Recepite le richieste fatte dal rapporto Ecomafia di Legambiente. L’associazione: “Svolta importante per la lotta al mercato criminale dei rifiuti”
Il Consiglio dei ministri ha approvato il 30 luglio il Decreto-legge “Terra dei Fuochi”. Il provvedimento introduce misure straordinarie per contrastare i reati ambientali e restituire legalità ai territori colpiti da roghi e traffici illeciti di rifiuti, tutelando la salute pubblica e l’ambiente.
Il decreto legge approvato dal governo, che Legambiente ha potuto analizzare sulla base dello schema presentato nel preconsiglio dei ministri, ha tre “assi” importanti: le modifiche al Testo unico ambientale sui reati nella gestione di rifiuti; quelle al Codice penale e di procedura penale, al Codice antimafia e della strada, alla legge 231 in materia di reati ambientali; infine, la destinazione di 15 milioni di euro per il 2025 al Commissario unico Vadalà per gli interventi di bonifica nella Terra dei fuochi.
Secondo il Ministero competente, il provvedimento prevede l’arresto anche in flagranza differita per i reati ambientali più gravi, come disastro ambientale e traffico illecito di rifiuti. Vengono rafforzate le pene per l’abbandono e la gestione non autorizzata di rifiuti, con misure accessorie come la sospensione della patente, il fermo del veicolo e l’esclusione dall’Albo dei gestori ambientali per le imprese non in regola. Per contrastare l’abbandono di rifiuti da veicoli sarà possibile utilizzare anche immagini di videosorveglianza. Il Decreto consente l’amministrazione giudiziaria delle aziende coinvolte in attività inquinanti, soprattutto se legate alla criminalità organizzata. “Questo decreto afferma con forza che chi inquina paga, senza sconti. È un segnale chiaro dello Stato a tutela dei cittadini e dei territori” commentano il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, Gilberto Pichetto, e il viceministro Vannia Gava, sotto la cui direzione ha lavorato il MASE.
Abbandono con rischi per l’ambiente e la salute delle persone, realizzazione di discariche abusive, spedizioni illegali di rifiuti diventano delitti, come richiesto da Legambiente nel rapporto Ecomafia, di fronte all’impennata dell’illegalità. Scattano anche le aggravanti per il delitto di attività organizzata di traffico illecito di rifiuti, che se crea pericoli per l’ambiente o la salute delle persone può arrivare a pene fino a 9 anni di reclusione (art. 452 quaterdecies del Codice penale). E vengono inserite le sanzioni per le imprese e gli enti responsabili di omessa bonifica e impedimento al controllo, finora non previste (art. 452 terdecies e septies del Codice penale).
“Nel 2024 i reati nel ciclo illegale dei rifiuti – sottolinea Enrico Fontana, responsabile dell’Osservatorio nazionale Ambiente e legalità di Legambiente – sono aumentati del 19,9% rispetto al 2023, quando avevano registrato un’impennata del 66,1%, anche per un diffuso senso di impunità. Ora gli illeciti che sono alla base di queste attività criminali (art. 255 bis, 255 ter, 256 e 256 bis, 258 e 259 del Testo Unico ambientale) diventano finalmente delitti, con pene che possono arrivare fino a 7 anni di reclusione nei casi più gravi, quando sono commessi da titolari di imprese o riguardano roghi di rifiuti pericolosi, Ma si rischia il carcere, fino a tre anni, anche se si trasportano rifiuti pericolosi senza formulario”.
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“Le modifiche di carattere normativo introdotte dal decreto sono molto importanti – sottolinea Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente – e le chiediamo da tempo per contrastare con più efficacia il vero e proprio mercato criminale dei rifiuti nel nostro Paese, come abbiamo scritto nel nostro Rapporto Ecomafia. Ma vanno nella giusta direzione sia la stretta penale per le imprese che gestiscono illegalmente rifiuti sia le sanzioni amministrative previste per le imprese che non fanno le bonifiche, oltre al delitto già inserito nel 2015 nel Codice penale. Aggiungiamo, così, un altro tassello importante con la riforma di civiltà approvata 10 anni fa con la legge 68”.
I nuovi delitti sono esclusi da quelli per cui si possono applicare le misure previste nel caso di particolare tenuità del fatto (art. 131-bis). Scatta per l’inquinamento ambientale, il disastro ambientale, l’attività organizzata di traffico illecito di rifiuti, i traffici di materiali ad alta radioattività e i nuovi delitti in materia di gestione illecita di rifiuti la possibilità regolata dall’art. 382 bis del Codice penale del cosiddetto “arresto in differita”. Per gli stessi reati viene prevista la possibilità di svolgere operazioni di polizia giudiziaria sotto copertura e vengono inseriti tra quelli per cui il tribunale può decidere l’amministrazione giudiziaria dei beni, se non ricorrono gli estremi per le misure patrimoniali (sequestro e confisca). Importanti anche le modifiche alla legge 231 del 2001 sulla responsabilità amministrativa delle imprese, sia per quanto riguarda le sanzioni e i reati previsti dall’art. 25-undecies, introdotto nel 2015 insieme ai delitti ambientali nel Codice penale, sia con l’inserimento dei nuovi delitti del Testo unico ambientale in materia di gestione illecita di rifiuti. Vengono inasprite le sanzioni per quelli già previsti e sono inserite, come richiesto da Legambiente, sanzioni (da quattrocento a ottocento quote) per il delitto di omessa bonifica (art. 452 terdecies) finora escluso, nonché quello di impedimento al controllo (art. 452 septies).
Nel decreto, infine, vengono assegnati per il 2025 al Commissario Unico per la Terra dei fuochi 15 milioni di euro da investire nelle prime attività di rimozione dei rifiuti e avvio della bonifica. “Al governo chiediamo su questo punto più coraggio e soprattutto maggiore programmazione – afferma Mariateresa Imparato, presidente di Legambiente Campania – la stessa relazione del Commissario Vadalà contiene indicazioni precise, con il 90% delle bonifiche ancora da fare e investimenti per diversi miliardi di euro nell’arco dei prossimi anni. Al governo chiediamo di fare proprie, già in sede di conversione in legge di questo decreto, le proposte che abbiamo avanzato con la campagna “Ecogiustizia subito”, promossa insieme ad Acli, Agesci, Azione cattolica, Arci e Libera, a partire dall’accelerazione seria, efficiente ed efficace delle bonifiche, con la partecipazione attiva dei cittadini e delle associazioni, fino alla chiusura del ciclo dei rifiuti con impianti di economia circolare. Non servono “provvedimenti” a spezzatino per rispettare quanto previsto dalla sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo ma una strategia che garantisca interventi sistematici e globali”.
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