Le energie rinnovabili derivano direttamente dalla natura, o meglio dai suoi quattro elementi naturali: Acqua, Aria, Terra, Fuoco (in questo caso sarà l’energia del sole ad essere valorizzata). Dicesi rinnovabile perché è energia derivante da fonti naturali in grado di autorigenerarsi (si rigenerano a un ritmo più elevato di quello in cui vengono consumate). Le fonti di energia rinnovabile utilizzate per generare elettricità includono l’energia idroelettrica, eolica, solare, i biocarburanti gassosi e liquidi, i rifiuti urbani rinnovabili, l’energia geotermica e l’energia delle maree, delle onde e dell’oceano.
Le fonti rinnovabili sono cruciali per il raggiungimento dell’obiettivo di neutralità climatica che l’Europa si è data e principale mezzo di contrasto ai cambiamenti climatici. La nuova Direttiva RED III (Direttiva 2023/2413) sulle energie rinnovabili, entrata in vigore il 20 novembre 2023, innalza l’obiettivo per il 2030 in materia di fonti energetiche rinnovabili portandolo al 42,5 %. Prevede semplificazioni per i nuovi impianti di energia rinnovabile e obiettivi vincolanti per il riscaldamento e raffreddamento degli edifici. Sono fondamentali inoltre per la riqualificazione energetica o retrofit del patrimonio edilizio che l’Europa vuole accelerare con la Direttiva Case Green (che prevede anche grandi novità per l’APE).
L’Italia, con il Testo Unico sulle Rinnovabili (dlgs 190/2024), entrato in vigore il 30 dicembre 2024, semplifica la normativa esistente ponendo fine alla frammentazione legislativa in materia, e definisce i regimi amministrativi per la costruzione e l’esercizio degli impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili (Attività libera, PAS, Autorizzazione Unica), nonché gli interventi di modifica, potenziamento, rifacimento e per le opere connesse. Per le rinnovabili ricordiamo che si può usufruire dei bonus edilizi come ecobonus e conto termico.
Le energie rinnovabili sono democratiche, egualitarie, popolari e libere. A differenza delle risorse fossili i cui maggiori giacimenti sono concentrati in particolari aree geografiche, le risorse rinnovabili sono presenti ovunque nel Pianeta, seppur in misura variabile. Le energie rinnovabili sono pulite, rispettano la natura e l’ambiente, la salute dell’Uomo e della Terra. Le energie rinnovabili sono infinite, illimitate e si rigenerano da sole. Le energie rinnovabili sono naturali e “gratuite”. Vediamole tutte.
La produzione globale di energia rinnovabile
Secondo l’ultimo rapporto dell’Agenzia internazionale per le energie rinnovabili o IRENA (International Renewable Energy Agency), le fonti energetiche rinnovabili hanno rappresentato il 29,9% della produzione di elettricità a livello globale nel 2023, per un totale di 8.928 TWh (terawattora). Il restante 70,1% (20,939 TWh) è stato generato da combustibili fossili, energia nucleare, sistemi di pompaggio e altre fonti non rinnovabili, portando la produzione globale di elettricità da tutte le fonti a 29,867 TWh.
La produzione totale di elettricità da fonte rinnovabile è aumentata in media del 2,5% ogni anno tra il 2012 e il 2023. Dal 2010, la crescita maggiore dell’energia elettrica rinnovabile ha riguardato l’energia solare ed eolica che, insieme, hanno rappresentato il 13,2% del mix elettrico globale, con un aumento del 15,7% rispetto al 2022.
Negli ultimi 25 anni, il profilo delle fonti energetiche rinnovabili si è notevolmente diversificato. Mentre l’energia idroelettrica rinnovabile continua a fornire la maggior parte della produzione di energia elettrica rinnovabile, le altre fonti rinnovabili hanno costantemente aumentato la loro quota, passando dall’1,1% della produzione rinnovabile nel 2000 al 44,0% nel 2023.
Nel 2023, l’energia idroelettrica si è confermata la principale fonte di energia elettrica rinnovabile, generando 4.270 TWh, subito seguita dall’energia eolica, che ha prodotto 2.304 TWh. L’energia solare, la fonte energetica rinnovabile a maggior crescita negli ultimi anni, ha generato 1.624 TWh, con un aumento annuo del 25,2%. La bioenergia ha prodotto 632 TWh, con una crescita dell’1,4%, mentre l’energia geotermica ha contribuito con 98 TWh e l’energia marina con quasi 1 TWh.
Storia delle rinnovabili
Per migliaia di anni, fin dall’antichità, l’uomo ha cercato di sfruttare le energie rinnovabili, quelle risorse naturali che aveva a disposizione. Le prime energie ad essere sfruttate per alleviare le fatiche dell’essere umano e, in alternativa agli animali, erano quelle messe a disposizione gratuitamente dalla natura, come acqua e vento. L’energia meccanica prodotta dalla caduta dell’acqua, ad esempio, veniva usata nei mulini per macinare il grano dai Greci e dai Romani (come narrato da Vitruvio nel De Architectura), sebbene la mitologia ne faccia risalire l’origine all’antica Babilonia. A Barbegal, in Francia, nei pressi di Arles, importante porto che riforniva Roma di grano, sono stati trovati i resti di un grandioso complesso idraulico costituito da mulini a 16 ruote disposte su due file parallele da otto ruote: attivi dalla fine del I sec. d.C., erano collegati all’acquedotto romano costruito per rifornire d’acqua la città di Arles.
Le prime tecnologie a sfruttare l’energia del vento ne utilizzavano l’energia cinetica come mezzo di propulsione marina, macinazione dei cereali e pompaggio dell’acqua. L’energia eolica è stata utilizzata per millenni: già prima del 3000 a.C., per la navigazione delle navi a vela e successivamente, almeno dal 200 a.C., in Persia, Cina e Medio Oriente, nei mulini a vento. Da macchine per produrre cibo, a macchine per segherie, mantici, magli per le fucine, frantoi per olio, per minerali e per polvere da sparo, verricelli idraulici, gualchiere (per la lavorazione della lana e della carta), mulini per la concia, per la canapa, per la carta, torni da falegname, etc. Uno dei più prolifici inventori di queste macchine fu Leonardo da Vinci.
Dalla fine ‘800, l’energia dell’acqua e del vento iniziò ad essere usata per produrre elettricità anziché energia meccanica. Dapprima fu l’energia dell’acqua: la prima centrale idroelettrica entrò in funzione nel 1882 negli USA, presso le Cascate del Niagara. In parallelo andavano prendendo forma i primi esperimenti con il vento: sebbene già nel 1887, il professore scozzese James Blyth che nel giardino di casa costruì la prima turbina eolica, l’elettricità ricavata dal vento assunse le dimensioni commerciali solo negli anni ’70 del secolo scorso, sulla spinta della crisi petrolifera (che diede impulso anche alla nascita della normativa energetica edilizia).
