertà, accumulando dividendi, quindi profitti. Da qui le grandi difficoltà che incontrano i governi nel varare politiche di sostegno alle piccole e medie imprese, che incarnerebbero le opportunità di crescita economica per tutti noi. Ne deriva che, tacere e ascoltare è l’unico consiglio utile per il neofita del salotto d’accesso al potere. Lì probabilmente decidono chi portare in alto e chi gettare nella polvere. La gente lo sa, lo immagina, lo pensa, ma nella scarsità di risorse prevale la rassegnazione… la povertà come robusto guinzaglio che tenga a bada l’escluso.
Aggiornato il 31 luglio 2025 alle ore 10:24
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