Quasi 6 milioni di italiani vivono in aree a rischio frane. Oltre 582 mila famiglie, 742.000 edifici, quasi 75.000 unità locali di impresa e 14.000 beni culturali sono esposti a rischio nelle aree a maggiore pericolosità da frana. Un quadro dal quale emerge che quasi tutti i Comuni italiani – nel 2024 il 94,5% – sono a rischio frana, alluvione, erosione costiera o valanghe. In un quadro preoccupante, anche se non nuovo, un dato positivo: migliora la situazione delle spiagge italiane: sul fronte dell’erosione costiera risultano più i tratti in avanzamento (+ 30 Km) che quelli in erosione.
Il quarto Rapporto Ispra “Dissesto idrogeologico in Italia – Edizione 2024”, il lavoro triennale dell’Istituto sulla fragilità del territorio italiano, ricorda ancora una volta come l’Italia sia un Paese che ha bisogno di attenta e continua manutenzione. Necessità accresciuta dalle conseguenze del mutamento climatico, con l’Italia che più di altri subisce le conseguenze dell’essere al centro del Mediterraneo, hotspot climatico che si scalda a un ritmo doppio del resto d’Europa. Un lavoro che “rende consapevoli di quanto il Paese sia fragile dal punto di vista strutturale per le sue caratteristiche morfologiche e geologiche”, riconosce Vannia Gava, viceministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, intervenendo alla presentazione del rapporto che “sottolinea quanto il cambiamento climatico abbia influito su questa fragilità”.
Il lavoro Ispra mette insieme dati che compongono un quadro preoccupante. Aumenta del 15% la superficie del territorio a pericolosità frane. Gli incrementi più significativi Ispra li rileva nella Provincia Autonoma di Bolzano (+ 61,2%), Toscana (+ 52,8%), Sardegna (+ 29,4%), Sicilia (+20,2%) e sono dovuti principalmente a studi di maggior dettaglio effettuati dalle Autorità di bacino distrettuali e dalle Province autonome. Le aree classificate a maggiore pericolosità (elevata P3 e molto elevata P4) dall’8,7% passano al 9,5% del territorio nazionale. Un’emergenza che non è emergenza e diventa normalità, ed è una normalità costosa.
Gli interventi ci sono stati, Ispra segnala che in base ai dati del Repertorio ReNDiS, il Repertorio nazionale degli interventi finanziati per la difesa del suolo, aggiornati al dicembre 2024, sono quasi 26.000 gli interventi censiti negli ultimi 25 anni, per un finanziamento totale di 19,2 miliardi di euro. Dal rapporto “emerge che il 19,2% del territorio nazionale è classificato a maggiore pericolosità per frane e alluvioni e, sul fronte delle frane, l’Italia si conferma tra i Paesi europei più esposti, con oltre 636.000 frane censite. Indicatori e mappe sul dissesto idrogeologico stanno assumendo un ruolo sempre più rilevante anche in materia di finanza sostenibile, di valutazione e gestione dei rischi fisici e finanziari collegati all’impatto economico degli eventi naturali estremi”, sottolinea Maria Siclari, direttore generale Ispra.
Nel triennio 2022-2024 abbiamo vissuto eventi idro-meteorologici di eccezionale intensità, ricorda Ispra. Le esondazioni lungo le aste fluviali principali e secondarie nelle Marche del settembre 2022, le colate rapide di fango e detrito nell’isola di Ischia nel novembre 2022 con 12 morti, le alluvioni in Emilia-Romagna nel maggio 2023, con danni stimati in 8,6 miliardi di euro, le intense precipitazioni in Valle d’Aosta e Piemonte settentrionale nel giugno 2024, con effetti significativi in termini di esondazioni e colate detritiche. “I cambiamenti climatici stanno determinando un incremento della frequenza delle piogge intense e concentrate, con conseguente aumento delle frane superficiali, delle colate rapide di fango e detriti, delle alluvioni, incluse le flash flood (piene rapide e improvvise), amplificando il rischio con impatti anche su territori storicamente meno esposti”, si legge nel rapporto.