Le fonti energetiche rinnovabili
Le energie rinnovabili sono ricavate direttamente dalla natura (o meglio dai quattro elementi naturali: Acqua, Aria, Terra, Sole), capaci di rigenerarsi in continuazione, quindi sono fonti energetiche pressoché inesauribili e illimitate, perciò rinnovabili. Insieme alle biomasse, rifiuti e scarti agricoli o animali. Le fonti energetiche rinnovabili che sfruttano l’energia proveniente da fonti rinnovabili non fossili sono quelle come definite all’art. 2, comma 1, lettera a), del Dlgs 28/2011: energia eolica, solare, aerotermica, geotermica, idrotermica e oceanica, idraulica, biomassa, gas di discarica, gas residuati dai processi di depurazione e biogas.
Le energie rinnovabili derivano da risorse naturali che si riproducono costantemente secondo cicli naturali, rinnovandosi costantemente e, per questo, potenzialmente inesauribili. In accordo con l’Agenzia Internazionale dell’Energia – International Energy Agency (IEA) – rientrano in questa categoria:
- energia idroelettrica
- energia solare
- energia eolica
- energia geotermica
- energia da biomassa
- energia oceanica
Per decarbonizzare il settore dei trasporti, sarà indispensabile sostituire i combustibili fossili con i biocarburanti. I biocombustibili sono particolarmente importanti per l’autotrasporto, il trasporto marittimo e l’aviazione, con poche altre opzioni tecnologiche a basse emissioni di carbonio.
Per decarbonizzare il settore termico, molto importanti sono i sistemi di teleriscaldamento che consentono l’integrazione di fonti energetiche flessibili e pulite nel mix energetico, laddove per un singolo edificio nelle aree urbane densamente popolate potrebbe risultare problematico. Le principali risorse rinnovabili con potenziale di impiego nei sistemi di teleriscaldamento sono il solare termico, la geotermia e la bioenergia. La pompa di calore è un impianto di climatizzazione rinnovabile perché può sfruttare l’energia immagazzinata sotto forma di calore nella crosta terrestre (geotermica), nelle acque superficiali (idrotermica) o accumulata nell’aria ambiente sotto forma di calore (aerotermica).
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Energia idroelettrica
L’energia idroelettrica è attualmente la più grande fonte di energia rinnovabile nel settore elettrico. La sua forza si basa su modelli di precipitazioni generalmente stabili (sebbene può essere influenzata negativamente da siccità indotte dal clima o cambiamenti che influenzano i modelli di precipitazioni) e sull’esperienza (quasi un secolo e mezzo di sviluppo tecnologico). Le centrali idroelettriche hanno il vantaggio di avere lunga durata (molte sono operative da oltre 1 secolo), sono pulite e hanno poche emissioni. L’energia idroelettrica oggi è una tecnologia energetica estremamente flessibile, con una delle migliori efficienze di conversione tra tutte le fonti energetiche (circa il 90%, dall’acqua alla rete elettrica) grazie alla trasformazione diretta dell’energia idraulica in elettricità.
Le centrali idroelettriche sono tra i più antichi impianti di produzione di energia elettrica. La prima centrale idroelettrica era americana: entrò in funzione nel 1882 nel Wisconsin (Stati Uniti), presso le Cascate del Niagara. In Italia, la prima centrale idroelettrica fu quella di Paderno d’Adda, costruita da Edison nel 1895 e inaugurata nel 1898 (era la seconda al mondo per potenza).
L’energia idroelettrica sfrutta l’energia cinetica dell’acqua in caduta (da bacini e fiumi), che si muove da quote più elevate a più basse. Nella centrale idroelettrica, l’energia potenziale (gravitazionale) presente nell’acqua viene trasformata in energia cinetica, quindi in energia meccanica nella turbina e infine in energia elettrica nel generatore. Il processo di trasformazione dell’energia nelle moderne centrali idroelettriche è altamente efficiente, solitamente con un rendimento meccanico ben superiore al 90% nelle turbine e oltre il 99% nel generatore.
In base al funzionamento e al tipo di flusso, si distinguono tre categorie di centrali idroelettriche:
- ad acqua fluente (RoR),
- ad accumulo (serbatoio) e
- a pompaggio.
Esiste inoltre una quarta categoria, chiamata tecnologia in-stream, una tecnologia giovane e meno sviluppata, che utilizza gli impianti esistenti. Una centrale idroelettrica RoR trae l’energia per la produzione di elettricità principalmente dalla portata disponibile del fiume. I progetti idroelettrici con un bacino di raccolta sono anche chiamati idroelettrici ad accumulo poiché immagazzinano acqua per un consumo successivo. Gli impianti ad accumulo di pompaggio non sono fonti di energia dirette, ma dispositivi di accumulo che generano energia nel momento in cui ce n’è bisogno, pompandola verso l’alto e facendola cadere al momento opportuno. Per ottimizzare gli impianti esistenti come dighe, sbarramenti, canali o cascate, è possibile installare piccole turbine o turbine idrocinetiche per la produzione di energia elettrica: è la cosiddetta tecnologia in-stream.
In Italia, al 30 aprile 2024, si contano complessivamente 4.866 impianti idroelettrici, con una potenza totale di 21.664 MW (fonte: Terna-Gaudì).
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Energia solare
L’energia solare è la più abbondante di tutte le risorse energetiche e può essere sfruttata anche quando il tempo è nuvoloso. La quantità di energia solare che colpisce la superficie terrestre in un’ora (circa 170 petawattora di energia) è sufficiente, da sola, a sostenere il consumo energetico mondiale per un intero anno (circa 160 petawattora di energia).
La risorsa solare è praticamente inesauribile, la radiazione solare è disponibile e utilizzabile in tutti i paesi e le regioni del mondo. Sebbene non tutti i Paesi ne siano ugualmente dotati, un contributo significativo al mix energetico dall’energia solare è possibile ovunque (vedi la mappa del potenziale di energia solare soprastante).
Le tecnologie solari possono fornire calore, raffreddamento, illuminazione naturale, elettricità e combustibili per una serie di applicazioni. Le tecnologie solari convertono la luce solare in energia elettrica tramite pannelli fotovoltaici o specchi che concentrano la radiazione solare. Il costo di produzione dei pannelli solari è crollato drasticamente nell’ultimo decennio, rendendoli spesso la forma di elettricità più conveniente. Parallelamente è andata aumentando la loro resa, l’efficienza di conversione in energia elettrica. Le dimensioni dei sistemi solari combinati possono variare da quelli installati in singole proprietà a quelli che servono più unità in un sistema di riscaldamento condominiale, fino a costituire una rete integrata di teleriscaldamento o teleraffreddamento (o comunità energetiche) che comprendono più edifici e parti di città.
