Tra proteste interne e pressioni internazionali, il presidente ucraino corregge la rotta sulla trasparenza e indipendenza degli organi anticorruzione
Travolto da un’ondata di mobilitazioni interne e incalzato dalle crescenti pressioni dei partner occidentali, Zelensky ha annunciato il 24 luglio un inaspettato passo indietro. La decisione è arrivata a sole ventiquattr’ore dall’entrata in vigore della legge n°4555-IX, criticata aspramente per i limiti che pone all’autonomia delle agenzie anticorruzione, subordinandole di fatto al Procuratore Generale, nominato dal presidente. La norma aveva suscitato allarme sia nella società civile ucraina – che l’ha interpretata come un attacco allo stato di diritto e un ostacolo alle prospettive di adesione europea – sia tra le cancellerie occidentali, preoccupate per un potenziale arretramento rispetto ai criteri europei di governance.
Per rispondere a queste critiche e rassicurare l’opinione pubblica, Zelensky ha presentato una nuova proposta di legge correttiva: un compromesso che punta a ripristinare l’indipendenza del NABU 1 e della SAPO2, rafforzandone al tempo stesso la capacità di resistere a possibili infiltrazioni o pressioni di matrice russa – il rischio che aveva motivato il sostegno del presidente alla riforma iniziale. La nuova bozza, n° 13533, dal titolo “Sulle modifiche al Codice di procedura penale dell’Ucraina e ad alcuni atti legislativi dell’Ucraina per rafforzare i poteri dell’Ufficio Nazionale Anticorruzione dell’Ucraina e della Procura Specializzata Anticorruzione”, è attualmente in fase di revisione. Il voto parlamentare è previsto per la sessione del 31 luglio.
La manovra presidenziale è apparsa come una risposta rapida e ponderata tanto al dissenso popolare – che Zelensky ha interpretato come un segno di vigile coscienza civica e unità nazionale – quanto alle preoccupazioni dei partner euroatlantici, i quali, fino a quel momento, avevano lodato i progressi ucraini verso l’allineamento agli standard UE. Tra le reazioni più significative si sono distinte quelle del viceministro degli Esteri tedesco Johann Wadephul, dell’OCSE – che ha richiamato i rischi di un impatto negativo sugli aiuti alla difesa e alla ricostruzione – e della Commissaria europea per l’Allargamento, Marta Kos. Quest’ultima, affiancata dal ministro degli Esteri polacco Radosław Sikorski, ha ribadito in un’intervista a TVP World che il rispetto pieno dello stato di diritto è una precondizione non negoziabile per l’integrazione europea.
La proposta correttiva ha incontrato un’accoglienza positiva, sia tra le organizzazioni della società civile sia dagli stessi NABU e SAPO. I partner occidentali hanno riconosciuto in questo gesto un segnale distensivo e maturo: un’azione politica capace di coniugare intelligenza strategica e sensibilità democratica. In attesa del verdetto parlamentare, la mossa del presidente ucraino può già essere letta come un test di tenuta istituzionale, un banco di prova non solo per le riforme, ma anche per la narrazione che l’Ucraina vuole offrire di sé all’Europa: quella di un paese resiliente, aperto al dialogo, e capace di correggere la rotta senza perdere di vista la bussola dell’integrazione euro-atlantica.
Le “modifiche” della nuova bozza
La bozza 13533, presentata da Zelensky il 24 luglio, punta a correggere alcune delle disposizioni più controverse introdotte dalla legge n.°4555-IX. In particolare, mira a ristabilire l’indipendenza operativa del NABU e della SAPO e a ripristinare la possibilità di condurre perquisizioni urgenti, anche in casi di corruzione, senza previa autorizzazione giudiziaria — un potere precedentemente limitato da un emendamento che aveva ristretto l’elenco dei reati per cui è consentito l’accesso d’urgenza a proprietà private.
Tra le misure più rilevanti, figura il ripristino della giurisdizione esclusiva del NABU: sarà vietato ad altri organi investigativi occuparsi di procedimenti penali rientranti nella competenza del NABU, salvo in casi eccezionali legati alla legge marziale e solo con autorizzazione del Procuratore Generale o del capo della SAPO.
La proposta prevede inoltre una significativa riduzione dei poteri dell’Ufficio del Procuratore Generale, che non potrà più richiedere documentazione investigativa né impartire ordini ai detective del NABU o alle loro unità di controllo interno. Questi ultimi risponderanno esclusivamente ai procuratori della SAPO.
Sul piano organizzativo, viene rafforzata l’autonomia della SAPO: il suo capo potrà dirigere le attività della procura senza interferenze da parte del Procuratore Generale o dei suoi vice. Vengono anche ripristinati i poteri procedurali di autorizzare proroghe delle indagini fino a dodici mesi nei casi seguiti dal NABU e di notificare autonomamente atti d’accusa a funzionari di alto livello.