L’Italia in tutto ciò è primatista per le frane: oltre 636.000 fenomeni censiti classificano il nostro Paese tra i più esposti in Europa. Secondo i dati aggiornati dell’Inventario dei Fenomeni Franosi in Italia (IFFI), realizzato da Ispra in collaborazione con Regioni, Province autonome e le Agenzie regionali per la protezione dell’ambiente (ARPA). Nel 2024 la popolazione a rischio frane in Italia è pari a 5,7 milioni di abitanti.
Le stime del rischio di alluvione sono molto diverse a seconda delle mappe di pericolosità utilizzate, delle ipotesi sulla vulnerabilità degli edifici e della precisione delle informazioni sulla loro localizzazione. Sulla base delle stime ritenute più affidabili, “nel 2020 il valore del patrimonio abitativo italiano esposto al rischio di alluvione era prossimo a 1.000 miliardi di euro, circa un quarto del totale, con una perdita annua attesa valutata in 3 miliardi”, calcolava nel 2023 un ‘Occasional Paper’ della Banca d’Italia. Circostanze che possono influire sulle performance economiche di un Paese.
“Il collegamento con il sistema finanziario è presto fatto”, spiega Ivan Faiella, coordinatore del Nucleo cambiamenti climatici e sostenibilità di Banca d’Italia, “o perché gli immobili sono spesso dati in garanzia, e nel momento in cui quell’immobile viene danneggiato nel bilancio della banca c’è una perdita di valore della garanzia, o perché colpendo e interrompendo l’attività economica l’accaduto può incidere sulla capacita di famiglie e imprese di restituire il prestito”. Il tema “non riguarda solo il dare o non dare il prestito, ma a quale tasso, e con quali obblighi, quali vincoli nel contratto, come quello di fare un’assicurazione sui rischi naturali, o dotarsi di sistemi di gestione della siccità per un’azienda agricola”. Tutto questo influisce “su quanto i titoli delle banche possano esser accettabili dalla Banca Centrale Europea come collateral“, i beni, tipicamente strumenti finanziari, che le banche centrali accettano come garanzia nelle operazioni di credito.
Tutto male o quasi con qualche dato positivo: per l’erosione costiera il rapporto Ispra segnala un’inversione di tendenza per le spiagge italiane. Oltre 1.890 km di arenili hanno subito cambiamenti significativi tra il 2006 e il 2020, con alterazioni dell’assetto della linea di riva superiori a 5 metri, pari a circa il 23% dell’intera costa italiana, ovvero al 56% delle sole spiagge. Ed ecco il dato positivo: 965 km risultano in avanzamento e 934 km in erosione, “un’inversione di rotta ed una prevalenza della lunghezza dei tratti di costa in avanzamento su quelli in erosione di circa 30 km”, rilevano i ricercatori.
Sul fronte delle valanghe, la superficie potenzialmente soggetta a fenomeni valanghivi è di 9.283 km², pari al 13,8% del territorio montano sopra gli 800 metri di quota. Con questa edizione del Rapporto per la prima volta Ispra realizza una cartografia armonizzata nazionale grazie al contributo di AINEVA, del Servizio Meteomont dei Carabinieri, e delle Regioni e ARPA competenti.
A supporto delle politiche di prevenzione e intervento, Ispra gestisce due strumenti chiave: IdroGEO, la piattaforma pubblica e open data per la consultazione delle mappe e dei dati aggiornati sul dissesto e ReNDiS, il Repertorio nazionale degli interventi finanziati per la difesa del suolo. In particolare, il nuovo assistente virtuale di IdroGEO, basato sull’Intelligenza Artificiale, dialoga con l’utente, fornendo informazioni e rispondendo a domande sul dissesto idrogeologico.
“Una conoscenza approfondita dei fenomeni di dissesto è la base imprescindibile per efficaci politiche di prevenzione e mitigazione del rischio, ma lo sono anche la comunicazione e la diffusione delle informazioni”, spiega il presidente Ispra Stefano Laporta. “Il dissesto idrogeologico non è soltanto una questione tecnica o strutturale, ma riguarda la vita quotidiana di ognuno di noi, la sicurezza dei luoghi in cui viviamo e la prospettiva di un territorio resiliente”, è quindi “fondamentale il coinvolgimento attivo dei cittadini; il loro contributo è prezioso su più fronti, dalla raccolta di segnalazioni puntuali sul territorio, al supporto nella diffusione delle informazioni e alla partecipazione ai piani di emergenza locali”.
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