Tralasciando le tecnologie solari passive dell’edilizia (schermature solari, serre solari, muro di trombe, etc), noi ci concentreremo su quelle che producono energia (tecnologie solari attive) elettrica e/o termica a partire dal sole.
Solare Fotovoltaico
Le tecnologie solari fotovoltaiche (FV) generano elettricità sfruttando l’effetto fotovoltaico. L’efficienza di conversione di una cella solare è definita come il rapporto tra la potenza in uscita dalla cella solare con area unitaria (W/cm²) e l’irradiazione solare incidente. La massima efficienza potenziale di una cella solare dipende dalle proprietà del materiale assorbitore e dal design del dispositivo: oggi si aggira intorno al 25%.
Le celle fotovoltaiche possono essere costituite da materia organica o inorganica. Le celle inorganiche sono basate su silicio o materiali non silicici e classificate come celle a wafer o celle a film sottile. Il silicio a wafer si divide in due diverse tipologie: monocristallino e multicristallino (o “policristallino“). Tra le tecnologie fotovoltaiche esistenti, il fotovoltaico a wafer di silicio mono e policristallino (comprese le tecnologie a nastro) è la tecnologia dominante sul mercato fotovoltaico, seguito da quello a film sottile.
L’energia solare può essere integrata nell’involucro edilizio e con metodi di risparmio energetico e strategie operative di smart building. Molti lavori nell’ultimo decennio circa sono stati dedicati a questa integrazione, culminando nell’edificio a “energia netta zero“. L’Architettura Contemporanea ha sfoggiato con una certa dose di vanità: sistemi di ombreggiamento realizzati con collettori fotovoltaici e/o solari termici, finestre fotovoltaiche semitrasparenti (che generano elettricità e trasmettono la luce naturale), collettori per facciate, tetti fotovoltaici (tegole, scandole e lucernai), sistemi di copertura per l’energia termica e collettori solari termici da colmo. Oltre alle integrazioni col settore edilizio, il fotovoltaico si presta bene ad essere installato nei terreni agricoli (agrivoltaico) e nei mari (fotovoltaico galleggiante).
L’energia elettrica ricavata dal sole può essere direttamente immessa nella rete elettrica nazionale (grid-connected) o trattenuta sul posto e accumulata in batterie (off-grid) o, ancora, può avere un funzionamento ibrido e immettere energia nella rete solo quando ce n’è bisogno.
In Italia, al 30 aprile 2024, si contano complessivamente 1.713.589 impianti fotovoltaici, con una potenza totale pari a 32.449 MW (fonte: Terna-Gaudì).
Solare termico
Le tecnologie di riscaldamento e raffrescamento solare attivo (o di climatizzazione) utilizzano il sole per fornire calore al fluido che scorre nei loro circuiti.
Nel più diffuso sistema di riscaldamento solare, il collettore solare trasforma l’irraggiamento solare in calore e utilizza un fluido vettore (ad esempio, acqua, aria) per trasferire tale calore a un serbatoio di accumulo ben isolato, dove può essere utilizzato quando necessario. Un sistema solare combinato fornisce sia il riscaldamento e il raffrescamento solare degli ambienti, sia l’acqua calda sanitaria da una serie comune di collettori solari termici, solitamente supportati da una fonte di calore ausiliaria non solare.
I pannelli solari termici possono essere del tipo a:
- collettori piani
- collettori a tubi sottovuoto
I collettori piani sono i collettori solari termici più utilizzati per gli impianti residenziali di riscaldamento solare dell’acqua e degli ambienti. Sono utilizzati anche nei sistemi di riscaldamento dell’aria. Un tipico collettore piano è costituito da un assorbitore, un collettore e un tubo montante o un singolo tubo a serpentina, una copertura trasparente, un telaio e un isolamento.
I collettori a tubi sottovuoto sono solitamente costituiti da file parallele di tubi di vetro trasparenti, in cui sono racchiusi gli assorbitori, collegati a un tubo collettore (Figura 3.3c). Per ridurre la dispersione di calore per convezione all’interno del telaio, l’aria viene pompata fuori dai tubi del collettore per generare il vuoto. Ciò consente di raggiungere temperature elevate, utili per il raffreddamento (vedi sotto) o per applicazioni industriali.
L’accumulo termico all’interno dei sistemi solari termici è un componente chiave per garantire affidabilità ed efficienza. Si possono distinguere quattro principali tipologie di tecnologie di accumulo dell’energia termica: accumulo di calore sensibile, latente, ad assorbimento e termochimico.
Solare termico a concentrazione
Le tecnologie a concentrazione solare producono elettricità concentrando l’irradiazione solare diretta per riscaldare un liquido, un solido o un gas che viene poi utilizzato in un processo a valle per la generazione di elettricità. Nel solare termico a concentrazione (STC) o concentrated solar power (CSP), anche detto solare termodinamico, non esistono pannelli fotovoltaici ma specchi, che concentrano i raggi del Sole verso un punto preciso – il ricevitore – che contiene un fluido termovettore adatto ad immagazzinare e trasportare calore. Questo calore, o energia termica, può essere utilizzato per far girare una turbina o alimentare un motore per generare elettricità. Il vantaggio principale rispetto al fotovoltaico risiede nella maggiore efficienza di conversione della luce solare in energia e nella conseguente riduzione dei costi di investimento.
Sono necessari quattro elementi principali: un concentratore, un ricevitore, un mezzo di trasporto o di accumulo e la conversione di potenza. In base alla configurazione degli specchi/ricevitori, esistono quattro tipologie di CSP:
- parabolico lineare (o a trogolo),
- riflettore Fresnel lineare,
- ricevitore centrale/torre di potenza e
- sistemi a parabola.
Il solare a concentrazione può anche essere utilizzato in una varietà di applicazioni industriali, come la desalinizzazione dell’acqua, il recupero avanzato del petrolio, la lavorazione alimentare, la produzione chimica e la lavorazione dei minerali. Sono necessari quattro elementi principali: un concentratore, un ricevitore, un mezzo di trasporto o di accumulo e la conversione di potenza.
Le applicazioni CSP spaziano da piccoli sistemi distribuiti da decine di kW a grandi centrali elettriche centralizzate da centinaia di MW. I primi impianti a concentrazione solare commerciali sono stati i 354 MW di centrali solari in California, installati tra il 1985 e il 1991, che continuano a essere operativi ancora oggi.