Nel contesto della sicurezza interna, la bozza introduce un ulteriore meccanismo di prevenzione volto a contrastare eventuali infiltrazioni da parte dei servizi di intelligence russi. In particolare, essa prevede l’introduzione ogni due anni di esami poligrafici – condotti tramite la cosiddetta “macchina della verità” – per procuratori e dipendenti della SAPO, del NABU e del PGO (Ufficio del Procuratore Generale) con accesso a informazioni segrete, secondo una metodologia definita dal Servizio di Sicurezza dell’Ucraina (SSU). Tali controlli saranno effettuati dalle rispettive unità interne di controllo.
In aggiunta, entro sei mesi dall’entrata in vigore della legge, il SSU dovrà effettuare uno screening del personale con accesso a segreti di Stato presso il NABU, la SAPO, l’Ufficio del Procuratore Generale, l’Ufficio per la Sicurezza Economica, l’Ufficio Investigativo dello Stato e la Polizia Nazionale.
Infine, la bozza prevede che, entro un mese dalla sua entrata in vigore, il Gabinetto dei Ministri e il NABU adeguino i regolamenti interni per vietare ai dipendenti del NABU viaggi all’estero non legati a motivi di servizio per tutta la durata della legge marziale.
Il compromesso presidenziale sotto osservazione
Nel complesso, la proposta avanzata dal presidente ucraino può essere interpretata come un valido tentativo di compromesso volto a ristabilire l’indipendenza istituzionale degli organi anticorruzione, riducendo l’influenza esercitata dal Procuratore Generale sul NABU e sulla SAPO. Si tratta di un passo iniziale importante nel ripristino delle condizioni minime di autonomia funzionale richieste dal quadro europeo.
Tuttavia, secondo l’analisi di Transparency International Ukraine, restano elementi critici che suscitano legittime preoccupazioni. In particolare, l’introduzione di test poligrafici per i dipendenti delle istituzioni coinvolte — sebbene finalizzata a prevenire ingerenze da parte di attori ostili — è oggetto di perplessità, data la scarsa affidabilità scientifica di tale strumento. Similmente, il meccanismo di screening affidato al SSU manca di dettagli procedurali chiari, lasciando margini di ambiguità sull’impatto potenziale in termini di tutela dei diritti individuali. Un ulteriore punto di frizione riguarda il divieto di viaggi all’estero per i dipendenti del NABU — se non per motivi di servizio — previsto entro un mese dall’entrata in vigore della legge e valido per tutta la durata della legge marziale. Questa misura è ritenuta da diversi osservatori potenzialmente lesiva dei diritti fondamentali, in assenza di adeguate salvaguardie legali. La bozza omette inoltre di affrontare un altro nodo centrale: la questione delle nomine e revoche semplificate dei procuratori durante la legge marziale, introdotta dalla legge n°4555-IX. Tale disposizione consente la nomina diretta di procuratori generali e regionali al di fuori di procedure concorsuali, e la loro rimozione automatica in caso di scioglimento, riorganizzazione o modifica strutturale dell’ufficio di appartenenza. Si tratta di un assetto profondamente incompatibile con i principi del reclutamento basato sul merito, pilastro degli standard europei, che rischia di alimentare dinamiche di clientelismo politico.
In attesa del voto parlamentare, che dovrà tenere conto anche delle bozze alternative n° 13531 e 13531-1 presentate da membri della Verkhovna Rada — di cui la prima propone un ritorno integrale al quadro normativo previgente — l’Unione Europea continua a inviare segnali di crescente preoccupazione. Secondo fonti riservate in ambito UE, il mancato ripristino dell’indipendenza e della trasparenza delle istituzioni anticorruzione potrebbe determinare la sospensione di diversi canali di assistenza finanziaria. In particolare, sarebbero a rischio i prestiti garantiti dal programma Extraordinary Revenue Acceleration (ERA) attraverso i profitti derivanti dagli asset russi congelati, così come i finanziamenti della BERS e della BEI.
Parallelamente, in Ucraina cresce la pressione dell’opinione pubblica, determinata a vedere riconosciuti i propri sforzi in favore di una governance trasparente e di un autentico allineamento agli standard democratici europei. In questo contesto, c’è chi invoca il ripristino del regime giuridico precedente – come dalla bozza n° 13531 dei membri della Verkhovna Rada – e chi, come Transparency International, auspica all’adozione della bozza presidenziale, che costituirebbe già un passo sufficiente per ricucire la frattura reputazionale prodotta dalla recente riforma, in attesa di ulteriori correzioni nel medio-lungo termine.
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