Qualsiasi sistema solare a concentrazione dipende dall’irradiazione diretta del fascio solare, a differenza dell’irradiazione orizzontale globale tipica dei sistemi a piastra piana. Pertanto, i siti devono essere scelti di conseguenza e i siti migliori per il CSP si trovano in regioni quasi equatoriali prive di nubi, come il deserto nordafricano.
Combustibili solari
Le tecnologie del combustibile solare, note anche come “sunlight-to-X“, convertono l’energia solare in energia chimica sotto forma di combustibile liquido o gassoso, che possono rappresentare un metodo vantaggioso per immagazzinare e trasportare l’energia solare. I combustibili solari hanno il potenziale per sostituire direttamente i combustibili fossili, materie prime e prodotti chimici di base per i processi industriali. Possono essere trasformati in combustibili liquidi per il trasporto o utilizzati direttamente per generare elettricità nelle celle a combustibile.
Il merito della loro scoperta va attribuita al celebre biochimico statunitense Melvin Calvin (Premio Nobel per la Chimica 1961) che, per primo, ha svelato come convertire l’anidride carbonica in energia attraverso il sole. Osservando le piante, infatti, ha scoperto il meccanismo che la natura utilizza durante la fotosintesi per convertire l’anidride carbonica in sostanze chimiche ricche di energia. Per questo la tecnica di produzione dei combustibili solari viene definita “fotosintesi artificiale”.
Le tecnologie a combustibile solare utilizzano l’energia del sole per convertire precursori come anidride carbonica, acqua e azoto in intermedi come idrogeno, ammoniaca o composti del carbonio. Questi possono essere ulteriormente convertiti in combustibili chimici, come mezzo per immagazzinare e trasportare l’energia solare.
Esistono tre principali metodi per la produzione di combustibili solari:
- Elettrochimico, che utilizza l’elettricità solare da impianti fotovoltaici o a concentrazione solare, seguita da un processo elettrolitico.
- Fotochimico/fotobiologico, che utilizza direttamente l’energia solare fotonica per processi fotochimici e fotobiologici;
- Termochimico, che utilizza il calore solare a temperature moderate/alte, seguito da un processo termochimico endotermico. In questo caso, il calore è fornito dagli impianti solari a concentrazione.
I combustibili solari che possono essere prodotti includono gas di sintesi (syngas, ovvero gas misti di monossido di carbonio e idrogeno), idrogeno puro (H₂), etere dimetilico (DME) e liquidi come metanolo e gasolio. L’elevata densità energetica dell’idrogeno (in massa) e la sua conversione pulita gli conferiscono proprietà interessanti come combustibile futuro e viene anche utilizzato come materia prima per molti processi industriali. Il gas DME è simile al gas di petrolio liquefatto (GPL) ed è facilmente stoccabile. Il metanolo è liquido e può sostituire la benzina senza modifiche significative al motore o all’infrastruttura di distribuzione del carburante.
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Energia eolica
L’energia eolica sfrutta l’energia cinetica dell’aria in movimento utilizzando turbine eoliche situate sulla terraferma (onshore) o in acqua di mare o dolce (offshore). L’energia del vento è stata utilizzata per millenni, ma le tecnologie dell’energia eolica onshore e offshore si sono evolute negli ultimi anni per massimizzare l’elettricità prodotta, con turbine più alte e diametri del rotore maggiori.
L’utilizzo dell’energia eolica richiede che l’energia cinetica dell’aria in movimento venga convertita in energia utile. Di conseguenza, l’economia dell’utilizzo del vento per la produzione di elettricità è altamente sensibile alle condizioni locali del vento. Sebbene le velocità medie del vento varino notevolmente a seconda della posizione, il potenziale tecnico mondiale per l’energia eolica supera la produzione globale di elettricità e nella maggior parte delle regioni del mondo esiste un ampio potenziale per un significativo dispiegamento dell’energia eolica. Molte parti del mondo hanno forti velocità del vento, ma le posizioni migliori per generare energia eolica sono a volte quelle remote. L’energia eolica offshore, ad esempio, offre un potenziale enorme.
Sono disponibili diverse tecnologie eoliche per una vasta gamma di applicazioni, ma l’uso principale dell’energia eolica rilevante per la mitigazione dei cambiamenti climatici è la generazione di elettricità da turbine eoliche di grandi dimensioni, connesse alla rete, installate sia su terraferma che in mare aperto.
L’energia eolica è stata utilizzata per millenni. Le navi a vela facevano affidamento sul vento già prima del 3000 a.C., con applicazioni meccaniche dell’energia eolica nella macinazione dei cereali, nel pompaggio dell’acqua e nell’alimentazione di macchinari industriali, prima con dispositivi ad asse verticale e successivamente con turbine ad asse orizzontale. Ma si deve arrivare a fine 800 per vedere i primi esperimenti riusciti con l’uso del vento per generare elettricità, attribuiti a James Blyth (1887), Charles Brush (1887) e Poul la Cour (1891). Tuttavia, l’uso del vento per generare elettricità su scala commerciale divenne praticabile solo negli anni ’70, grazie ai progressi tecnici e al sostegno governativo, prima in Danimarca su scala relativamente ridotta, poi su scala molto più ampia in California (anni ’80), e infine in Danimarca, Germania e Spagna (anni ’90).
In Italia, al 30 aprile 2024, si contano complessivamente 6.096 impianti eolici, con una potenza totale pari a 12.545 MW (fonte: Terna-Gaudì).
Eolico Onshore
Gli impianti eolici sono comunemente installati sulla terraferma (definiti “onshore“). Negli anni ’70 e ’80, sono state studiate diverse configurazioni di turbine eoliche onshore, inclusi modelli ad asse orizzontale e verticale. Gradualmente, il modello ad asse orizzontale ha prevalso, sebbene le configurazioni variassero, in particolare il numero di pale e l’orientamento di queste ultime rispetto alla torre.
Dopo un periodo di ulteriore consolidamento, i progetti di turbine si sono concentrati principalmente sul rotore a tre pale sopravento: il posizionamento delle pale della turbina sopravento rispetto alla torre impedisce alla torre di bloccare il flusso del vento sulle pale e di produrre rumore e carico aerodinamici aggiuntivi, mentre le macchine a tre pale presentano in genere emissioni acustiche inferiori rispetto alle macchine a due pale. Le tre pale sono collegate a un mozzo e a un albero principale, da cui la potenza viene trasferita (talvolta tramite un riduttore, a seconda del progetto) a un generatore. L’albero principale e i cuscinetti principali, il riduttore, il generatore e il sistema di controllo sono contenuti in un alloggiamento chiamato navicella.
Le moderne turbine eoliche operano in genere a velocità variabile utilizzando il controllo del passo delle pale a tutta apertura. Le pale sono comunemente costruite con materiali compositi e le torri sono solitamente strutture tubolari in acciaio che si assottigliano dalla base alla navicella in cima.
Eolico Offshore
Il primo parco eolico offshore al mondo è stato installato a Vindeby, al largo delle coste meridionali della Danimarca, nel 1991. Composto da undici turbine eoliche da 450 kW, l’impianto ha generato 5 MW e ha coperto i consumi energetici annui di 2.200 famiglie per 25 anni, producendo 12 GWh/anno. Un lavoro pioneristico che vede l’Europa in prima fila nello sfruttamento della forza del mare per produrre elettricità pulita: dall’energia eolica offshore galleggiante alle tecnologie dell’energia oceanica, come l’energia del moto ondoso e delle maree, al fotovoltaico galleggiante e all’uso delle alghe per produrre biocarburanti.
Sebbene possa vantare una minore esperienza dell’eolico tradizionale su terraferma, a 30 anni di distanza l’energia eolica offshore è ormai una tecnologia matura e impiegata su vasta scala, che fornisce energia a milioni di persone in tutto il mondo. I nuovi impianti presentano fattori di capacità elevati e i costi sono diminuiti costantemente negli ultimi 10 anni.
La motivazione principale per lo sviluppo dell’energia eolica offshore è quella di fornire accesso a risorse eoliche aggiuntive in aree in cui lo sviluppo dell’energia eolica onshore è limitato dal potenziale tecnico. Altri vantaggi dell’offshore sono le risorse eoliche di qualità superiore presenti in mare (ad esempio, velocità medie del vento più elevate e minore shear in prossimità dell’altezza del mozzo), la possibilità di utilizzare turbine eoliche ancora più grandi grazie all’eliminazione di alcuni vincoli di trasporto via terra, la possibilità di costruire centrali elettriche più grandi rispetto a quelle terrestri, ottenendo economie di scala a livello di impianto. Questi fattori, hanno suscitato un notevole interesse per la tecnologia eolica offshore, nonostante i costi tipicamente più elevati rispetto all’energia eolica terrestre.
Le turbine eoliche offshore sono in genere più grandi di quelle terrestri anche se, ad oggi, la tecnologia delle turbine offshore è molto simile a quella delle turbine onshore, con alcune modifiche e speciali fondazioni. La fondazione su palo singolo è la più comune, sebbene siano utilizzate con una certa frequenza anche altre tipologie come le fondazioni in calcestruzzo a gravità e, soprattutto con l’aumentare della profondità dell’acqua, le fondazioni galleggianti. Oltre alle differenze nelle fondazioni, altre variazioni rispetto a quelle onshore includono modifiche strutturali alla torre (per far fronte al carico delle onde), e altri ritocchi per impedire che gli effetti corrosivi dell’aria marina degradino le apparecchiature della turbina, oltre a piattaforme di accesso per facilitare la manutenzione.
Minieolico o microeolico
Nelle aree remote del mondo prive di una fornitura elettrica centralizzata, turbine eoliche più piccole (mini-eolico) possono essere impiegate singolarmente o in abbinamento ad altre tecnologie per soddisfare il fabbisogno elettrico di singole famiglie o piccole comunità, banalmente installate sul tetto dell’edificio. Anche le reti elettriche di piccole isole o remote possono utilizzare l’energia eolica, insieme ad altre fonti energetiche. Anche in contesti urbani che hanno già un facile accesso all’elettricità, turbine eoliche più piccole possono, con un’attenta ubicazione, essere utilizzate per soddisfare una parte del fabbisogno energetico degli edifici.
Il minieolico è tra le fonti perfette per creare energia dove non ce n’è e dove è anche difficile portarla o per creare isole energetiche come i sistemi off-grid. Possono essere economicamente competitive nelle aree che non hanno accesso alla fornitura elettrica centralizzata, fornendo servizi elettrici per soddisfare un’ampia gamma di esigenze energetiche domestiche o comunitarie. Per l’elettrificazione rurale o in aree isolate, le piccole turbine eoliche possono essere utilizzate singolarmente per la ricarica delle batterie o combinate con altre opzioni di alimentazione (ad esempio, solare e/o diesel) in sistemi ibridi.
Le turbine eoliche di piccole dimensioni sono utilizzate in un’ampia gamma di applicazioni. Dal micro eolico, utilizzato dalle barche per alimentare i servizi ausiliari presenti a bordo, con potenze generate tra 250 e 500 watt, al minieolico per industria e agricoltura, con capacità inferiore a 1 MW, il ventaglio tecnologico è ampio come le opportunità che questa fonte rinnovabile è in grado di creare. In ambito agricolo, oltre all’agrivoltaico che unisce l’energia del sole con l’agricoltura e l’allevamento garantendo ombreggiatura e riparo, esiste la potenzialità di combinare eolico e fotovoltaico, insieme anche a un impianto mini di biogas, facilmente alimentabile con gli scarti della produzione agricola e degli animali.
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Energia geotermica
L’energia geotermica utilizza l’energia termica o calore proveniente dall’interno della Terra, immagazzinata sia nella roccia che nel vapore acqueo o nell’acqua liquida intrappolati. L’uso dell’energia geotermica è stato praticato almeno dal Paleolitico, quando le sorgenti termali venivano utilizzate per bagni rituali o di routine. L’uso industriale iniziò in Italia sfruttando l’acido borico proveniente dalla zona geotermica di Larderello, dove nel 1904 furono generati i primi kilowatt di energia elettrica geotermica e nel 1913 fu installata la prima centrale geotermica commerciale (oggi ancora attiva).
Il calore viene estratto dai serbatoi geotermici tramite pozzi o altri mezzi. Una volta in superficie, fluidi di varie temperature possono essere utilizzati per generare elettricità. La tecnologia per la generazione di elettricità dai serbatoi idrotermali è matura e affidabile (operativa da oltre 100 anni).
Le risorse geotermiche possono essere classificate come sistemi convettivi (idrotermali), sistemi conduttivi e falde acquifere profonde. I sistemi idrotermali includono tipologie a dominanza liquida e vapore. I sistemi conduttivi includono rocce calde e magma in un ampio intervallo di temperature. Gli acquiferi profondi contengono fluidi circolanti in mezzi porosi o zone di fratturazione a profondità tipicamente superiori a 3 km, ma sono privi di una fonte di calore magmatica localizzata.
Le tecnologie di utilizzo delle risorse per l’energia geotermica possono essere raggruppate in tipologie per la generazione di energia elettrica, per l’uso diretto del calore o per la cogenerazione di calore ed elettricità in applicazioni di cogenerazione. Le tecnologie delle pompe di calore geotermiche (GHP) rappresentano un sottoinsieme dell’uso diretto.
In Italia, al 30 aprile 2024, si contano complessivamente 3.229 impianti geotermoelettrici e da bioenergie, con una potenza totale installata pari a 4.930 MW (fonte: Terna-Gaudì).
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Energia da biomassa (bioenergia)
Tratteremo l’uso di biomasse a scopo energetico (bioenergia). La bioenergia è prodotta da una varietà di materiali organici (biomassa), come legno, carbone, letame, colture agricole per biocarburanti liquidi, residui di agricoltura e silvicoltura e vari flussi di rifiuti organici. La maggior parte della biomassa, principalmente legnosa, è utilizzata nelle aree rurali per cucinare, illuminare e riscaldare gli ambienti, generalmente dalle popolazioni più povere nei paesi in via di sviluppo.
La definizione di biomassa è stata ampliata dal D.Lgs 28/2011 che, all’art. 2, lettera e), definisce la biomassa come “la frazione biodegradabile dei prodotti, rifiuti e residui di origine biologica provenienti dall’agricoltura (comprendente sostanze vegetali e animali), dalla silvicoltura e dalle industrie connesse, comprese la pesca e l’acquacoltura, gli sfalci e le potature provenienti dal verde pubblico e privato, nonché la parte biodegradabile dei rifiuti industriali e urbani.”
Si definiscono biomasse tutte le sostanze derivate da organismi viventi che possono essere usate come fonte di energia, come i combustibili fossili (petrolio, carbone, gas) ma, a differenza loro non provengono da organismi viventi in un passato remotissimo e fossilizzati, ma viventi nel tempo recente e quindi rinnovabili in breve. La biomassa deriva da materiale organico proveniente da silvicoltura e agricoltura (come alberi e piante), da rifiuti e residui di origine biologica, nonché dalla frazione biodegradabile dei rifiuti. Può essere utilizzata per il riscaldamento, la produzione di elettricità e la produzione di carburanti per i trasporti.
I biocarburanti liquidi, come l’etanolo e il biodiesel, vengono utilizzati per il trasporto su strada globale e per alcuni usi industriali. I gas derivati dalla biomassa, principalmente metano dalla digestione anaerobica di residui agricoli e trattamento dei rifiuti, vengono utilizzati per generare elettricità, calore o cogenerazione per diversi settori. Il contributo più importante a questi servizi energetici si basa, tuttavia, su materiali solidi, come cippato, pellet, legno di recupero precedentemente utilizzato, ecc.
Le principali tecniche impiegate per convertire le biomasse in energia o in biomateriali sono:
- combustione diretta: serve a generare elettricità e calore, in impianti appositi (le caldaie a biomasse);
- gassificazione: trasforma la biomassa grezza in biogas (syngas o gas di sintesi), usato per generare elettricità tramite combustione o convertito in biocarburante per i trasporti;
- pirolisi: consiste nella decomposizione delle biomasse in componenti più semplici (solide, liquide e gassose), con le quali si genera elettricità in modo più efficiente;
- digestione anaerobica: processo biologico con cui determinati microrganismi degradano le biomasse producendo una miscela di biogas da usare per produrre energia elettrica e termica.
La biomassa, in base allo stato fisico nel quale viene utilizzata per generare energia, può essere distinta in tre categorie:
- biomasse solide: comprendono il legno, il letame, rifiuti e residui organici;
- biomasse liquide: possono essere biomasse che si trovano allo stato liquido (come i liquami animali e i reflui civili e industriali) o – sempre più spesso – quelle liquefatte in seguito a un procedimento artificiale, come oli vegetali e biocombustibili liquidi;
- biomasse gassose: si tratta essenzialmente del biogas, un gas prodotto sinteticamente e utilizzato come biocombustibile.
La strada maestra verso una profonda decarbonizzazione del settore dei trasporti prevede l’uso dei veicoli elettrici a batteria. Tuttavia, i biocarburanti come biogas e biometano possono essere tra le soluzioni utili per soddisfare i consumi delle attività le cui emissioni non possono essere ridotte in altro modo, le cosiddette attività hard-to-abate: chimica, cemento, acciaio, carta, ceramica, vetro e fonderie, oltre ai trasporti pesanti e a lunga gittata (navale, aereonautico).
Biomasse solide
Le biomasse solide sono di varia natura: legno, paglia, letame, rifiuti e residui organici, residui agro-forestali (cippato di legno, residui di colture erbacee, come le paglie o arboree, come i residui di potature dei fruttiferi, residui dell’utilizzazione dei boschi, residui di potatura del verde urbano, residui agro-industriali, quali sansa, vinaccia, pastazzo d’agrumi, lolla di riso).
Vengono utilizzate per cucinare, illuminare e riscaldare gli ambienti fin dall’antichità, e ancora oggi in tutto il mondo ma in modo particolare dalle popolazioni più povere dei paesi in via di sviluppo. Questa biomassa viene principalmente bruciata nella abitazioni, con gravi effetti negativi sulla salute (circa 2,3 miliardi di persone in tutto il mondo cucinano e si scaldano utilizzando fuochi aperti o stufe spesso causa d’inquinamento atmosferico domestico).
Principali fonti energetiche del settore termico, le biomasse solide possono essere bruciate per generare calore ed elettricità, o sottoposta a particolari processi chimici trasformata in biocarburante.
Attraverso particolari processi termochimici, biochimici e chimici a partire da biomassa lignocellulosica solida, flussi di rifiuti umidi, zuccheri da canna da zucchero o colture amidacee e oli vegetali si ottiene la produzione di calore, energia e combustibili. In genere, il legno solido o la biomassa di scarto vengono lavorati per via termochimica, mentre le materie prime umide e le colture zuccherine o amidacee vengono lavorate biochimicamente o chimicamente e, nel caso degli oli vegetali, dopo una fase di spremitura meccanica.
Biomasse liquide: biocombustibili o biocarburanti
I biocarburanti, biocombustibili o e-fuels, possono essere una valida alternativa ecologica ai combustibili fossili laddove i trasporti siano difficili da elettrificare (non i piccoli veicoli elettrici ma quelli a lunga gittata come marittimo, aereo e grandi mezzi). Sono carburanti liquidi o gassosi prodotti a partire dalla biomassa e costituiscono un’alternativa rinnovabile ai combustibili fossili nel settore dei trasporti, contribuendo a ridurre le emissioni di gas serra e a migliorare la sicurezza dell’approvvigionamento energetico.
La Direttiva europea sulle energie rinnovabili stabilisce obiettivi vincolanti per la quota di energia rinnovabile nel settore dei trasporti, compresi i trasporti marittimi e aerei. Entro il 2030, i paesi dell’UE sono tenuti a raggiungere una quota del 29% di energia rinnovabile nei trasporti o a ridurre l’intensità delle emissioni dei carburanti per i trasporti del 14,5%, oltre a un sotto-obiettivo combinato per l’idrogeno rinnovabile e i biocarburanti avanzati del 5,5%.
I biocarburanti possono distinguersi, in base alle materie prime, nelle seguenti categorie:
- Biocarburanti di prima generazione, prodotti a partire da colture alimentari e foraggere (RED II, art. 26), come il biodiesel (derivante da olio di colza, di girasole, di palma e di soia), o il bioetanolo (derivante da mais, frumento, barbabietola da zucchero, orzo e segale).
- Biocarburanti avanzati, derivanti principalmente da rifiuti, residui e prodotti derivati (parte A dell’allegato IX della RED II), che, per lo più tramite tecnologie avanzate, possono essere trasformati in biocarburanti, per esempio dalle alghe, dalla frazione di biomassa corrispondente ai rifiuti urbani, dalla paglia, dagli effluenti da oleifici che trattano olio di palma, da materie cellulosiche di origine non alimentare o da materie lignocellulosiche.
- Biocarburanti derivanti principalmente da rifiuti, residui e prodotti derivati (parte B dell’allegato IX della RED II) che possono essere trasformati in biocarburanti usando tecnologie mature (biocarburanti derivanti da oli da cucina e grassi animali non adatti ad alimenti o mangimi per animali).
I combustibili biologici, secondo il loro stato fisico, possono essere del tipo:
- biocarburanti liquidi (biodiesel, bioetanolo, DME)
- biocarburanti gassosi (biogas e biometano)
Tra i combustibili liquidi raffinati, i più diffusi sono il biodiesel e il bioetanolo. Il biodiesel si ottiene a partire da oli o grassi vegetali (olio di colza, girasole, soia o microalghe) o animali, inclusi sottoprodotti di origine animale, residui e rifiuti come l’olio esausto di frittura. Dalla fermentazione di colture zuccherine o amidacee (mais, sorgo, frumento, orzo, bietola, canna da zucchero, frutta, patata, vinacce), si ottiene invece un alcool (etanolo o alcool etilico) detto bioetanolo, che può essere miscelato alla benzina fino al 30% senza necessità di modifica del motore. Tra i biocarburanti liquidi, l’idrogeno verde (prodotto a partire da fonti rinnovabili e non da combustibili fossili come l’idrogeno blu), è una delle soluzioni sostenibili per la sostituzione dei combustibili fossili nel settore dei trasporti. L’idrogeno è altresì utile anche come stoccaggio di energia in alternativa alle batterie ricaricabili.
Le tipologie di biocombustibili possono essere utilizzate per la produzione di energia elettrica, energia termica, combinata (elettrica + termica = cogenerazione) o per i trasporti. L’energia termica prodotta da biomassa può alimentare un impianto termico domestico o collettivo (teleriscaldamento) ma anche industriale (calore di processo).
Biomasse gassose: biogas e biometano
I biocarburanti gassosi sono prodotti da processi di conversione termochimica della biomassa solida e da processi di degradazione biochimica di substrati organici. La degradazione in assenza di ossigeno di substrati organici (deiezioni animali e letame, fanghi di depurazione dei reflui civili, scarti alimentari, agricoli e agroindustriali, coltivazioni dedicate) ad opera di specifiche comunità batteriche produce una miscela di metano, monossido e biossido di carbonio, azoto, idrogeno, idrogeno solforato e tracce di altri gas chiamata biogas (il processo è detto di digestione anaerobica). Sottoponendo il biogas a processi di purificazione, si ottiene biometano, contenente circa il 98% di metano e indistinguibile dal metano di origine fossile (può essere immesso nei gasdotti e usato per tutti gli impieghi del metano, in particolare come carburante nel settore dei trasporti).
Sebbene i biocarburanti siano importanti per la riduzione dei gas serra e il contrasto al cambiamento climatico, occorre fare attenzione a quelli di prima generazione, prodotti a partire da colture dedicate: potrebbero portare all’estensione dei terreni agricoli in aree con un elevato stock di carbonio, come foreste, zone umide e torbiere (cambiamento indiretto della destinazione d’uso del suolo), alla perdita della biodiversità e alla riduzione delle terre per scopi alimentari. L’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura (IUCN), sottolinea che gli impatti negativi sarebbero accentuati da una produzione su scala industriale, che favorirebbe il ricorso a monocolture dedicate su larga scala.
Diversa, almeno in via di principio, è la situazione per quanto riguarda l’utilizzo energetico del biogas, in particolare di quello generato dai rifiuti animali e dai rifiuti solidi urbani nei digestori anaerobici: bruciare biogas per produrre elettricità emette certo anidride carbonica nell’atmosfera, ma nella combustione si elimina il metano presente nel biogas, che ha un potere di riscaldamento globale ben maggiore di quello dell’anidride carbonica.
I biogas svolgono un ruolo importante e in crescita nei sistemi energetici. Prodotti localmente utilizzando rifiuti organici (provenienti da agricoltura, rifiuti urbani e residui forestali), il biogas e il biometano possono contribuire alla sicurezza energetica, alla gestione dei rifiuti, alla riduzione delle emissioni e allo sviluppo agricolo.
Negli ultimi anni, la domanda di biometano, noto anche come “gas naturale rinnovabile“, è cresciuta rapidamente in molti paesi, supportata da decine di nuove politiche. Come sostituto del gas naturale a basse emissioni, l’uso del biometano è stato preso in considerazione in un’ampia gamma di settori, tra cui energia, industria, trasporti ed edilizia.
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Energia oceanica o marina
Gli oceani coprono la maggior parte della superficie terrestre (70%) e per questo, l’energia potenziale che se ne può ricavare, supera ampiamente l’attuale fabbisogno energetico umano. Le tecnologie capaci di catturare l’energia oceanica (o mareomotrice) utilizzano l’energia cinetica e termica dell’acqua di mare – come maree, onde o correnti – per produrre elettricità o calore. Sebbene se ne conoscesse il potenziale già dagli anni ’70 del secolo scorso, è un’energia rinnovabile che viene presa in seria considerazione solo di recente, e per questo la tecnologia che ne permette lo sfruttamento è ancora in via di definizione e a livello di prototipo.
L’energia oceanica deriva da tecnologie che utilizzano l’acqua di mare come forza motrice o ne sfruttano il potenziale chimico o termico. Una mappa della distribuzione globale della potenza media annua delle onde offshore (vedi figura) mostra che i livelli di potenza più elevati si verificano al largo delle coste occidentali dei continenti alle latitudini temperate, con venti più intensi ed aree di maggiore fetch.
Le risorse di energia rinnovabile presenti nell’oceano provengono da sei fonti distinte, ciascuna con origini diverse e che richiede tecnologie di conversione differenti. Queste fonti sono:
- Onde, derivanti dal trasferimento dell’energia cinetica del vento alla superficie superiore dell’oceano;
- Escursione di marea (aumento e diminuzione della marea), derivata dalle forze gravitazionali del sistema Terra-Luna-Sole;
- Correnti di marea, flusso d’acqua derivante dal riempimento e dallo svuotamento delle regioni costiere a seguito dell’aumento e della diminuzione della marea;
- Correnti oceaniche, derivanti dalla circolazione oceanica termoalina e spinta dal vento;
- Conversione di energia termica oceanica (OTEC), derivata dalle differenze di temperatura tra l’energia solare immagazzinata come calore negli strati oceanici superiori e l’acqua marina più fredda, generalmente al di sotto dei 1.000 m; e
- Gradienti di salinità (potere osmotico), derivati dalle differenze di salinità tra acqua dolce e acqua oceanica alle foci dei fiumi.
L’Europa è leader mondiale nell’energia delle maree (con Francia e UK in testa): su un totale di 41.4 MW prodotti a livello globale nel 2023, la gran parte (30.5 MW) è attribuita al Vecchio Continente, e appena un quarto (10.9 MW) nel resto del Mondo.
Il futuro sostenibile dell’energia
Le energie rinnovabili svolgono un ruolo fondamentale nella transizione verso l’energia pulita. L’impiego di energie rinnovabili per la produzione di elettricità, per la produzione di calore per edifici e industria e nei trasporti è uno dei principali fattori che consentono di contrastare i cambiamenti climatici e il riscaldamento globale.
Alla COP28 di Dubai tenutasi a dicembre 2023, oltre 200 Paesi si sono impegnati – con l’obiettivo di limitare il riscaldamento globale a 1,5 °C – a triplicare la capacità globale di energia rinnovabile entro il 2030 fino a raggiungere 11.000 GW di capacità entro il 2030.
Con l’energia solare in testa alla loro rapida diffusione, le energie rinnovabili sono sulla buona strada per soddisfare quasi la metà della domanda globale di elettricità entro la fine di questo decennio, secondo l’Agenzia Internazionale dell’Energia (International Energy Agency o IEA). Il rapporto “Renewables 2024“, la principale pubblicazione annuale dell’IEA sul settore, rileva che ad esclusione del fotovoltaico (con la capacità globale che sta crescendo a un ritmo storico, dal 2018 al 2023 è triplicata) però, le altre energie rinnovabili (eolica, idroelettrica, geotermica, solare termica e oceanica) per essere in linea con gli obiettivi di decarbonizzazione al 2050, devono crescere rapidamente e in modo significativo. Entro la fine di questo decennio, il fotovoltaico solare è destinato a diventare la principale fonte rinnovabile, superando sia l’eolico che l’idroelettrico, che attualmente è di gran lunga la principale fonte di generazione rinnovabile.
Per raggiungere gli obiettivi di decarbonizzazione però le rinnovabili da sole non bastano. Oltre alle fonti rinnovabili, i Paesi della COP28 si sono impegnati a raddoppiare i miglioramenti di efficienza energetica (cruciali saranno gli interventi di riqualificazione energetica del patrimonio edilizio) e ad abbandonare i combustibili fossili.
Sebbene da parte dei Governi serviranno politiche e incentivi sempre più mirati (dei Bonus edilizi che possano arrivare a ogni classe sociale) ognuno può fare la sua parte. Vivere, abitare e costruire in armonia con la natura: ad esempio, in alternativa all’acciaio e al cemento armato sposare la bioedilizia, prediligendo sistemi costruttivi a secco, strutture in legno, con impianti termici o di climatizzazione ad alto rendimento come le pompe di calore, e case passive o NZEB abbinate alle energie rinnovabili (fotovoltaico, agrivoltaico, eolico, solare termico) e a sistemi di riuso delle acque piovane e reflue.
Fondamentale sarà ridurre i consumi eccessivi, gli sprechi e la produzione dei rifiuti – soprattutto in plastica – e dell’abbigliamento a basso costo o fast fashion. Un uso consapevole delle risorse del pianeta, in primis l’acqua (preferendo ove possibile, l’acqua potabile del rubinetto a quella in bottiglia che rilascia plastica e microplastiche nell’ambiente), migliorando la raccolta differenziata, il riuso dei prodotti e il riciclo delle materie prime dei rifiuti elettronici (RAEE), rispetto allo smaltimento in discariche o per incenerimento dei rifiuti e scegliendo le alternative ecologiche ai PFAS. Ma, soprattutto, non farsi sedurre dalla propaganda della guerra come mezzo di pace (l’impatto ambientale sociale ed economico delle guerre è devastante).
Per approfondire:
- Banca d’Italia, Il recente sviluppo delle energie rinnovabili in Italia, 2025
- Buhain et al., Bioenergy and biofuels: History, status, and perspective, 2014
- Calvin M., The photosynthesis of carbon compounds, 1961
- Cavelius et al., The potential of biofuels from first to fourth generation, 2023
- Commissione Europea, State of the Energy Union Report 2024
- Cornett A. M., A global wave energy resource assessment, 2008
- Direttiva (EU) 2023/2413, o RED III, modifica della Direttiva (Ue) 2018/2001
- Direttiva (Ue) 2018/2001 o RED II, revisione della Direttiva 2009/28/EC
- Direttiva 2009/28/EC, promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili
- Dlgs 199/2021, Attuazione della direttiva (UE) 2018/2001
- GSE, Energia da fonti rinnovabili in Italia nel 2023, gennaio 2025
- IPCC, Renewable Energy Sources and Climate Change Mitigation, 2012
- IEA, Renewables 2024
- IEA, Outlook for biogas and biomethane: Prospects for organic growth, 2020
- IEA, Offshore Wind Outlook 2019
- IRENA, Renewable energy statistics 2025
- ISPRA, Workshop on identification of future emerging technologies in the ocean energy sector, 2018
- JRC, Solar fuels in the European Union, 2023
- JRC, State-of-the-art assessment of solar energy technologies, 2022
- Legambiente, Scacco matto alle rinnovabili, 2025
- Legambiente e GSE, Comuni rinnovabili, 2025
- MASE, La situazione energetica nazionale nel 2023, settembre 2024
- OEE, Ocean Energy: Stats & Trends 2024, aprile 2025
- WWF, Il ruolo delle bioenergie nella strategia di decarbonizzazione nazionale, 2024
- WWF, Rinnovabili: energie per la pace, 2022
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